Ricette Vegetariane e Vegane

Il bento con la pasqua al pistacchio

Non è affatto semplice il movimento. Lo storyboard e.

E non ho alcuna nozione tecnica e voglia di aprire un tutorial. Aninare Mag è la massima espressione del mio sogno. Le difficoltà sono immense perché in primis il tempo scarseggia. Sì, bisognerebbe abbandonare qualcosa mi dicono ma. Ma io non riesco a dirmelo. Quando accadrà e sentirò dalla mia voce il consiglio potrò valutarlo ma non prima. Da ieri lavoro incessantemente al movimento del cucchiaio dentro una pentola. Ho sempre chiamato Fermatempo la mia macchina fotografica e l’operazione è proprio quella. Cercare disperatamente di fermare il tempo in ogni singolo frame. E’ incredibile come, alla vecchia maniera e solo con la matita senza l’ausilio di programmi tecnologici e vettoriali, sia apocalitticamente pazzesco far muovere. In uno stop motion le idee. Solo che nell’iperuranio sono fisse. Immobili. E. Muoverle. E’ possibile?

Poi però quando la vedi, tutta bianca e nera, che comincia a stento a girare un cucchiaio. Ti fermi. Fissi il monitor dove nel nero dello sfondo ci sono io io riflessa con il mio pallore. E gli occhi fanno meno male. Proprio come la testa. Ma. Sono le dodici e dodici e qui si parla di cibo, ordunque si comincia.

Quando  il Nippotorinese è venuto ad abitare qui in Sicilia accoglieva con entusiasmo l’idea della Pasta con il Pistacchio. La prima volta un gran sorriso e conseguente abbuffata. La seconda volta un gran bel ritorno di gusto e di nuovo grande sorriso e abbuffata. La terza volta la lasagna al pistacchio ” ah pure la lasagna!” e la quarta con i cannelloni e prosciutto ” uh e pure i canneloni con il pistacchioi? “. Alla 230492’043920’4920’34920’4392’4.ma volta dopo la Sagra del Pistacchio a Bronte ancora non ne aveva abbastanza e sorrideva e.

Fino ad arrivare ai giorni nostri quando al solo sentire ” Pasta al Pistacchio?” la furia omicida si scatena incosciamente. E’ come la nenia che ascoltava l’assassino in Profondo Rosso. Bastava ripercorrere la violenza subita con quella determinata scala musicale e scattava nel subconscio la voglia di uccidere. Pasta al pistacchio è la colonna sonora che nel Nippotorinese fa scattare la molla: uccidi il siculo che ha proposto la Pasta con il pistacchio.

Oh perché noi non ce ne rendiamo mica conto ma con i cannoli, la cassata, la cuddura, la pasta con le sarde, la sarde a baccafico, l’insalata di arancia e tutte le preparazioni con gli agrumi HANNO STRAROTTOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO.

Basta santocielo Basta! BASTAAAAAAAAAAAAAAA (lexotan , please) 

Capisco per certi versi l’entusiasmo di far mangiare all’algido nordico delle cibarie autoctone ma santo cielo sono passati otto lunghissimi anni e il poveretto non ne può più. E’ come se ogni volta che andassi a Torino mi sfondassero lo stomaco con la finanziera, i baci di dama, il fritto misto alla Piemontese, le noccioline di Chivasso e le tegole di . Ok parto per Torino subito.

Escluso il fritto misto alla piemontese e la finanziera, che il cielo mi perdoni, io quasi quasi mi farei seviziare culinariamente da qui fino alla fine dei miei giorni ( no vabbè ma quanto sono buone le noccioline di Chivasso? e i Cri Cri? regia passami l’asciugabava!)

Con entusiasmo il nordico si cibava di pesce spada. Fritto, con limone, sulle foglie di arancia, a cotoletta, dentro il tramezzino, con i pomodoro di pachino, con i pomodori di Caltanissetta, con il sugo di portopalo, con la pasta alla trapanese, dentro il cannolo salato. Pure la cassata con il pesce spada  il pistacchio e con il condimento di mandorle di Avola. Pure la granita di pistacchio con il pesce spada e la cassata dentro il cannolo. TUTTO. Gli abbiamo propinato di tutto e i due alimenti in effetti più gettonati sono stati: pesce spada e pistacchio. Quest’ultimo infatti essendo portabandiera nel mondo ed essendo il prodotto locale nella zona del Catanese più d’elitè ( se si tratta naturalmente della specie suprema e non di sacchetto-salato-iraniano) lo si elabora in tutti i modi. Pure il sapone ci facciamo. Lo shampoo e la crema abbronzante.

( Quando ho letto Zeta mi sono sentita in colpa. In terra Elvetica a fare carne e pistacchio. E’ colpa miaaaaaaaaaaaaaaaa. Peddonami)

Per dire insomma che se prima al pelato piaceva il pistacchio e il pesce spada adesso solo a sentire le iniziali gli piglia male. A volte quando dico ” Pi….” indietreggia dicendo ” NOOOOOO PISTACCHIO NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO” e incrociando le mani come fosse l’esorcista ed io Linda Blair.

“Pi….er. Stavo dicendo Pier”.

Che tenerezza. Quando ho preparato questo bento con la pasta al pistacchio perché mi sono ricordata che non vi era mica una ricettina velocissima con questa frutta secca, ha implorato un commovente ” no. Non ricominciamo con la pasta al pistacchio”.

Tutto è bene quel che finisce bene. Mamma si è immolata e l’ha mangiata per lui mentre il tenero forestiero si è cibato dei biscottini di frolla con la marmellata di limone che qualche settimana fa ho realizzato insaporendola in onore del Nippotoriense con della buonissima radice di zenzero fresco. Una vera leccornia, mi dicono. Ed io come faccio a non esserne entusiasta?

Per questo bento quindi propongo una semplicissima pasta al pistacchio di Bronte accompagnata da un uovetto coniglioso che per Pasqua non può certamente mancare e dei gherigli di noce antitumorali che fanno sempre bene.

Ma come si fa davvero la pasta al pistacchio? La catanese ( Cataniapeddonami!) poco doc ve  lo spiega male, tranquilli !

Beh ci sono diverse correnti di pensiero. Chi l’allunga con la panna e chi con la besciamella ( versione moderna) e chi come nell’antichità ( quanto mi piace dire “nell’antichità) frulla semplicemente dei buonissimi pistacchi di Bronte riducendoli in polvere per poi tostarli leggermente e allungarli pocopocopoco con dell’acquetta di cottura dove è stata tuffata la pasta. Certamente la versione besciamella-panna diventa può saporita e cremosa e anche un po’ gourmet ( dipende dai punti di vista) ma qualora si volesse proprio andare nel rustico siciliano beh  è una semplice spolverata di polvere di pistacchio. L’oro verde. Come si fa del resto nella classica preparazione famosissima siciliana della Pasta con la mollica; che manca pure in archivio e santapizzetta devo rimediare anche a questo. Ho usato i piccolini della Barilla che confesso ultimamente mi hanno conquistato. Le farfalline sono adorabili e si prestano benissimo ai disegni . Perché non è normale scegliere la pasta a secondo di come si presta all’obiettivo e all’elaborazione di disegni? Ma per favore. Riflettiamo, suvvia.

L’uovo coniglio vabbè. Mai più un uovo sodo che non sia nelle più disparate forme. In realtà avevo organizzato dei post con pseudo-spiegazioni veloci giusto per tre basi fondamentali sul bento, solo che mi riesce difficile in questo momento anche soltanto immaginare di infilar dentro la rubrica del bento. Il delirio Pasquale è in piena attività ed io stessa faccio fatica a seguirmi. 

Mi fermo davanti lo schermo e dico ” ah bella questa ricetta. Di chi è?” e sono su www.gikitchen.it . E poi continuo ” ma chi è questa cretina con le labbra protese e il cerchietto di piume che parla di nani e uova coniglio?”.

Dopo un quarto d’ora capisco, però. Roba da andarne fiera.

Il Primo Bento Pasquale ordunque è una semplicissima elaborazione con pasta al pistacchio, gherigli di noci giusto per salutare l’inverno e un uovetto coniglioso adattabilissimo al periodo. Si chiude poi con la frolla e la marmellatina fatta in casa di limoni di Sicilia e Zenzero dinonsodove.

I biscottini sono gli stessi di qualche post fa e per la ricetta basta cliccare qui >>>. Frolla tra l’altro che benedico ogni giorno. Si conserva benissimo nella latta e rimane friabile e gustosissima. Perfetta davvero per le formine e per basi crostatine.

La risposta alla domanda: ” primo bento pasquale? uhm. Perché ce ne è un altro?” . Eh sì. Ce ne è un altro ed esattamente alle 21:21 di oggi, in una versione conigliosa pink terribilmente kawaii.

Perché sì. Generalmente qui è tutto in bianco e nero ma non tarderà ad arrivare una primavera dalle nuance pastello accecanti. C’è voglia di colore. Tanta, davvero tanta.

La Rubrica CuciNano è partita ufficialmente sull’angolo nanoso www.gardengnome.it ; che non si dica io abbia abbandonato il grande progetto della mia misera esistenza. Resta da capire adesso che finitura esatta debba avere la corteccia e il gioco è fatto.

Resta da capire poi che lingua usare. Userei la la nanolingua ma non è comprensibile, ahimè. ai più.

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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