Più tardi la prima ricetta con la Socia Piola eh. Non perdetevela (avevo sempre sognato di fare un annuncio e poi dire non perdetevelo. Solo che è così stupido farlo. Perché l’ho fatto?).
Insomma però questa è davvero non perdere perché l’ha scelta Paola (che io chiamo Piola; e per inciso Piola in piemontese significa anche piccola botteguccia carinacarinacarina rustica dove mangiare. E poi ho scoperto essere anche una zona di Milano alla quale sono molto legata per via di Pola un’amica non speciale ma di più. E insomma per dire che Piola-Pola è un suono che mi fa sorridere e scalda il cuore).
E. Comincia tutto per P oggi mi sa. Perché faccio la Pita. Perché la Ricetta di Piola comincia con la P (ed è pure una ricetta vegetariana-vegana-sfiziosissima)e. E la smetto, sì.
Ah. Ed è anche una PideoRicetta!
Oggi dovrebbe essere giornata di FumettoRicetta-Base-Illustrazione, no? Ecco. Niente fumettoRicetta ma Base sì che si ricollega (come avverrà anche domani tra l’altro) alla Ricettina “Antipastosa” di Lunedì, ovvero lo tzatziki greco (apprendo dalla mia amica Paola-delparchetto rido che con un po’ di succo di limone ha un suo perché quindi direi di prendere nota immediatamente!).
La Ricetta è tratta da La Cucina di Vefa (appartiene alla Rubrichetta “La libreria di Iaia” e se ti fa piacere saperne di più devi solo cliccare qui) che come sempre si dimostra imbattibile in ogni sorta di preparazione. Dire che amo questo volume visceralmente è poco. Ed è pazzesco come venga voglia non solo di provare ogni singola ricetta ma proprio di rifarle-rifarle-e ancora rifarle. Entrano nella tradizione familiare sin dalla prima esecuzione. La Cucina di Vefa è il volume che non dovrebbe mai mancare per gli appassionati di Cucina. BASTAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA.
Devo smetterla di ripetere semprelestessecose ma santo cielo Vefa mi fa uscire ancora più di senno.
Come ribadito più volte fino allo sfinimento essendo Sicula non è difficile notare infiniti collegamenti con la mia terra, che è poi la Magna Grecia. Non vi è una polpetta che non rimandi alla Grecia e viceversa alla Sicilia. Non vi è una preparazione che non odori di casa. Sono stata in Grecia e la sensazione che ha una siciliana non può che corrispondere al sentirsi a casa. Semplicemente questo.
La Pita per Souvlaki che mi ricorda “a facci vecchia”, su cui ho blaterato non troppo tempo fa soprattutto in riferimento al fatto che sia uno dei lievitati preferito dal mio papetto (significa letteralmente “faccia di vecchia” proprio per le “rughe” che si formano durante la cottura. E’ una focaccia semplicissima che nell’antichità veniva servita semplicemente con abbondante prezzemolo. In molte pizzerie o locali siciliani dediti alla tradizione si riesce a trovare qualche volta. Nessuna “facci vecchia” sarà buona come quella di Nonna Grazia e a me non rimane che serbarne un ricordo prezioso nel cuore). La Pita per Souvlaki appartiene come tradizione culinaria anche a gran parte del Medio Oriente soprattutto alla Turchia. Mamma e Papà, che hanno girato il mondo, mi raccontano addirittura di come fosse buona in quel di Bodrum e di come in India, in un accampamento, ne abbiamo mangiata una strabuona cotta su una piastra poggiata per terra in mezzo al deserto. A me non rimane che rimpiangere il fatto di non averlo girato con loro, il mondo, e sperare che ci sia ancora tempo per farlo.Pites gia souvlaki. E’ così che viene chiamata in Grecia (in greco πίτα, in ebraico פִּתָּה o פיתה, in arabo كماج) e io in questi giorni Pasquali odoranti di tradizione propongo piatti facenti parte di Profumi di Sicilia e Grechi e ho pasticciato qualcosa adoperando giustappunto questa base gustosa che non può mai mancare in tantissimi contesti. Perfetta per raccogliere sughetti o hummus viene spesso confusa con altri alimenti mediorientali, anche se le somiglianze con il pane tipicamente arabo così assurdo non è. Si fanno anche delle sorte di pizzette con la pita e vengon fuori meraviglie per le papille gustative (spero proprio di riuscirne a preparare qualcuna anche io). Perfetta per essere imbottita a mo’ di piadina o kebab, la pita è versatile ed eclettica. Non si ferma a un utilizzo sporadico o circostanziato ma dà proprio il via a una serie infinita di declinazioni fantasiose. Insomma Pita come se piovesse!
Pare che sia perfetta pure per essere surgelata ma chi mi conosce pocopocopoco sa quanto io provi avversione per il cibo surgelato. ChesanFreezerMiperdoni. A meno che non sia strettamente necessario per taluni alimenti, è un passaggio, quello del surgelamento, che salto volentieri.
La Ricetta
Ingredienti per 6-8 Pita
- 350 grammi di farina
- 1 cucchiaino di sale
- 1 cucchiaino di lievito di birra secco
- 2 cucchiaini di zucchero
- 2 cucchiai di olio extra vergine d’oliva (più olio per spennellare)
- 175 ml di acqua tiepida
- farina di mais per infarinare il composto
Riunisci la farina, il sale, il lievito e lo zucchero in una ciotola capiente e unisci l’olio e l’acqua. Amalgama delicatamente finché il composto non si stacca dalle pareti. Lascia lievitare in un luogo tiepido per circa trenta minuti. Dividi l’impasto in sei parti e stendi dischietti di 20 cm circa di diametro e 5 mm di spessore. Spolverali con la farina di mais. Coprili e lasciai lievitare per 5 minuti. Incidi una croce sulla superficie della pita ma senza andare troppo in profondità. Spennella con l’olio e in una padella antiaderente a fondo spesso oliata con un po’ di carta fai cuocere a fuoco vivo per 3 minuti da ambo le parti. Toglile e chiudile subito in sacchetti per alimenti, eliminando l’aria per tenerle umide. Lasciale raffreddare. Al momento di servire passa la pita sotto il grill o in forno o addirittura friggila per un sapore più corposo e gustoso.
yeeeeeeee
Ricordati che PITA ha anche un significato in ammmmericano… 😆
Più Pita Per (P)tutti <3
Quando abitavo a Calimera (la zona del Salento chiamata “Gricia salentina” proprio perchè il dialetto parlato da quelle parti è il greco antico) affacciandomi sul mare vedevo la Grecia. E se per te significa sentirsi a casa, figurati per me, che oltre le chiare origini sicule, divido con quella magica terra solo un rivo d’acqua. Le minoranze etniche presenti sul nostro territorio richiamano fortemente la Magna Grecia e le sue tradizioni. Case bianche, mare azzurro, cucina mediterranea. Se fossi qui ti porterei in alcuni posti meravigliosi che potresti scambiare tranquillamente per Cipro, per dire.
E la cucina greca è sublime, non per niente sono orgogliosamente proprietaria di una copia di tale godurioso volume scritto dalla immensa Vefa 🙂
E volevo aggiungere che mio papà bellissimomeraviglioso si chiama Paolo. E ho detto tutto! 😀
Anche il mioooooo!!!!! Ciao Titti cara, fatti abbracciare!!!
Grecia…. <3<3<3<3<3<3<3<3<3 Allora vedevi anche un pezzettino del mio cuoricino…
❤❤❤ il tuo cuoricino lo vedo sempre tesoro mio!
Assomiglia tantissimo alla piadina…. eccetto che, chiaramente per il lievito, anche se i più utilizzano una puntina di bicarbonato…ma è un’altra storia. Tornando alla Pita, è una delle ricette che – leggendo il favoloso libro di Vefa che ho vinto proprio qui e per il quale non finirò mai di ringraziarti, avendolo io sognato per secoli e non avendo voluto regalarmelo l’Inge – mi sono riproposta di prepararla per Pasqua, assieme alla meravigliosa treccia che avevi proposto tu lo scorso anno. E Piola era il modo in cui chiamavo la mia prima migliore amica, ai tempi delle elementari. Era proprio forte lei, mi hai fatto venire una gran voglia di cercarla… Un abbraccio e tanti bacetti!!! <3<3<3<3<3<3<3
e da noi si chiamano spianate…in dialetto non lo so con certezza però.
e voglio provare questa di ricetta, perché fin’ora non ne ho trovato una che mi abbia dato soddisfazione.
Mmm, pita…riesco ad immaginare il caldo profumino che dev’essersi sprigionato per casa durante la cottura :3
Anche la mia mamma aveva un soprannome simile quando era picciiiina. La chiamavano Peo.
E poi si, avere la perversione per la lettera P penso sia mooolto comune. ( Ne sono affetta anchiiio sai ) 😀
“per il mio compleanno voglio farmi un regalo. voglio la pita”.
mi disse così la bionda, io la guardai con fare beota e le dissi “non l’ho mai mangiata”.
– “DEVI”
boh è così che mi ricordo la Pita, la associo a lei ora.
🙂 è bionda.
(limone nello tzatziki per me è SI. anche io l’ho messo l ‘ultima volta ed è molto più buono!)
oh ma che nome complicato oggi questa ricetta!!!
se la chiamavi facci i vecchia secondo me era meglio 😛 si! ghghhghg
volerla molto. non l’ho mai assaggiata! sob.
Oh ma ho scoperto la pita greca domenica e in questi giorni non fai altro che pubblicare robe inerenti alla pita! sei proprio una streghetta! ^^
Solo guardarle mi fa venire fame!
ti sei messa a parlare come Eta beta, con la p davanti?
Per una pita in questo momento darei anche due litri di sangue
Ciao, ti seguo da poco tempo, sei simpaticcissima! La parola “piola” in sardo campidanese significa: trattoria, osteria! 😉
Lory
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