Ricette Vegetariane e Vegane

Smörgåsbord

Smörgåsbord

Andiamo in svezia a mangiare Spiedini di Aringa e Cetriolo con salsa di Barbabietola e Aneto

filetti di aringhe
12 fettine di cetriolo tagliate sottilissime
150 ml circa di aceto bianco
2 cucchiaini di zucchero
3 cucchiai di aneto, meglio se fresco altrimenti secco va bene uguale, per profumare

Per la salsa:
60 grammi di barbabietola
100 ml di panna acida
120 grammi di maionese fresca

Sciogli lo zucchero nell’aceto. Aggiungi l’aneto e versa il composto sul cetriolo. Aggiungi sale e pepe e lascia riposare in frigo un’ora. Trascorso il tempo provvedi a sistemare gli spiedini con l’aringa e prepara la salsetta. Metti nel frullatore la barbabietola, la maionese e la panna acida e tienila in frigo fin quando dovrai servirla. Sistema gli spiedini e la salsetta e servi a temperatura ambiente.

Quando si parlava di cucina dell’Europa Settentrionale, fino a diversi anni fa, l’immagine era quella di due spiedini di renna, tre fette di pesce affumicato, caccia e conserve.Questo perché si credeva che la vastità di scelta fosse alquanto “limitata”, tradizionalmente parlando. Nel regno dove non esistono non solo  le mezze stagioni ma coesistono proprio in un modo a noi comuni mortali sconosciuto, i piatti serviti sono ancor più legati alle stagioni. Certo, è un’affermazione che potrebbe andar bene per qualunque latitudine ma non è strettamente così a ben pensarci. Non è solo per il Noma che si fa un gran parlare ormai della cucina scandinava in generale. C’è stata proprio una riscoperta della propria identità e tutto naturalmente corrisponde a questo interesse nei confronti del cibo che è improvvisamente esploso in questi ultimi anni, ma che viaggiava sopito già dal duemila in poi quando tutti sono diventati food writers anche in casa propria. Chi per un motivo, chi per un altro e chi per un altro ancora. Danimarca, Finlandia, Svezia e Norvegia, in particolar modo le prime tre, sono diventate vero e proprio oggetto di studio culinario interessando i migliori critici mondiali tanto quanto il nuovo exploit, avvenuto in Inghilterra. Se prima andando a Nord si poteva citare giusto la Francia facendo terra bruciata intorno, adesso ce ne sono cose da dire, e molte. In realtà questo piccolo giro, toccata e fuga, del Pappamondo non interessa prettamente la Svezia ma un vero e proprio mini tour scandinavo. Estati con tantissimo sole e Inverni con tantissima luna. Un sogno, insomma. Mamma mi racconta sempre di una crociera sui fiordi che ha fatto con papà diversi anni fa e di quella mezzanotte con la luce mentre guardavano abbracciati delle ballerine danzare nei boschi. Vestite di bianco. Come principesse. In tulle. Una musica celtica. Ecco io quando chiudo gli occhi e penso a dove vorrei immaginare mamma e papà. Sono proprio lì. Nei fiordi a vedere principesse ballare (un po’ mi sono maledetta per non essere andata con loro ma poi se chiudo più forte gli occhi mi vedo. Quella rompiscatole che si fa largo tra i due e dice: ohdevostareinmezzoio! Sì, sono quel genere di bimba viziata insopportabile).

La New Nordic Cuisine nata per promuovere prodotti naturali e del territorio sta riscuotendo un incredibile successo e interesse. Su iniziativa di Renè Redzepi e Claus Meyer (del ristorante Noma), chef e professionisti del settore agroalimentare provenienti da tutti i paesi nordici si sono incontaati a Copenaghen per discutere di come sviluppare al meglio quella che oggi viene giustappunto chiamata New Nordic Cuisine, cercando di sottolineare l’essenza di questa filosofia culinaria, ovvero la purezza, la semplicità e la freschezza passando per le stagioni. L’acqua e gli elementi e in particolar modo il suolo la fanno da protagonista, anche nei piatti. Durante una puntata del mio amato Bourdain ricordo di aver visto un piatto (non erano al Noma. Mannaggia non ricordo) dove era stata ricreata una base che avrebbe poi ospitato del salmone, proprio ricostruendo attraverso vegetali un sottosuolo incredibilmente simile alla terra vera e propria. Le vecchie tecniche tradizionali in cucina, come la marinatura, il fumo e la salamoia sono state insomma riportate in auge e prodotti come colza, avena, formaggi e le più vecchie varietà di frutti come pere e mele fanno adesso parte di tutto questo incredibile bagaglio olfattivo e sensitivo che si riceve quando ci si mette a confronto con questo tipo di cucina. Per quanto concerne orrore che si può provare davanti a un piatto di renna c’è da dire che si tocca un argomento a me tanto caro. Cercando di essere sintetici al massimo e di non inoltrarsi in chissà quali filosofiche argomentazioni, non c’è molto da stupirsi, a mio avviso, che in Cina mangino i Cani e a Oslo le renne, per dire. Quelli che storcono tanto il naso sono gli stessi che poi mangiano il coniglio in agrodolce, strano per molte popolazioni, l’hamburger, strano per gli indiani, il cavallo, strano per gli americani. La foca, la renna, l’alce e tutta quella serie di carni hanno fatto sopravvivere in riferimento all’argomentazione di oggi gli abitanti di questi luoghi: in tavola finiva quello che si cacciava e non quello che si infilava precotto in busta al supermercato. Elementare quanto assolutamente incomprensibile per molti. Leggevo in diversi libri che gli scandinavi rientrano tra le popolazioni che “mangiano carni strane”, popolarmente parlando. Per una che da quando ha sei anni ha capito realmente cosa fosse una coscia di pollo e trovava strane tutte le popolazioni, è un discorso divertente e inverosimile. In quelle terre circolano balene, foche, buoi muschiati, pecore e talvolta squali anche. Come avrebbero mai potuto mangiare un Tonno del Mediterraneo?

Certo poi oggettivamente facendo un giro e leggendo teste di pecore abbrustolite intere, testicoli affumicati e carne di qualo putrefatta (Lonely Planet docet) ti piglia un po’ male ma se pensi alle frisole calabresi o allo zuzzu o al cervello fritto di agnello non è che ti rilassi. I danesi hanno una preferenza per il maiale ed è per questo che la pancetta è esportata in grandi quantità, ma se c’è qualcosa che tutti conoscono dei paesi Nordici e Baltici è proprio lo Smörgåsbord!

C’è poco da fare. Ed è per questo che l’ho scelto. Si tratta di un pasto dove tutti possono servirsi con piatti messi a disposizione, a loro scelta. Un buffet? Esattamente. Infatti il termine si riferisce proprio a questo. Smorgas significa panino e Bord significa tavolo. E’ un buffet che ha le sue radici nella Svezia del diciottesimo secolo. Una tavola riccamente imbandita dove tra acquavite, affumicature e stuzzichini ci si trastullava in chiacchiere e assaggi. Se c’è una cosa che non può mancare in questa tavola? L’aringa, manco a dirla (a me fa pensare sempre alla tavola di Frankenstein Junior. Sono la solita pazza o c’è qualcun altro in sala?) Ci sono diverse verdure e patate, formaggi, frutta e dolci ma la protagonista indiscussa, quella che mai manca è proprio lei. Come in uno sposalizio centenario che mai muta insieme al cetriolo. L’idea di questi spiedini è veloce quanto gustosa. L’abbinamento alla salsetta dal sapore di barbabietola con l’aneto (che avrebbe dovuto essere fresco ma non l’ho trovato) è delizioso. Il cetriolo e la salsetta conferiscono una freschezza e quel tocco in più. Sicuramente da provare per gli amanti di questo genere di pesce. Zuppa di cavolo al latte con cipolla e patate (Kaalikeitto), crema di rape cotte al forno (Lanttuulaatikoo), zuppa di verdure in latte e acqua con aneto e prezzemolo, pesce al forno con carne di maiale ricoperto di pasta croccante con farina di segale, involtini di cavoli, braciole di maiale (Kyljys), Lammaskaali che è un piatto a base di agnello e cavole e il polpettone di carne (Lihamureke). Macedonie la fanno da protagonista, soprattutto incredibili varietà di frutti di bosco e budini freddi e caldi ricoperti da deliziose salsette sempre di frutta. Birra e acquavite come non ci fosse un domani e via.

Pappamondo: Un Natale in giro per il Mondo con una valigia di Sogni!

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(la sto preparando eh. La sto preparando!)

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12 COMMENTS

  1. (frankenstainiunior rido tanto.)
    per il resto. questo assaggio di viaggio intorno al mondo mi sta facendo emozionare senza darmi alcuna tregua.

  2. […] Il Borsch è sicuramente il piatto portabandiera russo che conoscono praticamente tutti tanto quanto i Pelmeni. La zuppa la prima e dei ravioli i secondi. Barbabietole contro una carne avvolta da una sfoglia composta da farina e uova con l’aggiunta di acqua e talvolta latte. I Pelmeni si surgelano non tanto in freezer tanto quanto sul balcone (e mi viene un po’ da ridere) visto che là le temperature sono astronomicamente basse. Mischiare le carni di maiale, agnello e manzo è una tradizione e il tutto viene miscelato e insaporito da pepe, cipolla e aglio. Non ci sono mai Pelmeni freschi ma si trovano sempre surgelati (eccertocèsemprefreddo). Si cuociono in acqua bollente e poi vengono serviti con abbondante burro o creme o con la Smetana; che è una panna inacidita con l’uso dei batteri molto diffusa nell’Est Europa e che può accompagnare piatti dolci, salati caldi e freddi. Nella cucina russa generalizzando un po’ non si ha l’idea di trovare chissà quali prelibatezze. Sarà per la pesantezza o i clichè (ma neanche troppo) che vedono questo fortissimo disequilibrio tra cibi da sfarzo esagerato e zuppette povere di contenuto ma non di cuore. La Cucina Russa è chiaramente vasta, stagionale e influenzata dal territorio adiacente. La parte orientale è influenzata moltissimo dalla Cina. Una delle ultime puntate di Bourdain mostrava infatti questo connubio vodka- zuppa cinese in un territorio sperduto quanto affascinante. Il caviale stesso ha sempre rappresentato la Russia in quanto simbolo per eccellenza dell’opulenza più sfrontata e sfrenata. Adesso con le regolamentazioni tutto è un po’ cambiato (evviva il cielo). Marinatura, essiccatura e cetrioli fanno da padroni come nei paesi nordici su cui farneticavo diversi giorni fa in occasione del saltino che abbiamo fatto in Svezia per un ricco buffet a base di aringa e cetriolo con salsa di barbabietola e aneto. […]

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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