Ricette Vegetariane e Vegane

Iaia nel paese delle meraviglie: Il salone del Libro

Questa è sul comodino. Dove c’è l’altare. Dove ha fiori freschi ogni mattina. Opportunamente raffreddati con l’abbattitore come piace a lui (inciso: io all’Architetto ho detto che se nella cucina nuova non mettiamo l’abbattitore nonsenefaniente).

Non ero triste e sconsolata. Nessuno mi aveva picchiato. La Mondadori Electa è buona con me e mitrattanotuttibenelogiuro. Rettifico perché visto il mio sguardo potrebbe sembrare diversamente. Solo tanta emozione ma tantatantatanta ed estremo imbarazzo.

(un po’ di stanchezza ce la mettiamo?)

La chiusura del Salone del Libro. Il mio lavoro questo. Ormai.

Sì certo manca Domenica Hafa Cafè in questo Tour-Tourin Diario di Viaggio ma lo conservo per ultimo. Poi da settimana prossima tutte le attività Bloggereccie riprenderanno per vostra suprema gioia (sarcasmo, sì).

Mi è dispiaciuto, e tanto, di non essere stata in grado di aggiornare il blog durante i giorni del Salone del Libro perché questa “retrospettiva” potrebbe non servire a nulla se non al mio mero ricordo personale, anche se dubito si possa dimenticare un’esperienza simile. Avevo preparato degli screenshot per parlare (benissimo) dell’App del Salone del Libro disponibile gratuitamente su App Store. App che ho trovato non soltanto utile e fondamentale ma articolata e organizzata come meglio non si poteva. Con addirittura un promemoria sonoro che ti avvertiva dell’evento imminente in modo che ci si potesse organizzare nel gioco di incastri; evento che era stato inserito all’interno di una sorta di agenda personale. Volevo anche spendere due (mila) parole sul sito che fatto bene e in continuo aggiornamento è stata l’ennesima riprova di un’organizzazione curata e meticolosa.

La ventiseiesima edizione del Salone del Libro che si è chiusa alle ore 22 del Lunedì 20 Maggio ha segnato un’affluenza di più di 300.000 persone con un aumento del 4% rispetto a quello del 2012. Un record in tutte e ventisei le edizioni che indubbiamente segna l’inizio di un’apertura. E’ stato l’anno anche dei piccoli editori. La loro presenza come chiaro segnale che non soltanto le grandi case editrici possono godere di una così importante visibilità. E sarò onesta e non falsa o buonista, ma erano proprio quelle che volevo visitare (insieme al Nippotorinese) per scovare tesori introvabili e scoprire mondi nuovi che mi sono preclusi, soprattutto stando qui dove, non me ne voglia ancora una volta la mia terra, ma tutta questa apertura letteraria non c’è. Avevo letto di incontri che mi incuriosivano. Alcuni dei quali di autori che trovo sul web e che avrebbero avuto forma e sostanza in un’altro tipo di realtà proprio come è accaduto a me. Inutile spiegare le motivazioni del perché io non abbia potuto fare tutto quello che desideravo. Anche perché facevo esattamente quello che desideravo ancor di più.

Mi sono persa Culicchia e ho saputo che mentre piangevo passava di lì con il suo zainetto Paolo Giordano (La solitudine dei numeri primi). Mi sono persa Serena Dandini, Saviano e Umberto Eco. David Grossman e vabbè pure Capossela. Senza contare che c’era Lapo e già qui potrei fermarmi perché amore eterno a questo concentrato di follia, creatività e surrealismo cosmico. Mi sono persa tanto (pur avendo trovato tutto nella sfera personale) ma pagare questo alto prezzo è valso a qualcosa perché non mi sono persa:

   

Montersino. Che realizza i sogni. Che regala i dolci anche a chi non può. Poesia.

( tutti lo seguite su Alice Tv che amo visceralmente VERO?!)

E’ Lunedì. E’ l’ultimo giorno e tutti sono andati via. C’è stato l’evento all’Hafa Cafè. E’ rimasta soltanto Ombrella, il suo quaderno che è poi finito e che ho sfogliato tutto insieme a mia mamma che continua a dire “mi piace molto Ombretta. E’ troppo carina. E’ troppo duci. E’ troppo bella. E’ troppo dolce. E’ troppo  carina. E’ troppo bella. E’ troppo duci” (e “duci” per un siculo è il riassunto di dolcezza-bellezza-dolcezza se proprio non si fosse capito questo concetto complicatissimo nell’idioma locale). Ho superato a malapena il dover abbracciare e dire “ci vediamo presto” a tutte le anime che mi hanno abbracciato e toccato l’anima e ora l’ennesima prova. Dura. Abbracciare Ombrella e dirle “ci vediamo presto”. La sua presenza “silenziosa” e costante (e determinante) dall’inizio alla fine che ha scandito con i suoi tratti da artista silenziosa e le sue boutade degne della miglior showman (girl vabbè) navigata, mi sarebbe mancata. E tanto e troppo. E allora l’ultimo pranzo lo facciamo da Soup &Go (e devo assolutamente scrivere un post apposito, sì) ingolfandoci di tutte le verdure possibili e facendo prove su prove della mia piccola scenetta intitolata “Una ciotolina di riso” (riservata davvero a pochissimi). Buttiamo giù fagiolini, barbabietole e zuppe. Tengo stretta cuori pieni di cuori e la guardo andare via senza neanche mangiare un’altra chilata di arancia e basilico. Entriamo al supermercato per comprare qualcosa per il viaggio e io mi sento talmente protettiva nei suo confronti che capisco cosa prova una nonna quando per una gita di tre ore ti fa la parmigiana, la caponata, le patate al forno e quattro panini con la cotoletta e il salame. Vorrei comprarle tutto. Pure un abbacchio con la cipolla ma. Ma lei andrà via e l’abbacchio con la cipolla non lo vuole e poi viene pure da Roma e sa che si fa con le patate. Cerchiamo solo salviettine, struccanti, ginseng senza latte e ciotoline di riso disperse nell’etere.

    

Sul “le dico addio” direi di non aggiungere altro. Voglio immaginarlo così quell’abbraccio. Con lavagnette tecnologiche avanzatissime dove si può disegnare solo un fiore al massimo. Mentre ci guardiamo negli occhi e ci ringraziamo reciprocamente per le stesse cose che ognuno ha dato all’altra. Lunedì doveva essere in fondo il giorno di liberazione. Tutti via. Solo io e il Nippo. Doveva esserci un “finalmenteeeeeee soli” e invece c’è stata un po’ di amarezza che tutto fosse finito.Sensazione strana se si conta lo stress accumulato non soltanto dal giovedì precedente ma da quello precedente ancora perché allora eravamo proprio in fase di partenza. Viaggio che sarebbe durato poi quanto la traversata di Maria Antonietta dall’Austria alla sfarzosa Parigi. Forse qualcosina in più.

Ho fissato il soffitto dell’albergo fatto di applique e plafoniere tondeggianti e ho pensato solo una cosa: è cominciato tutto. Non “è tutto finito”. Un pensiero vagamente positivo si è fatto largo tra i miei pensieri generalmente pessimisti. E’ cominciato tutto perché in fondo la Presentazione del Libro ha rappresentato una palestra e una prova generale. E questo la mia Sirena lo sapeva. Sapeva esattamente cosa mi serviva. Come sempre, mi ripeto mentre annuisco e dico sì ancora una volta alle olive verdi denocciolate in cui affogare i miei drammi esistenziali. Il Lunedì 20 Maggio seduta al Golden Palace con il rumore dell’acqua in sottofondo delle sirene dorate poco distanti, ho cominciato a sentire Smile and Smile di Hisaishi. Durata due minuti e cinquantotto. Nonostante ci fosse Pupo con Gelato al Cioccolato, perché vi amo Golden Palace Team pure per le scelte musicali discutibili che facevano impazzire i Russi e pure me e Ombrella ma in un altro modo, sentivo quella.

Non era dolce e un po’ salato ma vibravano le corde e gli archi di Smile and Smile. Due minuti e cinquantotto e io ero un’altra persona. La stessa persona con un’altra e un’altra ancora. Non c’era Mamma. Non c’era Papà. Non c’era Pier. Non c’era Ombrella. Non c’eri tu. Non c’era pure nessuno. C’ero io con delle olive denocciolate. Una fontana dorata a forma di sirena. Dei tritoni. E Hisaishi che lottava contro Pupo. Pupo agitava gelato al cioccolato e Hisaishi suppongo degli artistici temaki. Che sono sempre coni.

   

Uno di cialda biscottosa commerciale dal sapore comune e uno fatto di alga ricercato e.

Smile and Smile. E mi sono ritrovata a essere e sorridere per essere entrambe le parti di questa musica che è essenza di me. Mi sono ritrovata lì da sola a capire esattamente che fosse l’inizio e la fine. Poco importava se l’inizio della fine o la fine dell’inizio. Era l’inizio. Mi piace averne tanti e ricominciare non soltanto ogni giorno ma ogni minuto. Muoio e rinasco non solo dalle mie ceneri come la fenice ma ogni minuto e secondo della mia esistenza. Papà sta male. Muoio. Poi rinasco. Papà sta bene. Piango alla presentazione. Muoio. Non piango alla Pinacoteca. Rinasco. Vedo Enrica correre verso di me agitando la mano e l’impaginato e mi sorride. Rinasco. Vedo Enrica andar via. Muoio.

Ma Sorrido e Sorrido. Smile and Smile, mi dico. Lunedì 20 Maggio per l’ennesima volta nell’infinito che si attorciglia, spaparanzata in un divano comodissimo pelucchioso perché tanto fa freddo anche se dovrebbe essere primavera e io ho le calze quaranta denari afferro il telefono e dico “sono tutta tua”. E lo dico a me stessa. A Enrica. Al Nippo. Tre piccoli suricata che guardano il mare.

 

E’ il giorno in cui posso vivere da semplice turista il Salone del Libro. Metto da parte le mie considerazioni su Pupo e Hisaishi e su Coni gelati e Temaki. Cerco di non gettare sale sulle ferite e tento di non finire in carcere dopo aver tagliato a pezzi Bestiabionda. Mi ripasso il rossetto di Mac che poi toglierò in taxi perché mi piace metterlo in foto e sembrare perfettamente labbruta ma chi ha avuto la grande sfortuna di conoscermi realmente sa che tutto sono tranne che. Donna sicura con il rossetto rosso. Mi dico che devo metterlo lo stesso e lo faccio. Salgo sul taxi e incontro una di quelle anime interessanti come accade spesso nella mia solitudine dove c’è sempre lui: l’amore grande. Insieme al Nippo parlano di questa Torino. Il tassista mi chiede cosa fanno al salone del Libro e se si mangia. Così senza un perché. Ci ritroviamo a raccontarci. Di come era Torino prima e di come è adesso. Che il suo sogno è fare una crociera. Vedere la Sicilia. E il mio quello un giorno di vivere a Torino per metà e per metà sotto la lava. Gli dico del libro. Mi dice che lo compra. Mi sento in piena fase marketing perché l’ho detto a tutti. Dal Tassista all’infermiera al dottore all’assistente alla reception ma. Ma la verità è che non è marketing. Non è esasperazione di sé e pavoneggiarsi. Non è nulla. E’ solo che.

Il mio lavoro è questo ormai. E dico ormai guardando il cielo commossa. E’ naturale. Spontaneo. Sognante e delirante. “perché è qui?” – “per presentare il mio libro” – “uh che meraviglia cos’è? magari lo compro” – “presento il mio libro senza avere un libro”.

Smile and Smile mi perseguita e suona pure all’interno del taxi. E quando ci salutiamo con la mano e ci sorridiamo il tassista mi dice. Lo compro. Gli strizzo gli occhi commossi e dico grazie. Grazie infinite.

Il Salone è disumanamente disabitato. Rispetto agli altri giorni intendo. Le scolaresche che bivaccavano sono scomparse. I signori con il trolley non ci sono più. La gente che si picchiava per un piattino di vitel tonnè è a casa a ripeterne la preparazione dopo aver comprato dal macellaio lo stesso taglio di carne. Io ho voglia di girarlo velocissimamente. Di vedere Casa CookBook. Di vedere la Feltrinelli. L’Adelphi che il Nippo ha detto essere bellissima come stand e e di vedere poi la Mondadori quellagrandelucentesfarzosa. Di vedere.

Le paste di mandorla e Montersino

 

Corro al padiglione K allo stand della Mondadori Electa. Devo dire a Enrica che mi piacerebbe vedere Montersino alle otto che a Casa CookBook parlerà di Cuki. Me lo sono già persa (mi sono persa anche Santin che il cielo mi perdoni!) durante una dimostrazione pratica e  proprio non posso aggiungere quest’altra mancanza. Giro l’angolo. E’ tutto vuoto. Vado dritta per Turismo Torino. Vediamo se è rimasto qualcuno. No. Nessuno. Un po’ semivuoto e il Toret non c’è più. Niente foto con l’enorme Toro Verde. Entro e.

E c’è Luca Montersino che sta mangiando paste di mandorla (LEMIESANTOCIELOLEMIE) seduto a un tavolo con Enrica e le tre ragazze meravigliose del marketing. Ricordo solo il nome di Alice e mi vergogno di non ricordare le altre due per questo non dico Ciao Alice. Perché qualcunomiaiuti non ricordo il nome delle altre due. Ma tanto non avrei mai potuto dire Ciao Alice perché la mia bocca era paralizzata.

“Vieni siediti Maghetta”.

Silenzio. Sordo. Muto. Aiuto.

“Le hai fatte tu?” mi chiede Luca Montersino mentre mangia paste di mandorla e sorride. Io penso che bisognerebbe denunciare la Televisione e i Cameraman che non rendono giustizia alla sua bellezza genuina ( vi  Amo Casa Alice! sono solo una ragazzina invaghita del suo idolo. Capitemi) , vera e angelica mentre dico “no”. Un no che deve essere sembrato “no. chiamate l’ambulanza perché sto morendo di crepacuore”. Lui dice che sono proprio buone queste paste di mandorla e io penso a come dirlo alla Signora di Gravina di Catania che Montersino ha detto buone alle sue paste di mandorla. La immagino come il tabaccaio che appende la striscia fuori dalla porta “qui vinti 300.000.000 .000.000 euro al super enalotto” solo che lei appende: “Montersino ha detto che le nostre paste di mandorla sono buone”. E sto lì. A guardare Enrica che mi sorride mentre realizza l’ennesimo sogno e mi invita alla calma. Non piango e riesco ad annuire. Butto giù pure un sorso di acqua credendo che sia l’ultimo. Luca Montersino parla di quanto faccia male il latte. Di come sia buono il latte di mandorla. Che si può fare a casa con un aggeggino che vendono anche online. Lo ascolto come se fossi una follower del serial killer di “the following” appuntando qualsiasi sillaba per poi fare esattamente cosa ha detto lui. E sento sempre Smile and Smile.

Ci facciamo la foto (dove si evince che io sia particolarmente a mio agio o sbaglio?) e io che sembro un cartonato sbalordito non riesco a smettere di ripetermi:

“ma cosa ci faccio qui?”

 

E la risposta arriva. E non accade mai. La risposta è sempre quella. E’ il mio lavoro. E’ il mio lavoro questo ormai. Prendo un po’ di confidenza sul finale. Riesco addirittura a stringergli la mano sorridendo e ho solo 234234234 battiti al minuto che rispetto ai 234234234234234234234234234234234234234234 battiti di prima direi che si è fatto un bel passo avanti. Mi riprendo. Rido mentre Enrica compie una delle sue mirabolanti manovre tra scope allungabili, cestini ricolmi di prelibatezze, libri, roba importante e roba meno e la domanda “ma cosa ci faccio qui?” riceve come risposta altro e altro ancora. E tra quell’altro c’è:

“vedere come voglio diventare. come voglio restare”.

Perché la mia (sì è miaaaaaaaa)  Enrica (che per colpa mia passa alla storia come un personaggio soltanto surreale e non come quello che realmente rappresenta: Un Mondo) conserva quella magia che nessuno è riuscito a scacciare via. Gli schemi, gli eventi e una vita fuori dal comune non hanno minimamente turbato il suo essere meravigliosamente sognante e bimba. Perché Enrica sale e scende dai tram, dagli autobus e dai treni sbagliandoli tutti ma trovando sempre la strada. Perché Enrica non voglio neanche raccontartela. Ne sono follemente gelosa come poche volte mi è capitato.

Voglio diventare e restare così. Voglio che sia l’esempio questo momento, mi dico. Mentre l’osservo entusiasmarsi per un cestino del supermercato, una scopa allungabile e un pacchetto. Mentre con scioltezza realizza i miei sogni, allontana gli incubi e mi prende per mano a guardare lo show cooking di Milone. Ecco perché sì adesso ci sediamo e guardiamo lo show cooking di Milone e ne realizziamo un altro di sogno. Stare sedute  lì. Come semplici spettatrici di tutto quello che è successo e succede intorno a noi.

E ci riposiamo un po’? Ma sì dai.

Christian Milone classe settantanove prende in mano le redini del ristorante di famiglia e affianca al menù tradizionale del padre delle rivisitazioni che presto gli valgono moltissimi riconoscimenti. La Trattoria Zappatori di Pinerolo, Torino è il luogo. Mi racconta che uscirà con Mondadori e il progetto del libro. Il progetto di vincere il Giro d’Italia. Della Gastronavicella. Del Giardino Zen. Mi interesso a questo bizzarro racconto di una vita particolare e mi stupisco facendo una veloce ricerca su internet di quanto siano belle le presentazioni dei piatti. C’è proprio una dimostrazione o show cooking e noi siamo in seconda fila a favore di camera (poi arriva un signore particolarmente capelluto cotonato e rovina il mio entusiasmo ma va bene così). Mentre Enrica parla con Milone io ne so di più. Della sua vita. Dei suoi progetti. Di Enrico Crippa, tre stelle Michelin che gli cambia la vita presentandolo come uno dei quattri italiani al The World Best Restaurant 2013. Una scoperta davvero quella di Christian Milone che mi dispiace non averne saputo più prima. Assisto piacevolmente a questo Show Cooking e mi dico che sarebbe stato davvero interessante poter assistere agli incontri avvenuti durante l’arco dei quattro giorni. Casa Cook Book infatti è stato un nuovo progetto che hanno voluto dedicare alla ricchissima editoria enogastronomica che sta vivendo al momento  il boom. Ci sono stati ben 54 incontri  e come piagnucolavo prima ho perso Santin e Marco Bianchi (avrei voluto tanto) e Benedetta Parodi (che confesso mi avrebbe fatto piacere vedere cucinare e intrattenere dal vivo per semplice spunto goliardico). Ci sono state anche food blogger che mi avrebbe fatto piacere poter vedere ma.

Vitello Tonnato di Milone

BoerEugenioJaquesChristianaltrinomiacaso

A sorpresa e in un solo colpo ho potuto vedere Christian Milone insieme a Boer Eugenio Jacques Christian (aveva altri otto nomi ma mi piace abbreviare) che hanno preparato rispettivamente: un vitel tonnè rivisitato (che il Nippotorinese ed Enrica hanno detto essere buonissimo) e un carpaccio di cervo con salsa di mirtilli e qualcosa che non ricordo – pardon- di BoerEugenioJaquesChristianaltrinomiacaso (che il Nippotorinese ha detto essere buonissimo e che Enrica ha saltato molto volentieri. Io alla vista del cervo non sono svenuta ma ci è mancato poco). Uno show davvero piacevole con tanto di assaggio e affluenza pazzesca. Il mio secondo posto cominciava a essere talmente appetibile che non mi sono proprio mossa neanche per bere un bicchiere d’acqua. Anche perché sorpresa-delle-sorprese prima che arrivasse Montersino in una dimostrazione promossa e sponsorizzata da Cuki sarebbe arrivata lei.

L’Avvocato in Cucina Tiziana Stefanelli che presentava il suo primo libro pubblicato da Rizzoli. Eqqqquativolevo. Io avevo giusto speso tre paroline sul mio pensiero che poco importa qui. Su quello che credevo essere, a prescindere da bravura e considerazioni meramente personali, un messaggio sbagliato (quando si avanza con l’età e si diventa delle attempate signore come me si passa sempre a “quando ero giovane io si giocava con le barbie” – “tutti i giovani di oggi sono maleducati” e in questo preciso contesto si potrebbe pure dire “gli avvocati non sono più quelli di una volta”).

Carpaccio di cervo con mirtilli. O erano lamponi santo cielo? dal colore non possono essere mirtilli! Non trovo gli appunti! (non li ho presi. Scrivevo Luca ti amo sul moleskine e tanti cuori intorno. Avevo da fare!)

Per dire che le mie intenzioni non erano bellicose da un punto di vista di giudizio ma tutt’altro. Che volevo assolutamente ricredermi. Ferma. Sto ferma e non mi muovo. Questo Show Cooking non me lo perdo e zittazittazittazitta me ne sto qui ad aspettarla. E in effetti non tarda ad arrivare e dopo l’uscita di Milone e il Signorecon234234234nomi arriva lei. E’ esattamente come in tv. Se Montersino deve denunciare bonariamente chi lo manda in onda perché è come mettere Brad Pitt e mandare l’immagine di Paolo Bonolis (sì la differenza è esattamente quella. Ma comunque sono poco obiettiva in questo momento vi prego: sono regredita. Ho dodici anni ) l’avvocato deve proprio ringraziare le luci perché se aveva una faccia da schiaffi via etere, dal vivo ha una faccia da prendere a badilate sulle gengive.

( sto perdendo il self control o sbaglio?)

Ispira violenza ( sì l’ho perso definitivamente. Una violenza tale che è la stessa che traspare a livello fisiognomico. Amo le persone antipatiche e purtroppo non ci ho mai a che fare abbastanza. Sono buffe. Sono così maleducate, insulse e prive di senso talvolta  che mi diverto sempre. Più antipatiche sono e più divento stucchevole, dolce e cuoriciosa. Combatto la loro carenza neuronale con il potere del cuoricino. Ho sempre creduto infatti che le persone antipatiche abbiano bisogno di una pioggia di cuoricini. Proprio per essere infastidite di più. Proprio per contorcersi in quella secchiata d’amore. Le persone antipatiche non impareranno mai perché il cuore cattivo non puoi trasformarlo? Uhm. Ci rifletto.

( se ho tempo perché devo scrivere Luca e tanti cuori sul diario)

Ma tu puoi prenderti gioco di loro. Con la potenza della pioggia cuoriciosa. E allora pioggia sia. Ho sfoderato un sorriso enorme e l’ho seguita annuendo come se fossi una sua grande fan. Mi sono ritrovata poi un giornalista (non so di che testata ma sappi che sono io ! Quella col cerotto in testa! Ti ricordi? Avevo un piccolo nano come ciondolo! ) accanto e il Nippotorinese disperso in cerca di caricabatteria con Enrica in fuga per l’ennesima avventura che poi avrebbe vissuto tirandomi dentro come in un sogno. E mi sono ritrovata a ridacchiare dell’antipatia di questa donna. Io. Io che non parlo neanche con il mio salumiere (anche perché non vado dal salumiere ma è un’altra storia) ero lì da sola al Salone del Libro con uno giornalista sconosciuto a ridere dell’antipatia dell’Avvocato in cucina vincitrice di Master Chef a tre passi da me che mi sorrideva antipaticamente credendo di star andando benissimo. Credendo di essere invidiata. Credendo di essere una grande donna che riesce a conciliare famiglia-lavoro-cucina-figlia.

Credendo di essere tutto quello che non è.

La bambina vincitrice alle selezioni di Masterchef Italia Junior che presto vedremo sugli schermi. Ebbene sì.

Perché la forza non si misura mai nella saccenza e arroganza. Non solo ha riconfermato tutte le mie impressioni  da telespettatrice ma le ha moltiplicate ed esasperate. Il nostro intrepido avvocato voleva fare il piccione affumicato con non so che ma si è lamentata non poco di non aver trovato il piccione a Torino. Dice che a Roma te li tirano dietro i piccioni mentre a Torino è difficile trovarli. Lo fa con un tono che butta un po’ di astio in sala tanto che ho creduto (e temuto ma non troppo) che qualcuno si affacciasse nel parcheggio e gliene lanciasse tre addosso già spennati giusto per smentirla (io se non avessi trovato il Giornalista carino e simpatico come compagno di merende mi sarei alzata e glielo avrei cercato. Anche di plastica). Ci racconta che sua sorella le ha regalato l’affumicatore e che a lei piace avere tutto in cucina perché è giusto avere tutto. E lo fa con un piglio talmente arrogante che si era quasi autorizzati ad alzarsi lentamente. Andare verso di lei. Avvicinarsi al suo faccione e urlarle in faccia: comepensichepossaaffumicareunpiccioneconlaffumicatoreinunacucinanormalebruttascemapazzama?

( Noi compriamo l’abbattitore in onore di Montersino non l’affumicatore ! Tiè ) 

(devo calmarmi)

Avevamo visto un carpaccio di cervo con coulisse di mirtilli di bosco raccolti con le proprie mani insieme a una piccola spuma di asparagi e champagne e 23409238402384 ingredienti ricercatissimi e nessuno si era innervosito in sala.

Al piccione affumicato il castello della problematica sociale-la crisi-il tempo mancato-i sogni non realizzati  è esploso. Il giornalista era incontenibile e se avesse avuto delle freccette gliele avrebbe infilate nei cosciotti. Io se avessi avuto una mano allungabile tipo l’ispettore Gadget le avrei lanciato quattro pugni con tanto di scritta fumettosa BOOOOOOMMMM straaaabbbbOOOOOOOOm. Ma l’apice si è raggiunto con la misera scenetta organizzata “chi mi vuole aiutare? forse quella bambina lì in prima fila che è stata selezionata per MasterChef Junior Italia?”. Applausi (della conduttrice  soltanto). E arriva lei. La selezionata ai provini insieme alla sorella. Ha appena undici anni ed è tutta emozionata di essere lì. Non saprà tra qualche anno che aveva l’opportunità di darle una padellata in testa diventando l’eroina del Salone del Libro e che tutto questo le sarebbe valso il titolo di “regina dei piccioni”; piccioni che l’avrebbero osannata e idolatrata fino alla fine dei loro giorni (affumicati). Tratta male pure la bambina che dice di fare solo cucina vegetariana. Silenzio in sala. Una bambina di undici anni che parla di cucina vegetariana. Un avvocato che parla dei piccioni inesistenti e che ripiega su una semplice anatra. Uno staff di sei cuochi a sua disposizione mentre lei stizzita con la sua voce stridula da cornacchia (non affumicata) sentenzia che:

  • questa padella non va bene.
  • chi ti ha detto di metterla qui?
  • questo non si fa così.
  • lascia faccio io.

E un repertorio degno di. Di una persona insicura. Voglio lanciarmi in questa considerazione da psicologia da supermercato, sì. Una persona insicura piena di astio che vuole continuamente dimostrare di valere di più annientando gli altri. Sbattendogli in faccia i traguardi come fossero sonori ceffoni. Per scatenare invidia. Per.

A me Tiziana Stefanelli hai fatto davvero tanta tenerezza mentre ti dimenavi lì con l’anatra e sproloquiavi sui piccioni. Sentendoti grande e onnipotente ed essendo invece piccola e insicura. Invitandoci a seguirti, che ci avresti fatto il grande favore di farci l’autografo sul tuo meraviglioso libro al quale hai lavorato tantissimo; che tra l’altro ho avuto modo di sfogliare e che trovo molto curato nell’impaginazione. Le foto sono molto belle ma mea culpa non so di chi siano (indagherò). Un momento diciamo goliardico e triste al tempo stesso che al contrario dei momenti che lo hanno preceduto mi ha fatto capire esattamente cosa non bisogna diventare mai.  Dove la sicurezza e l’insicurezza possono portarti.

E’ importante farsi assalire dai mostri e renderli amici. Non diventarlo tu stessa per cercare di combatterli.

E dopo questo teatrino orrendo è arrivato lui *segue inchino e musica romantica* Montersino (pioggia di cuori, grazie regia!) . Purtroppo l’ora era già troppo tarda. Io avevo un appuntamento PAZZESCO e. Ho dovuto accontentarmi di quindici minuti di Montersino (ero pure in prima fila. qualcunomipicchiadesso) e per fortuna erano proprio quelli in cui lui parlava di sé e non di Cuki o prodotti. Ha raccontato del Tiramisù (suo dolce preferito) e di tutte le variazioni (elloso hotuttiituoivolumi purequellodeltiramisù in tutte le edizioni, tra l’altro). Ha raccontato di come in assoluto il dolce che va di più nel mondo, anche nelle sue pasticcerie, sia proprio questo che contiene i Savoiardi. E mentre io cercavo di incollarmi alla sedia e dire che non potevo assolutamente perdermi neanche una sua parola  (anche se avesse raccontato come si lava i denti, per dire. Avrei preso appunti).

Lo lascio lì. Mi dico pure che mi ha sorriso mentre io gli sorrido timidamente dalla prima fila con quella faccia da scema che sta per “sìsonomaghettaquelladellepastedimandorla”. In pratica come se avessi dodici anni e il ragazzo che è sul diario ritagliato con i cuoricini intorno ti guarda dallo schermo della tv e ti manda un bacio. E tu pensi che lo stia facendo SOLO PER TE.

Mi do una pacca sulla spalla e mi dico “certo sì. Iaia. è così” e volo a bordo taxi verso il Parlapà. E che cos’è il Parlapà? Ecco io del Parlapà vorrei parlare in separata sede quanto tenterò di sistemare tutti i luoghi dove andare a mangiare Torino (sottotitolo: per forza. sotto sotto titolo: altrimenti statti a casa. Che mi pare un bel sotto sotto titolo, francamente). Una cena PAZZESCA. Che semmai dovessi raccontare nessuno mi crederebbe.

E per questo non la racconto. Perché ne custodisco gelosamente il ricordo. Perché chi era seduto lì doveva essere in un altro posto. Perché in tutto di quello che più surreale c’è governa la vera realtà. Enrica (chi altri?) mi ha regalato infatti un altro momento. Dandomi la possibilità di conoscere una grandissima (e conosciutissima) scrittrice. E mentre nel taxi pregavo di non fare brutte figure. Di non ruzzolare giù per le scale. E mi promettevo di essere silenziosa. Parlare il meno possibile e ascoltare per non incorrere in orrende figure come sempre.

Mi sono ritrovata a un tavolo tondo. Sorridente e me stessa. Tranquilla e a mio agio. A parlare di frigoriferi rotti, perdite di ottanta chili come se stessi ordinando un’insalata e lavatrici senza cestello. Mi sono ritrovata. E mi sono detta che questo è il mio lavoro ormai.

Il mio lavoro ormai è essere me stessa. Non vergognarmene. Andare avanti.

Sconfiggere tutti gli incubi e realizzare tutti i miei sogni. Ammesso che già questo ultimo proposito non sia andato a buon fine.

Così parlò il Nano da Giardino.

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Se stai leggendo e non segui Kuroko oltre a vergognarti puoi pure recuperare cliccando qui:

Giusto per farti capire che meraviglie partorisce la sua mente: Piovono Pastiglie Leone. In memoria di Giovedì 16 Maggio 2013.

Non smetterò mai di ribadire fino alla nausea che Ombrella è una Grande. E che un giorno potremmo avere tutti il piacere di dire: io la seguivo agli inizi.

(io ci ho pure mangiato i fagiolini. Tiè)

(e me la so’ scordata pure  a Piazza Castello, santocielo *detto rigorosamente con accento tipico siculoromano)

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30 COMMENTS

        • io ti adoro più della pasta al pomodoro.
          io ti adoro come i broccoli , le fave e il riso bianco per il sushi. come i nani da giardino e come le penne con le matite . come i fogli bianchi. come juni e niju ( macchine fotografiche ) e come la granita al pistacchio.

          IO TI ADORO
          TUPPETE PER SEMPRE
          ( voglio una foto con te. Nulla togliendo a Montersino ma sarà quando avrò una foto con te e sarò vestita da Rabbid con una scritta tuppete lampeggiante che potrò definirmi: SODDISFATTA)

          e ora per favore abbracciami.
          che .
          mi.
          sono.
          commossa.
          (statteprontochevengoaroma. nunceprovàascappà)

        • Dimentichi l’accessorio del futuro, quello che è contemporaneamente di moda in 8 triliardi di sistemi stellari, l’unico oggetto in grado di convincere lo yin e lo yang a sedersi ad un tavolo e parlare in modo pacifico, la quint’essenza della sesta vita di un gatto al tramonto della sua esistenza, l’idea geniale che solo una mente dodecaedrica come la tua poteva concepire: gli occhiali a forma di elicottero rosa.

          E ora, peppiacere, vieni a Roma.

  1. clap clap clap clap
    (applausi infiniti!)
    Ovviamente per…? per quell’antipatica dell’avvocato! uhsignur ma come si fa? come si fa dico io?????????? ma siamo sicuri che non è un incubo e tra poco ci svegliamo? odiosa…odiosa…odiosa!!!! ma com’è possibile che ha vinto lei??? hanno sbagliato…sicuro!
    Non sfoglio manco per sbaglio il suo libro…e se lo faccio pigliatemi a sberle!
    un avvocato in cucina…tse!!! voglio Fra come avvocato in cucina io!
    E Montersino…vabbè… hai detto tutto tu!! *_*

  2. oh! Meno male che anche tu e la Nanda dite che Kuroko è dolce e solare. Oltre a tutto il resto. Io non ci ho mangiato i fagiolini ma abbiamo discusso in profondità dei pasticcini alla pasta di mandorle. E poi, prima che me ne andassi, mi ha regalato una cosa, ma una cosa…che quasi quasi la appendo come se fosse un quadro.

  3. Culicchia l’ho incontrato venerdì sera a un incontro di presentazione di un esordiente mondadori (Cubeddu), simpaticissimooooo! 😀
    Non sono affatto invidiosa per essermi persa l’Avvocato. Coff. Terrò di conto il tuo Metodo Cuoricini, però Mica hai torto!

  4. Apro il blog e trovo quella foto di Montersino… svengo e leggo… ma l’hai guardato un po’ anche per me?!?!?! Non che sia bello…è che lui è il “maestro”… (inchino, inchino, inchino, pioggia di cuori, campane, uccellini che cinguettano, farfalline, stelline, ecc, ecc, ecc…). Frugolino impazzirà quando gli farò vedere la foto che avete scattato insieme! Ed io sono tanto felice… per questo inizio… ti voglio bene… ecco che ricomincio a piangere… <3<3<3<3<3<3<3<3<3 :********************

  5. Non sto a fare la logorroica come al solito e mi limito a dirti che mi sei piaciuta da pazzi. Very proud friend. E se non scrivi pure cattiverie di me nel post su domenica m’incazzo XD

  6. Che meraviglia Iaia, mi sembrava di essere li con te a fissare sognznte Montersino e a compatire l’Avvocato <3 <3

  7. Io domani leggo tutto.e piangeró.Lo so.Oramai piango a tutti i tuoi post <3 Adesso vado a piangere davanti allo specchio vedendo la mia faccia distrutta dopo una trasferta di sioppping a Milano. Domani torno <3

  8. Si, adesso. Ti vanti tanto che hai conosciuto Montersino e che sei stata di fianco alla vincitrice di Masterchef (che, per inciso, è in cima alla lista delle persone che butterei volentieri giù da una torre), ma pure io ho conosciuto un VIP una volta! (Facevo da baby sitter al nipote di Paolo Giorndano, fino ad un mese fa!)!!!
    Beccati questa, tiè.
    Ti lovo.

  9. (ok, non lo pensavo mica di ridurmi in questo stato. quell’ultimo paragrafo è stato un vero colpo basso.)

    a roma i piccioni sembrano più tacchini all’ingrasso ma vabbè. l’avvocato sa, e io mi permetto pure di dire (so solo che mi sarei calmata con la pioggia di cuori. se i cuori fossero stati di granito. dimensioni di un pugno.)

    (intanto che metabolizzo (uh magari) sappi che devo fuggire in Trinacria e devo prima di autunno. perché quest’estate preferisco abbia un senso. devo disegnarmi un’agenda.)

    (e mi sono un po’ depistata ma quando mi butterò a letto mi ritorneranno su i pensieri, come il vino quando decanta eh. e poi non lo so cosa succede. ma tanto nascondo la testa sotto il cuscino. e non mi vede nessuno.)

    (grazie.)

  10. Urca! San Luca da montersino santo subito!! Chissà che emozione!!
    È sempre un piacere legggerti, ormai sono un paio d’anni ed è un po’ come se ti conoscessi davvero.
    Faccio il tifo x te, sempre
    E continua così, sempre

  11. …e chi non ha un’affumicatore (ma solo per i piccioni, non per altro) in cucina? Cioè, sei out se non cel’hai.

  12. io amo chi odia l’avvocata da strapazzo (ma al posto dell’anatra nn poteva cuocere se stessa, dico io… dico)…

  13. Quanto mi è mancato leggerti! Tu sei un saliscendi di emozioni da montagne russe, lo sei proprio, magari può sembrare stupido da dire ma è proprio questa la sensazione quando ci sei: avvertire il vuoto allo stomaco e il sorriso teso di gioia incontenibile mista a paura folle e pensare “un altro giro, subito!”.

  14. […] La salsa di cranberries è in assoluto l’accompagnamento tipico alle carni di tacchino durante la festa del Ringraziamento. Trovare i frutti secchi o freschi diciamo che è un’utopia qui e non ho potuto, come avrei voluto, preparla in casa ma pare che quella acquistata tanto triste non sia. Con questa salsa di cranberries pare si sposino bene anche le carni di selvaggina. Non è un caso che il cervo venga (santocieloilcervo. SIETE TUTTI PAZZI. ok. Devo calmarmi e inspirare dal naso) proprio servito con frutti di bosco o cranberries in genere. Ricordo che al Salone del Libro proprio durante uno show cooking venne proprio servito questo abbinamento ormai non troppo inusuale (qui il post). […]

Rispondi a Hafa Cafè – Torino (Domenica 19 Maggio) Un Timballo senza Timballo – La Cucina Psicola(va)bile di Iaia & Maghetta StreghettaAnnulla risposta

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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