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Pennarelli ad alcool: tornano in auge

Il mondo dell’arte è sempre in perenne ricerca ed evoluzione. Tradizione e tecnica sono  fondamentali e alla base e negli ultimi anni c’è un strumento che ha catturato l’immaginazione di molti artisti e amatori: i pennarelli ad alcool. Questi pennarelli ormai utilizzati con frequenza nelle tecniche di colorazione, sono diventati i compagni irrinunciabili di chi cerca precisione, sfumature delicate e una resa visiva impeccabile. Sì certo il pennarello esiste da un bel po’ ma c’è ancora quest’immaginario collettivo che i pennarelli siano equiparabili a quelli “a spirito” degli anni 80 e no. Siamo ben distanti.

Adesso il pennarello ha delle punte specifiche e diverse. Il colore riesce a sfumare come fosse un acquarello. Le consistenze e la texture sono bel lontane da quell’effetto appiccicaticcio che riusciva a bagnare anche fogli di 400 grammi.

Ma sono come i pennarelli a spirito che usavo alle elementari?

 C’è un’attenzione maniacale e una resa incredibile adoperando lo strumento con cura, attenzione e tecnica. Nel panorama dei pennarelli ad alcool ce ne sono diversi. E se i copic sono il sogno di tutti (70 pennarelli possono arrivare a costare più di 400 euro) ci sono valide alternative che Sto testando (e ho già provato) di cui voglio parlarti pian piano.  C’è da dire che i pennarelli Copic sono strumenti di alta qualità molto apprezzati nel mondo dell’arte e del design. Questi pennarelli a base alcolica offrono una vasta gamma di colori e sono noti per la loro versatilità e facilità d’uso e non in ultimo i principali illustratori giapponesi e appassionati/professionisti di manga li adoperano giurando che di meglio proprio non c’è.

In genere questi pennarelli di inchiostro a base alcolica garantisce una rapida asciugatura e la possibilità di sfumare i colori per creare tradizioni più morbide e sfumate. Più chiaramente il pennarello -neanche a dirlo- è di buona qualità più sfumature si otterranno. I copic hanno un vantaggio che molti pennarelli seppur di ottima qualità non hanno ovvero quello che l’inchiostro può essere ricaricato prolungando la vita del pennarello e riducendo poi i costi anche a lungo termine. Un copic in genere può essere caricato quattro volte. C’è chi giura meno e chi pure di più. Io non mi fido e voglio provare di mia mano. Ti scriverò chiaramente quante volte secondo il mio modesto parere vale la pena ricaricarli. Non in quanto professionista, lo sai, ma da amica ad amica/o.

Alternativa ai più costosi? Marchi e considerazioni

Ohuhu e Arthehe sono tra i pennarelli che al momento mi piacciono di più -copic a parte- perché a parità di prezzo la qualità è davvero alta. Non ho ben capito se possono ricaricarsi in qualche modo (credo di no) ma lo scopriremo presto insieme. Adesso ho pure preso i promarker che sono osannati e idolatrati; Amazon molti articoli per inspiegabili ragioni (o a me sconosciute) non spedisce determinati tipi di pennarelli e tra questi proprio i promarker. Non ho potuto acquistarli sino a ora e la cosa mi ha fatto particolarmente innervosire.

La magia dell’alcool

La principale differenza che distingue i pennarelli ad alcool dagli altri tipi di pennarelli è il loro inchiostro, che contiene una base di alcool anziché acqua (e sin qui è come se avessi scoperto l’acqua calda ma è giusto fare anche queste specifiche banali). Questo conferisce loro una fluidità unica e una capacità di asciugatura rapida ma soprattutto consente di ottenere sfumature e transizioni di colore più morbide e omogenee. Niente più stacchi assurdi e palline di carta appallottolate che girano tra punte e fogli.

Il pigmento rimane vivace e luminoso, permettendo agli artisti di ottenere un effetto di profondità e tridimensionalità che difficilmente può essere raggiunto con altri strumenti e non in ultimo anche con il passare del tempo il colore – sfumature comprese rimane e persiste.

Precisione e versatilità

I pennarelli ad alcool sono estremamente versatili. Possono essere utilizzati per una varietà di tecniche artistiche dalla semplice colorazione di disegni alla creazione di opere più complesse come ritratti, illustrazioni o lavori di design grafico. La punta fine e precisa consente un controllo totale sul tratto mentre la possibilità di combinare i colori, sfumare e stratificare i pigmenti, dona una profondità rara da ottenere con altri strumenti come matite o acquerelli. Questo rende i pennarelli ad alcool ideali anche per chi ama i dettagli; un aspetto capace di affascinare non solo gli illustratori ma anche gli artisti di tatuaggi e quelli che si dedicano alla pittura e al fumetto/manga.

Ci sono poi generalmente due punte per pennarello adesso: la punta fine e la punta più larga. Al posto della fine molte volte (come nei copic) trovi quella “a pennello” per un effetto ancora più fluido. La punta infatti anche se piccola non è rigida e statica ma bella morbida e come più volte ho ribadito: fluido. La fluidità cambia totalmente tutto, del resto.

Come utilizzarli al meglio

Le sfumature quindi possono essere sofisticate senza compromettere la definizione dei dettagli: primo vantaggio. Un altro vantaggio è la rapidità nell’asciugarsi: questo consente di lavorare su più strati senza il rischio che il colore si mescoli in modo indesiderato (qui dipende però tantissimo dalla carta che utilizzi, neanche a dirlo ma diciamolo lo stesso). Tuttavia è importante sapere che, poiché il colore si asciuga rapidamente, bisogna agire con decisione e attenzione affinché non si perda la possibilità di sfumare il colore prima che si asciughi del tutto.

I pennarelli ad alcool e la sostenibilità

Molti degli strumenti che utilizzano alcool come base sono considerati non solo innovativi, ma anche sostenibili. Infatti, i pennarelli ad alcool possono essere ricaricabili il che riduce l’impatto ambientale rispetto ad altri pennarelli usa e getta. Inoltre, gli inchiostri sono solitamente a base di alcool denaturato che è un prodotto meno dannoso rispetto ad altri solventi chimici.

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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