Di questa edizione ho tanti libri di Grandi Chef e uno su tutti, quello poi che mi piace molto più che parecchio è Menu per quattro stagioni di Sadler. Credevo pure di averne parlato qui sul blog. Così è ma non all’interno della Rubrica di Iaia. Tocca provvedere ma è tempo di Niko Romito, che gestisce con la sorella il ristorante Reale, di chi è chef patron. Entrato nei Jeunes Restaurateurs d’Europe, diventa dopo due anni Giovane dell’anno nella guida Ristoranti Italiani de L’Espresso. Nel 2009 ottiene due stelle Michelin e tre forchette dal Gambero Rosso. I coautori di questo libro sono Clara Vada Padovani e Gigi Padovani, ovvero un’esperta di storia della cucina e critica gastronomica e un giornalista de La Stampa dal 1985 e critico gastronomico. Quest’ultimi sono due coniugi che hanno scritto anche Conoscere il cioccolato, premiato dal Bancarella della cucina e Gianduiotto mania (che ho e che amo. In realtà di loro due ne ho anche altri e li adoro). Le foto meravigliose sono di Francesca Brambilla e Serena Serrani. Foto di chef e collaboratori sono in bianco e nero. Tra le mura della città, per strada e affacciati a una ringhiera. Tono che contrasta con il colore vivo dei piatti come opere d’arte. Il ristorante Reale è a 1300 metri di altitudine in Abruzzo ed è diventato meta golosa. In pochi anni Niko e la sorella Cristiana sono riusciti a trasformare la trattoria di famiglia in un ristorante gastronomico. Dalle tagliatelle con il ragù si è passati all’ostrica pomodoro e mela e all’assoluto di cipolle, parmigiano reggiano e zafferano.
“Qualcuno a volte pensa che noi chef in cucina facciamo cose strane e che andiamo alla ricerca di piatti elaborati. Ma non è così, la prima attenzione è rivolta alla materia prima: le tecniche di cottura e il mio lavoro di cuoco sono tesi soprattutto a esaltarla al meglio. Per questo non riesco a immaginarmi in un ristorante a Roma o Milano; se non conosco bene chi mi porta le ricotte fresche, l’agnello o i piselli appena colti a pochi chilometri dal Reale, non sono contento, E quando vado via da Rivisondoli per qualche incontro di cucina a livello nazionale o per un evento importante tradizionale, non vedo l’ora di tornare”.
Niko viene definito impacciato, umile e sincero e sarà -perché non ha capelli- per quel sorriso spontaneo che emerge dalle foto che lo trovo francamente adorabile.
“A volte mi affaccio in sala, durante il servizio, per salutare qualche cliente e capire come va la serata. Ma soprattutto mi emoziono ancora a guardare negli occhi di chi mangia quanto abbiamo preparato in cucina, per capire se è soddisfatto. Questa per me è la vera felicità: sapere di aver reso contento qualcuno che è venuto a trovarmi”.
“Cerco di togliere i condimenti, le salse in eccesso, i grassi, perché se i sapori d’Abruzzo sono forti e autentici, non per questo la mia cucina deve essere greve”
Non ha avuto un maestro ed è un autodidatta e quindi dice di aver commesso molti errori. Il pregio è che ha non una schema precostituito perciò sente di avere carta bianca su tutto. L’anima di Niko è raccontata attraverso parole sapienti e un’introspezione importante. Un percorso piacevolissimo prima di arrivare alle sue opere che fa di questo libro la vera bellezza. Questo libro ha l’impostazione simile a quella di Sadler sì, ma anche a quella generalmente dedicata a Ducasse. I piatti però sono più “semplici” e fattibili. Mi piace il calcolo del tempo. Ti dice che impiegherai quindici minuti circa per la preparazione e cinque per la finitura. E così via. Ti dà la percezione immediata di poter gestire e calcolare. Lo fa in modo sintetico e diretto senza dar adito a interpretazioni sbagliate. Questo consente a chi ha voglia di cimentarsi di trovarsi davanti quasi a un progetto finito e calcolato. Si comincia con polpettine di cicoria, polpettine di capretto e crostini di ricotta. Battuto di salsiccia e arancia candita, panini di salame e caciocavallo, foglie di rapa rossa e patè di fegato di coniglio. Mi sono perdutamente innamorata del risotto con i porri, peperone secco tostato e parmigiano reggiano, che è già nella to do list immediata. C’è l’infuso di capra con dragoncello e lampone, le animelle croccanti con carciofi e peperoni e la zuppa di ciliegie con gelato al latte di pecora.
Non c’è un ordine preciso e dopo il vitello glassato ti trovi la bavarese al cioccolato bianco con interno fondente. E mi piace sempre il fattore sorpresa, soprattutto in un contesto così preciso e costruito anche per quanto concerne il tempo. Essenza che è un gelato alla genziana con il caramello al frutto della passione e il pralinato di frutta secca con la polvere di caffè (ecco qui magari un’ora e 25 minuti, uhm. Io ci starei otto ore se tutto va bene e nel caso fortuito in cui trovassi la radice di genziana). L’aspretto di pomodoro, Croccante espressione di lingua, Tortelli liquidi di piselli con pomodoro fresco e spaghettone mantecato con baccalà e pomodoro. Autodidatta geniale, dice Carlo Petrini Presidente di Slow Food International, che anche nel campo della cucina innovativa riesce sempre a cogliere il collegamento al territorio. Questo è il presupposto, dice, dello chef intelligente. Grazie al lavoro dei pastori arrivano formaggi indimenticabili come il Canestrato di Castel del Monte ma anche il Cacio marcetto. Le carni Micischia e la Ventricina del Vastese che è una razza marchigiana come l’agnello di razza Sopravvisana. L’ultimo capitolo è poi dedicato ai prodotti del territorio e quindi:
- Zafferano Dop dell’Aquila
- Salsiccia di fegato con miele e cuore di paganica
- Canestrato di Castel del Monte
- Ricotta
- Agnello
- Aglio rosso di Sulmona
- Pesce dei trabocchi
- Ventricina del Vastese
- Carne di vitello di razza marchigiana
- Lenticchie di Santo Stefano di Sessanio
- Torrone tenero dell’Aquila
Un libro che costa 25 euro giustamente e che appartiene a una fascia alta. Pagine lisce e importanti anche di consistenza oltre che di contenuto. Da sfogliare e sognare. I suoi piatti vengono definiti con sapori percepibili distintamente ma che fanno nascere una sinfonia totale.