Ieri sera tardissimissimo ho ricevuto la notizia da Emanuele che non solo Apple avesse approvato la seconda versione di Gikitchen ma che sarebbe stata prestissimo disponibile sull’App Store, sempre in maniera del tutto gratuita.
Detto fatto. Neanche il tempo di scambiarci due facciotte su Imessage ed era lì nella sua sfolgorante inutilità mondiale nella fiammante versione 2.0. Avrò modo di tediare l’universo sulle novità e quello che sarà, ma lo farò al momento opportuno: ovvero quando riuscirò a fermarmi.
Contando però che il Mercoledì mattina mi concedo un po’ di sano relax ( c’è una fortissima ironia in questa affermazione) rimando giusto di qualche ora. Una su tutte è la sezione in Inglese che solo grazie al supporto fondamentale della mia preziosissima amica Flo può esistere.
Nel frattempo lascio due veloci appunti in cucina riguardanti un piatto che spero davvero possa piacere perché qui in casa ha sempre un discreto successo. E sì, si continua con la cucina taoista, etnica, connessi e annessi.
E che salmone ho tra le mani? Sarà il salmone dell’atlantico o quello reale? Sarà l’argentato o il rosso o il rosa? Sarà quello del Danubio o quello giapponese? Molto probabilmente sarà quello dell’atlantico. Per fugare ogni dubbio basta chiederglielo se è ancora in vita o eseguire un’autopsia. Perché chi è non è specializzato nelle autopsie per stabilire la provenienza del Salmone? Cioè siamo proprio alle basi eh.
Questo pesce che è diventato rappresentativo del lusso e delle feste ma soprattutto come finitura per tartine e paste anni ottanta con vodka, nuota felice nell’Atlantico orientale vicino al Circolo polare artico. Una bella vita insomma sempre con la pelle tonica e il corpo molto sodo (cosa sto dicendo?). Insieme agli eschimesi (cosa c’entra?) a fare baldoria tra gli igloo e con i baccalà a salutare i pinguini che ballano e cantano (devo smetterla perché ben so che quando comincio così finisco nel delirio preoccupante).
Insomma a me il salmone fa davvero tanta simpatia e quando mangiavo pesce giusto per dimostrarglielo ne spazzolavo confezioni da otto chili alla settimana. Ecco perché, a me il salmone non è che piaceva: di più. Un’anima anni ottanta inside, la mia. Mi piaceva il caviale, quello vero, e il salmone. Non per stereotipi assurdi e insulsi ma proprio perché ne apprezzavo il sapore. Del resto ero quella che non mangiava formaggi ma un pizzico di gorgonzola sulla pizza non lo disdegnava. Ah la mia meravigliosa incoerenza. Potevo darle molto più libero sfogo di adesso, uff.
Riflettendo, giusto per mantenere alto il mio inesauribile tasso di incoerenza, potrei inventarmi di non mangiare pesce ma salmone sì; del resto una volta a tavola mi è capitata una che ha detto “ah anche io non mangio carne. Solo mortadella e salame. E poi vabbè il pollo e il coniglio uuuhhhh quanto mi piace”.
Il salmone fresco non è così difficile da reperire e qui perlomeno il prezzo non è poi così diverso da quello del tonno e del pesce spada, eppure c’è una qual certa reticenza del siculo nell’affrontare l’algido e nordico pesce. Vince sempre il pesce spada, che certo è comprensibile ma per qualche assurda ragione questo pesciotto allampadato ( pare abbia preso la tintarella in qualche isola deserta senza protezione o sbaglio?) pare essere riservato solo a feste, tartine e pasta sfumata con vodka. In realtà le elaborazioni che ho notato, soprattutto orientali, sono infinite e interessanti. Una di queste è senza dubbio la versione del salmone glassato con il Mirin; questa che segue è la versione Nigelliana ma in moltissimi libri asiatici che possiedo ve ne sono diverse. Nulla togliendo alla tanto amata guru anglosassone c’entrano poco le sue scelte con la cucina taoista ma a conferma che non tutto necessariamente è come sembra e che occorre davvero un minimo di informazione ecco qui un piattino leggeroleggeroleggero. Anche Nigella può.
Nella cucina taoista, su cui ho fatto giusto ieri una brevissima introduzione ( sono oltremodo felice che possa essere di interesse per chi giornalmente compie l’atto masochistico di seguirmi -vi amo) il pesce e il riso sono proprio alla base del benessere. Ci sarà modo di sproloquiarne fino allo sfinimento ma è importante partire dalla basi e proprio per questo un semplicissimo salmone scottato e glassato nel mirin su un letto di riso, simbolo dell’equilibrio, fa proprio al caso nostro; come è accaduto ieri con i Noodles Speziati e come accadrà domani con un’altra elaborazione taoista seppur comprendente la carne.
Paola (seguono cuori) mi ha fatto saggiamente notare che da rincitrullita quale sono non ho trascritto la ricetta dei Noodles Speziati . Si tratta di noodle cotti con radice di zenzero fresca e spezie senza dimenticare le alghe kombu che conferiscono come in tutte le preparazioni un sapore irrinunciabile. L’alga poi è un elemento fondamentale nella cultura succitata e oltre a insaporire rappresenta un importantissimo elemento nutritivo in termini mentali. Procurarsi la kombu grazie al cielo non è più così difficile e in qualsiasi biologico si può reperire senza problema. Stessa cosa per la wakame, che come ho ribadito fino allo sfinimento, oltre ad essere la mia alga in assoluto preferita ( nota irrilevante) apporta una serie di benefici infiniti.
E’ una preparazione veloce e completa in quanto può essere primo e secondo insieme e ha quel tocco in più dal punto di vista estetico perché quanto è bello quest’arancione glassato ai limiti del fluo sulla base bianca del basmati?
Il colore caldo dell’arancione che appartiene allo Yang in sintonia con la freddezza del verde e l’equilibrio del riso. E’ importante sì aromatizzarlo poi con qualche fogliolina di erbetta aromatica freschissima.
Montersino l’altro giorno sul suo interessantissimo “angolo salato” spiegava come servire una sorta di salmone in crosta con un particolare metodo. Adoperava delle spezie, tra l’altro molto in voga nella cucina taoista ed io diligentemente ho segnato tuttotuttotuttotutto nella speranza di provarlo e farne vedere un po’ se qualcuno perisce nell’assaggio. Fiducia a Montersino sì ma poca a me, ovvio.
I colori dei piatti sono alla base non solo della cucina orientale in genere dove la particolare cura maniacale estetica è una vera e propria espressione d’arte (sarà per questo che ne sono invaghita manco fossero dei Picasso?) ma fondamentali basi si cui costruire tutto il proprio equilibrio e conoscenza della cucina taoista.
I piatti sembrano a volte tratti e trame di vestiti. Ci dovrebbe essere la Food Week dove sfilano salmoni fluo con pochette interamente realizzati di basmati e Pesci Spada con gingilli vintage che penzolano dalle branchie. L’anno prossimo la organizzo ( lo so. Dovrei smetterla ed essere seria per farfugliare circa la cucina taoista ma non ce la faccio, santapizzetta) ; devo solo ricordarmelo e segnarlo in agenda. Contando che non ricordo da minuto a minuto quello che devo fare-dire-eseguire, credo sia un’impresa ardua anche solo sperare di ricordarmi della Food Week del 2013 dove a sfilare sul tappeto rosso ci dovrebbe essere un salmone glassato con il mirin.
Mi sono persa. Dicevo? ah sì (fingo di aver ricordato)
Mi piacerebbe sapere da voi (qualora ne aveste tempo e voglia), giusto per una smania di curiosità e per capire se è difficile o meno e soprattutto se è abitudine o meno reperire-acquistare prodotti etnici e orientaleggianti? ( sembra un periodo sintattico sbagliato ed in realtà lo è come tutto il resto. Ma chi ce l’ha il tempo di tornare indietro e ticchettarlo meglio? io no).
E se sì quale sia la vostra ricetta etnica preferita. Se c’è qualche ricordo che vi lega a un luogo particolare o semplicemente qualsivoglia pietanza e gusto che rievoca piacere estremo ogni qual volta entra in contatto con le vostre papille gustative? (voglio tracciare un profilo psicologico taoista; mi avete scoperto. Siete fubbbi con tre b)
Che magari da idee nascono idee ed io oltre a poterne platealmente approfittare posso orientare-virare-sperimentare con voi questo studio sulla Cucina Taoista; che con mia somma e immensa felicità stiamo svolgendo tutti insieme ( ma che bella cosa è? Come dicevo a Max: ci ricovereranno tutti insieme e mangeremo cibi yin e yang spiegando agli infermieri quanto il verde possa essere deleterio per il fegato)
(non usciremo mai da lì. Lo sapete vero?)
Per caramellare una fetta di salmone fresco occorrono 2 cucchiai di salsa mirin, 2 cucchiai di salsa di soia, 1 cucchiaio di zucchero, 1/2 cucchiaio di aceto di mele, una presa di sale. Riscalda la padella per bene e quando è ben calda intingi la fetta di salmone nella salsetta che hai precedentemente preparato e gira per bene fin quando lo zucchero si è ben amalgamato e cuoci da entrambi i lati per almeno due o tre minuti. Durante la cottura, sul finale versa su anche il liquido rimasto e aspetta che la fettina si insaporisca e si caramelli. Servi con un letto di riso basmati e un ramoscello di rosmarino freschissimo. Se ti piace anche della cipolletta freschissima tagliata a listarelle o del sedano. Una nota di colore verde che darà freschezza e colore al piatto. Servi ben caldo. Se vuoi formare una piccola crosticina puoi leggermente infarinare la fetta di salmone con della farina di riso (ma davvero pochissima) prima di posarla sulla padella caldissima.