Ricette Vegetariane e Vegane

Alle 11.11 del 11.11.11 ho espresso un desiderio. Undici non ce li ho. Biscotti Croccanti al Marsala

E dopo le 11 del 11.11.11 alle 11.11 ci si becca il post

Avevo una radiocuffia bianca ma anche rosa e grigia. La solita esagerata sì.

Il fatto è che papà, lavorando nel settore dell’elettrica e della tecnologia in genere, ha per ovvie motivazioni influenzato questo aspetto. Da brava psicolabile seriale che colleziona inutilità ed essendo una stakanovista delle apocalittiche cretinate non è stato difficile infine possedere una quantità di roba imbarazzante e assolutamente inutile.

Avere una radiocuffia sarebbe stato molto più che sufficiente per una bambina ma per diventare incredibilmente fuori da ogni schema bisogna possedere un’infanzia turbata dall’illogicità. Ed eccomi qui.

Per cercare di dare un senso a quello che senso non aveva a priori cercavo in tutti i modi di inventarmi delle giustificazioni plausibili del tipo “se finiscono le batterie nella radiocuffia bianca ho sempre quella grigia” ma crollava miseramente tutto perchè papà le batterie le vendeva e avevo la casa invasa da stilo, ministilo e torcia.

Credevo che tutti i bimbi sapessero che la mini stilo avesse 1.5 V e che fosse chiaro ai più che non esistesse soltanto la torcia ma anche la mezza torcia. E non quella che fa luce, santo cielo. La bimba bionda al mare continuava a dire che la torcia facesse luce e che non fosse una batteria. All’epoca ero a conoscenza, al contrario di lei, dell’omonimia e stoltamente mi inoltrai nella difficile discussione dell’ancora come oggetto marittimo e ancora come concetto di “di più”. Il mio buon senso e la mia buona educazione mi imposero grazie al cielo di non perdere ulteriormente tempo. So per certo che nulla per la bionda chioma è adesso cambiato a livello di comprendonio e poco mi stupisco.

Insomma per farla breve credevo che il pozzetto da incasso a terra, quello 20×20 per capirci, fosse stata la piscina di barbie per tutte le bambine e che con il cavo treccia avessero preparato come me chilometri di collanine e braccialetti. Come che fosse risaputo che la scatola stagna era un ottimo sostituto del piatto dove mettere gli gnocchi confezionati con il didò o con il das.

Infine e non certo in ordine di importanza che con con la corda di rame potevi chiedere al Signor Giovanni di creare dei pupazzetti.

Ecco io credevo che tutte le bambine avessero tre radiocuffie e un Signor Giovanni (che poteva chiamarsi anche Alfio, Salvatore, Iano o Carmelo. Si vede che ho vissuto in Sicilia eh!? Non c’è neanche un Ermenegildo) che faceva pupazzetti con la corda di rame. E nel frattempo poter studiare tranquillamente l’uso del tubo flessibile come alternativa a orecchini casalinghi. Stanca delle ciliegie, insomma.

In quella radiocuffia ascoltavo musica tipicamente anni ottanta ma se c’era una che mi mandava in visibilio era la Houston. Pur essendo stata poco femminile in tutto perchè non amavo i trucchi, i vestiti di mamma e le scarpe, lo ero perchè mi piaceva crogiolarmi in questi ascolti struggenti. Di amori impossibili e strazianti. Non capivo assolutamente nulla di quel ailloeuesloviuuuuuuu uuuuuuuuuuuu ma come un lupo disperato latravo anche io alla luna quel uuuuuuuuuuuuuuuuuuu.

Chi ha avuto il piacere di ascoltare la mia soave voce in formato mp3 per un attimo chiuda gli occhi e immagini cosa potessero produrre le mie corde vocali in tenera età. E non dimentichiamoci che ci sarebbero stati dodici anni (nonostante fossero in progress) di pianoforte che in teoria avrebbero dovuto darmi minimamente il senso del ritmo (giuro di possederlo. fingo. Bene lo so ma fingo).

C’è un ricordo indelebile di me con radiocuffia e Houston. In terrazza. Ricordo esattamente le luci che illuminavano la rotonda. I miei fuseaux a righe rosse e nere e le mie scarpe rosse. Ricordo la maglietta. I capelli fermati da un elastico e le mie rotondità trabordanti. In particolar modo la mia pancia.

Pancia dove era poggiato un cuscino e la radiocuffia. Sopra la pancia mettevo sempre un cuscino. A difesa e barriera delle mie debolezze con il mondo. Ovattata da un amico pronto a pararsi avanti alle mie paure come a volerle sconfiggere.

Quel giorno pensai che il 12.12.12 io sarei stata una mamma giovanissima con un figlio già grande. Avrebbe avuto come minimo quindici anni. C’erano tanti ragazzi nella mia casa. Mi prendevo cura di loro lasciandoli liberi di divertirsi. Ero sposata e felice. C’erano tre cani, una piscina e pure tre papere. Dei nani da giardino e un piccolo ponte su un laghetto.

Quel giorno pensai che ci sarebbe stato anche un 10.10.10 e un 11.11.11 come anche un 9.9.9 anche se non era bello come 101010 11111 121212.

Date dove le macchine avrebbero volato, come minimo. Il duemila. Quella lontanissima cifra che avrebbe ribaltato tutte le sorti del mondo. Tanto lontano da potersi permettere pure di credere che infilare un alieno tra gli amici di tuo figlio non sarebbe stato poi così assurdo.

Oggi, mentre cercavo un brano di Hisaishi tra i miei tre diversi ipod, mi sono ritrovata catapultata su quella terrazza. E in quell’acca di Houston e Hisaishi ho fatto un viaggio nel tempo non poi così tanto lungo ma che in effetti corrisponde ad un’eternità.

L’undiciundiciundici è arrivato e le macchine non volano. Il Signor Giovanni non fa più pupazzetti con la corda rame e il pozzetto stagno ce l’ho nel muro della casa senza laghetto, papere e cani e mi ostino a non usarlo per metterci gnocchi finti. Mio figlio di quindici anni è sperduto nelle galassie ma credo fortemente sia una rockstar di fama internebulosa. Non si droga se non di pentagramma e latra come me alla luna solo con un’intonazione migliore.

In questo passato, presente e futuro che si mescola vorticosamente al ritmo di musiche completamente diverse la base è rimasta la stessa. Nonostante le stilo non occorrano più, sì.

In questo passato, presente e futuro che frulla velocissimamente nel frullatore della mia esistenza gli ingredienti importanti sono rimasti li stessi. Papà c’è. Mamma c’è. Io ci sono.

Ed è l’undiciundiciduemilaundici.

E c’è il mio amore: Pier.

Poco importa chi doveva esserci e non c’è. Chi poteva esserci e non ci sarà. Chi voleva esserci e non può più esserci. Importa che le priorità assolute che corrispondono al mio personalissimo uno ci sono. E sono con me.

Ho scelto dei biscottini croccanti al marsala perchè l’abuso di farina di mais impera in questa cucina da un po’ di giorni e se ne vedranno i risultati a breve. Le ricette senza glutine, come anche quelle senza un particolare ingrediente che può provocare allergie o intolleranze, mi piacciono ed entusiasmano. La farina di mais come quella di riso è particolarissima nella lavorazione dei biscotti e ho temuto durante l’appallottolamento (termine poco tecnico ma efficace) che non sarei riuscita a cavarne un ragno dal buco. La ricetta originale prevedeva le due farine in egual quantità ma non mi convinceva la consistenza e per questo motivo ho abbondato giusto di cinquanta grammi o poco più. Questo per dire che durante l’elaborazione, qualora si provasse questo impasto, ci si renderà conto se aggiungere un po’ di farina o meno.

Il risultato è una pasta ottima per le formine e non troppo delicata come temevo. Sfiziosi e dal gusto un po’ particolare grazie al marsala (confesso di avere abbondato un pochino usando ben più di un cucchiaio. E aggiungendo appunto farina*disse fischiettando) questi biscottini conservati in una scatola di latta potranno essere tirati fuori per fare gran bei figuroni con amici e conoscenti.

Ingredienti per 6-8 persone circa: 200 grammi di farina OO, 150 grammi di farina di mais, 150 grammi di burro, 150 grammi di zucchero, 3 tuorli leggermente sbattuti, 1 cucchiaio di Marsala, scorza di un’arancia grattugiata, 1 pizzico di sale.

Setaccia i due tipi di farina insieme con un pizzico di sale in una terrina capiente. Con un cucchiaio incorpora il burro e aiutati con la mani fino ad ottenere un composto granuloso e sabbioso. Incorpora quindi lo zucchero, i tuorli, il Marsala e infine la scorza di arancia.

Forma una palla e mettila a riposare nel frigo avvolta dalla pellicola per almeno trenta minuti. Trascorso il tempo riscalda il forno a 180 gradi e imburra due teglie da forno. Adopera la carta da forno se vuoi. Stendi la pasta su una superficie leggermente infarinata e con l’aiuto delle formine che preferisci ritaglia i biscotti e poggiali sopra le teglie ad una distanza di almeno 2, 5 cm dall’altro. Inforna per circa 15 minuti fin quando non ti sembreranno dorati.


Oggi si sposa Gennaro, che ho avuto il piacere di conoscere qui sulla rete. Un vero Gentleman che convolerà a nozze con la sua bellissima Nipponapoletana. Una data davvero bellissima. Uno come  priorità, amore e inizio.

Una data piena di speranza. Quella che sto forzatamente rincorrendo.

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25 COMMENTS

  1. tutte quelle cose lì credevi? Be’, anche io avevo le mie fisse. Ad esempio, pensavo che tutti i fiumi si chiamassero Adige e che nella fessura del battiscopa ci vivesse Jack.

      • jack era l’omino che viveva nella fessura del battiscopa di marmo. Più che fessura era proprio una crepa a forma di u rovesciata e si muoveva. Insomma, sembrava una porticina scorrevole solo che dietro, invece del classico topolino ci viveva jack.
        Quando divenni un po’ più grande lo presentai alla mia sorellina. In pratica ero io: mi camuffavo da jack, con occhiali di tartaruga anni, 60, foulard e dell’altro.

  2. anni fa’ in estate ho sentito la figlia della mia vicina di casa che cantava a squarciagola…vado a vedere nn era proprio vicinissimo, era uno spasso. Cantava e ballava nel balcone alternando brani in italiano e in inglese italianizzato….. facendo anche finta di avere un microfono in mano… Pier il terribile mosso da spirito diabolico ha puntato fotocamera con cavalletto e l’ha filmata °-°

  3. ma per caso te l’ho già detto che mi piace ascoltarti mentre ti racconti??
    credo di avertelo già detto ma oggi mi va dirtelo di nuovo!

    111111 baci!

    • Caro ma sai che ci penso da quando sono bambina?
      Il mio sogno sarebbe essere su un grattacielo a guardare le lucette.
      *_*

      Qualsiasi grattacielo.
      Pure immaginario.
      Vorrei solo vedere tante tantissime lucette.
      Un bacio grande :*

  4. Io da piccola dicevo sempre che a 28 sarei rimasta incinta…quei 28 sono arrivati e il pancione c’è…ma di ciccia.

    Ora, quando torno dal lavoro e becco l’orda barbarica di liceali mi viene un po’ il dolce ricordo di autunni passati (pochi dolci, tantissimi amari…ma non sarebbe adolescenza senza dilemmi, litigi, amori e rotture).

    A me capita di ricatapultarmi nel passato quando sento l’odore dell’asfalto bagnato di pioggia. Mi viene la pelle d’oca e, se sono particolarmente sensibile, piango pure…non è un bello spettacolo 😀

    ti voglio bene

    • Che cosa bellissima Sel.
      L’asfalto bagnato di pioggia? sai che non ho idea di come sia l’odore. Non sono molto legata agli odori e credo di avere un olfatto pessimo.
      Mi piacciono gli odori di alcune persone, quello sì.
      Però ecco.
      L’odore dell’asfalto bagnato di pioggia.
      Voglio sentirlo al più presto e pensarti.
      ti voglio molto bene anche io cucciola e mi manchi. Spero di potermi fare una chiacchierata con te davvero al piu’ presto 🙁

      • “non può piovere per sempre”
        Tranquilla che ci sentiremo presto :-*

        L’odore che dico io è quando sono taaanti giorni che fa caldo e poi viene giù un temporale. Quell’odore mi catapulta all’infanzia. A mio nonno. Alle vacanze. Al vagabondare adolescente per Milano. <3 Ricordi che non pensavano mi sarebbero mancati.

  5. tesoroooooo!!! ti adoro, lo sai vero???!! :*****
    che spettacolo i tuoi 1… con la farina di mais saranno croccantini e friabilissimiiii… mmmmm….
    certo che però delle tue mani… ne vogliamo parlare??? quando ci incontreremo (e ci incontreremo!!) mi fai un corso accelerato di nailstyling??? :*****

    • Vivi sono a tua completa disposizione per TUTTO *_*
      TUTTOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO

      Questi biscottini in effetti sono davvero risultati croccantini e friabilissimi. Hai proprio ragione. E sono andati letteralmente a ruba. Un successo insperato.
      Spero che questo incontro accada molto ma molto ma molto presto .
      Unbacioneenormeeeeeeeee :*
      e grazie sempre

  6. Ieri ero a Milano, all’EICMA, una follia totale che alla mia veneranda età non posso più permettermi. Sveglia alle 5, treno alle 7, arrivo alle 10, ingresso in fiera alle 11, fierafierafierafierafierafiera fino alle 16.30, ingresso in stazione 18.30, treno ore 19, arrivo ore 22, ingresso a casa ore 22.30, bocconeingurgitatolavaggiodenti di corsa, nel letto ore 23.30.
    E fin qui ci si potrebbe pure stare, il problema è che alle 02.35 mi sono svegliato coi crampi ai polpacci… e quindi l’anno prossimo basta EICMA, mi accontenterò di Moto Days a Roma.
    Tuttoquestopippone perché ieri non ho potuto scrivere sul blogghi picché ancora ci ho il blacchiberri e non l’aifon… finirà che me lo compro per disperazione, l’aifon!
    Anyway spero che quel desiderio nel titolo si avveri, cara Iaia, e ti abbraccio stretto.

    Ho una sola domanda. Che programmi abbiamo per il 13.13.13?

    • Ti prego Max.
      tu sai quanto ti amo.
      devi ascoltarmi.
      A TE SERVE UNAIFON .
      ripeti con me:
      a teserveunaifon.
      ateserveuaifon.
      e non dimentichiamoci del nostro dilemma. Io non posso mandarti cuoricini in sms se non hai l’aifon.
      mi pare gia’ l’unico motivo valido per comprarlo (chiaramente vaneggio.nonsoquelchedico. ma so che mandarti cuori con aifon è cosagraveassai)

      il 13.13-13 sono con te.
      <3

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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