Ricette Vegetariane e Vegane

Danubio dolce al pistacchio

La Ricetta

  • 500 grammi di farina
  • 200 grammi di latte intero
  • 1 cubetto di lievito di birra (o lievito disidratato)
  • 40 grammi di zucchero
  • 1 uovo
  • 60 grammi di burro
  • una presa di sale

Per la farcitura

  • crema di pistacchio quanto basta

Per la copertura

  • glassa
  • zuccherini

In un bicchiere fai sciogliere il lievito nel latte intipiedito con lo zucchero, fai una fontana (o metti nel robot) di farina e al centro aggiungi l’olio, il burro a pomata e il sale. Comincia a lavorare e pian piano aggiungi il latte con il lievito sciolto dentro. Se lavori con le mani amalgama per bene e allo stesso modo, se adoperi il robot, fai sposare tutti gli ingredienti. Metti l’impasto che ottieni sotto un canovaccio pulito e lascialo lievitare almeno un’ora. Trascorso il tempo forma venti palline circa e fai lievitare nuovamente almeno un’altra ora. Trascorso il tempo prendi ogni singola pallina e cerca di mettere al centro una generosa cucchiaiata di crema al pistacchio. Fai attenzionare a non far uscire la crema altrimenti durante la cottura si spargerà fuori e darà un effetto bruciacchiato fastidioso (sia al palato che visivamente). Lavora nuovamente e delicatamente le palline. Lasciale riposare un quarto d’ora.

Disponi per bene le palline formando un albero (se vuoi o altrimenti procedi come nella classica composizione del Danubio) senza preoccuparti di attaccarle le une alle altre perché durante la cottura succederà comunque. In forno a 200 già caldo per 30-35 minuti. Lascia raffreddare.

In una ciotolina raccogli dello zucchero a velo (150 grammi circa saranno perfetti) e aggiungi pochissima acqua, quanto basta per ottenere una glassa non troppo liquida. Stendi la glassa su tutta la superficie del Danubio come preferisci e come la fantasia ti suggerisce. Cospargi di zuccherini a piacere e lascia raffreddare.

Ieri la mia scelta per la tappa italiana è  caduta su una preparazione dolciaria napoletana: la Caprese all’olio extra vergine di De Riso. Oggi mi presento con un Danubio spacciandolo per Ungherese quando tutti sanno che l’origine è anch’essa partenopea? Prima di vedermi arrivare pomodori in faccia (sappiate che fanno benissimo alla pelle e ai capelli. Da quando uso lo shampoo al pomodoro non sembro più una scopa con tre peli in testa ma una scopa con quattro peli in testa) vorrei giusto sottolineare che nulla di Ungherese c’è ma che per forza di cose dovevo. Dovevo sottolineato tre volte ( in Ungheria ci andiamo davvero tra qualche giorno).

Fare una correlazione tra Danubio. Ungheria. Napoli. Pistacchio e lievitati. So che il perché già lo conoscete (sragiono e basta) ma vorrei ugualmente approfondire la cosa (tanto, sul serio: chi mi legge a parte Cri, Ale, Ombretta e forse BestiaBionda? Mia mamma qualche volta e basta). Il Danubio è una preparazione dolce sì ma che si presta benissimo al salato (cubetti di formaggio e prosciutto in cima alla lista). L’ho visto fare milioni di volte dalla mia Cey e nonostante mi fossi ripromessa svariate volte di farlo mai ve ne è stata occasione. Poi un pensiero. Semplice. Di quelli che mi portano poi a confrontarmi con il mostro cibo per rielaborarlo in qualcosa di bello. Di cui non avere paura.

 

Non c’è una persona con cui abbia trascorso più Natali che Cetti. La vita ci ha viste vicine e molto lontane. Ogni volta però che ci ha fatto incontrare mai davvero è cambiato qualcosa nell’anima. E’ solo ricominciato. Il significato del Danubio pare che per certo non esista. Una zia austriaca lontana per chi ne reclama la paternità e poi un’immagine romantica che è quella delle onde del Danubio. Di questi piccoli malloppotti attaccati gli uni agli altri. Ripieni di un qualcosa di indefinito, che sia dolce o salato come la vita, ma sempre lì. Uniti. Di Cetti non posso dimenticare nulla perché per quanto lei possa essere stata distante e allo stesso modo io, i segreti sono ben pochi. Le piaceva la cipollina, che è un tipico prodotto da tavola calda catanese con dentro prosciutto, salsa e cipolla. Tutto quello che era salato al contrario di me. Impastava benissimo. Me la ricordo. Quando si avvicinava il Natale e preparava tantissime scacciate per la sua famiglia. Quando cuoceva le crepes per noi amici. La besciamella. Il nostro Sabato. I nostri Lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì e domeniche.

 

La guardavo, io che non sapevo mettere il caffè nella moka, e mi dicevo che da grande avrei voluto cucinare come lei. Siamo coetanee ma Cetti è dovuta crescere prima di me. Ho capito la sua reale grandezza solo quando ho perso papà. Rimanere senza madre prima ancora di fare gli esami di maturità ti fa diventare qualcosa che chi come me vive in una favola perenne difficilmente può capire. I nostri mondi si sono scontrati e riavvicinati come frammenti di meteore impazzite. Poi il cosmo ha riunito questi piccoli mondi nei momenti più laceranti e difficili ma anche in quelli più belli.

Ho pensato al Danubio al pistacchio perché sa di dolce e salato. Di pistacchio di Bronte, che capiremo solo noi. Di Sicilia. E di un viaggio a Napoli che ci avrebbe poi portate a Budapest. In quell’Ungheria che poco mi ha dato in termini di emozioni forse perché troppo viziata. Siamo salite su un battello io e Cetti. Una volta sul Danubio guardando cattedrali. Una volta in Germania guardando il passato e il futuro dopo aver lasciato un treno di ricordi d’epoca. Io e Ce per certi versi abbiamo davvero girato tutto il Mondo  dell’Amicizia. Nessun luogo ci è sconosciuto e non attraversato. Abbiamo fatto tutti gli sbagli possibili e immaginabili che le amiche fanno. Tutti quelli che riuscite a immaginare, non ce ne è uno che ci sia sfuggito.

 

Cetti è nata poche ore prima di me. Ogni mezzanotte tra l’undici e il dodici dicembre l’abbiamo trascorsa insieme. Mentre lei soffiava sulle sue candeline io soffiavo sulle mie. Mia mamma è nata lo stesso giorno della mamma di Cetti. I nostri papà si conoscono e le vite si intrecciano tra alberi genealogici. Come rami e radici di piccoli paesi dove si è tutti cugini, parenti e amici. Ma a dispetto di tutti e tutto, io e Cetti amiche lo siamo per davvero. Quest’anno, dopo moltissimi anni, Cetti mi manca. Fare l’albero con lei. Farle i capelli lisci e magari rovinarle il cuoio capelluto con improbabili tinture. Stare ferma lì a raccogliere grattini e sentire le sue storie. Come sostenevo Lunedì, per il Sushi Alberello, l’albero possiede un significato simbolico importante e magico. La vita stessa con le sue intermittenze di luce e buio. Per me e Cetti in questo alternarsi di sentimenti, incomprensioni e silenzi si ricorda sempre alla fine quanto di più bello possa esserci in un’amicizia che non conosce confini, limiti e amore. Le lucette colorate. E per quanto si possano strappare a morsi pezzi di quest’albero. Per quanto si possano fagocitare, conservare, buttare, nascondere. Alla fine. Rimane sempre un albero intatto. Incontaminato.

Possente.

E niente. Volevo solo dirti pubblicamente Auguri. Portandoti in Ungheria, a Napoli, in Sicilia e un po’ ovunque tra queste onde e questi mondi. E farti vedere che litigo ancora con gli ubriachi per strada se non attraversano correttamente la strada. Che sono diffidente con chi vuole aiutarmi a portare la valigia. Che mangio un chilo di gelato tremando dal freddo. E che in fondo, per quanto tu possa ormai mal sopportare questo nome, sono sempre la tua.

Iaia. E ti amo come sempre ti ho amato.

Auguri Ce.

(e prepara  il Danubio perché voglio vederti che impasti SUBITO!)

(se tu e Nadine lo fate a forma di Peppa Pig stavolta non ti parlo più)

( Di qualche Ricetta davvero Ungherese, dell’Ungheria e di Goulash e dintorni ne riparliamo tra qualche giorno)

Pappamondo: Un Natale in giro per il Mondo con una valigia di Sogni!

  • Scarica la Scheda numero 9 del Pappamondo se vuoi conservare ricetta, foto e disegno

(basta fare tasto destro-salva con nome. Ho messo una risoluzione abbastanza alta ma se vuoi il formato .pdf o una risoluzione ancora maggiore non esitare a chiedermelo. A fine Giro Natalizio raggrupperò tutto il malloppotto e ne farò un piccolo book virtuale) 

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43 COMMENTS

  1. Il Danubio con il pistacchio? Che genialata…un connubio territoriale incredibile….anche se io la crema di pistacchio me la sono già fatta fuori, era troppo buona… L’avevo acquistata questa estate a Catania e a saperlo che era così buona ne prendevo un tir intero: se la ritrovo ci provo e poi ti mostro il risultato 🙂
    Un bacio <3

  2. Vicine da una vita ma in due mondi distanti … alcune amiche sono in fondo al cuore come spine di rosa … difficile non soffrire …

    … ma una ricetta così la sognavo da tempo: ho proprio un vasetto di pistacchio preso a Bronte quest’estate!
    <3 <3 <3

  3. Ti amo. Come solo chi ha avuto la testa ustionata dalle tue tinture e ti ha poi chiesto di rifarmi il colore può amarti. Come solo chi ha avuto il privilegio di ascoltare la voce e i colori del tuo iperuranio quando ancora non aveva un nome. Ti amo ed è per sempre.
    P.s: ma mentre vai in Ungheria una tappa a Tv per una valanga di grattini???
    Grazie Iaia.

    • Urge un post a quattro mani e il racconto di Favignana.
      Abbiamo temporeggiato troppo belladezia.
      Vie’ qua ! :* <3 !

    • Sara <3 riprenderò seriamente la rubrica dopo le feste perché tra pappamondo tombole e deliri 😀 <3 mi sono confusa !

    • Ally grazie infinite per avermi dedicato il tuo tempo e sono felicissima che ti piaccia il post. TI abbraccio forte.
      Il barattolo di pistacchio *_* qui a Catania è reperibile pure in farmacia ! Santo cielo i catanesi vendono pistacchio pure nei ferramenta 😀
      Siamo un po’ fissati.
      UN PO’ !

  4. Iaiaaaaa mi sono persa milleemila post
    se sai come poter fermare il tempo, mandami le coordinate che ci provo. Mi manca leggere il blog <3

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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