La cosa che si nota prima guardandolo sono le labbra. Sono carnose e gonfie. Il labbro superiore è leggermente più piccolo mentre quello sotto esplode, proprio come le mie. Si incurva in giù. Ha un naso dritto e fiero che sembra uno scivolo che se non esistesse la forza di gravità ti farebbe cadere dritto dritto nei suoi occhi sempre lucidi, vivi e furbi. Ha le spalle larghe e cammina dritto con le sue gambe scolpite da allenamenti e l’alluce e l’indice dei piedi un po’ uniti. Si ostina ad asciugarsi i capelli anche se ce ne sono pochi e sono ricci, come i miei. E come i miei li ha sempre desiderati lisci. E allora ti racconta di quando a diciotto anni il suo sogno era diventare parrucchiere. Un parrucchiere famoso con i capelli lisci. Possibilmente folti e lunghi.
Ha un broncio enorme e sembra sempre arrabbiato. Ride poco e con piglio da leader riesce sempre a coordinare, sistemare, organizzare e accentrare su di sè l’attenzione. Lo fa in modo bizzarro e il più delle volte proferisce vaneggiamenti assurdi e irrazionali che però poi a ben pensarci sono talmente geniali e irreali che cominci a credere che abbia davvero ragione. Poi i fatti lo dimostrano e ti rassegni. Una vita difficile perchè ne gestisce di altre.
Beve succo con polpa di pera mentre mangia salmone e può chiederti un po’ di succo di arancia mentre mangia la pastina con poco brodo perchè altrimenti se ce ne è troppo ti fissa, ciondola un po’ la testa e fa la sua classica faccia di disappunto. Non soffre di acidità quindi e si stupisce quando qualcuno gli fa notare che su un biscotto della philadelphia, un’acciuga e della ricotta salata potrebbero essere un abbinamento insolito. “Non facciamo filosofia” . Mangia due chili di pesche per stare leggero. Gli piace da impazzire il gelato e lo yogurt. Vivrebbe di gelato e yogurt. Allora fa le giornate di solo yogurt e frutta e poi a mezzanotte si alza e si fa un panino. E se poi ha finito la vaschetta di gelato non c’è da preoccuparsi perchè no. Non è stato lui. Non ha mai cucinato e fatto un caffè e quando ha scoperto che la moka si apre ha fissato il vuoto sostenendo “incredibile. Dove siamo arrivati eh?”. Ha un ufficio confuso con mille appunti e dietro di lui una gigantografia di sua figlia con un cerchietto di piume in testa. Si gira e ti dice “hai visto quanto è bella l’amore mio?”. Non ha chiamato amore mio nessun’altra se non sua figlia per una questione di principio, dice. Perchè vive per questioni di principio che dimentica dopo due minuti. Gira con un ipad e un iphone e crede che ormai sia tutto touch tanto da toccare qualsiasi cosa sfiorandola per poi girarsi e dire ” ma non è touch?”, parecchio infastidito. E allora dici “no . Il citofono non è touch”.
Era un falco e leggeva a distanze chilometriche ed anche adesso che non vede più bene si ferma davanti ai cartelli e tenta. Ti dice cosa vede e poi soddisfatto, quando la risposta è affermativa, mette la mano in tasca e tronfio va via. Abbatte muri incessantemente e costantemente. Costruisce e disfa. Alza e abbassa muri. In un’eterna confusione non finisce mai quello che inizia e non ha mai tempo per spiegarti cosa ha in mente e anche se superficialmente gli altri credono che lui non lo sappia è l’esatto contrario. Dopo che ha fatto quaranta chilometri saltella sino ad arrivare al tetto e dice che è “un ariddu”, che in siciliano significa grillo. E quando sua figlia pensava che ariddu fosse l’anguilla invece di ridere le ha spiegato la differenza tra anguilla e grillo; ovvero che l’anguilla si mangia a natale ma a lui non piace e il grillo è quello che a mare non mi faceva dormire d’estate. Perchè lui ha sempre spiegazioni esaustive per sua figlia. E corre corre corre. E allora poi si toglie la maglietta e la strizza. Come un bimbo guarda quanto sudore è uscito e dice “impegno. occorre impegno”.
Si infila in una vasca da bagno e sta lì sotto l’acqua per un minuto. per due minuti. per tre minuti. per quattro minuti. per un’eternità e poi ti racconta di quando era piccolo e sognava di essere Maiorca che in apnea era arrivato ben più di cento metri sotto il mare. Sua moglie una volta, appena sposati, vedendolo dentro la vasca completamente sommerso e immobile cominciò a gridare credendolo morto. Serafico le spiegò di calmarsi e che la vasca in casa serve solo ad una cosa: allenarsi per l’apena. Ti racconta dello squalo alle Maldive passato accanto a lui. E del delfino dalla barca. E dei tuffi e delle chiese a Rio. Ti parla della maratona di New York e degli abissi delle Maldive sino ad arrivare alla tenda in Kenya. C’era un elefante altooooooooooo altoooooooooooooooo. E poi lo hanno portato a vedere la carne che aveva appena mangiato in un buffet e sembrava un ratto gigante. Ma non puoi offendere il cibo delle altre popolazioni. Stai zitto, sorridi e mangi. Quando sua figlia aveva tre anni entrava in casa, si buttava a terra e diceva “roaaaaaaaarrrrrrrrrr sono il leone”. E faceva il leone. Poi il ghepardo. Poi il leopardo. Sempre animali veloci, scattanti, leader. Mai una volta il coniglio o il gatto o la mosca. Perchè lui è sempre stato solo e ha dovuto sempre fare tutto da solo. E allora non è potuto mai essere un coniglio vissuto a spese del papà ma un bambino che a nove anni ha dovuto rinunciare ad andare a scuola e cominciare a mettere massi su un carretto.
Poi a scuola c’è andato e si è pure comprato una Fulvia. Uh, la Montecarlo bicolore rossa e nera. Ti racconta che non dormiva per raccogliere e pensare perchè sua figlia avrebbe dovuto avere tutto. Tutto quello che lui avrebbe voluto. Non ha mai portato la fede e nessuno gliel’ha mai rimproverato. Ma la fede l’ha portata nel cuore tornando ogni sera nella sua casa con la sua donna e la sua bambina. La rassicura dicendo che mai avrebbe voluto un maschio e che se avesse dovuto immaginare la figlia perfetta sarebbe stata esattamente come quella che poi ha avuto. Quando ti abbraccia si ha davvero poca paura che possa crollare giù il pianeta terra perchè c’è lui. Possente e forte. Un giorno a mare mentre nuotava con sua figlia le ha detto: ” appoggiati se sei stanca” e così lei fece. Dopo neanche tre minuti poggiandole una mano sulla testa la mandò giù sotto l’acqua. All’improvviso. ” Aspettati sempre l’imprevisto amore mio. Anche dalle persone che ami”. A volte dà di matto e una luce pericolosa gli si accende negli occhi. Quella del predatore quando il suo territorio viene violato. Perde la ragione e come un animale in gabbia diventa difficile gestirlo. Poi però gli dai un cioccolatino e mentre ne scarta un altro si infastidisce perchè ne vuole ancora un altro e un altro ancora. Si riempie le tasche e poi quando ha finito frigna sulla bilancia dicendo “da domani dieta”. Ha corteggiato la sua donna lasciandole un anello sopra il banco di una lavanderia. L’ha fissata negli occhi ed è andato via. Quando litigava con la fidanzatafuturamoglie cambiava il colore dei cerchioni della cinquecento per poterla pedinare ma lei sapeva che era lui. E una cinquecento con i cerchioni rossi non era poi una bella idea. Poi ha pensato di dipingere la macchina e cambiarla. E il regalo che le ha fatto, il più romantico e unico, è stato il disco dei camaleonti con rose rosse per te ho portato stasera. Entra in un concessionario di auto e ne compra una. Quando gli si fa notare che è assurdo e potrebbe aspettare ti invita a riflettere sul fatto che non c’è tempo per aspettare ma per agire.
Ha inventato una discoteca sotto le stelle quando aveva diciotto anni. In una specie di stalla riuniva tutti e ballavano. Aveva un completo bianco un po’ alla Travolta che lo faceva sentire terribilmente affascinante e allora con fare da bulletto racimolava conquiste per poi tornare da lei. Una donna che ha pianto dieci anni perchè si era convinto che no. Non si sarebbe potuto sposare in chiesa; giusto per andare controcorrente e nulla più. Quando scrive sta attento a non fare grosse sbavature e se sbaglia strappa il foglio e ricomincia. Nonostante sia irrimediabilmente disordinato e casinista ha un suo ordine preciso e quindi ha trenta quaderni tutti iniziati e mai finiti. In maniera autistica fa calcoli matematici e percentuali, divisioni e moltiplicazioni sono risposte che dà senza neanche pensarci. E’ stato un uomo sfortunato perchè attorniato sempre da gente falsa, opportunista. Dei sanguisughe senza sangue e sentimento che ne hanno solo approfittato. Questo è quello che mi dispiace di più. Il fatto che non abbia mai avuto degli amici veri; nonostante lui continui a sostenere il contrario ed io mi senta ormai in dovere di tutelarlo. Teneva le sigarette in macchina per offrirle ma non ha mai fumato. Apre le porte alle signore e offre sempre cene, pranzi e colazioni. E’ inarrestabile nel dare e restio nel ricevere. Ha trascorso un’intera esistenza per essere un eroe. E lo ha fatto per sua figlia. Che è il suo primo e ultimo pensiero. Che è il suo unico motivo e vanto.
Ho pochissime certezze in vita mia ma una è che sono figlia di un uomo non come pochi ma unico. Ho l’onore di chiamare papà un colosso di genialità e purezza d’animo disarmante. La responsabilità di essere figlia della sua grandezza non mi grava ma diventa motivo, l’unico, di orgoglio della mia esistenza. Combatto giornalmente per una dipendenza psicologica dal suo cognome ma mi riempio la bocca quando dico ” sono figlia di Turi Guardo“.
Perchè Turi mi fa ridere ed io lo chiamo così.
Oggi è il suo compleanno.
(Nella foto qui sotto tutti tutti dicono si veda quanto straordinariamente gli somigli. Lo credo fortemente anche io)
Nelle foto culinarie c’è “il dilemma della scuma”. In realtà la scuma nella sicilia orientale ( perchè in quella occidentale è cosa completamente diversa e durante il periodo Pasquale la cucinerò appositamente perchè merita) è una sorta di minestrina fatta con degli spaghettini esilissimi ancor più piccoli del numero uno. Una casa produttrice locale la confezione per gli indigeni del luogo ma ahimè non sono riuscita a reperirla. Papà in questo mix imbarazzante di confusioni tra scuma-spaghettino numero uno- capelli d’angelo ama e non poco mangiare questi fili piccolissimi e impercettibili. Anche solo con un filo di olio. Perchè gli ricordano la semplicità della sua casa. Della sua gente. Del suo ambiente. Quando c’era un piatto di pasta per le grandissime occasioni ed era festa.
Perchè sì è la norma che lo fa dare di matto. La ricotta fresca salata sulle melanzane fritte che incontrano la pasta e si amalgano nel tripudio estremo di siculinità ma con lo spaghettino che gli ricorda un po’ la scuma e la semplicità della sua vita diventa tutto una festa.
L’altro giorno era raffreddato e stava un po’ maluccio; come la sottoscritta ama terribilmente lamentarsi e approfittare un po’ della situazione. Con quel sorriso, che riserva solo a me, a tratti un po’ infantile mi ha detto “quando stavo male la mia mamma faceva la scuma. Ma non sempre eh! Si sognava un piatto di pasta. Ma quando stavo male mi faceva sempre la scuma”.
“Vuoi che ti prepari la scuma, papà?”
“Ma io non sto male. Io ho te”.
Vivo di questi momenti e non raramente. Condivido la mia vita con lui, le sue assurdità e geniali follie. Vorrei abbracciare quel bambino che sognava la scuma tutti i giorni e prepararagliela in un infinito perpetuo fino alla fine dei mondi e dei giorni. Spiegargli che non si può essere migliori di come lui è stato con me. Strapparmi gli occhi e donarglieli. Rinunciando per sempre a disegnare, fotografare e scrivere se fosse necessario anche solo per un attimo a dimostrargli quanto io sia giornalmente grata nonsoneancheioachi per avermi riservato l’onore di essere sua figlia.
Ti amo Papà.
E due appuntini veloci in cucina considerato che oggi trascorrerò l’intera giornata con Turi e quellamatta dell’amore mio che credeva fosse morto nella vasca.
Non ero a conoscenza della versione sicula di wikipedia. Cerco scuma e trovo questo: “La scuma è n’aggrigatu nstàbbili di bulli d’aria prisenti supra la superfici d’un lìquitu”, e altro.
In effetti “la scuma” in sicilia è innanzitutto la schiuma, ma a ben specificare pure la bava (potevo evitarmela, già). Scuma però è anche questo tipo di pasta. Come in tutte le regioni vi è una maternità di diverse tipologie di pasta. Una su tutte gli anelli per i famosi timballi, citati anche nel Gattopardo sino ad arrivare a dei maccheroni enormi con cinque buchi tipici del carnevale; che poi ogni pasta prenda un nome diverso non è rilevante ai fini delle forme perchè che sia un maccherone o un maccaruna o che sia un rigatone o un cannaruzzino poco importa. Secondo ricerche un po’ approfondite insomma ci sarebbero da segnalare in primis questi due tipi di pasta: la scuma e gli anelli.
Gli anelli, che presto saranno protagonisti di molte variazioni sicule qui, sono diventati sorprendentemente un tipo di pasta molto apprezzato dal Nippotorinese che di solito elogia da bravo piemontese il ricco agnolotto.
La scuma in sostanza si prepara con una sorta di spaghettino simile ai capelli d’angelo. Deve essere spezzata a metà e fatta in brodo. Servita poi con parmigiano o pecorino siciliano grattugiato. Così. Semplicemente e senza pretese. Io invece non ho fatto la scuma ma spaghettino numero uno e non ho messo il brodo ma asciuttoasciutto con parmigiano.
La domanda sorge spontanea: ma allora cosa diavolo stai dicendo da tre ore?
E che ne so io !?