Eredità della dominazione spagnola la cotognata; straordinaria e indimenticabile marmellata messa nelle fummi (forme). È buonissima anche da spalmare quando ancora troppo tempo non è passato. Nonna è ancora lì con un pentolone enorme che gira, sorride e versa.
La cotognata *sospiro*
Per la cotognata non mi basterebbero 5000 battute (al minuto). Nonna Grazia la faceva. Lentamente con le sue formine disegnate: il sole, la luna, i ghirigori delle maioliche e pure svariati fiori. Mio papà andava matto per la cotognata -e la mostarda di uva e fichidindia- e mi diceva sempre “Amore mangiane un pezzettino”. Io, che ho sempre voluto somigliargli perché non riuscivo a immaginare niente di più bello, ne prendevo un pezzettino piccolissimo e dicevo “uh! Buonissima!”. Papà che mi conosceva bene, anche più di me stessa, sorrideva. Sapeva benissimo che non mi piaceva affatto e che la trovavo troppo dolce. E allora non insisteva neanche per un altro pezzetto. Ho visto fare cotognate e mostarde per una vita intera e l’ho sempre e solo mangiata quando papà me ne offriva un minuscolo pezzetto. Il cotogno viene citato da Catone, Plinio e Virgilio e pure dai Babilonesi. Viene da terre lontane il Cotogno, e fa frutti un po’ strani a metà tra una mela e una pere, tutti bruttarelli e pelosi. Non puoi mangiarli così, senza cuocerli. E allora con dei limoni e dell’acqua li fai bollire e deve sapere anche di gelsomino, sai? Ancora meglio. Cuoci a fuoco basso e poi per due o tre ore si deve abbracciare con il sole.
Adesso che papà non c’è più nessuno mi dice “Amore mangiane un pezzettino”. E allora lo faccio da me. E mi piace. Ma stavolta non me ne sono convinta. Il primo pezzetto lo mangio piccolo piccolo con la faccia un po’ corrucciata perché troppo dolce. So che papà sta sorridendo a quel punto. E poi il secondo e terzo pezzetto li mangio convinta e felicissima.