Quando ho chiesto a mamma “scrivi in questo foglio il tuo primo preferito, il tuo secondo preferito e il tuo dolce preferito” è stato come imporle uno sforzo fisico e mentale di entità apocalittica.
Generalmente suda sempre in casa mia perchè ho l’abitudine di tenere i termosifoni a 25 gradi quando le rigide temperature del sud si aggirano intorno ai venti gradi i primi di Novembre. Un tempo sentivo sempre caldo e giravo sportiva a maniche corte burlandomi dei gechi che si spiaccicavano ai termosifoni. Adesso mi ritrovo a a camminare raso muro perchè so che incontrerò un termoarredo pronto ad abbracciarmi e ustionarmi dopo il freddo delle pareti. E il contrasto mi piace tanto quanto la doccia scozzese. Che faccia rassodare però lo ignoro.
Solo che davanti a quel foglietto che aspettava di accogliere queste fatidiche tre preferenze mamma ha sudato di più. Impossibile decretare un primo, a suo avviso. Figuriamoci un secondo. Macchesiamomatti decidere UN solo dolce!?
Preoccupata dalla mia smania di controllare i valori del suo colesterolo si è preoccupata dapprima di chiedermi seria e stoica (aveva paura che le tirassi qualche infido tranello) “ma devo mettere cose poco grasse?”.
La risposta negativa secca “quello che più ti piace” le ha dato una sferzata di aria fresca e qualche goccetta di sudore ha smesso di scendere copiosa dalla sua fronte.
E così comincia con: la trippa, ma anche con il guanciale “bellobellograssocomepiaceammè”. Si continua con la cotoletta e con le patate fritte insieme al grasso della pancetta per poi arrivare a una bella insalata russa con tante uova e maionese (ha avuto il coraggio di dirmi “mettiamo la maionese light caso mai, ok?” ); ma anche una bella costata di maiale per arrivare a cannoli, cassate, diplomatici e duemila dolci dai nomi tipicamente siculi che non sto qui ad elencare. Ma anche i bocconotti calabresi e allora perchè non anche le frisole (grasso nello strutto e strutto nel grasso. Il tripudio dei trigliceridi. Tipico piatto calabro con frattaglie) e lo zuzzu.
Ecco. Io allo zuzzu, che altro non è che frattaglie di maiale in gelatina (piatto gettonatissimo nella Trinacria), ho solo cercato di inspirare ed espirare e spiegarle che no.
Tre. Cose. Un primo. Un secondo. Un dolce.
Devi scegliere. Tre. Cose. Solo Tre. Da fare per il menù del pranzo il Nove Novembre. Tuo compleanno. TRE ripeticonmetre.
Quando mi ha guardato con la sua facciotta buffa dicendomi “ma sei matta? come si fa a scegliere tra tutte le cose che mi piacciono? facciamo tutto!” volevo solo fare una cosa.
Punirla alzando il termostato e regolandolo a TRENTADUE gradi centigradi.
Perché in questo percorso di analisi personale, che mi diverto a intraprendere anche con mamma in forma random, anche questo è un problema. Non sapere scegliere un primo, un secondo e un dolce è alla base di tutti i nostri problemi.
Solo che. A me tutti questi nostri problemi piacciono, le dico mentre l’abbraccio forte.
Mamma aveva i capelli lunghi e corvini. Folti e spessi. Pelle d’ebano e scurissima tanto dissimile dalla mia. Tratti marcati. Labbra carnose e occhi non troppo lucenti, proprio come i miei. Mamma era una bambina quando mi ha avuto. Non in termini di età. Mamma era ed è e sarà una bambina. Ho sempre raccontato di lei e della sua tenda. Del fatto che me ne costruisse una e mi ci facesse entrare dentro invitandomi a inventare mondi.
Mamma ha i capelli non troppo lunghi e di un colore bizzarro perchè si ostina a non voler andare dal parrucchiere. Compra lo shampoo colorante due volte al mese e se lo strofina con forza ma poi la cute le rimane colorata per settimane e l’attaccatura dei capelli sempre bianca e allora testarda riprova e per convincermi che non rovinerà i capelli “ma non c’è l’ammoniaca eh”. Per poi trovarle la scatola con l’ammoniaca. Ma lei. Ti sorride e dice “uffa. mi hai beccato!” con infantilità disarmante.
Mamma si entusiasma per la foto con i conigli. Realizza vestiti la notte e me li fa trovare poggiati sul comodino. Ha voluto una maghetta realizzata con il das da mettere vicino alla sua cornice dove c’è il sorriso di Gesù. Mamma non mi ha mai costretto a credere in Gesù ma per sicurezza quando ha visto la foto di Jim Morrison con i fiori secchi mi ha detto che era preoccupata per la mia salute mentale e mi ha chiesto se facessi parte di qualche setta.
Mamma è esagerata, priva di senso logico e frenetica. Pulisce velocissimamente e cucina. Mentre cucina risponde al telefono e toglie le punte dei fagiolini buttandone metà e fa mosaici. Mamma disegna ed è convinta di non sapere disegnare e allora ti racconta di quanto volesse imparare il pianoforte e disegnare ed è per questo che mi ha costretto a suonare.
Mamma mi dice che però il liceo artistico non potevo farlo perchè anche se lei aveva sofferto per non aver potuto imparare, era giusto fare lo Scientifico. Così. Senza una ragione. Un dogma da accettare come quello che non si può attraversare la strada prima dei quindici anni da sola senza dar la mano a qualcuno. Lo stesso che non ti permette di prendere il caffè al banco ma seduta perchè le signorine per bene fanno così. Lo stesso che non ti permette di bere alcolici e men che meno dalla bottiglia.
Mamma è convinta che la maglietta debba essere lunga e non troppo corta. Che il decoro viene prima di tutto e che le mie mani debbano essere perfette. E lo dice mentre lei le ha devastate dall’onicofagia di una vita. Mamma riesce a toglierti il piatto mentre mangi per dartene uno pulito. Mette il pezzettino che rimane in quello pulito. Ti sorride. Sospira e dice “meglio così”.
Mamma mangia patatine con il colesterolo a 300 per poi guardarti e dire “vabbè ma è verdura santo cielo!” per poi posare la patatina e fare la faccia da bambina bastonata. Mamma mi guarda mangiare zucchine bollite senza sale per dire “bleahhhh”. Mamma mi infilava in un secchiello facendomi bagnare i piedini per stare a mollo nell’oceano.
Mi ha sempre fatto credere, la mia mamma, che in un secchio con tre centimetri di acqua si può fingere di nuotare nell’oceano.
Come mi ha sempre fatto credere, la mia mamma, che io possa realizzare tutti i sogni solo con uno strumento: la fantasia.
Io credo sì che tutte le mamme siano speciali ma ho ragione di credere che la mia viaggi su un livello denominato “irraggiungibile”.
E non c’è giorno in cui io non mi ricordi la sua grandezza. Di animo. La voglia di avvicinarsi sempre a me. In qualsiasi pianeta mi trovi. Lei irrompe. In qualche modo arriva. Con qualsiasi mezzo. Suona ed entra. E se non apro, aspetta. Non certo in maniera silenziosa però. Perchè mamma odia aspettare e allora bussa ridacchiando. E allora disegna sull’ipad con me e quando tocca l’icona si gira e con la bocca aperta e dice “mamma miaaaaa dovesiamoarrivati!”. Le propongo di aprire un blog parallelo dove fare ricette intrise di colesterolo e lei mi dice: “e se poi scrivo male?”. La mia mamma si mette in gioco nella realtà e nella fantasia. Sotto una tenda costruita per il suo più grande amore e dentro una casa. La mia mamma sì, è alla voce “irraggiungibile”. E questa vita per me ha un senso, solo perchè ho avuto l’onore di essere sua figlia.
Auguri Mamma.
E oggi la polpetta di lardo te la scordi, santo cielo! Ma non per questo ti farò restare a bocca asciutta. Anzi!
Assodato che mamma alla fine non è riuscita a scegliere un primo, un secondo e un dolce e che oggi improvviserò, confesso di essermi preparata già un po’ in anticipo all’evento con qualche cosuccia e questa mattina ne pubblico giusto una.
Ieri per sua gioia (spero) ho preparato una Cake salata. Mamma le ama particolarmente come le torte salate e la pasticceria salata in genere. Più gonfia e piena di schifezze ipercaloriche è: meglio è. Qualsiasi cake. L’importante è la presenza fissa di ogni sorta di grasso.
E visto che siccome (mi piace sempre cominciare così quando se ne presenta l’opportunità) avevo giusto mille chili di salame di cinghiale in frigo mi sono setta: Cake salata con salame di cinghiale e olive nere sia!
E’ di facilissima realizzazione e di effetto garantito. Lascio le dosi e le foto scattate con una luce orrenda e di fretta, giusto per usare un eufemismo. Difatti è l’alba e io sono già in ritardo per tutto (ma mai per essere amata dalla mamma. E cosa potrei volere di più?)
Ingredienti
per sei persone circa (in soldoni: una forma classica da plumcake): 250 grammi di farina OO, 1 bustina di lievito per dolci, 150-170 grammi di salame di cinghiale tagliato a cubetti, 30 olive circa nere tagliate a fettine, 170 grammi di parmigiano grattugiato, 3 uova, 3.5 dl di latte, 100 grammi di burro, sale, 1 cipolla piccola tagliata finemente.
La preparazione non richiede chissà quale spiegazione. Basterà che tu metta la farina, il lievito e il sale in una terrina capiente. Aggiungi le uova e mescoli bene con un cucchiaio di legno aggiungendo un po’ di latte. Versa poi il burro sciolto precedentemente a bagnomaria o nel micro e aggiungi il parmigiano, il salame privato del budello e i tocchetti di olive. In forno a 180 per 30-40 minuti controllando sempre con uno stuzzichino di legno. Quando ne uscirà asciutto potrai sfornare e servire. Qualora volessi prepararlo in anticipo come me, basterà riscaldarlo un pochino in forno il giorno dopo. Se fossi sana di mente e avessi una mamma altrettanto sana potrei pure consigliare il congelamento. Chi ha la sfortuna di seguirmi però sa che qui in casa si hanno dei problemi serissimi con il freezer.
E allora tu, persona sana di mente, sappi che l’ipotesi non è certamente da scartare.
E corro via perchè credo di essere già in imbarazzante ritardo. Che sia una splendida giornata anche per voi.