Ricette Vegetariane e Vegane

E’ difficile essere la figlia di un eroe

Scrivo ormai come una scrittrice consumata (dall’esaurimento). Appoggiata su una sorta di trespolo come fossi (e lo sono) una cornacchia con il mio Air che è caduto più volte di un trapezista principiante. Lo faccio stando ben (si fa per dire) in equilibrio mentre pranzo con uno yogurt perché proprio fame non ne ho da un bel po’, mentre scrollo notizie e aggiornamenti sull’iphone, sincronizzo con Icloud e rispondo a email di lavoro, personali, varie ed eventuali. Ho due iphone 5, tanti maxi ipad, qualche mini ipad e otto inutilità che emettono luci per sentirmi sconsideratamente tecnologica e meravigliosamente isolata.sola.emerita.pazza.

Glisso, fingo di sorridere e mostrarmi forte prendendo un coraggio in saldo che non ho ben capito da dove arrivi e indosso maschere su maschere. Crollo in bagno e mi fisso allo specchio pallida, brutta, stanca. Soprattutto brutta senza bisogno di dirlo per sentirmi dire il contrario. Sono molto esteta, obiettiva e mi importa poco di quello che vedono gli altri come sempre. Vedo benissimo da me come sono. E sono davvero. Brutta. E davvero. Stanca. E davvero ma davvero. Pallida. Inutile focalizzare l’attenzione sul correttore professionale della Mac capace di coprire i tatuaggi. Quelle occhiaie no. Non si coprono.

Ma in fondo: chi se ne importa?

Torno fuori allora con fondotinta Mac passato male  con pennello consigliatomi nello store di Torino dove devo tornare per chiedere a che diavoloservequelmaledettopennellodaventimilaeuro e faccio fioretti promettendo di non comprare più borse. Risoluta e anche un po’ arrogante faccio patti con il Supremo. Io ti do questo e tu mi dai quello. Io rinuncio a questo ma tu non puoi farmi rinunciare a quello. Lo guardo in faccia dopo aver frignato e gli dico che andrà come dico io e non come dice lui. Prometto di digiunare il sabato perché un fioretto si può sempre fare e con calma gli spiego che devo ancora attraversare la navata di una chiesa stando stretta stretta attaccata a papà perché sposo lui del resto; e che deve insegnare a correre a mio figlio. Spiegare come abbattere muri e costruire case dove dentro piove. Deve spiegare a mio figlio come si diventa un eroe e come si costruisce dal nulla un castello di sogni.

Ci sono dei progetti. Ho e abbiamo un’agenda piena e non si fa così. Che si arriva, si stravolge. Senza orario. Appuntamento. No. Non mi sta bene. E non ci sta bene.

Ci siamo messi quindi d’accordo che dedicheremo quel poco tempo che basta per farci infilare dentro bottiglioni di speranza, vomitare un po’, rassicurare gli altri perché poi finisce sempre che sei tu a doverlo fare e non il contrario buffo no? e.

E riprendere la vita, il programma, i sogni e i progetti. Portarli a termine soprattutto e vincere. Come si è sempre fatto. Come si è abituati a fare.

E’ difficile essere la figlia di un eroe. Perché devi esserlo anche un po’ tu. Ma porto geni importanti che hanno una responsabilità fuori dal comune. Nell’armadio ho guardato bene e il mantello glitterato fucsia c’è. Quello che ti dà i super poteri. Sorrisi finti, ilarità, comprensione, rassicurazione per terzi ed energia.

La chemioterapia? uh. ‘na Passeggiata.

Il mantello. Ah sì.

E’ stato già stirato e tirato a lucido. E mi sta, sinceramente, anche molto meno male di come sospettassi. Proprio perché riesce a coprirmi tutta tutta e si vede davvero pochissimo di me.
Lo scorso anno qui c’erano il template natalizio, le lucette colorate e pure il calendario dell’avvento maghettoso. Su Instagram adorabili folli lo stampavano e regalavano addirittura. C’era quella verve natalizia e quello spirito pazzesco che ti manda in corto circuito  il cervello cantando gingolbellgingololleuei.

C’era pure l’albero di Natale con i miei dodici nani da giardino. Se mi affaccio alla finestra adesso ce ne sono tre morti per il forte vento di questi giorni, periti tra il gazebo e la fontanella rosa e pure un albero spelacchiato che non ho proprio voglia di addobbare. Un dodici dodici dodici alle dodici che sta arrivando e che molto probabilmente trascorrerò lavorando, sola e pure con l’herpes alle labbra. Che non ho mai avuto ma mi pare proprio una bella occasione per farselo venire per la prima volta.

Se tutto va bene conto di spaccarmi pure il femore giusto perché immobilizzata mi piacerebbe di più. E vorrei che una malattia rara mi colpisse per andarla a raccontare a Sky nel programma misteriousnonloso. E’ avvincente.

Sarebbe più disastroso, sofferto e potrei certamente lamentarmi di più. Beh. Potrei cominciare a spaccarmi il femore da sola giusto per cominciare. Ho giusto quattro minuti liberi domenica nove dicembre alle ore 21.21.

Ah. Il mantello fucsia, vero.

Ho risolto, vero.

Insomma mi organizzo per sistemare un po’ le cose e come accade in Times Square magari accendiamo le luci dell’albero in diretta.  Del resto da che mondo è mondo si è sempre fatto l’otto dicembre. Che io lo facessi già il 15 settembre è un discorso che è il caso di non affrontare.

Vedere il bicchiere mezzo pieno? Sono addirittura in anticipo. E’ ancora il sette santobabbonatale! (come vado?)

Tra cinque  giorni vi racconto una storia e se prima non vedevo l’ora adesso non so da dove cominciare. Devo cominciare per forza suppongo, no?

Tipo come quando ho fatto queste pesche (sciroppate perché ne avevo una latta in dispensa da ottomilaanni e volevo farci qualcosa). Ero tutta entusiasta Massssiiimaviennnimavvaiii e roba così. Un dolcetto pazzesco che voleva essere un crumble che non era un crumble ma che era dietetico e che poi non lo era. Un dolcetto autunnaleinvernale che non lo era del tutto perché mica c’erano le castagne ma la pesca. Un dolcetto che avrebbe amato Beatrice e che avrebbe fatto preoccupare mamma per l’uso pericolosissimo del frigo e.

E poi vabbè quando ho rivisto foto, ricetta e la faccia del Nippo che l’ha mangiato soprattutto, mi sono detta: ma che era tutto quell’entusiasmo?

Sarà che la cocotte, come già è stato ampiamente dimostrato (mancano solo Meluzzi e Crepet con un’attentissima analisi e introspezione psicologica del movimento neuronale attivissimo davanti la presentazione in cocotte) mette allegria. Per la carineria estetica, la velocità di preparazione e frizzi e lazzi.
I dolcetti con la frutta mi spaventano un po’. Esplodono sempre. I muffin? esplodono. I cupcake? esplodono. Qualsiasi cosa abbia dentro della frutta esplode. I fruttivendoli dovrebbero stare attenti o mettere un cartello con su scritto frutta esplosiva, per quanto mi riguarda. Ho paura che anche la banana e i mirtilli che ho in frigo esplodano. Il Nippo continua a comprare frutta ma sono nel periodo solo yogurt. Solo latte di riso.

Mattinapomeriggioseranotte. Solo yogurt di soia e solo latte di riso. Che esploda il resto! Posso fare eccezione per qualche pezzetto di cioccolato fondente ma prometto che per il mio compleanno un piatto di fave eccome se me lo faccio. Magari inzuppandole nel latte di riso e nello yogurt. Buone no?
In pratica si prendono delle pesche, ma suppongo pure pere solo che io di cucina non ne capisco un granché e con 50 grammi di burro (parlo per due cocotte sì), un pizzico di marsala e scorza di mandarino o limone grattugiato si mette pocopocopocolatte giusto per bagnare e 100 grammi di zucchero. Si infila in forno con tanta cannella, magari una stecca che insaporisce e decora, per 10-12 minuti a 500 watt finché esplode. Poi si serve con tanto zucchero a velo se dovete fare una foto come me perché il colore è talmente orrendo e putrido che potrebbe pure farvi LEGGERMENTE innervosire.

Bicchiere di latte di riso perfetto e zollette per costruire igloo e pinguini. Una ricetta che francamente non riproporrei ma visto che nonsibuttavianiente eccola qui in tutto il suo orrendo splendoreputrido.



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34 COMMENTS

  1. Abbracciami.
    Stretta.
    E fatti fare due carezze sulla testa, mentre chiudo il mantello glitterato in un cassetto.
    Io sono qui, lo sai. Quanto ti penso lo sai. E quando vorrai parlare basta farlo. Per ora ti scrivo.

  2. Ci sono un sacco di cose che mi piacerebbe dirti in questo momento, tante cose che vorrei raccontarti di me e di momenti passati al riparo da tutto e tutti per buttar fuori il dolore che non puoi far vedere… ma non è questo il luogo, non è questo il momento. Adesso ti voglio solo abbracciare fortissimo, per quanto banale tutto questo possa sembrare, e dirti che se sei la figlia di un eroe non ti serve un mantello rosa glitterato, non ti servono le luci di Natale, non ti servono IPod, IPad, IPhone e simili, non ti servono ricette strabilianti, non ti serve il fondotinta o il pennello magico… la tua bellezza e la tua forza sono lì, dentro di te e risplendono più chiare che mai, anche se non te ne accorgi, anche se non è facile, anche se a volte la paura sembra soffocare tutto… ti voglio bene.

  3. Io non è che ti abbraccio. No. Di più. Proprio tipo che non è possibile stringere ulteriormente, perché scricchioleresti. Ecco, diciamo al limite della scricchiolata.
    Tu non sai quanto capisca quello che stai passando. Noi, forse, dovremmo parlare un po’. Prima o poi.
    Per ora ti becchi una scricchiolata.

  4. Anche gli eroi qualche volta cadono (e le figlie con loro) …è vero… Ma la loro grandezza sta proprio nella capacità di rialzarsi! Ti abbraccio

  5. ABBRACCI FORTISSIMI…TU SEI BELLA DENTRO E SEI BELLISSIMA FUORI, IL MANTELLO FUCSIA (CHE è UNA COSA MERAVIGLIOSA SIA CHIARO I GLITER SON IMBATTIBILI) TI STA BENE MA NON PERCHè SIA FUCSIA MA PERCHè SE ITU A FARLO RISPLENDERE!!!
    AMICA MIA SEI UNA STELLA ENORME CHE SPLENDE E FA SPLENDERE QUALSIASI COSA CHE HA INTORNO!
    ABBRACCI INFINITI!!

  6. Animo, animo! Orsù…
    Se tu sei brutta, io sono rovinata.
    Sallo.
    E.
    Non aggiungo, come dice anche la cara Luci.
    Non è il momento.
    Ti abbraccio come ogni giorno, ma oggi con gli occhi chiusi perchè sei troppo brutta 😉

  7. “E vorrei che una malattia rara mi colpisse per andarla a raccontare a Sky nel programma misteriousnonloso. E’ avvincente.”

    No dai ti prego… ho visto una a cui le si è chiusa la patata! Ti prego no! No!

    Detto questo, <3

  8. e tu sei anche un esteta ma della tua bellezza non ne capisci un emerita minchia cara mia. sei bella, oh se sei bella, anzi sei ancora piu bella

  9. SIgnorina Giulia,
    le scrivo umilmente, umilmente scrivendole, per ricordarle, in codesto momento così infausto, che la sottoscritta è a sua completa disposizione, sempre umilissimamente, per dispensarle tutti gli abbracci e gli incitamenti e l’affetto che le dovessero essere necessari per affrontare un così tetro momento.
    Si senta per cui libera, gentilissima signorina, e con queste parole credo di potermi prender la libertà di dar voce anche a pensieri altrui, si senta per cui libera, dicevo, di sfogarsi in qualunque maniera lei ritenga necessaria e benevola. Ad accogliere i fili dorati dei suoi pensieri e farne gomitoli da appendere al cielo, ci penseremo noi.
    Con affetto, umilissimamente, ti voglio bene.
    k

  10. Sisteruzza, è vero sei brutta. Stanca, spaventata, arrabbiata. Non potrei contraddirti perché capisco visceralmente le tue parole. Ma quello che posso dirti è che non importa a nessuno se sei brutta ora. Perchè conosciamo tutti la bellezza che ti porti fuori e dentro e siamo sicuri che tornerà a brillare.

    La tua bellezza esploderà di nuovo. Proprio come un dolce di frutta al micro. E sarà tutto come prima anzi di piú. Turi ha un ottimo motivo per combattere. Sei tu, bella brutta.

    Tvb

  11. Io sono il corvo (o il merlo, non lo so) e no, non posso dire niente di convincente, di rassicurante, che stemperi la rabbia perché sono troppo abituata ad incazzarmi col mondo. Quelle fottute parole non le conosco. Che spreco di comunicazione: avere infinite possibilità e non trovarne una adeguata! Ma sarebbero tue: le protesti dilaniare e masticare, inzuppare nel latte di riso e deriderle, ma almeno sarebbero lì per te.

  12. è difficile commentare…
    lo so come ci si sente…ma sei forte e determinata…
    …sei come un raggio di sole che trova sempre il modo di farsi spazio tra tante nuvole grigie che oscurano il cielo…

  13. onestamente diffido un po’ dei supereroi, ma non degli eroi.
    ti vedo nelle tue occhiaie, nel tuo splendido pallore. tu di bellezza, mia cara esteta, non ne capisci una ceppa.
    e la bellezza sta lì, al centro del tuo petto. quel puntolino rosso che gronda sangue sul tuo bianco e nero. e sta in quegli occhi Giu, quelli che quando ci guardi dentro non ne vedi mai il fondo.
    La maschera non ti aiuterà, ma attutirà i colpi. Ma anche se hai la maschera ricordati che si vedono gli occhi. Quegli occhi.
    E no. Sola, sai di non esserlo mai.
    Ti abbraccio perchè di meglio non so fare.

  14. arrivo tardi, come un tenore fuori tempo. E rischio di tirare una stecca. Quindi faccio un’applauso a tutti gli orchestrali per le belle parole che hanno detto. E un inchino colmo di ammirazione davanti alla solista.

  15. La figlia di un eroe è un’eroina…non lo sapevi? è nel dna, non puoi farci nulla. A volte lo si scopre dopo tanto dei poteri che si hanno…ma si hanno! quindi sul col mantello fucsia e che il volo abbia inizio. Questo papà eroe ha una figlia stupenda…e insieme il mostro lo si combatte con più forza <3

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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