Ricette Vegetariane e Vegane

Direzione San Pancrazio Bed & Breakfast – Vaie. Dove dorme e sogna Totoro (18 Maggio – Sabato Sera)

Update 2019*durante il trasferimento del sito a un nuovo dominio sono andate perse molte immagini; che presto verranno reintegrate***

Tu la conosci la canzone di Azumi Inoue, vero?

Uhm. No? Sicuro? Quindi mi vuoi dire che non ti sei mai ritrovato/a a fissare il cielo o le stelle e cantare? Fortissimamente intendo eh. Cantare? Mentre le onde si alzano fortissimo?

To-to-ro Totoro, To-to-ro Totoro

Dareka ga kossori
Komichi ni ko no mi uzumete
Chiisana me haetara himitu no ango
Mori e no pasupooto
Sutekina bouken hajimaru
Tonari no To-to-ro Totoro, To-to-ro Totoro
Mori no naka ni mukashi kara sunderu
Tonari no to to ro totoro to to ro totoro
Kodomo no toki ni dake anata ni otozureru
Fushigina deai
Ame furi basu tei
Zubunure obake ga itara
Anata no amagasa sashite agemasho
Mori e no pasupooto
Mahou no tobira akimasu
Tonari no to to ro totoro to to ro totoro
Tukiyo no ban ni okarina fuiteru
Tonari no to to ro totoro to to ro totoro
Moshimo aeta nara sutekina shiawase ga
Anata ni kuru ha
To-to-ro Totoro, To-to-ro Totoro
Mori no naka ni mukashi kara sunderu
Tonari no to to ro totoro to to ro totoro
Kodomo no toki ni dake anata ni otozureru
Fushigina deai
To-to-ro Totoro, To- to-ro Totoro
To-to-ro Totoro, To-to-ro Totoro

 

Come in preda a un attacco di schizofrenia incontenibile? A mischiare le parole come se avessi tre anni e fossi convinto di sapere un’altra lingua? Agitando le anche senza riuscire a fermarle e muovendo le manine come se stessi pulendo i vetri? Facendo facce buffe?

Beh. La tua vita cambia esattamente oggi. In questo preciso istante. Puoi rimediare, non vergognartene. Non avere nella propria playlist giornaliera Tonari no Totoro credo sia perseguibile per legge in un mondo giusto ma si sa. Giusto questo mondo, ahimè, non è.

Totoro mentre disegnavo e scrivevo il libro è stato con me. E’ dentro di me e tra le pagine tanto da farne parte nell’essenza dell’albero stesso. E’. E lo è stato prima e sempre sarà. Me lo ha regalato il Nippotorinese. Lo ha erudito sul da farsi, imbellettato, impacchettato e consegnato. Adesso si trova: sulle mie mensole. Nei miei cassetti. Nelle mie uova. Nei miei Pancake. Nei miei portapenne. Nei miei racconti più importanti. Dentro molti libri. In una presina che viene dal Giappone e che mi ha portato Cey. Nei miei cupcake. In uno stampino. In una tazzina speciale che ha scovato la Bionda in un mercatino. In una coperta. In un servizio Bento. Nel cucchiaino che giro. Nella forchetta che addento. Nel coltello che taglia. In tutta la mia casa si nasconde Totoro. Insieme ai Nani è il poltergeist kawaii che alberga in ogni angolo che vivo, abito e invado.

E’ lo spirito buono che insieme ai Nani lotta con me. E’ il batuffolo peloso che mi avvolge e protegge il cuore come un paracolpi. L’astuzia del nano fa il resto. Lui è muto, sordo e cieco. Senza sensi, ma con tutto il senso, sta lì. Sospeso. Nell’infinito. Nel bosco incantato. E mi piace sempre immaginarmi, nei momenti di massima felicità, come la bimba che dopo aver attraversato il tunnel pieno di alberi lo trova lì.

Mentre dorme. Beato. Capace di fare i sogni più belli e puri. Mi accoccolo sul suo panciotto che mi ricorda il mio quando era gonfio e. E comincio a disegnare.

 

Quando per la prima volta ho attraversato il tunnel di alberi che portava da Estella ho smesso di avere paura. Se per tutto il tragitto mi contorcevo nella fissazione di non piacerle, una volta arrivata lì nel tunnel di alberi la serenità ha preso il sopravvento. Perché è così che si arriva da Estella. Attraversando il Tunnel di Totoro pieno di alberi. Dritti per una stradina. E ti si apre davanti il rifugio che hai sognato. Dove fare sonni tranquilli e dedicarti solo all’attività di sognare.

Il Bed and Breakfast San Pancrazio (al momento il sito è offline ma presto sarà tutto ripristinato) nella realtà è sito in “Via Tunnel degli Alberi Magici contrada Totoro che sogna” ma per comodità diremo Vaie, Bed and Breakfast San Pancrazio. In Val di Susa. La Valle Alpina situata nella parte occidentale del Piemonte, a ovest di Torino che ti porta dritto dritto verso la Francia. Rocca Bernauda, nel territorio del comune di Bardonecchia, ad esempio è il punto più occidentale d’Italia. Di parole se ne potrebbero spendere senza mai risparmiarsi tanto è la bellezza del paesaggio in cui siamo immersi, purtroppo soltanto virtualmente. Ma è sull’incredibile Vaie e la Sacra di San Michele che domina il tutto che vorrei soffermarmi.

La prima volta che ho visto la Sacra di San Michele dalla macchina ho saputo dire solo una parola “accosta”. Eravamo in macchina io e il Nippo. Sarebbe stata la prima volta che avrei finalmente abbracciato Estella, dopo quasi un decennio di rete.

Il centro storico di Vaie è addossato alla montagna e questo santuario di origine romanica, come se fosse stato disegnato da Miyazaki stesso, sovrasta questo scenario fiabesco. Era tardo pomeriggio ricordo e la Sacra di San Michele era come avvolta da nuvole e nebbie in intrecci contorti. Era come se un Castello, perché così pareva da lontano, fosse poggiato, quasi sospeso direi, proprio su una nuvola che al primo soffio si disfa e si ricompone. In un’altra forma. Ma solida uguale da trattenerlo e mai farlo sprofondare nel vuoto. Affascinata e intontita a bordo strada. Ricordo così la mia prima volta verso Vaie.

Questa volta invece non ho visto nulla. Se non pioggia buttata con idranti potentissimi. Buio pesto. Nessuna nuvola. Se la prima volta infatti era tutto molto chiaro e bianco. Questa era nero pesto senza contorno. Bianco. Nero. E il Rosso dei Ravanelli che formano un mazzo. Quindi? Perfetto.

Il cerotto era ancora lì in testa. Le macchine affittate non aspettavano altro che essere riempite da tutte le meraviglie. Occorreva incastrare un po’. Sistemare. Collocare. E allora dopo la Pinacoteca e la Focaccia Genovese con la cipolla tra arte e cultura, siamo ritornati nel luogo del delitto che identificheremo in Piazza Solferino (dove abbiamo fatto anche ricostruzione fotografica di me che al rallenty sbatto nuovamente sul palo. Foto che mi riservo di non divulgare perché è sempre bello avere un minimo di decoro. Quale non si sa ma va bene uguale) e via.

Si parte.

A Torino fa freddo come se dovessi scegliere l’albero di Natale. Anzi no. Mi lamento inutilmente perché mica è vero che fa così freddo. Conosco, e anche bene, le temperature quando le vetrine sono ricche di carillon e Babbo Natale. Faccio meno la spiritosa e non mi lamento neanche tanto per la pioggia. Del resto sto sopravvivendo all’emorragia che nessuno è stato in grado di diagnosticarmi (e poi dicono che al Nord la sanità è migliore, mi dico in un momento di totale disequilibrio mentale. Ammesso abbia mai provato l’ebbrezza di vivere il contrario) farò bene a sorridere e andare avanti.

Dentro la fiammante Ypsilon mi sento una donna consumata. Ho Ale e Cri con me che eroicamente non mi hanno ancora spaccato la testa al grido di “bastanontisopportiamopiù”. Ho saltato un incontro al Salone del Libro incurante di tutto e tutti e mi sono presentata pure per vedere l’Uomo Pollo (seguirà post specifico perché merita). Non ho pianto alla Pinacoteca e non sono caduta neanche dalla poltrona a sacco. Ho preso la metropolitana. Mi sono messa nel posto dei bambini e per un attimo non ho avuto paura. Anzi mi è talmente piaciuta che  io un altro giro me lo sarei pure fatta. Ci sono andata con i tacchi e non mi sono neanche spaccata un dente. Un canino? no. Un molare? neanche. Ho mangiato un gelato senza sporcarmi la maglietta. Mi sono lavata i denti da sola senza l’aiuto di nessuno e ho pure recuperato l’aspirabriciole per Estella e Antonia.

E non in ultimo: guido mentre piove in territorio straniero una macchina CON CAMBIO MANUALE.

Mi dico che la mia Enrica ha proprio ragione. Sbattere sul palo mi ha fatto proprio bene. E la mia vita sarà sempre subito in

p.p.

d.p.

Prima Palo – Dopo Palo (che poi Palo è l’anagramma di un nome che più volte ha segnato questo percorso cominciato lo scorso anno). Un po’ come Prima e Avanti Cristo (forse è un delirio di onnipotenza post trauma cranico non diagnosticato) io vivrò per sempre con:

Prima Palo. Dopo Palo.

Niente mi spaventa. Carico a bordo Cristiana dietro e Ale davanti. Cri è talmente piccola e tenera che ti viene proprio da metterla dietro. Ti viene voglia di allacciarle la cintura di sicurezza. Sistemarle i capelli. Abbracciarla forte. Sussurrarle ti amo all’orecchio. E dirle che andrà tutto bene. Ale è così toga (termine sardo cheiononstoquimicaasbatteresoloneipali), così bella e coraggiosa con i suoi occhi penentranti che ti fa credere che. Con quella macchina possiamo pure andare fino in capo al mondo. Che nessuno ci farà del male. E che la canzone di Totoro vincerà Sanremo. Tutto. Ale ti fa credere che tutto, possiamo fare tutto.

Comincio a delirare come non avveniva da anni. Mentre la pioggia batte sui vetri e la ferita è solo un ricordo. Faccio quello che generalmente non accade mai. Mi sfogo. Come se fossi dentro la macchina da sola. Scoppio. E lo faccio in quel modo, come si fa solo con le amiche di sempre. Ed è mentre mi stupisco di riuscire a parlare anche di cose sulle quali io stessa non mi parlo che siamo davanti ad una barriera. Il treno passa.

E io lo so che per il Tunnel di Totoro manca poco.

Piatti Rosa. Bicchieri Rosa. Tovaglioli Rosa. Verdure “come da Soup&Go come piace  a Gi”; dice questo Estella. E io che avevo già capito ricomincerei a piangere volentieri di nuovo ma per decoro (o presunto) rispondo deglutendo chilate di broccoli e cavolfiori bianchi (che non avevo mai mangiato di quella qualità. Straslurp!) e mi fiondo come se non ci fosse un domani sulle carote e sui fagiolini. Nei pomodori c’è un po’ di olio e di mollica? Sììììììììììììììììììììììì. Il Nippotorinese vedendomi mangiare la mollica nel pomodoro strabuzza gli occhi con il solito sguardo da lemure (che ha dall’inizio alla fine del viaggio in pratica) non credendo che sia possibile. Mancava poco che mi facessi un panino e lo imbottissi con il salame chiedendo anche un po’ di strutto e burro da spalmare.

Estella, torinese di nascita, decide di trasferirsi nel bosco incantato a far compagnia a Totoro. Decide di votare la sua vita agli altri. All’accoglienza nella sua casa, di cui una parte è adibita a Bed & Breakfast e sfrecciando con la Croce Rossa. E io di Estella ho un ricordo che è come una treccia al cuore. La stessa che ha tagliato anni fa ma con la quale mi piace sempre immaginarla. Una treccia lunga. La spilla di Maghetta Streghetta. Il suo sorriso.

Estella già ai tempi del Pigrecoemme raccontava le sue “avventure” in Croce Rossa. Le sconfitte che si consumano davanti agli occhi di Angeli coraggiosi che affrontano il buio. Le gioie, che purtroppo non sono mai quanto i dolori. Di Estella ho tanti ricordi. Per assurdo molti più di quelli che mi legano a persone che vivono la mia quotidianità. Come accade spesso qui in questa rete dove tutto diventa falsato ma è più vero. Dove ti scegli e non capiti. Dove sei finalmente te stesso e non quello che vogliono e credono e vedono gli altri. Dove sei essenza e non sostanza materiale. Dove c’è spazio per le parole e non per l’aspetto.

Una serata indimenticabile tra liquori fatti in casa dall’adorabile Bruno, marito di Estella (urge ricetta e insegnamento in loco. Devo trasferirmi lì almeno una settimana, mi sa *risatina furbetta in sottofondo*), mentre Antonia ti racconta di Bolina (se mi leggi: ti amo. Fatti vivo o ti prendo a mazzate!) e di fronte a te hai la tua Cri che esiste e la tua Ale. La Bionda dice stupidaggini in sottofondo ed è la tua certezza. Ti volti e Ombrella disegna mentre Bianca la guarda. Paola ed Ellli sono vicine e sorridono. Il Nippo sta lì. A guardarmi.

Accarezzarmi la testa. Chiedermi:

  • “sei tanto felice vero Gi?”
  • “Sì. Sono tanto felice Pi. Sono nel bosco di Totoro con tutte le mie creature magiche”.

Le altre sarebbero arrivate l’indomani da altri Mondi non troppo lontani.

Quando vieni accolta con un bouquet di fiori di ravanello, che assaggi e senti un pizzico piccante. Quando vieni accolta con il sorriso di Estella. La sua Luce. E la sua essenza. Il suo cuore.  Ha un altro nome la felicità?

Si traveste a Halloween questo toro. Quando da Estella al San Pancrazio Bed & Breakfast si festeggia con la Bagna Cauda. E il Nippotorinese mi guarda e mi dice “devi proprio assaggiarla la Bagna Cauda di Estella”.

Come fa ormai da più di un decennio. Solo che prima credevo fosse un sogno. Adesso è solo un sogno sì. Ma rimandato, semplicemente.

Broccoli buoni da impazzire. Per non parlare delle carote. Per non parlare dei fagiolini. Per non parlare di tutto.


C’erano anche i Ravanelli. Così per dire che me li sono mangiati tutti io.

Lo strudel di Mele di Estella. Perché dopo aver lavorato incessantemente tutto il giorno per una mandria di pazzi che arriva in super ritardo lei che fa? Fa pure lo strudel!

Sono astemia si sa. Ma semmai dovessi cominciare direi che dai liquori fatti in casa da Bruno non è mica una brutta idea

 Il banchetto meraviglioso realizzato da Estella con tutti i sali più particolari e condimenti a parte. Nonostante fosse sera io per l’occasione ho buttato giù anche qualche bel pezzotto di peperone. E non sono stata male. A dimostrazione del fatto che quando sei in un sogno lo diventa pure non avere i crampi peperoneschi.

Sabato 18 Maggio 2013. Un’altra data che non dimenticherò. Mai.

 

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23 COMMENTS

  1. Sai dove vivo io?In Valle, nella Val di Susa<3
    Ehmbè mica si scherza da queste parti 😀
    Ciao Iaia bella 🙂

  2. vabbè io spero di ricordare tutto quello che voglio dire.
    1. non so la canzone di totoro, ma ovviamente ora mi eserciterò ogni giorno e manderò file audio al nippo per chiedere se sto andando (benissimo) perchè a febbraio abbiamo sanremo.
    2. io non vorrei farti venire l’ansia ma la cintura poi dietro non me l’hai allacciata. brutta monella. e dov’era il leccaleccaaaaaaa?
    3. io Bruno lo amo. lo dico qui pubblicamente. secondo me ha vinto tutti i premi compreso quello segretissimo della cosca segretissima che capisc’ammè. Bruno è superfigo e solo Estella poteva scovare un super uomo simile <3
    4. le zucchine di Estella. vogliamo per favore erigere un monumento in piazza castello alle zucchine di Estella?
    5.mancano le foto del banchetto dopo il passaggio delle cavallette che solo per timidezza non hanno mangiato pure i piatti rosa
    6. non mi ricordo cosa volevo dire (strano)
    7. nemmeno io dimenticherò mai.

  3. quando ero piccolo vicino a casa mia c’erano le montagnette, un pezzo di terra incolto con tanti rovi e alberi.
    E tra questi rovi c’era un tunnel, come quello di Totoro. In fondo al tunnel avevamo costruito una capanna. Che tempi…
    Ma che fa Kuroko, disegna?

  4. <3 io mi sto salvando tutti questi post torinosi su evernote perché quando i ricordi sbiadiranno avrò bisogno di rileggere tutto tutto tutto

  5. bhe che dire………………….
    solo grazie ad Antonia che mi ha aiutata a preparare, a Iaia a Pier e a tutte le meravigliose amiche che sono salite fin qui
    siete nel mio cuore…………………. grazie anche da parte di Bruno
    tornate quando volete noi siamo qui al fondo del tunnel nel bosco incantato
    <3

  6. poi c’è stato quel momento in cui Estella ci ha portato a vedere i mici a me, paola ed eli.
    e quando siamo rientrate vi ho guardato tutti. ridevate tutti. e. ed è in quei momenti che capisci che un posto giusto c’è e tu ci sei.
    E come si fa a dimenticarselo? <3

    (io vorrei erigere monumento alle zucchine e al liquore salvia e peperoncino °__° )
    (non dico mai scemenze in sottofondo, tra l'altro. generalmente tengo banco con le scemenze °__° )

  7. e la canzone l’ho cantata tutta in mente.
    normalmente mi invento le parole. come altro potrei fare?

    manca il banchetto. manca il posto. quando sono arrivata c’era ancora un po’ di luce e. gli occhi di Antonia e Estella seduta al divano e Bruno che ha buttato un occhio al quadernino sul quale mi ero rovesciata. e non uscivano solo ombromini in quel momento ma anche tratti strani e brutti, un po’ cattivi.
    mi sembrava. una disintossicazione. come lo Spirito del Cattivo Odore.
    (ché poi non va mai nulla via del tutto e si ricomincia. da capo a dodici. in pochi giorni. però lì per lì, sentirsi nel luogo giusto nel momento giusto, non sapere bene che spazio occupare ma. stare talmente bene e a proprio agio da pensare che sia sempre stato e così e sarà sempre così, in fondo ai ricordi o limpido e chiaro nei sogni.)

    e insomma me sò persa (e dal vivo non sono meglio. mh.)

  8. Totoro rappresenta anche per me un evento importante. Una unione di mondi, fantasie e amore. Se il B&B di Estella è la sua casa, io ci voglio andare! E ci andrò! (*disse sbattendo il pugno sulla scrivania e scappando via tutta piccata)

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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