Ricette Vegetariane e Vegane

La Frittata di seitan e cipolla cucinata dentro la Lavatrice



Sto cercando in questi giorni nel mio personale vocabolario il verbo riflessivo arrendersi e dannazione non lo trovo. C’è una sensazione surreale ed estremamemente dolorosa che mi pervade proprio guardando queste foto. Non è passato neanche tanto tempo del resto, perché al massimo sarà un mese eppure paiono appartenere a ere zoologiche fa. Questa luce. Questa tovaglietta. Questo piatto. Sembra un fotogramma ritrovato sotto le alghe dell’oceano tra le trame di un relitto. La mia casa, come fosse nave, affondata da nubi di fumi e polveri e onde di piogge e lacrime. Che siano di risate o dolore. In questi due giorni di assenza che a me hanno pesato come anni non sono riuscita in nessun modo a pensare di parlare di intimità, casa, ricordi e cibo essendo al momento esule in patria. Pur abitandoci non vivo nella mia casa. Pur essendola non lo è più. Il disequilibrio dato dalla carenza dei miei movimenti abitudinari, spazi conosciuti e oggetti incontaminati da germi, in un attimo diventati preda di un terremoto emotivo capace di devastare quel briciolo di equilibrio rimastomi e precedentemente annientato dal dolore di papà. E’ come se tutto fosse successo insieme.

Una volta una mia amica mi ha detto che quando il Diavolo entra in casa non va più via. O per lo meno se si trova bene rimane un po’. A quanto pare ha trovato una dimora e anime che lo attraggono particolarmente, perché sta lì seduto e si gode lo spettacolo. Aspetta che ti offro un drink. Non ti muovere

Preda degli incubi sono prigioniera di un’insonnia spaventosa che mi tormenta. Neanche i miei sedici anni, che sono stati caratterizzati da settimane di insonnia, possono essere paragonabili. In maniera del tutto asintomatica provo dolore al fegato, alla milza e al pancreas in sincrono con papà. Poi il mio dolore si sposta al collo. Alla gamba. Al collo. Al ginocchio. Alla rotula. Al naso. Al lobo sinistro. Se lui sta bene comincio a stare bene pure io. Se lui sta male a me viene la febbre a 39. Poi a 38. Poi a 37. Poi di nuovo a 39. E tra crampi, febbre e dolori così immaginari da far male più di quelli veri, mi barcameno dalla sera al mattino cullandomi qualche volta solo con frasi del tipo “ma tanto lunedì prossimo mettono il parquet e se mettono il parquet significa che stiamo finendo”. In realtà non so esattamente cosa stia finendo e cominciando. Sono dentro una lavatrice. Ed è per questo che non smetto di disegnarle in questi giorni.

Non è neanche un frullatore perché lì è tutto veloce. Si sminuzza tutto e via. Diventa liquido. Nella lavatrice i movimenti sono più lenti e ci sono diverse velocità e potenze. Non 1-2-3 come nel frullatore. C’è proprio un ciclo diverso per tutto. Un candeggio. La centrifuga. I bianchi con i bianchi e i neri con i neri e no colorati. Quaranta gradi. Caldo. Freddo. Aiuto. Etciù. I dolori si sentono meglio tra le bolle e sono più forti. Più incisivi. Perché tra le lame si taglia tutto velocemente. E via: finito. Come una morte meravigliosa, violenta e veloce, che bramo ardentemente. Ma no. Nella lavatrice è lento. Si assaporano tutti i dolori. Li assaggi uno per uno. Li gusti poco alla volta con il sapone che ti va in bocca e ti fa vomitare. L’ammorbidente che pare profumare il marcio ma così non è. Che tenta di ammorbidire quello che rigido, secco e malato è. E’ la morte che temevo e che ho visto. Lenta e dolorosa con la caduta dei capelli prima. Poi i denti neri. Poi senza pupille e luce. Poi con il sangue al naso. Un colpo di tosse. Camera sterile. Morta tra atroci sofferenze e dolorose.

Vuoi un altro cocktail Signor Diavolo? Arrivo.

Ho finito la lavanderia. Ho fatto spaccare le mattonelle arancioni. Le ho messe bianche. Ho mobili bianchi. Ho la lavatrice bianca. E sto impazzendo perché non esiste un mocio bianco. Qualcuno di voi può aiutarmi? Avete mai visto un mocio bianco o devo dipingerlo? C’è qualche DIY su youtube? Me lo segnalate? Dicevo?

Una scopa bianca. Una paletta bianca. Ho chiesto alla colf di non adoperare più i detersivi ma di travasarli in contenitori bianchi. Le pastiglie della lavatrice devono essere nelle scatole bianche. Lo dico convinta. Tutti annuiscono e mi dicono che è una bella idea. Sì, certo. Tutto bianco, che bello mi piace.

Ma nei loro sguardi lo vedo quel bianco. Quella preoccupazione. E quando mi giro e vado via so che tutti si guardano preoccupati. Sento proprio le voci che dicono. Povera ragazza. Che dolore. Pazzesco. Ma chi l’avrebbe mai detto. Una famiglia così fortunata. Una famiglia così unita. Una ragazza con tante qualità. Potenzialità. Blablablablablablablablablablablabla. BOOM. E io in silenzio torno alla mia lavatrice. A fare candeggi per eliminare i germi. Ad aumentare la velocità per farmi agitare di più. Mi isolo tra i calzini. Mi nascondo nelle magliette che mi ha regalato Ombretta. In quelle di Batman che mi ricordano Giulia. E porto con me solo un piatto sardo a parte tutto quello che di plastica mi attornia. Di Ale e Cri. Poi arriva un momento in cui mi compare Mattia con Pier. Nel bianco del mio iperuranio con la playstation che non funziona. Io entro e dico “funziona?”. E loro due mi sorridono e dicono “no”. Riesco. Poi rientro e dico “funziona?” E loro due mi sorridono e dicono “no”. Riesco. Poi rientro.

E continuano a dirmi no.

Io non lo so più come si prepara la frittata di seitan con la cipolla. Perché per adesso è completa solo la lavanderia. La cucina dove c’è un forno per riscaldarsi un po’ e asciugare i dolori ancora no. Non è pronta. Proprio come me. Che non funziono proprio come la play nel mio iperuranio.

Un po’ di frittata di seitan e cipolla Signor Diavolo dopo il Drink?

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16 COMMENTS

  1. Wash. Rinse. Repeat. Wash. Rinse. Repeat. Si fermerà quell’aggeggiaccio malefico, altrimenti ce lo metto io il diavolaccio in lavatrice e gli faccio incontrare l’omino bianco. Magari si affeziona a lui. Un abbraccio grande.

  2. Che dire…che ti abbraccio forte, perchè il dolore ci accomuna tutti. E fai quello che ti senti e ti va di fare, non devi rendere conto a nessuno <3

  3. col diavolo poi ci si può fare amicizia e scoprire che tutte le cose che ti avevano detto di lui non sono mica così vere. e pazienza se una cosa non funziona no? si può fare altro insieme. si può sorridere ridere e piangere insieme. o anche stare in silenzio. vicini. anche da lontano.
    ed ora scusa ma vado a dipingere un mocio.

  4. passo il veleno da versare nel bicchiere del diavolo e un barattolo di vernice magica. bianca per questo momento ma pronta a cambiare colore appena vorrai. un po’ come quegli anelli che cambiano colore, li ricordi?

  5. Ti mando un abbraccio forte fortissimo! E ricorda che è bello anche il caos del colore oltre al bianco asettico, perchè la vita è così: un casino inimmaginabile! Ti voglio bene! <3

  6. a questo diavolo non possiamo mettere del cianuro nel drink? no perchè altrimenti vengo un attimo con la mia nuova superpotente aspirapolvere e me lo aspiro eh! e che diamine!! ( o che diavolo!!!)
    tesò <3
    io per farti "volare" un pò poco fa ti ho mandato una cosina <3 <3 <3 voliamo ?

  7. Il bianco ti avvolge, ma ricorda che noi abbiamo le vernici colorate, i pennarelli, le matite, le penne colorate. Vieni da noi e lasciati colorare. Ti voglio bene Giuli! Non mollare!

  8. Non oso immaginare la mia tela tutta bianca,
    non rappresenta il dolore,
    il dolore è nero, grigio e rosso.
    La rabbia è nera, grigia e rossa.
    Poi ci sono i pochi momenti felici che hanno un colore meraviglioso,
    anzi, hanno tutti i colori più belli dell’arcobaleno!
    Anche se sono pochi, sono così belli e preziosi che non si dimenticano mai.
    Buon tutto!!!

  9. pur di abbracciarti mi ci getto di testa nella lavatrice. potrei portarmi un martello per sfondare tutto. ma preferisco un mocio bianco da usare come pennello. tingiamo tutti i capi. pitturiamo finché non è tutto come vuoi tu.
    di bodoni e di vernici magiche e meravigliose ce ne sono in abbondanza qui. pronte per te.

  10. Oh. Mi dispiace. Sul serio, lo sai. Ma voi siete forti, tutti quanti: anche i muratori, quindi presto finiranno. E la tua famiglia è granitica (cioè fatta di granita siciliana), quindi…Ti sono accanto.

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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