Ricette Vegetariane e Vegane

Robert Capa a Torino

“Non sono affatto felice. Centonovanta milioni di russi sono contro di me. Non c’è alcun raduno salvaggio per strada, non praticano l’amore libero alla luce del sole, non hanno un aspetto stravagante, sono tutti retti, morali, instancabili lavoratori. Insomma, per un fotografo sono noiosi come una torta di mele. Per di più sembrano apprezzare lo stile di vita russo e non amano essere fotografati. Le mie quattro macchine fotografiche, usate in guerre e rivoluzioni, sono disgustate e ogni volta che scatto qualcosa va storto”

A settembre avevo visto Henri Cartier-Bresson e ne avevo parlato qui. Avevo anche visitato tutta la parte ristrutturata e le meraviglie ivi contenute e ne ero rimasta letteralmente folgorata. Il Palazzo Reale di Torino pur lasciandomi letteralmente sconvolta ogni volta che percorro lo scalone, per poi arrivare nella stanza che evoca in me il ricordo del gran Cenone a Hogwarts dove sotto candelabri sospesi nel nulla maghetti si avventano su caramelle e pietanze prelibate (ricordi il Goulash di Harry Potter?) , è sempre venuto in secondo in piano rispetto a Palazzo Madama per il quale nutro una piacevole perversione (mi piace sempre cadere nello scalone, seppur più “modesto” del primo. Mi piace sempre bere il caffè al primo piano. Salire sulla torre. Fare il giro della torretta e rimirare fino all’infinito le porcellane sognando di sposarmici dentro).

Solo che negli ultimi anno Palazzo Reale sta attentando sempre più al mio cuore. E se prima era chiaro che non potevo andar via da Torino a meno che non avessi fatto l’ennesimo giro a Palazzo Madama, adesso mi ritrovo a invocare anche lui. Pena: star male. Molto male. Sapere che Capa ci sarebbe stato fino a Luglio e non sapere però se Iaia entro Luglio sarebbe tornata (suppongo di sì ma la prudenza non è mai troppa) mi ha provocato ire funeste; a maggior ragione perché sapevo che c’era anche Erwitt ma dovendo scegliere il Nippo avrebbe optato senza indugio per Robert (e francamente pure io. Colpo di scena).

Endre Ernő Friedmann, più facilmente conosciuto come Robert Capa, diviene famoso in tutto il mondo per quella foto scattata a Cordova dove un soldato repubblicano è colpito a morte da un proiettile. Finisce su Life e su Picture Post migliaia di altre volte e finisce pure nel cuore della gente. Triliardi di biliardi di miliardi su miliardi di numeri inquantificati di volte.

Mi sono commossa. Che detto da una che si commuove pure se qualcuno le rivolge un sorriso potrebbe non avere valore ma la forza che è contenuta in queste fotografie. La profondità (che ritroverò in Erwitt proprio in stretta correlazione con Capa) e la struggente passione ne fanno attualmente la mostra che in assoluto rivedrei se posta davanti a una scelta.

A colpirmi è stata la foto di un miliziano repubblicando prima della partenza su un treno militare per il fronte nell’agosto del 1936. Mi è apparso il Nonno, prigioniero tedesco, che mangiava kartoffen. Non so neanche io esattamente il perché considerato che storicamente quello che successe al nonno avvenne dopo poco meno di un decennio ma. Quel saluto. Quel treno. E quella bambina poco dopo distante durante l’evacuazione della città di Barcellona nel gennaio del 1939 mi hanno catapultato in una tristezza abissale. Sono state coinvolte infatti diverse emozioni tutte ingestibili; che sicuramente mischiate all’ansia del momento ma anche alle cose estremamente meravigliose che da poco erano accadute hanno fatto sì che. Mi è girata fortissimo la testa. Mi sono chiesta se si potesse avere una “Sindrome di Stendhal” davanti a delle foto. Per di più bianche e nere. Per di più quelle che sempre riescono a lasciarmi molto di più.

Bambini giocano neve Hankou Cina Marzo 1938

La guerra sino-giapponese (il Giappone alleato della Germania e dell’Italia invade la Cina nel 1937 nella speranza di ottenere un riconoscimento formale della sovranità de facto sulla Manciuria), considerata da Capa come il fronte orientale della lotta contro il fascismo del Fronte Popolare, segna il periodo di immagini non soltanto documentative ma anche emozionali. Le sue fotografie mostrano come la guerra riduca le nazioni al minimo comune denominatore della violenza e della disumana sofferenza.

Contadino siciliano indica a un ufficiale americano la direzione presa dai tedeschi nei pressi di Troina, Sicilia 4-5 Agosto 1943

La celeberrima foto che tanto volevamo vedere. E’ nell’estate del ’43 che Capa fotografa la conquista alleata della Sicilia. Alle porte della città collinare di Troina Capa si incontra con un vecchio amico dei tempi della Spagna e insieme documentano l’assedio durato due settimane.

Capa fotografa Ingrid Bergman in una scena drammatica di Arco di trionfo nel 1946 e John Huston. E Humprey Bogart durante l’incoronazione di Elisabetta II nel 1953. C’è anche Gary Cooper e Truman Capote in Italia ritratto con un Bulldog (foto che ho amato) e Hernest Hemingway in un letto di ospedale. Ma c’è anche una foto che straconosco e amo. Quella con Picasso che esce dal suo atelier a Parigi nel 1944 e quella con un teschio in mano. Quella di Matisse nello studio di Nizza nel 1949. Era Agosto.
Il 7 Maggio 1954, un giorno o due prima che Capa arrivasse ad Hanoi, la città di Dien Bien Phu cadde nelle mani dei Viet Minh. Capa ritornò ad Hanoi e inziò a lavorare a una storia sulla situazione militare sul delta del Fiume Rosso. Il 25 Maggio accompagnò una missione francese che doveva evacuare e demorlire due fortini fra Nam Dinh e Thai Binh. Durante una fermata del convoglio Capa entrò con un distaccamento di soldati in un campo che costeggiava la strada. Posò un piede su una mina antiuomo e restò ucciso.

Guardando dalla finestra di quello stanzone che amo definire il Salone di Hogwarts , sito proprio all’entrata della mostra, ho visto Palazzo Madama. Mi sono apparsi di nuovo i bimbi cinesi che giocano con la neve. Il Bulldog che scappa dalle coccole di Capote e Matisse che volteggia disegnando nuvole. E poi Picasso con il teschio in mano che annuncia la morte come se ce ne fosse bisogno.

Capa per me rappresenta un narratore di favole nere. Che mischia l’ironia, l’intelligenza e il sarcasmo paragonando orrori a torte di mele. Ed è stato lì che mi sono ripromessa che devo dedicargli una torta.

La Torta di mele non noiosa per Capa.

(ho contato le candele. le ho moltiplicate. e pure gli scacchi per terra. sto preparando un post apposito. E’ grave?)

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13 COMMENTS

  1. Ciao Iaia!anch’io l’ho visto qualche anno fa a Milano..che dire…commovente fino alle lacrime,ogni foto un pugnetto che ti stringe lo stomaco!C’erano anche le foto dello sbarco in normandia,talmente celebri che davvero trovarsele davanti fa un po’girar la testa…Le immagini dei bimbi nella neve me ne hanno fatto venire in mente una che ritrae il corpo di un bimbetto senza vita,caduto sulla neve e con accanto il suo minuscolo porcellino…vittime delle atrocita’che Capa sapeva raccontare in quel modo cosi’unico!

  2. uno dei motivi per cui dovrò tornare a Torino. Ho visto Erwitt, Capa non ho fatto in tempo. Uff. uffffaaaaaaaaaaaaaa, ecco.

  3. Purtroppo ogni volta che vengo a Torino ho pochissimo tempo e non riesco mai a visitare nessun tipo di mostra/palazzo/museo… ne ho visto SOLO DUE: Museo Egizio e Museo del cinema… uffa uffa uffissima…. mi rifarò! giuro! ah! aspetto il post sulle candele u.u

  4. Ci sono parecchie cose che mi piacerebbe fare insieme a te…una è visitare una mostra di pittura o fotografia… <3

  5. Ho dovuto rinunciare a questa mostra e mi ero concessa solo di andare al bookshop e sfogliare il catalogo fotografico…Grazie a te ho potuto assaporarne tutta la bellezza…Grazie, amica mia.

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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