Di segreti per la cacio e pepe ce ne sono pochi ma bisogna conoscerli bene e tutti senza mai dimenticarne uno. Il mio unico guru (e ne sono anche non troppo segretamente innamorata) è lui: Romano doc. Alessandro Borghese chi altri? Con la pasta, se mi segui anche solo da un po’, faccio un po’ a cazzotti. Non la mangio, non mi piace e la cucino una volta ogni cinque anni (e quando lo faccio scappano tutti). Non sono proprio in grado ma ormai stanca di queste prese in giro -in quanto zimbello di tutti amici e parenti che raccontano le mie “gesta”- ho deciso di allenarmi. E per farlo bisogna sempre partire dalle basi, che è inutile legare sono in assoluto le più complicate. Cacio e pepe per iniziare? Mi sono chiesta troppo lo so. Se ti va di raccontarmi le tue versioni ti aspetto nei commenti ma adesso chiacchieriamo insieme sui segreti veri detto da un romano vero, ci stai?
Piatto della transumanza. I contandini si portavano un po’ di pepe, pasta secca e pecorino. E via: cacio e pepe (tra l’altro Borghese ha intitolato uno dei suoi libri che amo di più proprio così: Cacio e Pepe).
Borghese usa una pasta italiana di grano duro ( usa un Mulino di Avellino. Meglio se tonnarelli, come formato di pasta. Ci tiene tantissimo che sia di origine italiana la pasta) di qualità e poi usa due tipi di pepe: uno della Puglia e uno della Tasmania rigorosamente ; pare che anche qui risieda uno dei suoi segreti. La cacio e pepe di Borghese è riconosciuta come una delle migliori (non è che qui stiamo a pettinà le bambole, sia chiaro!)
Il formaggio va grattugiato sul momento quindi che non ci salti in mente di comprarlo già grattugiato (lui mette anche una parte di parmigiano grattugiato e non solo pecorino).
Il pepe deve essere tanto. Ma proprio tanto (e se una sicula dice tanto: è proprio tanto). E va messo nel pecorino grattugiato. La cremina si deve fare proprio così: acqua di cottura della pasta con pepe macinato e pecorino grattugiato. Dice che si può anche surgelare questa cremina (colpo di scena!). Per avere sempre una cremina pronta a disposizione (da questa notizia non mi sono mai ripresa).
I tonnarelli non li mette nello scolapasta ma li prende proprio con un forchettone e li gira nella ciotola dove ha lavorato acqua, formaggio e pepe. Li assaggia e aggiusta.
“L’importanza dell’Arrotolamento”: Il Nido
E poi li arrotola. Lui crede in questo arrotolamento e ci tiene a precisarlo. Va servita arrotolata la cacio e pepe (e chi lo sapeva?! Di certo non io). Si chiama Nido. Dice che è una questione estetica il nido ma anche funzionale perché serve a mantenere calda la pasta.
La parte centrale rimane più calda.
Mai più senza nido. Mai più.