Ricette Vegetariane e Vegane
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Frittelle di Finocchietto Riccio e deliri assortiti

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Neve. Sì proprio quel coniglio che nonna con “tuo” intendeva dire “tuo nel piatto in agrodolce”. Lo stesso coniglio bianco che grida “è tardi” per la prossima fermata “Paese delle Meraviglie”, appena  soppressa. In quel candore folle di ghiaccio e pareti di camera sterile. Gli stessi occhi rossi di lucida schizofrenia.  La dicotomia della dolcezza e della freddezza. Il binomio dell’orrore e della fiaba che è la mia essenza. E quindi ricevere i complimenti dalla gentilissima redazione di Ubisoft per aver colto in pieno lo spirito dei coniglietti mi fa sorridere e incassare il colpo per poterlo annoverare alla lista “le cose belle che mi sono successe in vita”. Un oggettino inerme che racchiude avventure mentali e viaggi neuronali quasi come fosse un mezzo per la liberazione di quel dolore che ti attanaglia. Fingendo che sia solo simpatica mania, come è giusto che sia. E’ bello che gli altri credano di te l’esatto opposto. Un oggettino inerme che ha la sua voce e grida “patata” mentre mi sforzo di non dover pensare più ad impegnarmi nella difficile interpretazione del pinguino del madagascar in cerca di calzari perchè i germi ti hanno già uccisa. E non lo sappiamo ancora. Poi arriva Chiara con il suo Patata Lessa, Flo con sciuocca e Max con Pippa Ar Sugo e quasi respiro.

Il fatto è che tutte le cose belle che mi stanno accadendo io vorrei raccontarle solo a te. Non “solo” dai, ma sai quanto io sia teatrale. E non perchè da quando sei morta improvvisamente hai assunto un valoro importante.  Lo eri. Importante. Mentre taglio le doppie punte a Rabbid Cugino It penso alla tua parrucca e al mio stupido modo di dirti che ti amavo “almeno tu hai la parrucca e non devi passarti la piastra”. Avrei voluto fare Cugino It con quella. Con la tua parrucca, sì. Te l’ho sempre un po’ invidiata con quella stramaledetta frangetta perfetta. La immagino appoggiata su una testa di plastica che cammina sola in un prato con l’erba rossa ballando quel ridicolo motivetto che a bordo piscina ci faceva ondeggiare. Perchè io rileggo del numero quarantuno e. Continuo ad essere felice per te perchè qui è il “Luogo non 41”. Solo trentanove, maledizione. Ma. Per il resto. Sarai felice di sapere che ho meno paura del verde e che qualche volta mi sforzo di toccare il formaggio. Sono riuscita a mangiare anche con una forchetta gialla e poi verde. Saresti davvero orgogliosa di me sai? No. La pizzetta ancora no ma. Controllo il gas solo tre volte invece che nove come da copione e ho trovato tante amiche. Mi sforzo di esserlo altrettanto ma sai già che è un’impresa difficile se non addirittura impossibile. E’ per dire che sei il suono di un piano, sempre sì. Ma da oggi sei pure Cugino It. Che poi il mio primo romanzo (ridi in maniera registrata perfavore?) scritto a otto anni si intitolava “Capelli”. Ricordi?  Ti avevo raccontato. E ora. Insomma.

Ritorni?

 ah no. Scusa. Dicevo. Cugino It. Sì. Sei Cugino It che sotto le note di un piano ondeggi con le doppie punte che ti ho premurosamente tolto e. E quello che mi sta accadendo lo dedico anche a te. Anche perchè sorprendentemente includo pure me. So che volevi questo ed io so mentire benissimo. Includo anche me, sì. Ti ho convinto?

Il regalo che vi chiedo, per me e per lei,  oggi è: Che parrucca scegliamo? Niente altro. Sul serio. Nessuna difficoltà. Ben conosco le meraviglie che siete e no. Nessuna preoccupazione. Perchè sono felice e non è certamente un momento di tristezza. Ho voi, centinaia di Rabbids, altri in arrivo offerti dalla Ubisoft che gentilissima si è premurata di omaggiarmi della nuova collezione . Ed anche se a guastare tutto c’è la presenza di un pelato nippotorinese poco importa. Cosa altro potrei desiderare? Indico purela Giornata nazionale della Parrucca in preda ad un delirio di onnipotenza. Così per tutta la settimana sono in salvo dal cattivo umore.

( il NippoTorinese ha scelto dopo una lunghissima indecisione durata qualcosa come 29 minuti se non più: Hendrix/Allevi (?) . Io senza alcun ragionevole dubbio Anna Wintour. Preme informare poi che alle domande dell’intervista risponderà non appena anchellotuttattaccato avrà una parrucca tuttappeelui. Così dice)

Non potevo non approfittarne per postare la ricetta delle Frittelle di Finocchietto Selvatico che in Sicilia si chiamano letteralmente “Fritteddi di Finocchiu Rizzu” (o una cosa del genere perchè seguo già i corsi di Napoletano di Ale  e Romano di Max. Urge un ripasso del dialettomadre). E’ pur vero che recuperare il finocchietto selvatico è roba assai ardua. Ma i fidanzati (mariti/nani da giardino/commercialista rinchiuso in cantina) a cosa servono sennòtuttattaccato? Mandateli a procacciare la materia prima e cucinate questa robetta facilissima frittellosa buona come poche cose al mondo (non è mica vero ma adoro dire stupidate. Una cosa buona come poche cose al mondo è il sorbetto di Litchi e lo smoothie con la papaya. E ne parleremo a breve). Io le preparo spessissimo pur non mangiandole perchè il Nippotorinese le detesta e odia l’odore di fritto in casa (ed io amo vederlo indignato e indispettito). Che siccome (io e Ale cominciamo le frasi così)  che il mio papetto le ama. E quindi si fanno. Il resto poco importa. Miiiiiii (tono minaccioso siculo)

La Ricetta

I incredienti pi quattru cristiani suno. Ginguegento grammi di finocchiettu rizzu selvaticu pigghiatu na …ah no. Ricomincio.

Ingredienti per 4 persone:  500 g di finocchio selvatico, 200 g di farina, 2 uova, Olio d’oliva per friggere, Acqua ghiacciata, sale, pecorino siculo (dlen dlen dlen. L’alternativa del parmigiano grattugiato è validissima)

Preparazione: Pulizziari u finocchiu … (dannazione!) Pulire il finocchio selvatico per bene dopo averlo privato delle parti dure che non occorreranno alla preparazione (ca non sevvunu a nenti )! . Tritare finemente il tutto e lessare in acqua bollente salata ma per davvero pochissimi minuti (due al massimo). Dopo averlo lasciato raffreddare in una ciotola sistemarlo e aggiungere le uova, la farina, poca acqua ghiacciata e amalgamare tutto fino ad ottenere un composto piuttosto omogeneo. La scelta del pecorino (uora accuminciamu ca non s’attrova nei supemmeccati del continente) o del parmigiano è chiaramente soggettiva. In Sicilia si preferisce di norma (no. Non c’entra la Ricotta Salata. Bene, la smetto) usare il pecorino siciliano ovviamente ma anche con il parmigiano vanno giù una meraviglia. Dopo aver messo a riscaldare l’olio extra vergine d’oliva in padella prendere cucchiaiate (si po’ pigghiare a cucchiaiati macari u maritu eh! ) del composto e friggere per bene i due lati fin quando non appariranno leggermente dorate. Raccoglierle con una paletta forata e metterle su un piatto precedentemente ricoperto di carta assorbente affinchè l’olio in eccesso venga catturato (ma comu parra chista? ). Salare in superficie e servire caldissime. Abbondante pure il sale. Crepi la ritenzione idrica, maledizione! Ammetto inoltre che: fredde fanno comunque una bellissima figura comunque. Molti amano condire queste famosissime frittelle sicule inside con i pinoli, aggiungendoli nell’impasto (n’accuminciamo a impracchiari ah!). La ricetta originale non prevede questa variazione ma è pur vero che il sapore ricorda vagamente la famosissima pasta con le sarde e quindi sembra lecito asserire che sì. Qualora piacessero i pinoli, vanno benissimo anche quelli. Purchè tagliati anche grossolanamente (naturalmente da oggi tutte le ricette avranno la traduzione letterale. Ale, Max preparatevi!)

Se colti dalla mania“io con lo spago ormai avvolgo pure il mandarino, la suocera, i passanti e conigli” andate tranquilli. Perchè la presentazione spagosa è bella assai ( adoro il mio modo di enunciare in maniera professionale la mise en place. Cosa c’entri la mise en place non lo so ma un termine francese a caso dovevo metterlo).

 

Importanti Riconoscimenti*Orgoconiglio mode on*

Un off topicomunicazionenonlosoneancheiocosa: Ricevere Email dove mi si chiede “come sto. se è successo qualcosa. saluti affettuosi. e roba varia” è l’ennesima cosa che va annoverata tra “le cose belle che mi sono successe in vita”. La mia assenza momentanea non è dovuta a nulla di preoccupante. Tuttaltrotuttattaccato. E se non riesco mai ad essere puntuale con le risposte è perchè davvero pur impegnandomi non riesco ad arrivare. Ma la brutta notizia è che: poi arrivo. E di quello vi dovete preoccupare *risata satanica*

Grazie sempre. E adesso seri e concentrati. Scegliamo la parrucca. Che qui non perdiamo mica tempo a pettinar bambole. Noi pettiniamo Conigli.

E Cugino It sull’erba Rossa che cacchio anche se non ha una bella cera è sempre una bellissima creatura con scarpa numero 41. Fescion, cacchio. Fescion sempre.

Un altro off Topic santo cielo:  Ieri è nata la Pagina Gikitchen su Facebook e la si trova cliccando qui . Occorre precisare che non è il delirio di una Fan Page. Trovo il termine “Fan Page” pretestuoso e disturbante come poche cose al mondo. E’ solo un mezzo (l’unico tra l’altro) per iscriversi grazie al vostro masochismo  ad aggiornamenti su deliri neuronali e bloggherecci (in modo che non possiate citarmi per danni come è giusto che sia. In tribunale mi avvarrò della facoltà di non rispondere presentando l’istanza conigliesca di questa fantomatica bacheca intrisa di idiozia culinaria). Insomma per dire che. E’ imbarazzante dover scegliere tra: Artista, Personaggio Pubblico e Azienda non essendo nessuna delle tre. L’opzione co(ni)gliona non c’era ma giuro che l’ho cercata. Qualora vi andasse di minacciare il vosto indice opponibile e schiacciare su “Mi Piace” sarà un piacere.

(nessuno dica che l’Indice non abbia come caratteristica precipua l’opponibilità. Potrei sul serio innervosirmi. Ed è Lunedì mattina!)

(volevo sfoggiare precipua, dannazione)

La Fumettoricetta della Pasta al caviale

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Lo Storione ha tante Storione da Raccontare


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La Ricetta

Ingredienti  per 4 persone: 350 gr di spaghetti,  40 gr di caviale,  50 gr di burro, 4 cucchiai di panna liquida, 1 cucchiaino di succo di limone, Pepe macinato grosso, Sale, Erba cipollina tagliata finemente.

Dopo aver portato ad ebollizione dell’acqua salata in una pentola versare la pasta e lasciare cuocere per il tempo indicato. E’ preferibile non salare moltissimo l’acqua perché il caviale che avrete scelto a secondo della qualità avrà una salatura abbastanza presente di per sè. Far sciogliere il burro a fuoco molto basso e aggiungere la panna liquida con un pizzico di sale (io ho usato quello nero delle Hawaii). Aggiungere quindi il caviale amalgamando tutto e tenerne da parte un po’ per la presentazione del piatto. Scolare gli spaghetti al dente e versarli con pochissima acqua di cottura nella padella dove è stato sciolto il burro. Far saltare gli spaghetti per pochissimi secondi finchè non si saranno insaporiti e spruzzarli con pochissimo succo di limone. Servire il tutto ancora fumante e caldo.

C’è un albero con delle mollette a forma di fiore dove puoi stendere sogni appena lavati. Sogni sgualciti e che con il tempo si sono anche un po’ ristretti.
Si trovava esattamente in quel bosco di te stessa dove ti eri persa e bastava solo cercare meglio e non perder tempo a chiederti se : E’  ancora l’ora del the?
Il Bianconiglio, quello vero, è arrivato e finalmente ti ha detto che no.
Non è tardi affatto.
E’ proprio adesso che comincia tutto.
Il Sogno.
La cosa buffa è che hai smesso di ringraziare tutti, ormai. Devi solo concentrarti e farlo con quella che è venuta sempre ultima.

Te Stessa.
Grazie Iaia, allora.

 

Sì l’ho fatto davvero: la pasta al kiwi con il surimi

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Iwi Il Kiwi è cannibalecarboidratico e mangia Pasta al Kiwi e Interviste.

 

Da quando ho in casa Dessert di Ducasse non faccio altro che accarezzare le pagine ed emettere gridolini di incontenibile felicità. Mi è capitato anche con Lachapelle per carità ma a quanto pare il Financier, l’After Spoon e il pane scozzese riescono ad entusiasmarmi fotograficamente di più. Che una lattina di coca cola gonfiabile mi travolga!  E la fantomatica pannocchia gigante sulla quale blatero da anni sembra quasi che io la veda. Materializzata in materiale gonfiabile proprio come l’hot dog di Lachapelle o la lattina che travolge automobilisti rimane al momento ai primi posti della wishlist.  E chiedendomi se l’Hot dog si apostrofi o no comincia questo martedì.

Più volte è stato detto “ ah quel Sant’Uomo del Nippotorinese! Vorrei vedere cosa avrebbe lui da dire “. Per questo motivo parte “Intervista con il Nippotorinese”. All’interno dei commenti si avrà la possibilità di lasciare uno o più quesiti. Ha dato la sua totale disponibilità (non è dato sapere come ma si tratta pur sempre di allegre minacce indigene del luogo*disse indossando una coppola con paillettes) e risponderà al più presto. In sette anni di onorata (risate registrate) carriera blogghereccia del resto non si è mai avuta questa enorme (?) opportunità.

Ieri per testare la situazione gli ho rivolto pochissime e incisive (e canine e molari) domande.

“Come immagini la tua vita senza di me?”

“Devo rispondere con un termine più incisivo di -normale- , suppongo?! Allo stato attuale però  la mia mente non è più in grado di immaginare una situazione tanto lontana dall’attuale realtà. Cortesemente virgoletta realtà con un grassetto font 42, grazie”

“-Ma davvero passa il tempo con i conigli in mano?- E’ una domanda che spesso mi chiedono di rivolgerti”

“Provo sollievo vedendoti nel virtuale. Hai quasi contorni di normalità lì. Riesci a dissimulare talmente bene che qualche volta preferisco leggerti che girarmi e osservare quale tipo di follia si stia materializzando in casa”

“Cos’è la cosa più bizzarra che ho fatto?”

“Se per te è normale andare in un bosco vestita da coniglio, chiedere ad un vigile urbano di far la foto con un coniglio, pulire la cipolla con la maschera da sub, venire con le pinne in doccia, inventarti l’idromassaggio dicendo che bastano due cannucce e soffiare forte dentro l’acqua, contare le lenticchie, farti trovare vestita da Alice nel paese delle meraviglie quando ci sono i tuoi a cena, fingere di essere il sommelier del latte zimyl. Beh. No. Non riesco a capire il concetto di bizzarro per te”.

E’ giusto cominciare l’anno dando voce ai più deboli. Mi verrebbe quasi da dire. Emerge una strana comprensione improvvisa. Fortuna che passa immediatamente.

Comunicazione di Servizio: A volte ricordo di avere un Tumblr e ticchetto ricordi.

 

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La ricetta la lascio qui? Ingredienti per 4 persone circa: 400 grammi di pasta all’uovo freschissima, 300 grammi di surimi precedentemente sbollentato, 3 kiwi, 1/2 bicchiere di vino bianco secco, 1 spicchio di aglio, pepe rosa, sale rosso delle Hawaii, olio extra vergine di oliva.

Dopo aver lessato il surimi in acqua bollente per qualche minuto,  tagliare a rondelle e fare saltare nell’olio con uno spicchio di aglio intero che poi andrà tolto a fine cottura. Lasciare quasi tostare per poi sfumare le rondelle di surimi con il vino bianco secco prescelto. Aggiungere un po’ di pepe rosa e sale rosso delle Hawaii (devo assolutamente consumare l’ingente quantità in casa in qualche modo) e girare accuratamente. Sbucciare i kiwi e tagliarli a dadini piccolissimi tenendo da parte qualche fettina molto sottile per la decorazione finale del piatto. Cuocere la pasta in abbondante acqua salata, scolare al dente e condire con il sugo di surimi e pepe. All’ultimo momento aggiungere i pezzetti di kiwi. Mescolare molto velocemente e servire.

La fumettoricetta dell’insalata di avocado

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Suri, Nathan, Oceano, Chanel . Io però a mia figlia voglio dare un nome dignitoso: Mocassina Scamosciata

Ingredienti per quattro persone circa: 200 grammi di surimi, 100 grammi di polpa di granchio, 2 avocado, un cespo di lattuga, il succo di un limone abbastanza grande, 1 cipolla, 4 cucchiai di maionese (meglio se fatta in casa, freschissima), un ciuffo di erba cipollina, qualche goccia di tabasco, sale nero delle Hawaii e pepe nero freschissimo macinato sul momento.

Privare l’avocado della buccia e del nocciolo centrale, tagliarlo a dadini e bagnarlo con il succo di limone perchè non annerisca. Lavare l‘insalata e dopo averla scolata bene, spezzettarla e unire il surimi tagliato a rondelle e la polpa di granchio insieme alla cipolla tritata finissimamente. Preparare la salsa diluendo la maionese con un altro po’ di succo di limone rimasto aggiungendo qualche goccia di tabasco (secondo i propri gusti), sale, pepe ed erba cipollina tritata. Presentando  l’insalata all’interno degli avocado svuotati risulterà esteticamente gradevole, sì.

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Per la serie ” Poteva chiaramente mancare ma a noi piace l’inutile” , dove “noi” sta per “nano da giardino e gnomo della lavatrice” (rispettivamente: agente e webmaster di me medesima): habemus l’account Flickr From Mobile; ovvero tedianti upload tramite iphone o blackberry per far sì che tutto venga opportunamente catalogato e non invada la raccolta reflex. Per giustificare insomma la mia insana voglia di possedere qualsivoglia applicazione fotografica. Che poi non ci si riesca neanche con l’estrema e imbarazzante fantasia/fuffaggine è un altro discorso.  Esiste (il soggetto è l’insana voglia. Non riesco mai ad elaborare costrutti sintattici comprensibili) e quel “purtroppo” lampeggiante è chiaro ai più. Ieri la scoperta che ha cambiato l’esistenza e che deve essere divulgata e condivisa al fine di rendere migliore il triste inizio settimana, perchè ahimè sì è arrivato Lunedì. Esiste il Moleskine Gigante. Rara creatura scovata nella nuova Feltrinelli che ha reso finalmente vivibile la città. Con i sue due piani immensi che sorprendentemente organizzati non alla meno peggio mi hanno resa felice con edizioni assurdamente belle di Ducasse e Lachapelle. E pure una mostra fotografica (miracolo!).
Roba mai vista, moleskinamente parlando e non. Il doppio in larghezza, lunghezza e altezza. Quattrocento e passa pagine che dovrebbero contenere almeno un decimo del progetto libroso. Giusto per non affittare un monolocale dove poter archiviare la quantità spropositata che vien fuori da dita e testa (Testa? quale testa?). Per dire che. Scrivo poco qui per il bene dell’umanità e mi limito a pasticciare giusto un po’ perchè butto fuori (quasi) tutto lì. Altrimenti rischio di sforare i tempi prefissati.  E la puntualità è la mia ultima ossessione. Oltre a possedere cucchiaini di argento scompagnati, già.

La vostra compagnia è fonte di ispirazione oltre che di incommensurabile buonumore. E non ne posso fare a meno. Soprattutto oggi. Per dire grazie insomma. Ripetitivo ma che non va mai sottovalutato.

Le ultime effigi mostrano la vostra (purtroppo vi beccate questo ingrato e non desiderato possesso) in quel della mostra e in aeroporto dove impavida ha sfidato la folla insieme al suo Rabbid (reperto fotografico speciale #1 , reperto fotografico speciale #2 ) . Ma è stato ampiamente già documentato purtroppo per via della vitasocialnetwork che si conduce.

Sembra già passato . E il cappotto pomodoro non c’entra nulla.

Comunicato importantissimo ma proprio issimo: Questo Blog è in festa per tutta la settimana. Cey ieri ha compiuto gli anni festeggiando con un sorprendente videopost dove compare *rullo di tamburi*  un uomo  sorridente che va idolatrato. E quindi qui tra trombettine, ridolini e urletta di gioia e venerazioni Lecteriane si grida continuamente” Auguri AMICA Mia!” . Non contente dell’idillio compleannoceyoso si vuole esagerare e sì. Altra AMICA mia diventa venticinquenne (nessuno osi contraddirci)  *rirullino i tamburi*: Chiara ! Contando che anche il mio papetto tra un po’ soffia sulle calendine posso asserire senza dubbio alcuno che a Gennaio si sfornano meraviglie.

Conunicato numero 2# : Non vedere Harold e Maude significa vivere a metà. E qualcosina meno.

Al contrario dei Rabbids, Danbo è un modello precario. Solidarietà a Danbo.

Cocktail di gamberi: Fumettoricetta

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“Mamma non è più tornata da un cocktail” – ” Povero Gamberettino, vieni qui….”

 

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Note di vita vissuta che potevano mancare: A casa di mamma è oggettivamente impossibile non apparire con l’epidermide “nuance giallo canarino” o “nuance pallore ospedaliero”. Far foto in quel covo di luci assurde è un’impresa mica da ridere. Queste brevi diapositive mostrano ancora una volta la serietà e l’imperturbabilità della mia famiglia nel  trascorre decorosamente le festività (“e non”, aggiungerei). Indossare il vestito esattamente uguale a quello del Rabbid mi ha fatto sentire inspiegabilmente a mio agio come poche volte e orgogliosa della mia serietà e capacità di coordinazione. Ho capito inoltre che difficilmente troverò un abbigliamento che meglio si adatta alle mie esigenze. Questo tipo di vestiario (outfit Befanesco per stare al passo coi tempi) a strati ti da la certezza che no. Non ci sarà bisogno di trascorrere la serata geco (se non sapete cos’è la serata geco non rivolgetemi più la parola*, grazie. ***Trascorrere la serata spiaccicatattaccati al termoarredo in posizione geco è uno degli sport di immobilità nella quale eccello con tante c e tante l ) . Quando inferocita ho spaccato il setto nasale di chi a fine serata voleva togliermi la gobba cuscinosa, capace di riscaldare l’intera colonna vertebrale  in brevissimo tempo, si è capito che mai più. Mai più avrei trascorso l’inverno senza un cuscino sotto il maglione. Mai più. Mai più senza (Possiamo ripeterlo “Mai più senza” tutti insieme per darmi la certezza certezzosa?)

*so che adesso per liberarmi di me farete finta di non conoscere la serata geco al fine  di non rivolgermi più la parola. Vergognatevi. Vi ho scoperto. Gne gne gne (cosadiavolostodicendo?)

Mi attende un uichend intriso di delirio puro. Tra cavalli, mostre, travestimenti e mostri, maschere, disegni e amore. Sarà difficile affrontarlo più perché ho già  la certezza che finirà brevemente e vorrei al contrario durasse per sempre ma ci si accontenta. Questo per dire che ne auguro uno splendido anche a chi passerà ( e non passerà eh) di qui cogliendo l’occasione per ringraziarvi sempre. Mi fa sempre strano rivolgermi cumulativamente a voi perché ha quel distacco che non mi (ci) appartiene. Ho sempre cercato nei miei limiti del possibile di rivolgermi singolarmente perché ognuno di voi  ha una storia a sè che non va mai sminuita gettandola nel calderone ma. Per dire che davvero siete in tantissimi, ed io oltre a cominciare davvero ad aver paura  non so come ringraziarvi.

Santo cielo abbiamo pure Richardshrimp Gere come Testimonial. Non mi sembra vero, ecco. E’ finalmente uno spazio web serio insomma (sì regia, prego. Prego con le pernacchie registrate, grazie).

 

Usagi e Pancake al The Matcha

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*La ricetta del Pancake al The Matcha in versione stampabile la trovi qui*

Quando ho letto “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” , ormai l’anno scorso, mi sono sentita quasi in obbligo di consigliarlo a chiunque mi capitasse a tiro.

Christopher nelle prime pagine sembrava essere quasi Oskar di “Molto lontano incredibilmente vicino”, il bimbo che aveva indiscutibilmente cambiato le sorti nomistiche (?) dell’eventuale nostra prole siculnippotorinese. Nonostante il nome non piacesse ad entrambi semmai avessimo dovuto immaginare un frullato di noi quel piccoletto abitante di New York sembrava essere proprio la traslazione perfetta proprio come lo era Alice di Carroll nella versione femminile. Ma che il cielo ci guardi bene dall’avere eventualmente un’altra donnetta per casa. Solo l’idea mi fa star male. Un bimbo. Fedele agli amici come solo i maschi sanno essere, che porta sporadicamente ragazzine in casa. Senza psicodrammi su tette e fianchi larghi. Magari la voglia dell’astronauta e del viaggio in Brasile per diventare una rockstar (Hendrix la zia ti ama!)  ma no. Lo psicodramma delle tette no.  Oskar nella sua logicità e follia con la sua chiave e i suoi segreti mi ha fatto sognare. E’ stato il preludio, col senno di poi, di un tragico evento che ha segnato per sempre la mia vita ma che adesso mi fa sorridere istericamente. Al contrario Christopher arrivava proprio quando di chiavi non ce ne erano più perché le porte erano state sfondate, le panchine avevano preso fuoco e tutto era come doveva essere. Lo schifo nel suo schifo  e la verità nel mio amore. Sta di fatto però che Christopher, con un nome sinceramente migliore, dopo le prime pagine comincia a perdere di contenuto e non regge il paragone. Oskar è qualche pianeta e stratosfera più in alto e decretando il fallimento di questo bestseller che vale comunque la pena leggere mi rimane la sensazione che la paura verso i colori, le fobie bizzarre e le allucinazioni, che con sarcasmo a volte mostro, se lì hanno un nome e si chiama autismo, qui vivono in un mondo senza provenienza e nome. Ma il verde mi ha sempre fatto paura. Provocandomi fastidio e talvolta pianto. Contare le lenticchie è l’ultima frontiera. Una ad una. E poco c’entra il Capodanno.

Per dire che il capodanno 1-1-11 è uno. E’ inizio. Come fosse l’inizio dell’inizio. Agnostica e spaventosamente razionale nella mia totale illogicità mi ritrovo a fissare 1-1-11 e quando Giovanni (Iber*pioggia di cuoricini) mi dice che 2011 è anche un numero primo beh. Abbraccio virtualmente Oskar e Christopher e mi dico che  forse è davvero l’anno giusto. E’  l’inizio di me. L’anno scorso lo era quasi. Ma era la prova generale. Salendo per la prima volta sul palcoscenico che è la vita inizialmente ho sbagliato ma a chiusura di sipario qualcosa sono riuscita a dire. E Fare.

La Gigantografia alle mie spalle è stata scattata l’uno gennaio del 2010. In lavanderia con un’emicrania feroce e delle piume bianche in testa. La tizia davanti alla gigantografia che vagamente somiglia all’altra ci si è posizionata davanti esattamente 365 giorni dopo. Per riguardarsi con calma e capire. Mamma e Papà hanno voluto quella foto esattamente per piazzarla la prima nella camera da letto e il secondo nell’ufficio. Ha un segreto. Un significato intimo e familiare. Cela una storia che comincia il dodici dodici alle dodici. Quando mamma ha visto questa foto nata dall’idea di specchiarsi dandosi le spalle mentre gli altri con pernacchiette e cappellini brindavano al nuovo anno mi ha chiesto esattamente quello che avevo pensato scattando. Di farne un’ennesima gigantografia. Si è deciso che ogni anno faremo la gigantografia di me con alle spalle la gigantografia delle altre gigantografie. Perchè è Passato. Presente e Futuro. In un infinito infinito moltiplicarsi. Insieme. E per sempre. Quello che appare egocentrismo in una gigantografia può essere salvezza in un altro mondo. Il mio: dove è normale piangere per il verde. Quella che appare come sovraesposizione può essere sfida in un altro mondo. Contro se stessi: dove è normale lottare per raggiungere il parametro di “quell’idea di me nell’iperuranio che voglio diventare”.

Tra trenta anni non avrò paura  di non vedere più l’origine (2010)  e di constatare che non ci saranno poche rughe, vite ed esperienze a far da contorno agli occhi se. E solo se mi avvicinerò a quell’idea perfetta di me che voglio diventare. Lo scorrere del tempo trasformerà sì ma no. Non si può essere sempre l’origine. Credo che faccia paura adesso questo di me. A tutti quelli che  pur conoscendomi da una vita avendomi davanti hanno indietreggiato. O cercato disperatamente di farmi tornare questa stramaledetta Iaia di prima.

Fa paura provarci. Crederci. Confrontarsi. Essere competitivi. Ma con se stessi mica con gli altri. In quel modo è facile. E’ facile dire che “voglio essere più simpatica di quellalà”. Ne puoi diventare una stupida macchietta e imitazione mal riuscita mettendoci un po’ del tuo. E’ difficile dire “voglio essere più simpatica di me” e mettersi a lavoro. Richiede impegno. Scavare dentro e trovarci magari  quel nulla assoluto che in Neverending Story per poco distruggeva Fantasia.

E’ la vecchia storia dell’erba del vicino. E’  più facile impegnarsi a controllare l’altro giardinetto  che prendere il tosa erbe e cominciare. Sudare e sistemare.

Ecco a me dell’erba del vicino mi importa quanto sapere se Flavia Vento ha fatto il trenino a Capodanno. Al massimo prendo una cartina, la arrotolo accuratamente e me la fumo con lui. “Porto un muffin io vicinodicasa, ok?”. Semplice.

Alcune delle diapositive mostrano questo uno con i numeri uno della mia vita. Mai passato il Capodanno con i miei che li ha sempre visti in giro per il mondo. Ma il mondo quest’anno ero io. Fare il trenino con DiscoSamba non è sato poi così imbarazzante. Di più. A disposizione ci sono video e foto compromettenti che riguardano anche il perfido Nippotorinese che per l’occasione ho sfoggiato risate isteriche mentre io imbottita di actigrip visibilmente disinvolta fingevo che no. Non avevo mica 37.8 di temperatura

In concomitanza con l’inizio di me c’è pure la sconvolgente notizia che *rullino di tamburi e rullini le erbedelvicino* quest’anno in Oriente *nientepopodimenochetadantadan* a breve si festeggerà l’inizio dell’Anno del Coniglio.  兎年 Usagi ! Gli adorabili nipponici hanno già registrato boom di vendita che ritraggono conigli, torte, biscotti. Sono tutti letteralmente impazziti. Dopo dodici anni ( mano a dirlo ) sta per finire l’anno della tigre e il simpatico orecchiuto si appresta ad arrivare. Sarà il coniglio quindi il protagonista indiscusso nell’estremo Oriente nel 2011. Contando pure che quest’anno io e il Nippotorinese trascorreremo proprio una parte della nostra vita là mi verrebbe quasi da dire che sì. Si comincia proprio bene (tutto questo ottimismo mi farà cadere una pannocchia gigante in testa. Ma l’importante è non guardare in alto, cercare di schivare il più possibile e comprarsi un cappellino rinforzato). In onore quindi dell’Anno del Coniglio imminente ho voluto raccogliere alcune delle mie foto dove vengono ritratti  i miei fidi amici.

 Ammetto che mi fa sempre piacere ricevere email o immagini. Vedere scritto ” sai che mia figlia mi ha detto : mi compri il coniglio di Giulia?” a me francamente fa piangere di commozione dalle 14 alle 19 del giorno dopo e qualcosina in più. E’ quel “coniglio di Giulia” che. A tal proposito DEVO peffozza con due effe e due zeta segnalare il Flickr e il genio dell’incredibile Giulia aka PieceofStar che con l’interpretazione di RabbiDexter mi ha confermato la notizia:  il mondo è salvo. Esistono sì creature speciali (dire che le voglio bene è lapalissiano ma il lapalissiano a volte non va trascurato).

Mi viene chiesto spesso come è cominciata e da qualche parte sì. L’ho pure raccontato. Non che sia un racconto entusiasmante ma. 

 Nonna aveva dei conigli che teneva in una gabbia. Un racconto mortalmente noioso comincia proprio così. Ma in effetti nonna aveva dei conigli che teneva in gabbia davvero. Non ne ero mai stata particolarmente attratta perchè l’idea di vederli ammassati lì mi faceva dimenticare la dolcezza del nasino e la puffolosità delle orecchie. Un giorno però bianco. Uno totalmente bianco con gli occhi rossi paurosi a dir poco. E’ mio. Si chiama Neve. E’ mio. Si chiama Neve. Crogiolandomi su Neve o Bianco mi ero fortemente convinta che fosse mio. Non attribuisco nessuna colpa alla Nonna che con una delicatezza inaspettata alla mia domanda ” dov’è Neve Nonna? ” ha indicato ” lì” una sorta di carcassa sanguinante appesa su un gancio. Il motivo del mio vegetarianesimo trae origini proprio da questo simpatico quadretto familiare. E’ inutile specificare il perché io non abbia mai mangiato il coniglio. Ed in seguito facessi  difficoltà a vedere una coscia di pollo come una semplice coscia di pollo al forno e così via in un crescendo.

Quando il Nippotorinese ed io abbiamo comprato la wii il primo gioco è stato proprio Rayman Raving Rabbids. Quando il pelato me ne ha regalato poi una miniatura in plastica dicendomi che no. Non sarebbe finito in nessun gancio. Ho cominciato a giocare. Nello stesso esatto modo in cui mi era stato proibito con Neve. La follia che ne è poi generata è un altro discorso*risata isterica

Su Gikitchen Light version , perché una comunicazione di servizio poteva mancare ma anche no, si è proceduto all’inserimento di moltissime ricette qui inserite. A capodanno dovendo estrapolare la ricetta del tronchetto di natale ( riuscitissima tra l’altro e piaciuta da impazzire) mi sono martellata le falangette maledicendomi per tutte le idiozie inserite nel post. Perché no. Se si ha voglia di fare il tronchetto il Nano da Giardino che balla musica anni 80 mentre prendi lo sbattitore elettrico può solo provocarti un esaurimento nervoso. L’ennesimo, intendo.

La prima ricetta dell’Anno è una colazione veloce, particolare e di sicura riuscita. L’idea nasce dal fatto che sì. Sono ormai intenzionata a metterlo anche nel caffè il The Matcha. La ricetta del pancake originale è quello di Nigella. Ho tolto giusto poco poco di burro per non far saltare in aria l’aorta del Nippotorinese e aggiunto Matcha come se non ci fosse un domani (Chiari Docet).

Procedimento vergognosamente semplice: Dopo aver proceduto ad amalgamare per bene tutti gli ingredienti e setacciato la farina, girare accuratamente con un cucchiaio e lasciare riposare l’impasto per almeno venti minuti in frigo. Fare sciogliere qualche noce di burro (non troppo) nella padella e versarne una parte. Quando il pancake comincerà a fare delle bolle non a contatto con la padella sarà arrivato il momento di girare e proseguire la cottura. Orientativamente si potrebbe dire che sì. Basteranno due minuti per lato. Le dosi sono indicative per quattro persone ma dipende chiaramente dalla grandezza della padella che userete e da quanto composto deciderete di versare. Abbondante con il the Matcha senza paura. Crepi l’avarizia! Almeno per la prima colazione dell’anno (l’idea di mettere lo sciroppo d’acero non è una genialata. Ammazza il sapore del Matcha ma è pur vero che non essendo particolarmente zuccherate per chi non predilige i sapori poco decisi non ne sarà particolarmente entusiasta)

Ed anche se ce lo siamo ripetuti dovunque. Che sia un Anno bianco. puro. e con delle orecchie simpatiche che fanno sorridere. Per tutti.

Ed anche se ve l’ho ripetuto. Grazie. Rimango sempre senza parole per l’affetto.

Qual è la tua Madeleine? Ti va di raccontarmela?

49

Tu mi sembri ben disposta verso di me

hai sorriso al mio piccolo dono.

E se soltanto io ho il tuo favore,

allora nessuna tavoletta di cioccolato

E’ troppo piccola…

(Goethe)

I Polifenoli fanno vivere di più. Il Flavonolo è capace di combattere gli odiosi radicali liberi. E non contenta questa molecola contenuta nel cacao riesce a curare malattie cardiovascolari e ictus. Paradosso dei paradossi poi contiene un antibatterico che vince sulla placca. Mica vera la storia che provoca la carie. Tuttaltrotuttattaccato. Contiene feniletilamina che “fa sentire innamorati” . Teobroma il cibo degli Dei. E non è difficile immaginare il Barbuto Zeus ingurgitarne ettolitri/quintali prima di concupire qualche ignara donzella e trasformare stangone bionde in querce secolari e femminone more in struzzi o ornitorinchi.

Ed è in buona compagnia il barbuto fedifrago. Maria Antonietta con il suo cioccolataio di fiducia, Madame de Maintenon e la fissa di portarlo sempre e ovunque con sé, Voltaire e le sue dodici tazze quotidiane di Cioccolata, Casanova per i suoi strabilianti effetti afrodisiaci ne tracannava quantità industriali, Mozart, Strauss, Stendhal, Sciascia, Manzoni, D’Annunzio.

Probabili cioccolisti affetti da cioccolismo. Al pari dell’alcolismo e tabagismo pare proprio che attanagli ben il due per cento della popolazione femminile stando a recenti strambi sondaggi; pur sembrando una cifra irrisoria e non contemplando l’universo maschile ma tant’è. “Non riuscivo a separare la bocca dai bordi deliziosi della sua tazza. Una cioccolata da morire, morbida, vellutata, profumata, inebriante” ( Guy de Maupassant). Viene quasi voglia di sbattersi la testa contro il muro focalizzando i bordi deliziosi. “Il tabacco può uccidere, la cioccolata no” ( Fidel Castro). “Se le regali dei cioccolatini è a dieta. Se le regali dei fiori è allergica” (Legge di Murphy). “Non pensate che il cioccolato sia un sostituto dell’amore… L’amore è un sostituto del cioccolato” (Miranda Ingram). Santa Subito. Perché pare che gli altri si siano pure impegnati ma Miranda santa pazienza ci ha preso in pieno. Mi viene voglia di impacchettare il Nippotorinese e proporre un baratto senza pensarci due volte se focalizzo quel cremino gigante da Gobino in via Lagrange. Dopo aver visto il museo del Cioccolato, dove puoi esordire al mattino con“Salve. Mi da trecento chili di cremino affettato sottile? grazie” mi vien voglia di buttare tre coperte, quattro piumini e una stufa portatile e andare nella mia seconda città.

Torino tra l’altro risulta essere insieme a Firenze la prima in assoluto ad avere a che fare con l’oro nero. Non si fa fatica a crederlo visto la tradizione cioccolatttara con tre t della città Sabauda che offre prodotti di imbarazzante bontà. Il Giandujotto fino a poco tempo fa era solo quel cosetto trapeziopiramidaloso dorato della Pernigotti. Un po’ come pensare che L’Arancino sia quello che ti propinano sul traghetto Reggio Calabria-Messina. Focalizziamo insieme il ragù chappi per cani felici e i piselli recuperati in latte scadute? Bene. Sono gli ottimi ingredienti per la realizzazione di codesta meraviglia. Ed è normale  avvertire la sensazione “mare forza sette” in questo momento qualora anche voi abbiate compiuto l’estremo gesto di mangiucchiarlo allegramente sulla barcarola che vi ha condotto poi in Trinacria. Il tourinot Maximo di Gobino. Ecco cos’è il Giandujotto Piemontese. Cialdina extra bitter 63% , Cialdina Oro Venezuela 70% , Cialdina aromatizzata al Pepe Rosa.  E parlo con cognizione di causa perchè sì. Nonostante non mi conceda zuccheri e roba varia quest’estate mi sono riempita la panza di granita da Vanilla, gelati di Grom e qualcosa come 10238130281203981023182318231 bicerin estivi accompagnati da 1318209381203981203182031823018231 giandujottituttigusti.

La riflessione profonda (risate registrate) dopo questo snervante blablabla su molecole, cenni storici, dipendenze, sondaggi, considerazioni e numeri da ingurgitamento è: allora perché non posso strafogarmici fino a morire e vivere felice senza denti cariati? Semplice al limite dell’ovvio e del razionale. La storia dei grassi, vero. Saturi insaturi. Il burro di cacao e altre amenità. E se adesso facessimo tutti insieme il gesto dell’ombrello a questi simpaticoni grassi saturi/insaturi che immagino come dei body builder oliosi/oliati con i capelli rasati e il petto villoso? No si fermi il mondo. Ho focalizzato esattamente l’immagine del grasso Saturo/insaturo: il bestemmiatore pugliese della scorsa edizione del Grande Fratello (ha un nome?)  che chiede vendetta per il perdono concesso all’ennesimo bestemmiatore-nuova edizione. Il televoto dovrà decidere se quest’anno dovranno esserci: solo un bestemmiatore nella casa o due? Avvincente! (non che guardi il Grande Fratello eh ma la gente mormora). Insomma per dire solo che. Bestemmiatore pugliese scorsa edizione senza nome = Grasso Saturo/Insaturo ( è un blog di complicatissime formule matematiche e massimi sistemi internazionali (?) questo. L’ho sempre detto)

Eh? Se salissimo sul tavolo o qualsiasi superficie possa sorreggerci e a ritmo di lambada facessimo una gran pernacchia sonora corredata dal fatidico gesto dell’ombrello a questi loschi individui?  (lambada o salsa a scelta. Non so muovere ugualmente le anche in nessuno dei due casi per quanto mi riguarda)

Mentre preparavo le Madeleine in questa versione cioccolatosa non ho potuto fare a meno di pensare a Proust. Non perchè sia una persona de curtura ma semplicemente credo sia normale come Sicilia: Cannolo, Torino:Mole, Nippotorinese: ttttonzo*, Iaia: brava bimba. Cose di questo tipo.*Per non farci mancare nulla abbiamo anche la citazione cinematografica di “Ti presento i miei”, sì. Questo delizioso simil plumcake in versione monoporzione risale a quanto pare al XIX secolo ed insieme ai Macaron sono portabandiera della patisserie francese in tutto il mondo. Bella storia sì. Se solo mi fosse riuscita la famosa gobbetta ne sarei stata anche più felice. Suppongo quindi che ci sarà a breve un’altra full immersion madelein gobba ediscion per cercare di colmare questa imbarazzante lacuna gobbale. La madeleine e la capacità di evocare ricordi di infanzia un po’ come il croissant di Estasi Culinarie mi dico mentre peso gli ingredienti.

E in quei cassetti cerco di ravanare anche io qualcosa. Spostando persone che non hanno più volto, dando colore ad episodi che mi feriscono ancora, accarezzando volti gonfi e morti di chi non c’è più rassicurandoli che no nonmisonomicadimenticadite, occhi cattivi, sensazioni sbagliate. E sbang. Ti ritrovo cosa? Un kinder cereali. Un kinder cereali dentro un panino che costava esattamente 500 lire. Nel senso che no. Il panino era con la mortadella ed anche lì in cuor mio l’animo vegetariano a sei anni forse cominciava ad emergere. “No. Non con la mortadella. Mi può dare un panino senza nulla e un kinder cereali, perfavore?”. Scartavo quella foglia di allumino quadrettosa. A volte tiravo pure linee precise sulla foglia d’alluminio perchè mi piacevano i quadratini definiti. Li contavo. Perché ho sempre contato tutto. Anche, in un giorno che avevo marinato scuola,  le mattonelle dell’istituto e aprivo. Aprivo il panino. Infilavo il kinder cereali e sgranocchiavo riso, cioccolato e pane. Carboidrato più carboidrato più cacao più zucchero più grasso. Uguale: felicità. Cinquecento lire di felicità. Una cifra modica. Ho sempre creduto che fosse la nutella la mia madeleine. E lo è anche. Una madeleine. Ma quella. Quella perfetta con la gobetta che non riesco ancora a sfornare è un pezzo di pane. che costa cinquecento lire. e ha il sapore di cioccolato, cereali e riso. E la vostra madeleine? Qual è la vostra madeleine?

Due ricette francesi e una tipicamente Piemontese. Come è giusto che sia in questo contesto cioccolatoso assai.

Madeleine al Cioccolato

Ingredienti per circa 48 Madeleins dipende chiaramente dalla grandezza delle formine: 110 grammi di farina bianca, 50 grammi di cioccolato fondente, 110 grammi di burro, 25 grammi di cacaco amaro, 3 uova grosse, 110 grammi di zucchero, 1 cucchiaio di miele.

Fare fondere 90 grammi di burro e lasciarlo raffreddare per qualche minuto. Unire il cioccolato tritato e mescolare bene. Setacciare insieme la farina e il cacao. Lavorare le uova con zucchero e il miele con un frullatore elettrico fino a ottenere una crema omogenea. Unire metà del burro e cioccolato e mescolare. Incorporare delicatamente la farina e il cacao, e infine unire il resto del cioccolato rimestando con cura. Versare il composto negli stampi precedentemente preparati (se non si usa il silicone imburrandoli con 5/10 grammi di burro circa) e fare cuocere le madeleinsper 10 minuti circa nel forno preriscaldato a 200. Se si hanno pochi stampi, visto che la quantità è per circa 48 Madeleins di media grandezza, lasciare raffreddare lo stampo, imburrarlo nuovamente e ripetere tutto il procedimento fino a esaurimento degli ingredienti.

Baci di Dama

La Ricetta per questi Baci di Dama l’ho trovata su “Ricette di Osterie Italiane” che mai è riuscito nell’intento di deludermi neanche un po’. E’ la ricetta originale della pasticceria Bottaro e Campora ad Ovada provincia di AlessandriaGli ingredienti sono: 500 grammi di farina OO, 500 grammi di zucchero, 250 grammi di cioccolato fondente al 56%, 300 grammi di mandorle, 400 grammi di nocciole sgusciate, 500 grammi di burro, vaniglia Bourbon (le quantità sono francamente esorbitanti. Metà bastano a sfamare la popolazione dei nani da giardino mondiale. Così giusto per fare un inciso).

Tostare nel forno le mandorle e le nocciole. Pelarle, ridurle a granella e infine mescolare con lo zucchero e la vaniglia ottenendo una farina granulosa. Incorporare delicatamente il burro ammorbidito a temperatura ambiente, maneggiando l’impasto il meno possibile, solo il necessario ad amalgamare gli ingredienti, Con le mani formare tante palline della dimensione di una ciliegia e allinearle su una placca da forno, distanziandole leggermente. Riscaldare il fono a 170 e cuocere per 15-18 minuti, cercando durante la cottura di far fuoriuscire il vapore che si crea all’interno del forno, in modo che l’impasto risulti croccante e friabile. Una volta sfornati lasciarli raffreddare e staccarli dalla placca. Sciogliere a bagnomaria il cioccolato fondente e quando sarà diventato una crema liquida spalmarne una parte sullo strato superiore del biscotto e u nirne un altro. La crema al cioccolato raffreddandosi li terrà insieme creando la caratteristica forma a semisfere sovrapposte.

 Dopo i Macaraon al Limone, Macaron alla Papaya , Macaron Kiwi  e Papaya, Macaron al Mango , Macaron al pistacchio è la volta dei Macaron al Cioccolato di Nigella. Nonostante creda che la ricetta con Einstein come professore sia in assoluto la più riuscita non potevo certamente non dare fiducia a quella che reputo in assoluto una meraviglia del creato. Sì. Mi piace Nigella. E spudoratamente, pure.

Ingredienti per circa 36 biscotti ovvero 18 macaron finiti: 250 grammi di zucchero a velo, 125 grammi di mandorle macinate, 25 grammi di cacao, 4 albumi (abbastanza grandi), 25 grammi di zucchero semolato

Ganache di Nigella

 90 ml (6 cucchiai circa) di panna, 150 grammi di cioccolato fondente tritato, 45 grammi (3 cucchiai) di burro.

Riscaldare il forno a 180 e rivestire le placche con la carta da forno. Setacciare insieme lo zucchero a velo, le mandorle macinate e il cacao. Montare gli albumi a neve semi-ferma, cospargerli con lo zucchero e poi finire di montarli. Incorporare gradualmente gli ingredienti setacciati. Mettere la bocchetta sulla sac-à-poche con una punta liscia non troppo piccola e riempirla con l’impasto. Formare sulle placche rivestite dei cerchietti di 5 centimetri e poi lasciarli riposare almeno 15-20 minuti fino a quando non si formi sopra la superficie una leggera pellicina. Cuocerli per 12-15 minuti circa. Devono esssere asciutti in superficie e morbidosi alla base. Trasferirli su una grigilia di metallo e una volta freddi unirli a coppia con la ganache che si potrà preparare durante la fase di cottura dei nostri macarons essendo facilissima e veloce. La ganache si ottiene scaldando tutti gli ingredienti in un pentolino finché il cioccolato si fonde. Toglierla dal fuoco e mescolare con una frusta fin quando non si sarà addensata. Una volta fredda spalamarla con l’ausilio di un coltello sul lato inferiore di un biscotto e poi unirne un altro, Continuare così fino a che finiscano tutti.

Oggi copierò ed incollerò (dovrei fare il bagnetto ai miei Rabbids e pulire la casa del Nano da Giardino ma non mi va proprio di svolgere attività casalinghe primarie)  quasi tutte le ricette nel Gikitchen Light con una funzione che permetta di stampare direttamente nel caso assurdo in cui voleste davvero imbattervi in un mio pasticcio ( nel caso vi prego:  quelli collaudati e non appartenenti alla sezione “Esperimenti personali” ). So per certo che non è una comunicazione ufficiale che vi farà strappare i capelli e saltellare per casa al ritmo di “The Dope Show” di Marilyn Manson (una robetta romantica, sì) ma ne abbiamo un altro di comunicato ufficiale tedioso e noioso quindi è una gran bella giornata intrisa di paranoia:

Non trovo i capellini e le pernacchiette per il Cenone di Capodanno. Seriamente: si può cominciare il 2011 senza?

Che un onda di tè matcha ci travolga: gnocchi, muffin e biscotti

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Quando sei anni fa il Nippotorinese mi raccontava della sua vita in Giappone ne ero completamente affascinata.

Il fascino dell’inconsueto aveva colpito e affondato. Era solito raccontare delle usanze nipponiche tediato dai miei continui incitamenti. Ho capito con estremo ritardo che aveva ragione. Divulgare la sua conoscenza linguistica orientale non era stata propriamente una furbata. Quando amici/parenti/conoscenti/passanti invece di salutarlo come prima cosa gli chiedevano “mi scrivi il mio nome in giapponese? mi dici cosa ho scritto qui sul tatuaggio? dici che devo tatuarmi una pantegana nana o un dragone assassino?”. La colonna sonora di noi comincia con quel “tadan tada- tadan tadan” di Forbidden Colours di Sylvian e Sakomoto.

Prosegue con Lullaby dei Cure fino a straziare con Hisaishi a colpi di Creep. In sei anni e più di blog ho avuto modo di dedicargli parole diverse dallo scherno continuo nonostante mi renda conto che raccontare la grandezza di questo colosso sia pressochè impossibile. E no. Non è certo perchè lo amo più della mia stessa vita che perdo di obiettività. Un uomo capace di salvarti la vita guardandoti dalle tue malattie ogni giorno che aspetta in silenzio che tu capisca gli errori senza giudicarti ma comprendendoti è la fortuna che mi è stata concessa. Il  Cha no yu, la Cerimonia del The, ne riassume esattamente l’essenza. La Spiritualità.

I suoi movimenti delicati ed eterei lo allontanano dal comune catapultandoti in una dimensione che non può non prendere il suo nome. E’ la dimensione Pier. Che ti regala per sessantaquattro mesi insieme una coccinella. Esasperare la sua saccenza da parte mia in questa versione ridicola fumettosa che gli ho attributo è l’esatto contrario per chi come lui conosce e sa e mai dice di sapere per non mettere in difficoltà.  Uomini ridicoli e stolti incontrati nel mio cammino hanno creduto di essere dei geni solo per essere capaci di fare la lettera O con l’ausilio di un bicchiere e girare intorno con una matita al bordo era in effetti per il basso quoziente intellettivo già un’ardua impresa. Lui che i bicchieri li costruisce con la forza della mente giammai ha pensato di.

La mia vita senza di lui sarebbe stata una vita senza tè matcha. Senza la conoscenza dei verbi intransitivi. Senza racconti e parole giapponesi sussurrate all’orecchio. Non sarebbe stata “perdonami ti prego” “perdonati tu amore mio. Io non ho niente da perdonarti. Tu devi imparare solo ad amarti”. Non lo merito eppure è mio. Non meritava me eppure vuole che sia sua.

Per Natale, al contrario delle classiche ovvietà maschili, si è superato mettendomi a disposizione orde di spezie particolarissime scovate in ogni parte del mondo, roba stranissima fatta recapitare da ogni dove, teiere e servizi particolari che saranno protagonisti delle foto per il mio libruncolo e the matcha. Come se piovesse. E dopo l’albero al Parco Valentino di Torino e  quella lunghissima lista che non stilo solo per non sembrare una donnetta che si pavoneggia arriva pure questo. Che ha quel sapore dell’incitamento per farmi  credere davvero in questa nuova avventura dal titolo: “Credi in te e falla finita”. Amando lui il the matcha come poche cose mi sono dedicata a qualcosa di più elaborato per ringraziarlo che sbatterlo con il chasen. Non escludo, vista l’esorbitante quantità regalatami, di provare qualsiasi cosa con l’oro verde. I macaron sono in cima alla lista, ad esempio e troneggiano alla voce“idee per il cenone di capodanno”.

Tre diversi momenti della giornata con la quale si può pensare di entrare in comunione con questo the spirituale. Un Muffin con la farina di Riso e The Matcha, Biscottini semplici al The Matcha e Gnocchi al The Matcha. Questo prevede il menù giornaliero.

Muffin al The Matcha (due varianti)

Ne ho fatti di due tipi. La prima ricetta è di Bob mentre la seconda una prova che ho voluto fare usando la farina di riso, per la quale il tizio pelato ha una predilizione manco a dirlo.

 

Muffin al The Matcha e Cioccolato Bianco di Bob

*per 12 muffin circa: 255 grammi di farina bianca o semi integrale, 20 grammi di the matcha, 2 cucchiaini di lievito chimico in polvere, 300 grammi di zucchero, 330 grammi di burro, 7 uova (albumi e tuorli separati) , 100 grammi di cioccolato bianco, 50 grammi di pinoli.

Mescolare la farina, il the e il lievito. Rompere il cioccolato bianco a piccoli pezzi di taglia irregolare. Sbattere energicamente il burro con lo zucchero per qualche minuto fino ad ottenere una consistenza cremosa. Montare gli albumi a neve. Incorporare i tuorli d’uovo al composto di burro e zucchero, poi riunire il tutto al miscuglio di farina, the e lievito. Alla fine incorporare gli albumi a neve con movimenti lenti e decisi dal basso verso l’alto. Suddividere la pasta in stampi da muffin. Dividere le pepite di cioccolato in 12 parti e farcire ogni muffin inserendole nella pasta. Dopo la cottura, non si distingueranno più le pepite di cioccolato bianco ma il loro gusto rimarrà ben presente. Guarnire i muffin con i pinoli affondandoli leggermente nella pasta. Disporli vicino al centro perchè non rischino di cadere durante la cottura. Fare cuocere per 20-25 minuti fino a quando saranno ben gonfi e dorati.

Muffin con la Farina di Riso al The Matcha di Iaia

*per 6 muffin circa: Prendere come unità di misura dei bicchieri di plastica. 3 bicchieri di farina di riso, 1 e 1/2 bicchieri di zucchero a velo, 1 bicchiere di olio di girasole, 1 bustina di lievito, 3 uova, 1 bicchiere di panna liquida.

Mescolare tutti gli ingredienti echisièvistosièvisto. In forno a 180 gradi per trenta minuti e amen. Insomma una ricetta complicatissima. Il fatto è che il gusto di questi muffin di riso al the matcha improvvisati inventati da me è pure buono ma non hanno consistenza e si sbriciolano manco fossero minighiacciolinisbriciolosi al soledelgiappone. Che se non era il sole del giappone non calzava a pennello, ovvio.

 

Biscottini semplici al burro al sapore di The Matcha

*40/50 biscottini circa: (Il procedimento è alquanto bizzarro essendo stato inventato di sana da pianta da me ma il risultato sorprendentemente ottimo): 400 grammi di farina OO, 160 grammi di zucchero, 300 grammi di burro, 5 tuorli, 100 grammi di farina di riso, 5 cucchiai di the matcha (ho esagerato giusto un po’ io). Setacciare la farina. Aggiungere lo zucchero al burro ammorbidito a temperatura ambiente. Aiutandosi con lo sbattitore elettrico amalgamare lo zucchero e il burro fino a formare un composto spumoso. Aggiungerlo quindi alla farina e impastare fino ad ottenere un composto morbido e leggermente elastico. A questo punto unire i cinque tuorli. Diventerà appiccicosiccio e vi verrà anche un po’ da piangere. Niente paura! Accorreranno in aiuto i 100 grammi di farina di riso. Il tutto si trasformerà da ” impasto irrecuperabile maledettagiuliatiodio!” a “impasto perfetto maledettagiuliatiodio!” (odiatemi come è giusto che sia in entrambi i casi). Palla avvolta nella pellicola e in frigo per almeno 30 minuti. Trascorso il tempo stendere la pasta con un spessore di un centimetro circa e ritagliare i biscottini che andranno messi in forno preriscaldato a 180 per non più di 13 minuti. Devono essere di un verde brillante. Se trascorre anche un minutino in più diventeranno verdeboscobruciatoorrendo. Attenzione!

Gnocchi al The Matcha

Inciso: Quando nonna preparava gli gnocchi credevo compisse un’impresa epica. Aggiungere farina ad una patata  è una di quelle cose che si fa più in fretta di aprire una  busta quattrosaltiinbarella.

 Ingredienti per 4 persone: 400 grammi di patate lesse, 1 cucchiaino di sale fino, 180 grammi di farina circa, 4 cucchiai di the matcha

(Dico subito che odio dare indicazioni approssimative ma non posso neanche dirvi la verità, ovvero: 4 patate grandi lesse, farina quanto basta, the matcha come se piovesse echisièvistosièvisto. Perchè francamente ho fatto così)

Dopo aver sbucciato le patate precedentemente lessate in acqua bollente schiacciarle con l’apposito attrezzo, unire il the matcha e la farina. Impastare per bene fino ad ottenere un composto modellabile con le mani dal colore verde intenso. La ricetta prevedeva (da Fashion Food di Csaba) molto meno the matcha ma mi piace esagerare. Formare quindi dei salsicciotti, infarinarli leggermente e tagliare a tocchetti formando poi i nostri gnocchetti. A me piacciono più non passati nella forchetta ma de gustibus. Cuocerli in acqua bollente giusto due minuti e servire con un po’ di salvia, parmigiano e burro fuso o con una leggerissima fonduta di formaggio . Nell’ultimo caso però il sapore particolarissimo del Matcha verrà disperso e non è cosa buona e giusta.

E che un’onda di Spiritualità travolga tutti. E di silenzio, soprattutto.

 

Quattro primi e un funerale del neurone

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Un po’ come la storia dei fichi però credo che questa texture emani fascino con il passare dell’età. Da cariatide quale sono quindi mi ritrovo ad apprezzarla ed addirittura a renderla protagonista della mise en place (così giusto perché Csaba sia orgogliosa di me) di questi ultimi giorni dell’anno ancora impregnati del sapore natalizio (Sono un mostro . In realtà non vedo l’ora di buttare nelle scatole tutto questo ciarpame rosso/dorato e cominciare ad organizzarmi per la Pasqua tra colombine, uova colorate e colori pastelli. Solo il cielo sa quanto detesti il giallo canarino e il verde mela tenue)

La piega sulla  tovaglia mi fa supporre che davvero io sia stanca e che a pranzo non fossi propriamente in me. Mi sono ritrovata più volte a stirare la tovaglia sul tavolo come galateo impone sotto lo sguardo sbigottito di mamma che battendo la mano sulla fronte non smette di ripetere “santo cielo ho creato un mostro”. E’ che mi piace, santa pazienza. Non è un dovere ma un piacere. Questa sindrome da Bree Van De Kamp pervade il mio essere e non viene particolarmente apprezzata qui in casa. Se prima me ne sarei fatta un problema adesso continuo ad affermare che no. Non apparecchierò mai più senza il sottopiatto nel 2011. E’ uno dei miei nuovi propositi. Credevo fosse una roba troppo leziosa e che non collimasse con il quotidiano ed invece mi ritrovo puntualmente a smentire queste assurde convinzioni. Il sottopiatto mi permette di spargere pepe ovunque senza sporcare la tovaglia e di per sè già basta. Pepe? Ebbene sì. Pepe. Fino a pochissimi giorni fa ce la ridevamo di gusto  prendendo in giro la nonna calabrese che a braccetto con la fiera dei luoghi comuni lanciava peperoncino anche nel the e mamma, degna figlia, che con il Pepe ci si fa pure lo scrub. .

 Se la prima volta avevo osato una tirchissima spolverata di pepe nero mi sono ritrovata a dover  macinarlo instancabilmente sfidando i miei tricipiti stanchi. E se mamma è preoccupata perché stiro le tovaglie sulla tavola prima di apparecchiare e allineo i sottopiatti in maniera maniacale lo è ancor di più perché “sai che devo chiedere a Max dove ha preso la pennina per portar sempre con sè il peperoncino?” è il tormentone natalizio 2010. Immagino una piccola dupont rosa colma di pepe da portare nel portafogli.

Sempre in vena di recuperare il tempo perduto mi ritrovo oggi a postare quattro ricette. Esattamente quattro primi piatti fatti pochi giorni prima della Vigilia che ho propinato al Nippotorinese in preda alla spasmodica voglia di fare la pasta fatta in casa. Mi rilassa e ci si impiega sorprentemente pochissimo tempo. Potrebbero essere quattro idee veloci per il cenone di Capodanno a dirla tutta. Tutte le ricette sono indicative per quattro persone. Per la pasta all’uovo fatta in casa, esclusa quella delle tagliatelle al nero di seppia, ho usato la classica ricetta che prevede per ogni 100 grammi di farina un uovo e due cucchiai colmi di olio extra vergine d’oliva circa. Calcolando che indicativamente 100 grammi di farina equivalgono ad una porzione abbondante.

Si vede che sono di fretta eh? Nessun Nano o coniglio o visione onirica preoccupante. Solo un freddissimo diario di bordo (posso stirare pure quello ?) ma fremo dalla voglia di Scalare la montagna di The Matcha che mi hanno regalato a Natale e quello che rimane dei miei neuroni riesce ad elaborare solo pensieri sconnessi del tipo: No prima i muffin al the matcha. No prima la pasta. No prima i cupcake. No prima la crema al burro da servire con i frollini. No. Prima. AIUTO. Ma sono gli gnocchi al the Matcha che hanno qualche chance in più rispetto al resto. Non escludo che abbinerò il lo gnocco matchoso al pepe nero. Così giusto per rendermi ancor più ridicola nella bizzarria d’accoppiamento.

Ravioloni fatti in casa con l’Astice

Ingredienti: 350 grammi di pasta all’uovo fatta in casa, 2 astici (circa 700 grammi ciascuno), trito aromatico (prezzemolo, timo, salvia e rosmarino), 40 grammi di burro, 2 cucchiai di panna, 1 scalogno, 3 litri circa di Court-Bouillon, 400 grammi circa di pesto di broccoletti.

Court-Bouillon (preparato liquido per lessare crostacei e pesce). Si prepara aromatizzando dell’acqua con sedano, carota e cipolla. Si può aromatizzare aggiungendo anche del timo e alloro filtrando a fine cottura tutto.

Pesto di Broccoletti: 500 grammi Broccoli, 1 Cucchiaio Pinoli, 1/2 Spicchio Aglio, 4 Cucchiai Formaggio Pecorino Grattugiato,  Olio D’oliva Extra-vergine, Sale. Preparazione: Lessare al dente i broccoli. Mettere i broccoli lessi nel mixer con aglio, pinoli, pecorino e frullare facendo scendere l’olio a filo fino ad ottenere una crema.

Procedimento Ravioli: Preparare il ripieno innanzi tutto lavando gli astici e lessandoli per massimo 15 minuti nel court bouillon bollente. Lasciarli raffreddare, estrarne la polpa e tagliarla a pezzettini piccolissimi. Sbucciare lo scalogno e farlo appassire con 20 grammi di burro. Aggiungere quindi i pezzettini di astice e bagnare con 2 cucchiai di vino bianco. Quando sarà evaporato, fare addensare il sugo con la panna. Insaporire con un pizzico di sale e una macinata di pepe, spolverizzare con il trito aromatico e quando risulterà tutto ben amalgamato fare raffreddare e procedere alla realizzazione della pasta. Stendere la pasta in una sfoglia sottile, distribuire il ripieno e procedere all’intaglio con la formina prescelta. Fare cuocere i ravioli in acqua bollente per pochissimo tempo, scolarli al dente e innaffiarli con il pesto ai broccoletti mischiato all’acqua di cottura.

Ravioli fatti in casa ai Broccoli con Pesto Fresco

La Farcia di broccoletti è quella di Ducasse: 400 grammi di broccoli, sale grosso marino, 20 grammi di burro, 20 grammi di parmigiano grattugiato,  uovo. Scartare i grossi gambi dei broccoletti e conservare solo le cime. Portare ad ebollizione una casseruola di acqua con abbondante sale grosso marino. Tuffare i broccoletti e cuocerli finché non saranno tenerissimi. Prelevarli con l’aiuto di una schiumarola e raffreddarli immediatamente e strizzarli con forza per estrarre il massimo dell’acqua. Frullare. Far fondere il burro e cuocerlo fino a colorarlo quasi di una nuance nocciola. Versare in un recipiente e fare raffreddare. Trasferire in una ciotola la purea di broccoletti, aggiungere il parmigiano grattugiato, l’uovo e il burro freddo. Mescolare con un cucchiaio di legno e aggiustare eventualmente con pochissimo pepe.

Montaggio Ravioli: Stendere la pasta il più finemente possibile e ritagliare le stelline ( o dischetti se si vuol fare il classico raviolo). Mettere la farcia al centro lasciando libero un po’ il laterale per la corretta chiusura dei ravioli che andrà fatta pressando leggermente ma con decisione i bordi.

Ravioloni alla Salsiccia

Ingredienti: 350 grammi di pasta all’uovo fatta in casa, 2 salsicce da 150 grammi circa, 80 grammi di parmigiano grattugiato, 1 dl di latte, 40 grammi di burro, 40 grammi di mollica di pane, panna da cucina quanto basta.

Procedimento: Preparare il ripieno. Mettere la mollica di pane in una terrina, coprirla con un poco di latte e lasciarla a bagno fino a quando ne sarà ben imbevuta. Privare le salsicce del budello, sbriciolarle con una forchetta e raccoglierle in una terrina. Unire 50 grammi di parmigiano grattugiato, il latte e la mollica di pane strizzata. Mescolare con un cucchiaio di legno fino ad ottenere un composto dalla consistenza omogenea. Stendere la pasta in una sfoglia molto sottile e distribuire sopra a intervalli regolari il ripieno formando i ravioli o usando la forma che più vi aggrada. Portare a ebollizione una pentola con abbondante acqua, salare e fare cuocere per pochissimi minuti i ravioli. Scolarli al dente e trasferirli in un piatto da portata. Condirli con il burro fuso fatto fondere in un tegamino a parte con il parmigiano rimasto e qualche cucchiaiata generosa di panna aromatizzata precedentemente con poca noce moscata.

Tagliatelle al Nero di Seppia al sapore di Lime  e Arancia

La preparazione delle tagliatelle al nero di seppia sembra complicata ma santa pazienza non lo è affatto. Il gusto (mi dicono eh. Perché anche quando non ero vegetariana non ho avuto modo di assaggiarle) è nettamente superiore e non faccio fatica a crederlo. Del resto come potrebbe essere il contrario usando prodotti freschi di prima scelta? L’unico dubbio potrebbe essere giustamente “perché li hai preparati tu Gi” ed io convengo con voi. Chiaramente però si parlava in generale*disse fischiettando.

La ricetta base è sempre la stessa. Per ogni 100 grammi di farina un uovo circa (l’importante che non sia di microscopiche dimensioni) e due cucchiai di olio extra vergine d’oliva. Nulla di più facile poi per ottenere le nostre tagliatelle che ovviamente inserire durante l’impasto del nero di seppia. In questo caso basterà il nero di due seppie di media grandezza che potrete facilmente reperire dal vostro pescivendolo di fiducia. Se il nero di seppia dovesse essere eccessivamente denso basterà diluirlo con un po’ di olio di oliva. Dopo aver impastato come da copione la farina insieme all’uovo inserire senza paura il nero di seppia e continuare ad impastare aggiungendo poi anche l’olio fino ad ottenere una palla. Palla che andrà coperta con un canovaccio e lasciata riposare per almeno un’ora.

Dopo aver proceduto alla stesura della pasta e alla realizzazione delle tagliatelle si potrà preparare l’acqua di cottura dove all’interno saranno state spremute due arance molto grosso e due lime. Le tagliatelle difatti cuoceranno proprio in questa “spremuta” per pochissimi minuti e andranno scolate al dente. Una crema di lime e arancia condirà le tagliatelle insieme a una pioggia di scorzette di buccia e qualche decorazione.

(per la crema di lime e arancia basterà cuocere in una pentolina piccola a parte un po’ di succo di arancia e lime addensato pochissimo con qualche cucchiaino scarso di farina)

Ecco. Dopo i fichi queste ultime diapositive sono la mia ultima fissa alimentare. Dovessero dirmi che al mondo sono rimasti solo: finocchi, arance, mele, iceberg, pepe e fichi secchi sarei la persona più felice del mondo. E broccoli. Santo cielo i broccoli. Chiedo solo questo per il 2011.

E che la regione Piemonte si riprenda il pelato ripagando il disturbo con una montagna di Cri Cri e gianduia di Gobino, grazie.