Ricette Vegetariane e Vegane

Il 12-12-12 alle 12- 12

Il 12-12-12 alle 12 (mamma aveva fretta e non si è potuto fare alle 12:12 come previsto. E vabbè). E la SuperTombola Per Anzianiiiiiiii con l’Ipad Nano !

Sto tremando e non un po’. E se sta succedendo è perché suppongo che non abbia mai scritto niente di più importante. Emozionante. A tratti straziante.

Sono seduta su un terrazzo enorme. E’ quello di casa dei miei. Di casa mia. Ho undici anni e si sta avvicinando il 12.12. Ho un walkman bianco e una cassetta che porto indietro. Schiaccio play su Whitney Houston fino a ustionarmi le orecchie. Non ricordo esattamente quale canzone ci fosse in quell’esatto momento. Direi una bugia ma oggi suppongo di poter asserire (con poco margine di errore) fosse I wanna dance with somebody ed è per questo che mentre ticchetto la mando a tutto volume disturbando il vicinato, il volpino con la coda arrotolata e la gente che va dall’avvocato per divorziare (beati loro).

Non ero una bimba come tante perché la mia vita non è mai stata come tante. Ero una bimba. Tonda. Molto tonda. Mangiavo cioccolatta, perché in Sicilia si chiama così con due t e va sempre al femminile, invece che pasta. Ricamavo, cucivo e facevo la maglia. Andavo in chiesa con Nonna Grazia che mi aveva ammazzato il coniglio bianco Neve e Zia Mimma (mamma di papà e sorella zitella zoppa che aveva perso il suo amore durante la seconda guerra mondiale). All’uscita della chiesa mangiavo cipster e alle sette spiaccicata davanti a una finestra aspettavo che mamma tornasse. Con una matita per colorare. Con un foglio. Con un vestito per la barbie. E che poi papà ci raggiungesse a casa. Per abbracciarlo forte fortissimo e tenerlo stretto. Raccontavo cosa era accaduto durante l’ultima puntata di Leonela e i Anche i ricchi piangono (con molto entusiasmo, inciso) e quanti chili di scacciata con le patate e broccoli avevo mangiato seduta su di un divano tra coccole, grattini e ricami. Aspettando che quelle sette arrivassero in fretta.

C’è stato un collegio, delle regole rigide e un’educazione importante. Un disagio fisico e una malattia con il cibo che non mi abbandona ma con la quale ho imparato a convivere. Lottando. Perdendo. Vincendo. Secondo momenti e periodi.

Ci sono stati tanti amici, in definitiva tutti veri a modo proprio; solo un po’ sprovveduti ma non più di me. Tante delusioni come tutti e poche persone inutili. Perché quelle che ho creduto fossero tali in realtà mi hanno insegnato esattamente cosa non volevo, e non voglio, essere.

Una vita, qualsiasi essa sia, è difficile da raccontare. Soprattutto quando compi trentacinque anni perché tanti sono. Ma se per favore continuiamo a dire venticinque sarebbe meglio. E’ complicato spiegare che tempo fa Giulia non esisteva ma solo Grazia. Come lo è indossare maschere e toglierle.

Oggi sono solo quella bimba sul terrazzo. Perché è cambiato davvero poco da allora.

Aspetto il 12.12.

Ricordo che stavo per compiere dodici anni e che quindi era davvero molto importante come avvenimento. In un attimo quel pensiero mentre con il walkman in mano cantavo aiuonnadenuitsambadi dando prova di una vera e propria scarsa propensione alle lingue.

Quel pensiero.  Lo stesso che non mi ha abbandonato mai sinora.

E cosa succederà il 12.12.12? Cosa sarò? Chi sarò? 

Ho avuto forti difficoltà a capire quanto tempo sarebbe passato. Ventitre anni. Dovevo attendere Ventitre anni. Nel mio immaginario ero già in procinto della pensione e nonna. Sarei stata una donna grande, sposata, con figli.  Avrei avuto una casa, due cani e tante paperelle. Pure un cavallo e conigli. Una fontana dove far stare tartarughe e una grande macchina per andare a prendere i bimbi a scuola. Tanti nani ma proprio tanti; capaci di aprire porte magiche e boschi incantati. Avrei apparecchiato tavole enormi e avuto una casa in ordine, splendente e organizzatissima. Tantissimi amici, urla e risate. E tante altre cose. Con dettagli rigidissimi (tipo che il bagno doveva essere nero o la cucina un’isola grandissima e il salotto con il camino. Avevo fatto una piantina, sì).

Cambiavo molto spesso però la modalità e il contesto. Una volta avevo due figli. Poi solo uno (ipotesi più gettonata). Una volta stavo con un pianista. Un’altra con un dottore. Un’altra con un pilota di aereo. Un’altra con un uomo di colore perché mi piaceva l’idea di prendere un bimbo nero con i capelli ricci all’asilo ma poi ho pensato che potevo comunque adottarlo. Un’altra con un Giapponese.

Ero alta magra bionda con gli occhi azzurri. Ero rossa bassa e grossa. Ero enorme brutta e abbandonata.

Gli scenari erano sempre diversi nonostante (pochissimi) alcuni punti fermi, tipo l’arredamento della casa, venissero conservati in maniera maniacale.

C’era solo una cosa che rimaneva sempre invariata. Una cosa che non ho mai cambiato nei miei sogni e speranze: Il lavoro che volevo fare. Quello che volevo diventare ed essere.

Un’Architetto dei sogni. Un costruttore di favole. Come il mio papà. Lui costruiva case e poi le illuminava. Io costruivo mondi e poi li coloravo. Perché c’è sempre stato in me il fortissimo desiderio di essere esattamente come lui. Esattamente.

Una scrittrice. Una illustratrice. Una donna che scriveva e disegnava e che raccontava ai suoi figli, ai suoi nipoti, agli amici deifiglideinipoti e.

Che nelle sue infinite e innumerevoli librerie in alcuni angoli nascosti vi erano dei volumi. E il suo nome era lì. Stampato.

Mamma, l’ho raccontato più volte, anche lei fabbricatrice di universi mi costruiva una tenda e mi invitava ad inventare sogni. E mondi. E allora mi infilavo lì sotto e zitta zitta chiudevo gli occhi. Un giorno ero una maghetta. L’altro giorno ero una strega cattiva in cerca di un talismano. L’altro ancora ero un guerriero. E una principessa. E una. E uno.

Papà si affacciava e diceva “è qui il mio amore?”. Mamma arrivava e diceva “è qui la mia tata?”. Ed io sì. Ero sempre lì.

Sono lì.

Ad aspettarli inventando mondi. Mostrando loro quello che ero, e adesso sono, capace di fare (seppur poco) con le mie forze. Senza nulla in mano. Senza il mio cognome. Senza studi. Senza i loro sacrifici. Solo con la mia piccola mente e le mie manine paffute con i calli per via di quelle matite colorate tenute troppo strette.

Mamma vedendomi scrivere, disegnare, inventare, raccontare, un giorno guardandomi negli occhi con una luce che mai dimenticherò mi ha detto:

“Tata un giorno mi fai un libro? Un libro solo per me”

“Te lo prometto mamma”

Quando quest’estate non ho potuto raccontarvi quello che mi stava accadendo è stato difficile. Da gestire, organizzare e sistemare. Avrei voluto condividere non per sputare felicità quanto per essere rassicurata da quella parte malvagia che mi odia e mi spinge a credere di non potercela fare. Se sino ad adesso non ho raccontato nulla è perché non ho potuto. E per un po’ non ho voluto.

Sono stata contattata dalla più grande casa editrice italiana: Mondadori. Non lo dico con il senno di poi o perché “devo”; a me non importa nulla di magheggi e operazioni di merchandising e chi mi conosce un minimo lo ben sa. Ma Mondadori nel mio immaginario era il punto di arrivo di una carriera sfavillante. Un riconoscimento monumentale per un autore che aveva faticosamente e giustamente fatto gavetta per una vita intera.

Mondadori, il grande sogno. Come la Maratona di New York per papà. Come un mondo senza gas e microonde per Nanda.

Non mi nasconderò dietro un piccolo dito di nano da giardino asserendo che me lo sono meritato per via di competenze e studi. Ci sono autori e artisti geniali che non vengono pubblicati. Che non riescono per una vita intera a sperare soltanto di potersi fregiare di un’autorevolezza di tale portata.

Eppure a me è successo. Come in una fiaba.

E’ successo così.

“Ciao Iaia siamo Mondadori. Ci piaci. E stiamo pensando di fare un libro con te. Ne vorresti parlare?”

*bummmm* suono sordo di Iaia che cade dalla sedia.

Ho iperventilato e pianto per un tempo inquantificabile. Sono stata ore a pensare come rifiutare perché sicura di non essere all’altezza. Ho vissuto attimi di terrore ed emozione. Ho creduto ad un pesce d’aprile per mesi (anche adesso, vabbè).

Se sono alla fine di questo percorso non è perché poi qualcuno è riuscito a convincermi di essere all’altezza delle aspettative e pronta per un passo del genere. E’ successo perché in questo cammino ho incontrato una Sirena. Dai capelli rossi. Capace di cantarmi magie ipnotizzanti. Sussurrandomi sicurezze e rivangandole in antri nascosti di un io che non conoscevo. Ed è a lei che dedicherò la mia prima fiaba, attualmente in lavorazione.

Ho avuto l’immensa fortuna di non avere accanto una casa editrice.

Ma dei grandi professionisti, travestitisi da amici-parenti-personechesivoglionobene, che tutti intorno si sono uniti a me. Proteggendomi. Supportandomi. Sopportandomi. Senza riunioni di lavoro, direttive e pressioni. Soprattutto in questo ultimo periodo molto delicato per me da un punto di vista personale vi è stata una stretta ancor più forte. Una rete di comprensione e amore che mi ha insegnato tanto da non farmi strappare tutto e dire:
basta.

Per arrendermi e non mantenere la promessa fatta a mamma. E a papà.

Sognare è facile per chi ha una vita fortunata come la mia. Inventare pupazzetti, saltellare tra le nuvole e sconfiggere i mostri non è difficile per chi vive nel lusso, che sia materiale o dell’amore, poco importa. E’ complicato, a dir poco, invece continuare a farlo davanti alle difficoltà che la vita ti presenta. Per questo motivo mai per una volta in questi giorni terribili mentre guardo papà che non riesce a buttare giù mezza dose di meritene non mi chiedo “perché è successo a me?”.

Perché a me sono successe tante, troppe e tutte cose belle da che ne ho memoria. Non significa certamente che una cosa brutta la meritassi ma al contrario conferma quello che il mio grande papà mi ha insegnato:

che non importa quanti soldi hai e se li hai. che non importa quanti amici e conoscenze hai e se li hai.

Importa quello che sei.

E si può essere perdenti o vincenti. Nelle più piccole cose sino ad arrivare alle più grandi. E io sono figlia di Turi Guardo, un Vincente. Sempre. Anche nella malattia che sconfiggerà senza paura.

E senza paura affronterò anche io la mia vita e il mio sogno; è magico proprio come si immagina ma è anche molto faticoso. Occorre disciplina, sacrificio e caparbietà. Occorre cuore e testa e isolamento.

Il libro di Maghetta Streghetta, che verrà firmato Iaia Guardo giusto compromesso per la Grazia che è il mio unico e vero nome ma non mi è mai appartenuto completamente e Giulia che è il mio unico e vero finto nome ma non mi è mai appartenuto completamente, uscirà in tutte le librerie tra Marzo e Aprile 2013. Non vi è ancora una data. Mi piace perché il 17 Aprile 2008 per la prima volta ho infilato il tubo della nutrizione parentale. La mia rinascita fisica.

La mia rinascita mentale e sognante, adesso.

In questo periodo vi è la chiusura di tutto il lavoro. Devo sistemare, catalogare, decidere cosa sì e cosa no. Poi verrà la correzione delle bozze e. E poi ci saranno le presentazioni in giro per l’Italia che conto di non compiere nel modo consono ma che vorrei fossero feste. Solo per abbracciarsi. Conoscersi. Mangiare un gelato.

Una vita “pubblica” che mi terrorizza mi attende a dispetto di tutto ciò da cui sono sempre (ri)fuggita. Ma il sogno di poterla passare tra voi che amo, bambini, abbracci e disegni sperando di portare tutti nei miei mondi e soprattutto andare nei loro e vostri, mi rassicura. Mi rende viva. Come mai.

Avevo già deciso che tutto il mio compenso sarebbe stato donato all’AIRC, per la ricerca sul Cancro. Lo avevo fatto pensando ad Agata. Al suo coraggio e ai suoi sogni mai realizzati.

Adesso lo faccio anche per il mio Papà. Lo faccio anche  per l’Ingegner Suocero. Lo faccio anche per Francesca. Lo faccio anche per l’Ingegnere. Lo faccio anche per Giuliana.

E lo faccio per tutte quelle persone che ogni giorno si alzano. Lottano. E vincono. Vincono sempre. Perché non sono mai perdenti. Proprio come me.

E lo continuerò a fare finché avrò fiato in corpo. Fino a quando qualcuno non mi dimostrerà il contrario di quello che ho sempre pensato:

Sono i sogni la vera vita. I voli pindarici. Le speranze. Tutto quello che non si è potuto realizzare e fare. E’ quella la vera vita.

E’ la fantasia.

E Agata vive. Mio papà mangerà l’amatriciana. Ho mangiato il fritto misto alla piemontese con l’Ingegner Suocero.  Francesca con il suo poncho verrà sul gommone con me e la Sirena. Papà costruirà un trullo con l’Ingegnere ed entrerà acqua da tutte le parti. Giuliana ed io compreremo porta Ipad con brillanti fucsia a Sankt Moritz.

E ci saranno tanti Suricata. Tantissimi. Suricata Fucsia.

Spero che la notizia di Maghetta Streghetta in libreria, sulla quale non anticipo nulla riguardo il contenuto non per scaramanzia (mappperfavore!) quanto per il fatto che ci tengo tantissimo sia una sorpresa, venga accolta come una festa. Non è il regalo che io faccio a voi. Ma il regalo che ho ricevuto io. Perché se è successo è grazie a voi.

Vi voglio bene.

Molto.

Perdonate tutte le mie assenze e i miei momenti di difficoltà.

Grazie per essermi stata vicina. E per continuare a farlo. E’ un’avventura questa che spero, se mi darete l’onore, di poter fare insieme a voi.

A tutti voi. 

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E ora qualcuno mi dia i fazzolettini che ho già finito manica destra e sinistra ( che bella immagine moccolosa!)

In questa occasione così speciale come anticipavo qui delirando riguardo la Tombola per anziani con in palio il libro di Vefa che si è chiusa giusto ieri alle 23.59 proprio allo scadere della mezzanotte, scatta (sì sì sì in questo post) la SuperTombola per Anziani IaiaBirthdayChristmasVersion (e altri due nomi a caso inglesi senza senso).

Su cosa sto blaterando? Presto detto.

Un Ipad Mini (sì sono pazza. E’ un’ovvietà) senza girarci intorno. Lascia quanti più commenti vuoi sotto questo post. E poi il fascinoso Ingegner Max estrarrà….ah no ! Calma  questa volta il funzionamento è diverso!

Occorre però prima fare delle tediosissime specifiche per chiarirsi sin da subito.

 Dopo le diverse diatribe (mai avvenute qui per carità eh. Ma può sempre arrivare “lo scaltro forestiero venuto da lontano”)  succedutesi sul web e dopo essermi informata con il mio avvocato (non per dire eh. Seria sono *faccia scura in volto. fiera. e Sicula) per tutta quella mandria di “simaoccorreilnotaiononèprevistodallaleggeblablabla”.

Il Notaio qui c’è ed è il Nano da Giardino. Il tutto è supervisionato dall’ Ingegnere Fascinoso Max un rinomato Nobile Romano a cavallo di un bianco destriero che si chiama Amatriciano, di cui mi fregio esser amicomiodifamiglia, pronto a portare avanti lotte giuridiche a suon di leggi comma barra quattro (state attenti santocielo !)

L’Ipad mini è stato comprato da me perché sono una ricca ereditiera mantenuta dal papetto (e mi dispiace ma devo arrendermi a questa tragica evidenza. Erano due le scelte. O aprivo un fescionblog e mostravo le borse griffate facendomi giustamente diseredare per cotanta idiozia o dividevo i miei bottini con gli amici. Papà è orgoglioso di me perché ho scelto la seconda. Non avrebbe retto una pazza nel parcheggio con la Scianel poggiata sul cofano della macchina mentre ammicca verso il fidanzato fotografo) e non ho alcun sponsor frizzi e lazzi clicca qui se ti piace. clicca lì se non ti piace. clicca qui blablabla.

Faccio parte di una famiglia seria, io. Notai Nani da Giardino, compresi. In pratica funziona così ( mio caro forestiero venuto da lontano) : Siamo una comunità di anziani. La più scema (io) mette in palio (perché non ha un gatto a cui lasciare l’eredità e neanche un pastore tedesco) una cosa che ha comprato. Tutti dicono idiozie e assurdità. E tra una lavata di dentiera, un burraco e una pastina si estrae il numero.

Amen.

Passiamo al funzionamento speciale di questa SuperTombolaSpecialissima senza esclusione di colpi?

In regalo Ipad Mini Wi-Fi 16GB Nero Ardesia (qui tutte le caratteristiche dell’aggeggio e qui le specifiche del caso).

L’ho preso anche io ( per testarlo eh *disse fischiettando) . E vi dirò è davvero un oggetto meravigliosamente inutile. Imparagonabile all’ipad in formato standard per via di una risoluzione più bassa ma perfetto e trasportabile. Molto più comodo ( faccio recensione? No. Ci ha pensato il mio amato Darsch e devi solo cliccare qui per leggere tutto)

Questa volta invece di lasciare commenti e fare poi estrazione ho pensato (spero non sia una stupidata come tutte le cose che penso) di arrivare alla soglia di 1212 commenti.

Mi spiego. Essendo il 12.12.12 e 12.12. Ed essendo il libro molto basato sul 12 ( un coro di ” ma vaaaaaaaaaaaaaaaaaa”) direi che il vincitore dovrà essere il Milleduecentododicesimo commento ( che 121212 mi pareva un po’ troppo). Così accadrà che senza esclusioni di colpi si lotterà fino all’ultimo minuto.

Senza affidare tutto al caso. Ma alla perseveranza. Alla lotta. Quella bella, simpatica, goliardica, divertente e pura.

Chi sarà il Milleduecentododicesimo fortunato/a che si aggiudicherà Il NANO (oh io lo chiamo così) Ipad ? !

Come termine ho fissato comunque il 18 Dicembre perché se non dovesse essere raggiunta la soglia dei commenti si procederà all’estrazione. Ma contando che noi tutti riusciamo a sfornare miliardi di meravigliosi deliri al secondo non ce ne sarà bisogno. Era giusto però ai fini del regolamento ( ma come si regola il mento? eh? come? )

E insomma 12……12……12….12…..12….12….12….12…12…12….12….12… (ahem doveva essere un conto alla rovescia 3…2…1… ma sono dodici volte dodici per l’occasione).

Si Parte!

(metterò questo post in evidenza nella HomePage del Blog in modo che si possa agevolmente raggiungere tra un po’ di giorni mentre si susseguiranno le mie idiozie bloggereccie)

Vi anticipo un grazie di cuore cumulativamente per gli auguri. Ma solo per adesso!

Sarà una giornata particolarmente difficile e frenetica per me e dovrò lavorare moltissimo (sarò molto più presente stasera ma farò i salti mortali e cercherò di collegarmi con tutti i mezzi a disposizione) 

Ma.

Dovessi starci dodici anni ce la farò a ringraziarvi tutti.

E che il delirio abbia inizio!

(oh anche se dura fino al 18 questo non significa che non ci saranno altre sorprese tombolesche. Ocio!)

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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