Ricette Vegetariane e Vegane

Freaks e le sei uova per Hercules

Che Freaks sia uno dei cult movie più interessanti della storia cinematografica mondiale non è certamente un giudizio personale ma un’assioma. E già così si potrebbe pure scrivere “pietra sopra” o “l’udienza è tolta” e tanti saluti. Solo che Freaks è davvero importante per me e non soltanto perché il genere si avvicina moltissimo al mio tipo di visione costante. Questo film evoca e risveglia il germe di qualcosa che ti deve appartenere. Si trova al terzo posto di un’illustrissima classifica americana, secondo solo a The Rocky Horror Picture Show e This is Spinal Tap; e dopo questa informazione appresa dovrei sapere per mera curiosità personale chi abbia redatto la classifica perché certamente quel germe risiede anche nel suo dna.

Drasticamente censurato, è un film del 1932 che viene poi definito horror (a torto) e lanciato nella larga distribuzione pur rimanendo uno di quei tanti film maledetti. Quando amo particolarmente una visione, come in questo caso, mi sono sempre piaciuti i retroscena. Scovare dettagli e collegamenti. Osservare le foto dietro i set. Come se volessi addentrarmi maggiormente in quella tana segreta che non è aperta a tutti. Non tanto per stupida curiosità-chiacchiericcio-pettegolezzo, ma per immergermi nella visione altrui che tanto mi ha toccato. Pochi sono quelli che hanno scatenato questa vena indagatrice e affamata, ma se dovessi citarne giusto tre per non essere proprio tirchia di dettagli, direi Shining, The Rocky horror Picture Show e L’esorcista (uhm e Rosemary’s Baby e BabyJane e…). Non a caso Freaks rientra in questo gruppo e si incastra perfettamente ai tre perché tutto è tranne che orrore, ma solo a ben guardare. Per chi ha tempo di capire o semplicemente può. Un po’ mi terrorizzano le persone che sostengono di non vedere film horror perché hanno paura. Ho sempre fatto un paragone da quando ho tredici anni e ricordo anche l’esatto momento in cui l’ho detto.

“Avere paura di un film horror è avere paura di una fiaba. Non puoi avere paura di sognare con una fiaba”.

A distanza di venti anni  (santocielosonovecchia) quella frase buttata lì da una ragazzina già invasa da visioni di cartoni e orrori era una chiave di lettura del mio essere. E qui ci starebbe  bene la massima di Max che recita “niente è per caso”. Ho sempre creduto che l’orrore fosse una fiaba;  solo leggermente modificata. Per questo motivo colleziono horror e cartoon da quando ho memoria. I primi con la mamma che un po’ pativa e storceva il naso al pensiero di sua figlia davanti a diavoli, streghe e mostri e i secondi osannati e idolatrati con la sicurezza senza storta di naso della mamma pensando che sua figlia fosse in mondi magici con maghette e streghette buone.

La realtà, sottinteso per me, è che non si può avere paura di una visione horror perché è tale e uguale alla favola. E’ fantasia. E non lo è nella stessa misura della favola. Si potrebbe addirittura ricadere nel Tao e nella teoria filosofica di Parmenide e dell’essere e del non essere. Questi due contrasti accecanti del bianco e nero che sono i miei due colori, anche di quello che sono in un alter ego di fumetti, e che rappresentano per certi versi la purezza e il delirio opposto. Il male e il bene. Il bianco e il nero. Maghetta e Streghetta. Nord e Sud. Favola e Orrore. Questa folle dicotomia che non conferisce soltanto caos come avevo creduto ma serenità, stabilità e coscienza oltre che di altri, che poco importa, piuttosto di sé. Pani mi insegna poi che l’essere umano è mutevole e. Chi l’ha detto che sia un bene la stabilità ?

Freaks con la sua storia d’amore tormentata e la normalità dell’essere deforme mi ricorda me. Io deformata lo sono stata e lo sono tuttora. La pelle dilatata e ritornata e dolori penzolanti fanno parte di me e io Freaks lo sono stata, sono e sarò nell’anima.

Freaks insegna che la normalità potrebbe essere  l’aspetto più deformante di una vita insulsa e piatta e che essere nani, siamesi, senza braccia, senza gambe, con una pancia penzolante è salvezza e sintomo di purezza. Vista da un freaks la vita non è poi così difficile come si crede.

Alle elementari mi piaceva un bimbo, e ho raccontato molte volte questa storia credo anche qui, affetto da una malattia. Non aveva capelli, sopracciglia, ciglia. Lo prendevano in giro tutti. Per me era bellissimo. Interessante e intelligente in maniera strabiliante. Non ero una bambina speciale. Non sono una donna speciale. Io faccio parte di quel circo e di quei freaks nell’accezione più pura di questo termine volutamente orrendo, proprio per la crudeltà che la normalità spesso riserva al genere.Non contando che il vero mostro è la normalità e l’omologazione. L’esercito dei senza vita e idee che si nutrono. Copiando, sperando di poter diventare, rubando. In realtà è tutto più semplice del previsto. Freaks si nasce e io lo nacqui.

In Freaks purtroppo di cibo ce ne è ben poco. Sono riuscita a individuare sei uova per Hercules “perché non ho fame” e cinque zollette di zucchero per Hans nel caffè. Forse un arrosto ma non ne sono sicura neanche dopo tanti stop frame per la signora senza braccia. Non potendo quindi realizzare o estrapolare una ricetta, pur pensando a un ricco e generoso zabajone, da questa pellicola importantissima per me, ho deciso di lasciarla così.

Meravigliosamente freaks e mutilata da ricetta.

Ma non di immagini. Già con Hugo Cabret avevo trascritto quanto mi fosse piaciuto fotografare lo schermo (furtivamente) del cinema ma a casa. Ussantocielo a casa è meraviglioso. E’ domenica e il Nippotorinese con telecomando in mano ascolta i miei “STOPPPPPPPPPP” – “Parti!” – “STOPPPPPPPPPPPPPP”. Ci siamo divertiti tantissimo a fotografare i frame che mi interessavano.

Ci siamo divertiti tantissimo a fotografarci come Hans e Freida. Solo ce lui, è un “normale” venuto nel mondo “freaks” e che fortemente è voluto rimanere.

E no. Non ce ne sono tanti. Incredibilmente è mio.
La tenda. Quella che mamma mi costruiva al pomeriggio invitandomi a creare mondi. Uno diverso. Ogni giorno. In cui entrare e uscire.

Poi vado all’Ikea e insieme agli Skubb per organizzare la mia vita infilo nel carrello lei. Mai sarebbe potuta essere più perfetta. Racconta esattamente quello che mi sta accadendo. Nella testa. Nel cuore. Nella vita. Nel lavoro.

E’ un circo di emozioni. Non si paga. Gli animali sono liberi. Ma soprattutto sono tutti dei Freaks.

Perché io sono Freak. E me ne vanto. 

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19 COMMENTS

  1. ho sempre guardato i film horror. anzi no: i film di paura, come li ho sempre chiamati.
    fino ai 16 anni li ho sempre guardati con sommo raccapriccio dei miei genitori. li guardavo con mio fratello e non ho mai avuto paura.
    poi all’improvviso è successo qualcosa.
    qualcosa di cui non parlo perché è chiuso dietro una porta ma non me ne sono liberata davvero.
    e da quel momento non sono più riuscita.
    e quando da poco mi sono costretta a farlo ho avuto paura, un pò meno paura di prima. ma credo che sia paura di tornare a vivere in “quel qualcosa” più che la paura del film.

  2. Oh mamma che bel post.
    Tempo fa guardando Fur (ritratto immaginario di Diane Arbus) ho capito che. ero un freak e amavo fortemente il concetto di freak.
    Mi sono documentata su di lei e leggere che alla prima esposizione dei suoi lavori a new york la gente vi aveva sputato contro mi ha fatto capire proprio quello di cui parli.
    Il sentirsi diverso, il forte bisogno di discostarsi fortemente dalle etichette della società. parole. solo parole per definire concetti così grandi e stritolati in uno spazio piccolo che non può neanche lontanamente definirli.
    E dunque sì, fammi spazio sotto il tuo tendone, che devo camminare sulla fune saltellando su un piede solo.

    • Ok, letto.

      Non mi sono mai voluta omologare agli altri. Troppo noioso. A volte però mi sarebbe piaciuto provare l’ebrezza della superficialità. Uscire come tutte le faighe della notte…aperitivo e poi via a danzare con gli amici nel posto chic della città. Ma poi ci ripenso e amo come sono e non mi cambierei per tutto l’oro del mondo.
      Freak è anima, cuore e viscere; si nasce, non si diventa.

  3. Concordo con te. Mi sento freak. Sono freak.
    Anche se i veri freaks sono quelli omologati tra loro in compartimenti stagni e che vengono descritti come essere quelli “normali”
    Ecco, sono quelli che fanno davvero paura.
    I veri orrori non sono nelle fiabe, ma nella vita reale.

  4. Oltre all’edizione di cui ti ho spedito una copia, ne ho un’altra più “enciclopedica”, e un bignamino che ho messo su dropbox, così lo posso avere sempre disponibile, pc ufficio, mac di casa, ipad, iphone, blackberry.
    Sto parlando del Tao Te Ching, e quel che dici è meravigliosamente in armonia con il capitolo II, “Nutrire la persona”. Te lo riporto qui, come ulteriore spunto di meditazione.

    Sotto il cielo tutti
    sanno che il bello è bello,
    di quì il brutto,
    sanno che il bene è bene,
    di quì il male.
    E’ così che
    essere e non-essere si danno nascita fra loro, facile e difficile si danno compimento fra loro, lungo e corto si danno misura fra loro,
    alto e basso si fanno dislivello fra loro,
    tono e nota si danno armonia fra loro,
    prima e dopo si fanno seguito fra loro.
    Per questo il santo
    permane nel mestiere del non agire
    e attua l’insegnamento non detto.
    Le diecimila creature sorgono
    ed egli non le rifiuta
    le fa vivere ma non le considera come sue, opera ma nulla si aspetta.
    Compiuta l’opera egli non rimane
    e proprio perché non rimane
    non gli vien tolto.

  5. Sono in ritardo, mi sono pure scottata una mano, Frugolino deve andare a nanna… ma ho letto attentamente questo post. Credo di essere freak anch’io. E penso che tu sia una donna di grande intelligenza. Spero ci sia un po’ di posto anche per me lì nella tenda… Ti stringo

  6. non ho mai visto questo film e rimedierò assolutamente. mi viene voglia di abbracciarti perché hai scritto delle cose che. che.
    e mi ricollego a Max pure che i suoi commenti come al solito sono irrinunciabili. il bianco e il nero sono la stessa cosa, come l’essere ed il non essere perché come singoli non esistono, esistono l’uno come l’opposto dell’altro. perciò è proprio nella massima normalità e nella perfezione che appare la deformità e l’imperfezione. al raggiungimento totale di una cosa, appare il suo contrario. come quando da un posto assolato e luminoso entri in una stanza buia e appaiono i makkurokurosuke (non c’è un nesso logico vero? o c’è. in ogni caso lo dovevo assolutamente portare come esmpio).

  7. non so se sia giusto dire “io sono freak”, o meglio io non so se lo direi, non so se direi di essere qualcosa.
    Dicendo “sono così” entro già a far parte di una categoria. Ma a dire il vero non saprei neppure a cosa aggregarmi, né sotto l’aspetto comportamentale né sotto il profilo spirituale.
    Anche perché noi spesso precediamo le mode. Un giorno ho perfino scoperto di essere grunge. Non lo sapevo, ero nato e mi ero sempre vestito così ma non lo sapevo.
    Sì, siamo esserei mutevoli e imperfetti, ricchi di imperfezioni di cui io cerco di fare tesoro.
    Detto questo, anche freak mi sfugge. Ricordo solo un fumetto di Dylan Dog che probabilmente si rifà al film.
    Urge rimediare al più presto.

  8. Non ho mai visto questo film. Non guardo film horror. Non ha molto senso averne paura, ma non li guardo perché me ne fanno davvero tanta 🙁

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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