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Frosty The snowman: il pupazzo di neve

Chi è che non ha canticchiato Frosty the Snowman?

E se hai pensato o detto fissando lo schermo “io!” non siamo più amici, sia chiaro. Fatte le dovute premesse passiamo ai fatti. Frosty the Snowman è una canzone natalizia famosissima scritta da Steve Nelson e Jack Rollins e poi incisa da Gene Autry e The Cass County Boys nel 1950. E fin qui ho copiato parola per parola da Wikipedia fingendo di saperlo; lo sai tu. E lo so pure io. Era giusto però farlo in quanto in tanti si sono  un po’ convinti che siano opere incredibili di Michael Bublè. E Sinatra, come tanti altri, sarebbe giustamente anche inferociti.

Ho sempre amato questa canzone e anche i film/animazioni che ne sono derivati; sicuramente uno dei più famosi e conosciuti è il più moderno Jack Frost del 1988 diretto da Miller con Michael Keaton e Kelly Preston. Senza dimenticare di citare Frosty the Snowman che è un cortometraggio di animazione per la televisione statunitense famosissimo basato proprio sull’omino del brano musicale natalizio e mandato in onda nel 69 per la prima volta.

Jack Frost, il film, è straziante commovente e al tempo stesso divertente. Sicuramente imperdibile se non lo hai mai visto anche se mi sembra davvero impossibile qualora fu fossi come me figlio degli anni 80 ma anche 90 perché lo mandavano a manetta durante il periodo natalizio (che poi io avessi dvd, videocassetta con tanti di stacchi pubblicitari agghiaccianti è un altro discorso). Quello che in pochi sicuramente sanno è che Jack Frost in realtà è il Padre Inverno chiamato anche Jack Brina. Ne ho parlato lo scorso anno -anche se purtroppo velocemente- anche sul mio podcast natalizio Christmas Lights. In sostanza è una figura elica che appartiene alla tradizione folcloristica nordeuropea. Jack è a tutti gli effetti un collaboratore di babbo Natale e il suo compito è quello di far nevicare creando le condizioni climatiche perfette per il periodo ma anche e soprattutto per mimetizzare Babbo Natale.

Sì, la neve nasce secondo questa tradizione anche per questo. Per mimetizzare il nostro adorabile Santa Claus. Risale alla tradizione vichinga e le origine sono antichissime con molte variazioni. Giusto per citarne una, perché occorrerebbe un approfondimento degno di nota e meticolosa e questo non è il tempo, in Russia lo stesso Jack Frost era conosciuto come Nonno Gelo e in alcune parti dell’Europa come Old Man Winter ovvero il vecchio uomo d’inverno. Qualora non avessi mai visto delle rappresentazioni grafiche e delle illustrazioni che lo riguardano ti invito a guardare perché sono di rara bellezza; e sì, mi è venuta voglia -tanta voglia- di disegnarlo anche io.

Ma cosa c’entra il pupazzo di neve? Ah beh. Presto detto. La neve.

Compare nella letteratura già nel 1280 ed esattamente nel Libro delle Ore che è conservato presso la Biblioteca Nazionale dell’Aia nei Paesi Bassi e la prima foto scattata a un pupazzo di neve risale invece al 1853 conservata ancora adesso nel Regno Unito alla Biblioteca Nazionale del Galles. Sono molto legata alla figura del pupazzo del neve. Quando ero piccola in Sicilia non ha mai nevicato -esclusa quella volta che ero alle medie proprio qualche giorno prima del mio mio compleanno ma si tratta davvero di pochissima neve nonostante per noi siciliani fosse tantissima- e uno dei miei sogni era costruire un pupazzo di neve. Costruirne uno al giorno. Desideravo vivere in una di quelle case da film americano. Che esci e costruisci un pupazzo di neve, fai l’angelo sdraiandoti e muovendo le mani, giochi tirando piccole palle di ghiaccio addosso agli amici e la mangi tenendola per mano con il naso rosso rosso. La realtà era completamente un’altra e al massimo, appunto, ho potuto sognare una volta. Uscire sul balcone e vederne un leggerissimo strato. Neanche se l’avessi raccolta per tutta la via dove abitavo sarei riuscita a costruire un mini pupazzo. Ma ricordo che quel giorno ero felice ugualmente. Di vederla. Di toccarla. Proprio uscendo di casa. Su un bacione, sì.

I bimbi sanno sempre sognare e un balcone può diventare giardino. E uno strato di neve invisibile pure un enorme pupazzo di neve con ancora neve intorno. Sono felice di ricordarmi ancora oggi che quell’animo non è mai cambiato e che sono rimasta esattamente la stessa.

Nel tempo ne ho fatti di pupazzi di neve e ho una foto in particolare, che amo molto, di un pupazzo sull’Etna insieme al mio papà e la mia mamma. Si vede dal mio sorriso e dal mio volto che sprigiono gioia da tutti i pori. Ce l’ho davanti. La vedo. Anche se non sono riuscita a trovarla a casa di mamma quando accadrà te lo mostrerò. Nel mio cuore è rimasto lui soltanto. Quell’esatto pupazzo di neve e un altro. Un altro che è stato fatto per me.

A forma di totoro

Lo ha fatto nei colli romani la mia Ombretta per me. Me lo ha “regalato” visivamente con una foto e ha detto che mentre lo faceva mi pensava. È stata una delle cose più belle, commoventi e profonde che qualcuno abbia fatto per me e non poteva che essere Lei a pensarlo.

Il personaggio di Frosty fatto con occhi di pezzi di carbone, un naso a bottone e la pipa di legno resta immobile sulla cucina innevata fino a quando un bambino non gli poggia su un vecchio capello magico in grado di dargli vita. Ed è così che lui felicissimo di poter vivere comincia a ballare, cantare e arrivare fino in città dove tutti i bimbi impazziti di gioia lo seguono e giocano con lui per tutto il periodo natalizio. Il finale è presto detto: con le temperature e il tempo si scioglierà. E se non tornerà su per la montagna rischierà di scomparire sciogliendosi per sempre.

 

Non ti spoilero il finale chiaramente ma se hai visto il film o il cortometraggio o letto banalmente anche solo qualche storiella natalizia sai già come finisce e non è neanche difficile immaginarlo. Del resto i sogni non devono e possono morire e sciogliersi mai. Non dico nulla di particolarmente interessante, affermandolo.

Comincia così la nostra avventura. Comincia con questo simbolo che amo particolarmente e che ha segnato tutta la mia intera vita. Mi ricorda che bambina sono anche se esco su un terrazzo. Mi ricorda quanta fortuna io abbia nell’avere accanto amiche che neanche nelle fiabe di natale sono così belle.

E mi ricorda che io e papà abbiamo fatto tanti alberi di natale e che continuiamo a farli nonostante tutto. Perché non si sciolgono mai.

Proprio mai.

Se vuoi fare questo famosissimo Snowman di marshmallow che impazza da sempre sul web ti occorreranno pochissimi ingredienti. È davvero perfetto per il nostro Easy Christmas, no?

Ho deciso di metterlo nell’idrocappuccino ma possono stare anche in piedi tranquillamente. Come segnaposto sono assolutamente favolosi e per farli, ripeto, devi impiegare davvero pochissimo tempo. Occorrono questi marshmallow belli grandi ma tu adopera quelli che preferisci o trovi. Per disegnare gli occhi, la bocca, i bottoni e quello che preferisci puoi adoperare i pennelli alimentari ma a me piace farlo con il fondente sciolto. Oltre a essere buonissimo sempre il sapore del fondente sul marshmallow credo che vengano esteticamente più carini e meno approssimativi perché il pennarello tende a cedere “l’inchiostro” e si macchiano senza definizione. Per braccia e gambe vanno benissimo i classici alsaziani che non mancano mai per le feste e per il nasino io adopero rigorosamente carota cruda vera. Alcuni disegnano il nasino o mettono degli smarties. Le ho provate tutte onestamente ma quando ho pensato di metterci la carota vera è stato: bingo!

Di nasi carini così ne ho visti davvero pochi.

 

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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