Sono quelli che all’apertura del mio blog, sette anni fa ormai, chiamavo “Silly Projects”. Vivevo un periodo che durava dai tre minuti ai tre giorni, non di più, con lo stesso feticcio. Poteva essere un un peluche come un fumetto appena inventato che raccontava di me e al tempo stesso depistava, ma anche un oggetto bizzarro dai contorni ridicoli e insomma varie ed eventuali. Per poi abbandonarlo. E lasciarlo lì. Un’accezione negativa quel silly proprio ad indicare che il mio comportamento seriale mi avrebbe indotto ad abbandonare ben prima che partisse realmente l’idea, a causa della costante voglia di sminuire il mio operato.
Senza rendermene conto quel Silly è scomparso per lasciare posto solo al Project. Progetti che inconsapevolmente e senza nessuna ragione logica (come potrei del resto) cominciano. Senza un perchè. Si trasformano e si evolvono conducendo una vita propria. Non si mettono più da parte ma emergono.
Ricompaiono.
Ed è questo l’importante, mi dico questo lunedì mattina mentre bevo decaffeinato riflettendo sempre più sull’abitudine della gestualità come fumare più del reale bisogno di questa misera schifezza liquida.
Non scompaiono più. Ricompaiono sicure a me e pretendono di prendere vita.
Questo mi convince fortemente che le idee del mio Iperuranio siano sempre le stesse. Immutate e imperturbabili sono rimaste lì schernendosi di me e della mia poca maturità. Questo mi convince altresì che il fatto che non abbiano mai trovato realtà sia avvenuto solo a causa di un volontario depistamento masochistico che ho sempre compiuto con gusto a mio danno. Complice un feroce offuscamento mentale capace di lanciarmi in baratri senza luce.
Quando mi viene chiesto il perchè di tanti progetti la risposta vera da parte mia non arriva mai. Mai perchè non la conoscevo sino a stamattina neanche io.
Sì viveva già in me ma non riusciva a venir fuori. Da me stessa fagocitata è diventata la “sorella”. Ieri riguardando “Imprint” di Miike è stato come se una mano fuoriuscisse dalla mia mente e mi mostrasse visivamente il significato del mio nick storico maghetta streghetta.
Nel 2004 scrivevo “maghetta streghetta, la difficoltà di vivere con una maghetta svampita e una streghetta inacidita”. La risposta a moltissime mie domande esistenziali me la sono data in un ridicolo nomignolo e in una strampalata descrizione. Il mio essere e non essere è risieduto lì limpido e vivido e alla portata di tutti, soprattutto di me stessa.
Ho lasciato che una parte prevalesse sull’altra alternando ragioni, convinzioni e paure. Come allo stesso modo ho lasciato che mi stuprasse l’anima gente ignobile che pur nella loro stoltezza aveva compreso la propria incommensurabile bassezza. La stessa che si è nutrita di quella che non credevo essere linfa: la limpidezza di mostrare i miei difetti.
Per dire che. In questo lunedì che odora di biscotto appena sfornato, nonostante le difficoltà di essere quella che sono siano davvero tante, posso per la prima volta essere fiera di dire che sì. Ho dei progetti. Senza silly.
E credo in loro. Fortemente.
Le stelle sono la mia tesina al Liceo durante la maturità. Quando ho deciso di inserire un disegno e fare un parallelismo con il Piccolo Principe. Contravvenendo a ogni regola logica e al volere del mio professore di Geografia Astronomica ho consegnato quello che la ragione non avrebbe voluto.
Il commissario esterno mi disse esattamente questo “Non è andata tanto bene la prova orale perchè hai pianto troppo e non si capiva nulla e la prova scritta era un po’ bizzarra, ma vorrei che tu scrivessi racconti per i miei figli. Vorrei che tu scrivessi un racconto per me. Te lo ricorderai?”.
Sino ad oggi ho pensato che fosse un uomo gentile in imbarazzo per una matta senza regole che arriva, piange e ti mostra il piccolo principe e parla di nane bianche come fossero nanette di giardino albine.
Oggi credo solo che lui avesse più maturità di me e vedesse quello che io sino ad ora mi sono costretta a non guardare. Nonostante il mio cognome sia Guardo.
Non ho guardato nulla e sono stata cieca.
E in questi biscotti pieni di stelle ci sono tutti i racconti che ho avuto paura di tirare fuori. C’è una benda buttata nel cielo, che vola via fino all’asteroide B612, e che mi ha impedito di essere me.
Per dire che Cookieland è partito. E che voglio incontrare tanti bimbi che mi chiedano
“Iaia, me la disegni una pecora?”.
Una stella?
E prendermi cura di loro e di quella Iaia piccola che per fortuna non è andata via. E sono le 12.12, sì.
Non posso più mangiare i pan di stelle. Ma posso sognare di farlo.