Ricette Vegetariane e Vegane

Un Tè a Downton Abbey

Torta alle Mandorle amare tostate e Agrumi con Crumble al Cocco e Cannella

Avviso importante: Potrebbero esserci spoiler inerenti alla Terza Serie di Downton Abbey

E siamo di nuovo seduti qui in questo enorme divano non troppo soffice del salotto mentre aspettiamo che Lady Mary si faccia acconciare i capelli. Il primo appuntamento con Downton Abbey, per la Rubrica Cibo e Serie TV, è stato a una tavola riccamente imbandita con la Shepherd’s Pie servita ben benino (che se ti fa piacere puoi trovare qui). Nonostante ci sia una ricca e gustosa sfilza di ricette correlate a Downton Abbey, grazie all’instancabile e operosa Beryl Patmore nonché prima cuoca della servitù, vi è senza ombra di dubbio alcuno solo un orario protagonista. Non è colazione, pranzo e cena ma la fatidica ora del tè; simbolo nazionale e bevanda a tutt’oggi più diffusa nel mondo dopo l’acqua, rappresenta proprio il punto cardine della tradizione inglese. La storia di questa nazione è scritta e si dirama tra le linee delle foglie, spezie, erbe ed essenze di questa pianta legnosa. Non vi sono cerimonie del tè di particolare importanza oltre a quella inglese e giapponese. Non esiste in altra parte del globo una popolazione che senta le viscere sussultare alla catastrofica idea di rinunciare all’ora del tè. Per quanto più di un secolo possa essere passato dalla Londra edoardiana, la cui fotografia tra l’altro come ho avuto occasione di dire svariate volte è sempre stata fonte inesauribile di ispirazione per me (anche Phobialand, nonostante sia un mondo a parte, è ambientata in uno stile Inglese-Edoardiano-Ottocentesco), quando penso all’ora del tè le lancette del tempo vanno indietro velocissimamente. Fino a riportarmi lì. Tazze fumanti di Darjeeling o Earl Grey e incredibili foglie venute dall’India dopo un viaggio lunghissimo. Colori tenui che non hanno mai un sole definito ma che alternano tristezza malinconica a pace interiore e visiva.

Una calma che è capace di fermare le lancette. Quella stessa che non ho mai avvertito dentro me e che cerco disperatamente. Un banchetto straripante di bontà. Degli scones con confetture che sanno di violetta, fiori e frutti esotici. Gli stessi scones che ho fotografato lo scorso anno per un progetto per me importante, che rimangono in assoluto l’unica immagine che mi ha soddisfatto in ormai quasi cinque anni di scatti (e insieme a me c’era la bestiabionda nazionale. Forse un caso non è). La calma dell’ora del tè. Come se un orologio non solo si fosse fermato ma proprio non esistesse. Non faccio difficoltà a essere catapultata dentro un’abitazione o una sala da tè al centro di quella Londra. Tovaglie inamidate, stirate e ricamate. Carrellini con vassoi di argento ricolmi di dolcezze e piccoli sandwich che sanno di prosciutto. Tappeti, arazzi e libri. Una magia statica e ferma in un luogo senza tempo che odora di tè. Di calma. Per se stessi. Un lusso a tutti gli effetti; di quelli che poche volte ci si possono concedere in vita, si direbbe. Eppure dedicarsi, anche solo visivamente facendo viaggi mentali, un tè del genere fa proprio bene al cuore. Anche se in tazza di ceramica ikea infilata nel micro nel mezzo di un cantiere aperto con muratori che urlano. E’ difficile, certo. Ma fonti certe e attendibili confermano che si può fare. Che si può sognare una lussuosa ora del tè per concentrarsi, amarsi e sognare.

Dopo la prima ricetta salata avevo proprio voglia di dedicare a Dowton Abbey una delizia semplice composta principalmente da sapori genuini. Un impasto fermo come il tempo. Immutabile, soffice, altezzoso e importante. Questa ciambellotta non è mai stata nominata, al contrario della Sherpherd Pie e di quelle che verranno, ma proprio perché basta chiudere gli occhi e immaginare per rilassarsi ed evadere un po’ anche con i sapori, si può fare. Sono infinite e interminabili le scene ambientate davanti a una tazza di tè. Confesso di amare spudoratamente Violet Crawley (insieme alla mia Valebrì fonderemo un fan club serissimo italiano fatto di teiere con lustrini e paillettes, per dire) e di aver premuto piùpiùpiù volte stop sulle immagini che la riguardavano proprio durante questa determinata fatidica ora. Scones? visti. Piccole tortine? obviously. Ciambellottine? sì. Non identificabili e nominate ma sì. Un Crumble può mancare mai nella cultura anglosassone? Suppongo proprio di no. Dopo aver risposto a questo semplice quesito ho agito di conseguenza componendo una semplicissima torta-ciambella-plumcake dal sapore delicato di mandorle e agrumi a cui ho aggiunto sopra un crumble sbricioloso da raccogliere delicatamente e vezzosamente con le dita sul piattino.

Ho chiesto a mamma di prestarmi poi parte della sua argenteria per fare lo scatto. Non ho mai amato moltissimo la roba gingillosa di Nanda; anzi a sedici anni per fare un omaggio al mio amato Kubrick avevo quasi voglia di vestirmi interamente di bianco e con una mazza ferrata distruggerle l’orologio a pendolo, l’argenteria, i cristalli e l’enorme tavolo di cristallo con i limoni in ferro battuto. Pure tutte le bottiglie con i cristalli colorati e. Ero una bambina cattiva, sì. Adesso mi ritrovo a sbavare letteralmente per le sue teiere e pure per i vassoi d’argento. Mamma se la ride non perdendo occasione per prendermi in giro mentre io cerco di nascondere oggetti con la scusa “è per lavoro”. Lei mi lascia fare per poi atterrirmi letteralmente dicendo “Ti è piaciuta vero? La vuoi?”.

Con quell’aria di sfida. Con l’aria di quella che ha aspettato decenni per dirti “Te l’avevo detto. Avevo ragione io”. Stoica alzo le sopracciglia e dico “Uhm. No. Mi interessava solo per le foto. Puoi portarle via, MAMMINA”. Il mio cuore mi suggerisce sempre di buttarmi per terra, frignare e urlare “MAMMAAAAAAAAAAAAAAAAAA LASCIALE QUIIIIIIIIIIIIII SONO IL MIO TESOROOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO”. Con voce da Gollum, sì.

(mamma so che stai leggendo. Smettila di impacchettare tutto. Mi piace così. Avanti e indietro. Dammi la Teiera. Togli la Teiera. Detto stavolta come il maestro Miyagi. Metti la Cera. Togli la Cera. Cosa sto dicendo? Datemi un tè, grazie)

Il Cocco essiccato per il Crumble non è da Dowton, me ne rendo conto, ma poi per una logica inoppugnabile e per convincermi che “stavandandotutto bene *respira con il naso” mi sono detta che non era mica una vera e propria ricetta di Downton ma una che io stavo dedicando a Downton. Capite quale complicatissimo ragionamento ricco di balli di gruppo neuronali (tuca-tuca compreso) riesce a partorire la mia fervida mente? Il fatto che adesso rimanga obnubilata per tre quarti d’ora pensando a dei neuroni in un villaggio turistico che ballano il tuca tuca a bordo piscina alternandoli a Lady Mary che si acconcia i capelli a Dowton sorseggiando Darjeeling è un discorso che neanche voglio cominciare a esporre ticchettando perché sarebbe infliggere un male infinito all’umanità. Taccio quindi e procedo alla stesura della Ricetta dedicata a Downton Abbey (però ecco quei neuroni nel villaggio turistico faranno pure loro merenda, no? Magari leggermente diversa come ambiente e stile ma una bella fetta di torta con crumble al cocco esotico la prenderebbero tutti, no? Magari spalmandoci sopra roba industriale tipo crema al cioccolato o buttandoci sopra quattro emenems-voglioscriverlocosì. Per dire insomma che questa Torta può andar bene per tutti gli ambienti e. E la smetto, dai).

Sono davvero giorni molto difficili. MOLTO (posso avere un MOLTO più grande e lampeggiante, regia?).

  • 200 grammi di burro a temperatura ambiente
  • 280 grammi di farina
  • 1 cucchiaino di lievito per dolci
  • 1/2 cucchiaino di bicarbonato di sodio
  • 170 grammi di zucchero di canna
  • 2 uova
  • vaniglia in bacca
  • 150 ml di yogurt magro bianco non zuccherato
  • 150 grammi di mandorle di avola tostate in padella e spezzate

una manciata di uvetta passa lasciata macerare leggermente in qualche liquore (o come ho fatto io nel succo freschissimo di arancia e limone)

Per il crumble

  • 40 grammi di farina
  • 20 grammi di cocco essiccato tritato
  • 20 grammi di burro freddo tagliato a pezzetti
  • 1 cucchiaino generoso di cannella in polvere
  • 20 grammi di zucchero di canna grezzo

Pre la preparazione del crumble: mescola la farina, il cocco e lo zucchero e picchietta i tre ingredienti con il burro freddo fino a ottenere il classico composto sbricioloso. Metti in frigo mentre prepari la base.

Setaccia bene la farina insieme al pizzico di sale con il bicarbonato e il lievito. Monta il burro morbido con lo zucchero e quando ottieni un composto spumoso aggiungi una alla volta le uova e la vaniglia (anche la cannella se vuoi o preferisci). Aggiungi pian piano la farina e lo yogurt alternando sempre e continuando a lavorare. Versa nello stampo classico da plumcake bello infarinato e imburrato. Aggiungi il crumble e cospargilo equamente per tutta la superficie. Cuoci per almeno un’ora in forno controllando sempre con lo stecchino di legno. Quando è asciutto tira fuori e lascia raffreddare prima di servire.

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9 COMMENTS

  1. Devo confessare che non conosco la serie e che il mio panorama canalesco qui in sperdutonia si riduce moltissimo (la rai?! Che cos’è la rai?!?!), ma è sempre bello leggerti, a prescindere: mi fai sempre distrarre dal vuoto.

  2. hai crambolato un ciambellotto!!! siiii adoro pasticciare le ricette, pur essendo cuoca e mia madre mi picchierebbe sulle dita ogni volta, lei che si attiene esclusivamente alle dosi e ricette, ma io la lascio dire e mi appresto a copiare 🙂 il the è qualcosa che fa parte della mia vita da tempo, e la parte in cui descrivi l’ora del the come un “luogo”, libri, atmosfera, calore, è il meglio, ed ho cercato di ricrearlo a casa, pur con tazze ikea ma the sfuso da intenditori 🙂 magari non in cantiere ma gli operai muscolosi e abbronzati li inviterei volentieri, alla faccia di Downton Abbey, che piace a mia mamma ma annoia me….. gli operai invece 😀 hahahahahahahaah
    buona domenica Iaia <3

  3. Vogliamo parlare di quando aggiungono il latte nel tè? Non sono adorabili.
    Io voglio sposare un inglese, ho deciso. ( o uno scozzese, in effetti ho anche già scelto chi, ma faccio la vaga)

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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