Ricette Vegetariane e Vegane

E’ come fotografare una nuvola

Sono giorni un po’ complicati. Lo sono sempre in maniera diversa ma è incredibile come sia sempre “un po’ più” quando si presentano alla porta in altre vesti. Li immagino come piccoli soldatini ( nani) questi giorni. Sono vestiti tutti uguali con un uniforme ma cambiano talvolta solo i colori. I giorni feriali con colori cupi e quelli festivi allegri glitterati. Alcuni indossano dei caftani. E sono bellissimi.

Prima di lasciare casa per un po’ e ritornare alla routine quando sarà Settembre (ammesso che di routine si possa parlare) devo cercare di raccogliere una vita, le mie poche esperienze, riordinare i sogni e fare un riassunto. Non è facile per me lasciare questa scrivania, i miei nani da giardino e tutto il mio mondo. Nonostante senta fortissimamente di dover e voler tornare in Sabaudia, che è indiscutibilmente anche casa mia per respirare il Po e affacciarmi dalla Mole,  qualcosa mi terrorizza e blocca. Non avevo mai vissuto l’immagine del dirupo. Quel luogo dove siamo stati tutti, si dice. Il salto. Quel buio. Neanche quando ho infilato il tubo per perdere ottanta chili. Neanche quando ho scelto di allontanarmi da tutto e tutti per ritrovare me stessa o perlomeno provarci.

Sono esattamente lì. Ferma in quel punto che sta per franare e sotto c’è il buio. Non è dato sapere se porterà alle Cascate Paradiso di Up, con tanto di palloncini volanti e feste o semplicemente in un vortice di vuoto e oscurità. E’ dato sapere però che si DEVE saltare . L’opzione di girare e andare via senza vedere cosa c’è sotto ahimè non è contemplata . Perché confesso che nonostante io sia tutto tranne che codarda rimanderei ancora un altro po’.

In quest’ultimo mese ho vissuto situazioni ai limiti del paranormale. Mi sono accadute talmente tante avventure mentali che pur non riuscendole a gestire tutte mi hanno portato a crescere e regredire al tempo stesso come una novella Benjiamin Button. Senza un ordine preciso però. Ringiovanendo e invecchiando talvolta nello stesso momento. Coincidenze, incontri, inseguimenti, lotte ma.

Ma tanta felicità e risate. Perché nonostante ci sia quel buio ad attendermi mi sono ripromessa di vedere anche quello che c’è stato e ci potrà essere a prescindere. Una volta Max mi ha detto ” se non si può fare perché ti preoccupi? e se si può fare perché ti preoccupi?” . Nella semplicità ci sono le risposte più importanti. Quelle che addirittura riescono a tirarti via dagli incubi.

>E’ come fotografare una nuvola. Quando riscatti non è mai uguale. Mi è stato insegnato questo oggi. Quando ho interrotto queste brevi righe quassù  per essere rassicurata al telefono da un’anima,  che spero un giorno di poter disegnare e raccontare. Che è stata capace di ribaltare tutto e reinventarlo. Senza che sapesse del dirupo mi ha offerto un’immagine diversa. Quella di una spiaggia. Di scarpe scomode da indossare e di atlanti di nuvole da sfogliare cogliendo la mia essenza di bimba scalza.

Devo solo indossare un paio di scarpe che potrebbero essere scomode ma devo prima provarle e. E poi a questo punto buttarmi e vedere quel che c’è.

Con la sicurezza che  poi con calma potrò comunque toglierle e continuare a giocare. A piedi nudi.

L’altro giorno la mia nonnina aveva voglia di cozze. Calabrese,  pur trasferitasi a Catania appena sposata,  e figlia di macellaio è sempre stata dedita alla sacra venerazione della carne piuttosto che del pesce. Nonostante la  vita sia trascorsa per la maggior parte del tempo a ridosso del mare abitandoci a una distanza estremamente ravvicinata, il suo cuore è rimasto lì. Nel regno delle suppressate, nduja, funghi porcini e frisole. Beh sì quelle inquietanti frattaglie naviganti nel grasso del maiale casalingo che si uccideva nel cortile, ma che erano obiettivamente buone come poche cose al mondo.

Nonostante Nonna sia un’anticonformista della carne, come ho avuto più volte modo e opportunità di raccontare nei miei vaneggiamenti, ed essendo specializzata in qualsiasi preparazione contemplino le carni bianche (forse più per il fatto che lo zio single abiti che detesta la carne rossa ancora in casa con lei. E no! Non è un mammone. Anzi. E’ un bellissimo uomo di un metro e novanta e passa, quaranta anni, poco brizzolato. Piuttosto: si aprano le selezioni! Vuoi diventare mia zia? Scrivimi. Inviami una foto e specifica un menù che vorresti preparargli. Ti farò sapere se questo Natale avrai la sventura di mangiare il panettone abbracciata con me sotto le luci dell’albero di Natale).

Nonna, ricordiamolo, è sempre quella dolcissima creatura che ha mangiato la testa del capretto davanti allo sbigottimento mio e di Giuggiola mia cugina che guardavamo terrorizzate la novella Hannibal Lecter mentre chiudeva e schiudeva la mandibola spolpando l’arcata superiore dentale del dolce animaletto stufato in cucina ( muovendo l’arcata dentale ha pure simulato la voce del capretto terrorizzandomi letteralmente ma questa è un’altra storia)

Che potrebbe essere un’immagine inquietante a maggior ragione per una che vegetariana come me nello spirito  c’è stata sempre; non mi vergogno a dire però che quel pranzo terribile ai limiti di un film di Romero rimane uno dei ricordi più belli della mia vita.

Quando mamma la settimana scorsa mi ha detto che nonna aveva voglia di cozze e che stava quindi arrivando con lo zio (scrivetemi numerose aspiranti zie! Vi aspetto!) perché non aveva la benché minima idea di come si preparassero, confesso che me ne sono stupita e molto. E’ già assurdo pensare che la nonna, una qualsiasi nonna intendo, non sappia preparare un piatto. Nell’immaginario comunque le nonne sanno pure preparare nuvole fritte con paste arcobaleno, figuriamoci la mia capace di far parlare una testa di caprett. Non era capace di fare le classiche cozze? Quelle di Messina? La Pepata? L’Impepata? Insomma quella roba lì?

Insomma tolto il fastidio di pulirle per bene risulta facilissimo fare un soffrittino con olio extra vergine di oliva e aglio in camicia (ma ora che fa caldo pure in costume. Ok la smetto) che poi verrà tolto per non ritrovarselo nel piatto. Buttare le cozze che schizzeranno ovunque facendo sì che una bella doccia puzzosa di mitilo ci ricopra l’epidermide e via. Prezzemolo siculo come se piovesse e non ci fosse un domani (ma se è Torinese è buono lo stesso. Pardon ci sono degli equilibri da rispettare in casa) . E se la preparazione sarà eseguita da Nanda vi assicuro che un domani non c’è perché ne mette così tanto che si può sputazzare prezzemolo per almeno tre settimane ma non è questo il punto.

Il punto è che le preparazioni più semplici, semmai ce ne fosse davvero conferma, sono quelle più difficili e ostiche. Dietro all’elaborazione complicata di un pasticcio di tritato di tacchino, turdilli, frisole, tagliolini e arrosti vi è la difficoltà di una semplicissima pepata di cozze perché in realtà non ci appartiene davvero. In qualsiasi posto si decida di vivere o si sia costretti, emerge sempre la parte ancestrale di noi. Nonna è la montagna e non il mare. E’ la Sila tra alberi e vento che muove le foglie. E’ caparbia come la roccia che sta lì a fissare dall’alto. Appartiene alla sua terra e alla sua carne. Alle sue acque chiuse di laghi bellissimi immersi nel verde e non alle onde di una spiaggia disordinata che sbatte sulla pietra lavica.

Lo dimostra proprio in questa occasione. Non per questo significa che vuole essere altro. Nonna infatti mi racconta di come voglia restare qui per altri mille anni. Di come sia difficile per lei tornare in un posto suo ma che in realtà non le appartiene più.

E allora quando nonna chiede un piatto di cozze, non riesco a smettere di pensare che dietro il cibo si celino i messaggi più nascosti e reconditi.

Di come sia difficile intuirli ma come in questi vi siano le paure più buie e profonde. Di come si possa comunicare uno stato d’animo e prevedere quello che pur sperando più tardi possibile: arriverà.

E allora mi riprometto davanti a questo piatto di cozze, desiderio di Nonna, di non dimenticare. Di non dimenticare mai cosa si è stati e da dove si viene.

Ma neanche di cosa fortemente si vuole nonostante l’evoluzione. Nel cambiamento vi è comunque la voglia di salvezza; che se poi non arriva conta poco. E’ provarci la vittoria.

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35 COMMENTS

  1. iaia, siamo essere mutevoli, come le nuvole. E’ vero, non bisogna mai dimenticare cosa si è stati e da dove si viene. E’ anche vero che le grandi persone si valutano per quello che dimenticano, per quello che sono capaci di dimenticare

  2. mi viene voglia di abbracciarti. e non è una cosa ordinaria. anzi. sono un po’ perplessa. senza troppe seghe mentali, categoria in cui raggiungo l’eccellenza, mi soffermo a ridere sull’aglio in costume. ti reinvio la mail anche se ora è insensata e fuori luogo perché è di qualche giorno fa. però perdonami. il cibo. la semplicità. mh.

  3. Ehi tu, Iaia! No, scusa…ma tu proprio ora scrivi dello zio quarantenne???? Mannaggia! Ennonpotevi melodirmelo qualche mese fa?? Adesso no, grazie, ma non posso….sono impegnata io! 😉 Felicemente impegnata!
    Eppoi va bene tutto, ma di cozze non osate parlarmi voi, o profani!! Che qui in culolandia siamo MAESTRI delle cozze. E quelle di Taranto sono famigerrime! Venite tutti a farvi qui una mega mpepata di cozze (e per vegetariani e vegani una mega impepata di tofu!) come la preparo io! Tsè 😉

  4. Con le cozze, sempre la birra. Anche per cucinarle, usandola al posto del vino. In Belgio la specialità è cucinarle con la Gueuze, che è una tipologia di birra a fermentazione spontanea tipicissima del Pajottenland, ristretta zona a ovest di Bruxelles. Poi ovviamente la Gueuze si beve anche mentre si mangiano le cozze, e patatine fritte a gogò. Quelle belghe però, fritte 2 volte. Colesterolo a 4562 ma pazienza…

  5. come
    ti
    capisco.

    un abbraccio.

    a.

    [che poi potremmo tutti prenderci per mano stringendoci forte le dita a vicenda e saltare saltare insieme. forse farebbe meno paura. o forse sarebbe solo paura sommata ad altra paura. ma non saremmo soli. e non essere soli fa sempre meno paura.]

    [le virgole. cercasi virgole disperatamente.]

  6. E’ proprio così, cara mia. Nella semplicità si nascondono le complicazioni. Perché la semplicità è solo apparentemente semplice. Dietro c’è un mondo fatto di osservazioni, meditazioni, pensieri, esperienze. Per questo attacco quei pipponi tremendi sul Tao. Perché nella semplicità del Tao ci sono molte, moltissime risposte, anche a quesiti complicatissimi. Bisogna imparare a vederle. Bisogna molto pensare, molto riflettere. E poi, un giorno, all’improvviso, nel buio profondo inizia a brillare, in tutta la sua sfavillante chiarezza, la risposta. E si scopre che è sempre stata lì, sotto i nostri occhi. Bisognava solo aprirli.

  7. Mi allungo su quel dirupo, ti faccio da ponte. Ti prendo in braccio e ti tengo stretta mentre con gambe lunghissime l’attraverso come se fosse una piccola spaccatura del terreno arso dal sole.
    <3

    Ok ora passami tuo zio che devo dirgli due cosette.

  8. Vorrei un giorno cambiare, cambiare davvero, riuscire a guarire i difetti e diventare la donna che vorrei. Ma vorrei anche rimanere io, la me che in fondo ho sempre odiato ma a cui voglio comunque bene, la radice di me che, dopotutto, è tutto quello che posso creare, il mio possibile. Mi hanno sempre affascinato le personalità in evoluzione, quelle che non rinnegano le proprie radici ma riescono ad amare ciò che la vita propone loro, quelle che si costruiscono senza smontare, diventando palle stroboscopiche composte di mille facce splendenti di gioia o dolore. Credo siano le persone che del baratro non devono aver paura, perché hanno sempre un paio d’ali che le sorreggono nel vuoto.

    Il capretto spolpato….brrrrrrr….brrrrrrrrrrrrrrrrrbrrrrrrrrrrrrbrrrrrrrr

    • È già tutto dentro di noi… Il difficile è trovarlo e portarlo fuori, alla luce del sole…

  9. salta iaia. ti ricordi quando, ferme all’ombra abbiamo guardato quel bagno di sole ad ortigia? ti ricordi che abbiamo fatto? ci siamo prese per mano, ci siamo guardate un attimo e tu non avevi paura. ci siamo buttate.
    non sappiamo mai cosa c’è sotto, ma lo sai che i palloncini arrivano e ti tengono su anche se sei già a metà del burrone. sei sempre legata anche se non vedi la corda rossa.
    dammi la mano e salta. adesso. non ci pensare. salta <3

  10. Hanno detto tutto loro… Queste insostituibili splendide persona … A me non resta che lanciarti una corda fatta di cuoricini e di ognuno di loro legatela alla cintura e ti farà scendere nei dirupi, vi passera dell’ossigeno quando ti immergerai in acque buie, ti legherà al suolo se volerai nei cieli… Ma sempre e comunque ti permetterà di ritrovare la via. Sempre… E comunque…❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤

  11. Mi spiace essere così poco presente in giorni così densi di significato… confido che tu senta come comunque, con il cuore, io sia sempre lì con te. Ti voglio bene…

    “Tutte le cose sono belle e lo diventano ancora di più quando non abbiamo paura di conoscerle e provarle. L’ESPERIENZA È LA VITA CON LE ALI.” Gibran

  12. Non aver paura, tesoro, che in Sabaudia ci sono io, se hai bisogno di un mazzo di palloncini per volare alle Cascate Paradiso…

  13. Salta! Chiudi gli occhi, conta fino a tre e salta! Quando li riaprirai ci troverai ancora qui.
    Ok, magari non qui qui se è ora di pranzo… diciamo nelle immediate vicinanze.
    E comunque in Sabaudia c’è Katia!

  14. io io io voglio essere tua zia!!! *___*
    allora ci buttiamo dal dirupo insieme? ho sempre sognato di fare parapendio ma ho paura…che dici, se ci mettiamo un paracadute e andiamo insieme ce la facciamo? :*

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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