Ricette Vegetariane e Vegane

Una zuppa speciale con i cavolfiori

Sono sempre stata un’amante dei broccoli e non dei cavolfiori, da piccolina. A Natale una delle ricette tipiche, di cui ho tanto parlato in questi anni, sulle tavole catanesi è la scacciata. Si propone in tre classiche versioni base, declinate poi in infinite variazioni, che sono: broccoli (rocculi), cavolfiori (bastardi) e patate. Esiste da sempre la fazione broccolo e quella cavolfiore; quella delle patate no perché chiaramente piace di default a tutti. Quelle dei broccoli e del cavolfiore invece sono proprio religioni. Non puoi appartenere a entrambe. È una sorta di credo. Ci sono intere famiglie, addirittura, che per tradizione ne fanno solo un tipo. Come se il cavolfiore si offendesse a trascorrere il Natale con il broccolo. In fondo credo sia proprio così. Ecco, io senza paura voglio dire che ho sempre tifato e parteggiato per la fazione del broccolo; e in casa mia comunque si facevano tutte e tre le versioni, giusto per chiarezza. Il mio cuore è sempre appartenuto al broccolo, tanto che bollito con il limone l’ho sempre annoverato tra i miei cibi preferiti. Ultimamente (leggi: la vecchiaia che avanza inesorabile) però ho dovuto fare i conti con un cambio radicale di gusti e quello che prima ai miei occhi era inaccettabile dal punto di vista gustativo adesso diventa ai limiti -e oltre- dell’intrigante. Ecco, il cavolfiore ne è un fulgido esempio.

Mai avrei creduto che un giorno avrei perso la testa per il cavolfiore. E mi dispiace un po’ per te Broccolo, amato mio. Una relazione così fedele e duratura messa in ginocchio con l’avanzare dell’età. Non mangio scacciata da anni e quindi non so dirti, ma quello che posso sostenere con assoluta certezza è che il cavolfiore nelle zuppette invernali è diventato nel tempo irrinunciabile. Tempo fa, non so se ti ricordi, ti ho parlato di quello strambo modo di cuocerli -con il latte di cocco e gli anacardi- che aveva Nigella e ti avevo pure mostrato un video dove preparavo questo piatto all’interno della Crock Pot.

Bene. In questi pochi mesi quella ricetta ha cominciato a diventare un vero comfort food e l’ho proposta e cotta in diversi modi fino a quando un bel giorno ho trovato la soluzione definitiva. Cosa intendo? Che adesso è diventata più morbida, liquida e gustosa. Che adesso non è più un contorno compatto ma quasi una vellutata morbida e setosa. Questo perché ho messo più latte di cocco e meno cavolfiore. Più spezie e sicuramente più amore e passione. Perché più l’amore per un prodotto e un ingrediente aumenta e più ne hai cura nel coccolarlo. Ci hai fatto caso?

 

 Non so dirti la ricetta esatta ed è proprio questo il bello. Perché puoi adattarla al tuo palato, alle tue esigenze e al tuo senso estetico; perché sembra che non c’entri ma in realtà c’entra sempre, eccome. Cuocere i cavolfiori nel latte di cocco fa sì che assumano un sapore davvero particolare. Un gusto semplice, inesplorato e particolare al tempo stesso. Diventa verdina e ai più schizzinosi potrebbe fare impressione. Magari, essendo il periodo di Halloween, diventa anche un piatto gourmet se gli affidi un titolo del tipo vomitino di zombie; che non sarà apprezzato da molti ma anche sì. Il cavolfiore che trovo qui è molto viola ma in cottura tende a diventare verde. Con il latte di cocco e la curcuma mischiata allo zenzero avviene poi una qualche magia e diventa di un verdino pistacchio pastello davvero interessante. In pratica lavo per bene i cavolfiori e poi li metto in una casseruola, senza soffritto e senza niente. Metto tanta curcuma e zenzero e poi un po’ di curry. Ricopro con del latte di cocco e un bicchiere di acqua e qualche manciata di anacardi. E pian pianino a fuoco bassissimo lascio bollire. Se mi va più liquida aggiungo acqua o brodo vegetale. Se la voglio più ricca ancor più latte di cocco. Mi piace poter assaggiare le cose. Per molti è un gesto ovvio ma non per me. E mi piace affondare il cucchiaio e assaggiare senza timore per decretare cosa manca o cosa eccede. Mi sento un po’ come in Ratatouille la maggior parte delle volte. Sotto un cappello senza poter assaggiare e dovendomi rendere conto di tutto senza niente in mano e in bocca.

Poi però quando accade la magia di poter affondare il cucchiaio mi sento come lo Chef topino Rémy nel finale. Libero di poter decidere senza sensazioni ma con certezze. E basandomi solo su quello che mi piace. E non su quello che credo potrebbe piacermi o piacere.

È piaciuta molto anche a Ombretta, che settimane fa ha diviso con me ciotoline e ciotoline di questa delizia. Sono stati momenti meravigliosi, che presto fortunatamente si ripeteranno. Se la provi fammi sapere come sempre -se ti va- se è stata di tuo gradimento. Ne sarei davvero felice.

Che sia una bellissima settimana.

 

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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