Ricette Vegetariane e Vegane

I Cavatelli con fagiolini, patate e mandorle

Va tutto bene. Espiriamo. Inspiriamo. Va tutto bene. Ho diviso per abiti scuri – abiti fantasia – pantaloni – camicie da sera – camicia da giorno – magliette da sera – magliette da giorno – giubbottini leggeri da sera chenonsisamaiatorinocèfreddo – abiti corti da giorno – abiti lunghi da giorno – abiti corti da sera – abiti lunghi da sera – varie ed eventuali. Perché io divido tutto nei divisori per valigia. Non concepisco e non ammetto che la mia valigia sia un covo di roba arrotolata come quella del Nippotorinese che la sistema manco fosse in un film americano. La apre. Butta pantaloni, calze, magliette e buste di plastica e in 3 minuti netti ha finito. Io preventivamente stilo una lista con la roba che vorrei portare (che è tutta la casa e qualcosina in più) e poi durante l’organizzazione (che ho fatto su Note che con Icloud posso visualizzare su qualsiasi aggeggio tecnologico) cerco di sfoltire e se non riesco (si verifica sempre questa ipotesi chissà perché) cerco di sistemare tutto piegando maniacalmente grazie all’ausilio del ferro da stiro. Ogni paio di scarpe ha un suo contenitore e viene accuratamente diviso nel trolley più piccolo insieme agli accessori. Accessori che non devono essere mischiati all’abbigliamento, chiaramente. Fotografo ogni cosa che infilo in valigia in modo che posso consultare su Iphoto tutto il catalogo che è venuto con me e reperire tutto in maniera più semplice e agevole. Le cose che indosserò di meno vanno sotto mentre quelle che sfrutterò maggiormente sopra per un accesso facilitato. Ho voglia di mettere un abito lungo? Bene. Divisorio rosa senza dover minimamente interferire con i pantaloni. Ho voglia di mettere un abito corto? Bene. Divisorio azzurro senza dover minimamente interferire con le camicie. Tutto molto semplice. Lineare e facile. Ma dopo però. Perché facile da organizzare non è. Lo dimostra il fatto che è Giovedì ( e che devo partire settimana prossima ) e la mia valigia è praticamente quasi pronta (per essere riempita)  mentre il Nippotorinese la farà la sera prima deridendomi.

Con coraggio ho buttato dentro vestiti fiorati, blu, azzurri e bianchi. So già che non ne indosserò nemmeno uno ma poco importa. Devo essere ottimista e fiduciosa. Forse in viaggio diverrò fan del colore e vorrò esprimere la mia ilarità attraverso un abito fiorato rosa.

Per dire insomma che sono esaurita ancor di più. Che la partenza mi terrorizza e faccio fatica a parlarne. Che ho paura di non portare con me le matite necessarie per poter disegnare (e se finissero e non vendessero le mie?). Che. Che. E che.

E che sono in ritardo e allora. E i Cavatelli con il pesto di pistacchio e gamberoni sono stati fatti (se ti va di dare una sbirciatina clicca qui) quindi è la volta di un primo vegetariano sempre adoperando questo delizioso formato di pasta. Un piatto estivo, unico e leggero per un Nippotorinese affamato al rientro dall’ufficio cui non vede l’ora di dare fuoco (poi con calma darà fuoco alla mia valigia che supererà il peso consentito di soli 190 chilogrammi). Naturalmente lo aiuterò con taniche di benzina non prima di aver costretto tutti a mangiare almeno una tonnellata di dolcetti che ho preparato per progetti/varie/ed eventuali (sì cucino nonostante tutto la roba ancora da fotografare. E’ una malattia. Sparatemi del lexotan in vena, per favore).

E’ la volta insomma di un semplicissimo cavatello con patate, fagiolini e mandorle tostate. Le patate, lessate come i fagiolini, sono state cotte in acqua bollente salata mentre le mandorle le ho tostate pochissimo con un po’ di scorza di lime grattugiato freschissimo dopo averlo naturalmente lavato per bene.

Un po’ di olio extra vergine d’oliva aromatizzato alla menta che è ormai diventata, oltre che perversione culinaria perenne, un’aggiunta che regala sempre un sapore estivo e fresco e via.

In tavola.

Adesso mi tocca solo sistemare gli accessori in coordinato (evvabbè io non ce la faccio a parlare di cavatelli. Solo di valigie) semplicemente sfogliando l’album “Partenza” che ho nei diversi dispositivi Apple. Lo scorso anno il mio amato Max era estasiato dal racconto circa l’archivio delle borse. Ha finto per ben tre ore al telefono mentre gli spiegavo la facilità di reperire una borsa a mano rispetto a una a tracolla grazie al mio studio approfondito circa la conservazione e catalogalizzazione (esiste? perchè catalogazione non mi piace).

Qualora l’argomento interessasse (mentite come Max vi prego) potrei su Fashion Eater mostrare il mio schemino (per picchiarmi prendere il numeretto alla vostra sinistra).

Il fatto è che la curiosità mi uccide questa volta: voi la valigia in quanto tempo la preparate? Potete farmi uno schemino che lo copiougualeuguale (la prossima volta)?

Perché lo fate lo schemino voi, nevvero?

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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