Ricette Vegetariane e Vegane

Nani da giardino, Cuddure e argenteria

 

Sono di mise en place in questi giorni. Provo accoppiamenti, coordinati e rispolvero pezzi di argenteria di mamma che è ben felice di cedermela per ritrarla come sfondo attraverso l’obiettivo ( nel frattempo mando scatti a Max per avere consulenze visive).

E dopo l’albero di Pasqua  vaneggio sui centrotavola, boccali e uova colorate mentre infilzo piccoli nanetti nelle piante. Su Etsy, la mia ultima passione preoccupante che mi crea attacchi di shopping compulsivo, ho trovato questi adorabili “segnapiantine”  dove trascrivi le erbe aromatiche o il nome della pianta e che cosa hanno in cima? Un nanetto da giardino!

Dire che ne sono entusiasta è riduttivo. Un progetto nanoso poi mi sta impegnando davvero tantissimo e conto di realizzare questo “sogno”, perché di questo si tratta, nel minor tempo possibile. Pur cercando di coinvolgere il Nippotorinese senza sortire alcun effetto mi arrendo all’evidenza che sarà un percorso solitario. E confesso, non vedo l’ora di mostrarlo sperando che possa essere di ispirazione ( fingete, nel caso) per trascorrere serate da fiaba sotto le stelle (uhm troppo criptico. Devo procedere velocemente e svelare tutto mi sa). 

Sono piena di progetti da realizzare. Mentre disegno meticolosamente dettagli e trascrivo funzioni tra orecchie di coniglio e cappelli di nano lui mi guarda e mi dice che devo fermarmi. Che devo disegnare meno. Che devo scrivere meno. Che devo correre meno. Che devo cucinare meno. Che devo stare da sola meno. E che poi devo fare di più tutte le cose che faccio di meno. Solo che mi confondo e non lo ascolto. Lo fisso e in preda a “eureka” mi invento seduta stante un altro progetto. Mi piace perché poi mi sorride. Mi abbraccia e dice: sì. E’ bellissimo.

Sulla cuddura siciliana ho giusto blaterato lo scorso anno qui (clicca qui per delirio e ricetta). E’ impossibile che sulle tavole siciliane manchi questa istituzione in formato ciambelloso. Non vi è alcuna speranza fortunatamente di non osservarla lì. In tutto il suo misticismo filosofico che risiede nel guscio e contenuto dell’uovo. Nel senso stesso della vita. Lo scorso anno dicevo che nella cuddura c’è il senso primordiale dei miei ricordi e lo raffrontavo mettendomi allo specchio davanti al mio papà. Come più volte ho sostenuto una delle più grandi difficoltà per me è rileggermi. Tempo fa quando ascoltavo le interviste non capivo il perché qualche attore sostenesse di non volersi rivedere.  Credevo fosse giusto un modo per destare interesse e aumentare un qual certa enfasi. Nella mia incommensurabile stupidità credevo fosse impossibile non voler rivedere il proprio operato passato. Adesso, forse con un po’ più di esperienza perché definirla maturità proprio mi farebbe sentire al capolinea, comprendo che non è così assurdo non volersi rivedere, rileggere e osservarsi. Lo si può fare per diverse ragioni tra le quali credo ci sia la paura. Se a farmi pensare inizialmente che fosse proprio questo il problema per me, a ben rifletterci credo sia più la voglia di scoprirmi piano piano. Non mi conosco ed è questa la verità. Sto imparando a farlo sperando di comprendermi in un percorso pubblico che rimane paradossalmente privato.

Dalle foto intuisco che nell’intreccio della cuddura vi sia la sostanziale differenza e spaventosa uguaglianza tra me e papà. Potrei scommetterci, mi dico mentre sorseggio caffè. Come fosse una sfida. Come se poi tra qualche anno quando sarà il tempo di rileggere questo post e quello dell’anno precedente potrò darmi ragione magari dandomi una pacca generosa sulla spalla a mò di incoraggiamento.

Sono sicura che io abbia scritto quello e lo sono nella misura in cui credo di non esserlo. Del resto la coerenza e anche il cambio di idee e di ricordi con il trascorrere del tempo non è necessariamente menzogna. E’ una realtà, la stessa, vista da diversi punti di vista. Ed io voglio godermi tutti i punti di vista in base alle esperienze che ho vissuto in questo cammino.

Ci sarà quindi una cuddura il prossimo anno e quello seguente sino a quando ci sarà un riassunto di cuddure e ricordi. Non si tireranno somme e se non ci fossero pacche sulle spalle andrà bene lo stesso ma sono i colori delle codette a importarmi. La varietà del mio essere. Per questo motivo una cuddura non è un biscotto. Nasce come pane e poi è diventato un biscotto, come papà giusto l’altro giorno mi raccontava di come si “inventarono” questi biscotti con l’impasto che rimaneva. In realtà erano semplici e tondi ma la mia nonna, che portava la treccia avendo i capelli lunghissimi, li aveva pure fatti così. Solo che lei le codette colorate le ha scoperte quando quella treccia era più bianca che nera. Non era particolarmente entusiasta di queste cose moderne ma si sa le nonne fanno sforzi immani e si superano in modernità pur di stare al passo con quel tempo che non può appartenere loro. Per amore. Come nell’intreccio della vita e del sangue. Non hanno il sapore della cuddura della nonna queste trecce e non lo avranno mai. Papà quando mi guarda e dice “buoni. amore mio sono buoni. meglio di quelli della nonna” so che mente. Lui sa che so che mente e mentiamo. In quel modo profondamente vero che odora di incoraggiamento e cannella. In quell’abbraccio che ti dà la forza di andare avanti e che credo sia poi il concetto di famiglia.Io non ho una famiglia che non sia mamma, papà e il Nippotorinese. Avevo una famiglia ben più grande ma le codette si coloravano peggio e vedevo confuso. Gli intrecci erano troppo giudicati e messi sotto esame. E io che in un esame perenne vivo ma pretendo il colpo di scena, ho deciso che fosse un bene scegliere l’abbraccio di una famiglia e non mischiare troppi impasti che pur provenendo dalla stessa farina hanno consistenze diverse. E’ difficile affrontare la vita quando si è soli, mi dicono. E’ difficile non avere sorelle come è difficile non avere fratelli. Allontanarsi dalla famiglia e dagli amici. Dicono che sia difficile vivere come vivo io. Pensando a me e ai miei sogni. Eppure sinora io avevo fatto l’esatto contrario pensando prima agli altri e non a me e non solo era difficile davvero ma nessun sogno era in agguato o vagamente vicino.

E’ difficile essere una codetta impazzita ed esplosa nel forno. Colorata multicolor che decide di non attaccarsi all’impasto con uova e latte. Ma è necessario.

E’ necessario intrecciarsi e per fare una treccia occorrono tre elementi. Mamma, Papà e Pier. E poi arrivo io che sono una codetta multicolor impazzita a fare da contorno.

Con il tempo rileggendomi, semmai arriverà questo momento, potrò ridere. piangere. darmi una pacca sulla spalla. maledirmi. prendermi a ceffoni. darmi della stupida. complimentarmi.

Solo che quando accadrà potrò solo farlo con me. Non mischiando e intrecciando nessuno. E’ la scelta di essere coerente come una cuddura. Come quello che sei sempre stata e sarai. La ricetta della cuddura è semplicissima e occorrono davvero pochissimi minuti. Certo qui le uova non ci sono e rimangono dei semplici biscottini. C’è chi usa l’ammoniaca, ma a me non piace e c’è chi usa lo strutto al posto del burro. chi le scagliette colorate al posto delle codette e chi gli zuccherini tondi o fosforescenti. Per le versioni glamour pure le palline argentate e visto che ci sono quelle dorate mi sa da quest’anno pure quelle.

Ma la grande verità è che oggi una ricetta non c’è.

La ricetta sei tu.

Ma nel post dello scorso anno si parla di grammi di farina, zucchero, e uova e quindi nel caso basta cliccare qui>>>

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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