La mia passione è trascorrrere le serate guardando Indagini ad alta quota. Il traduttore di Sky è stato davvero magnanimo con la sua nazione perché in America il titolo originale prevede un controllato e serafico “disastri aerei”. Sarebbe stato bello non vedere nelle informazioni siffatto titolo perché di indagini e risvolti polizieschi, thriller e gialli si sa l’estate è piena. Ma anche di tragedie. Non smetterò mai di sostenere questa tesi. Lo faccio ormai da anni. Come anticipato giusto qualche settimana fa l’etere ci propinerà per endovena disastri di ogni sorta e tipo. Quando l’italiano medio si accinge a saltar su e giù da un qualsiasi mezzo di locomozione per vacanza e divertimento, la televisione non manca di ricordarti che lo psicopatico killer delle donne in bikini fluo e il deragliamento del treno è in agguato. Che l’hostess forse saprà far atterrare un Boeing dopo essersi fatta tre martini e che il protagonista, ovvero tu, rimarrà illeso ma dopo una serie di cardiopatie che influiranno sul sistema neurologico per tutta la vita.
Essendo io terrorizzata dal volo da anni ormai, cosa posso fare di meglio se non inebetirmi con questa entusiasmante visione? Ieri si parlava dell’aereo DHL preso di mira dai terroristi. Ala saltata e atterraggio pericolosissimo senza carrello e timone mentre il serbatoio perdeva carburante e tutto l’aeroporto se non addirittura Baghdad tutta poteva prendere fuoco.
Il Nippotorinese apprezza moltissimo la mia calma. Mi dimeno mordendo il cuscino. Urlo “noooooooo ti pregooooooooo”. Chiudo gli occhi. Li riapro. Sorseggio acqua. Mi soffoco. Mangio il limone con il sale (perché una sicula d’estate non può andare a letto se prima non ne ha fatto fuori almeno mezzo chilo) e mi lamento. Ma tanto eh.
Mi lamento del fatto che duri troppo poco. Pretendo uno special. Magari con il 747 che è finito nell’oceano ma grazie al cielo quasi tutti si sono salvati. E’ una vera e propria passione-paura-fobia la mia. Starei incollata notte e giorno studiando mappe e planimetrie dei diversi boeing, airbus e aerei militari. Che si preannunci una svolta e diventi pilota d’aereo?
Del resto ero un’obesa che mangiava schifezze e gridava al mondo l’importanza della maionese e il massimo che sapeva cucinare era insalata in busta già lavata. Perché mai non potrei essere il capitano, o senza voler esagerare, una hostess preparatissima che salverà vite in un atterraggio d’emergenza??
E ora seriamente: quanto caldo fa?
Quando sono finita con immenso onore sull’Unione Sarda mi sono francamente chiesta francamente come fosse possibile per una serie di ragioni che è inutile elencare ma poi scartabellando un po’ l’indice del Gikitchen l’epifania. E’tutto un pullulare di tripudio sardo e la cosa non può che rendermi felice. Tralasciando le preparazioni sicule e piemontesi perché si gioca in casa, la regione che in pole position mi attira di più è indiscutibilmente la Sardegna. Tra lasagnette con il pane carasau, seadas, fregola e malloreddus vi è davvero una cospicua sezione. Non sarà un caso che che la mia migliore amica sia sarda. Il fatto che io non abbia mai messo piede in Sardegna è la nota rivelatoria che dimostra, come se ce ne fosse bisogno, quanto io sia profondamente idiota. Sperando di poter rimediare nel minor tempo possibile magari battendo sul tempo Bestiabionda che vuole giocare d’anticipo e sottrarmi l’amore della mia Cri e di Ale.
L’idea sarebbe quella di fermare il tempo in ogni angolo perché se c’è una cosa che mi si scatena dentro pensando alla Sardegna è: foto. Foto. Foto. Foto. Di ogni tipologia e sorta. Alla terra, all’aria, al fuoco e all’acqua. Ai volti soprattutto.
Ricordo delle foto incantevoli e indimenticabili di una coppia di amici. Lespaul e Franciulla, che ho nel cuore. Il Pan di Zucchero da dove avrei voluto tuffarmi ed Ennio che avrei voluto abbracciare. La tappa sarda è obbligatoria quest’anno. Sarebbe una carezza delicata e un momento solo ed esclusivo per me. Riscoperta e scoperta di un abbraccio che tarda ad arrivare da ormai più di sei anni e la voglia selvaggia di abbandonarmi a luoghi che il mio papà pur avendo viaggiato intorno al mondo definisce i più belli mai visti.
A dimostrazione del fatto che di Malloreddus qui si è fatto davvero una generosa scorta in questi giorni ho proposto al Nippotorinese un semplicissimo primo piatto freddo con mascarpone e menta. Niente di particolarmente elaborato o eclatante. Ho fatto cuocere i malloreddus nella versione primavera, già aromatizzati di per sé alle verdure, in abbondante acqua salata bollente. Ho tritato finemente la menta dopo averla lavata per bene e l’ho messa da parte.
Un minuto prima che finisse la cottura della pasta ho fatto scaldare pochissimo olio e qualche cucchiaio di mascarpone. Ho aggiunto la menta e poi con un cucchiaio di acqua di cottura ho aggiunto i malloreddus e via. Saltati insieme al formaggio e all’erbetta aromatica. Aggiustato di sale usandone uno rosso delle Hawaii (sempre quello di Eataly che tarda a finire) e servito fumante. Nonostante questo il Nippotorinese l’ha proclamato freschissimo e digeribilissimo. A quanto pare perfetto per queste giornate afose. Ho abbinato (dimenticando di fotografarle) delle polpettine fredde di caprino e parmigiano (impastato insieme) ricoperte di granella di pistacchio, nocciole e mandorle. Come fosse una panatura.
Il fatto che mi sia dimenticata di fotografarle e non abbia interrotto il pranzo del Nippotorinese afferrando la macchina la dice davvero lunga sul mio stato mentale.
Il bello è che ancora il vero delirio deve arrivare. Si salvi chi può (ma suppongo che no. Non si salverà proprio nessuno).