Ricette Vegetariane e Vegane

Thank You for Everything – Hisaishi (Hana-Bi)

Per le polpettine di gamberi con salsa di yogurt e menta ne parliamo un’altra volta che mi sono un po’ commossa, per favore?

E poi venne il giorno che il Nippotorinese compì gli anni. Saltuariamente gli ho dedicato parole “vere”. Il blog di maghettastreghetta, esclusivamente rivolto alla mia vita in versione fumetto, è nato nel 2004 e una delle prime pseudovignette rappresentava proprio lei di spalle che guardava il cielo e un aereo che volava via. Corrispondeva al nostro primo incontro. Non c’è stata vignetta da allora, qualsiasi tipo di tratto intendo, che non sia stata dedicata a Pier. La difficoltà di chiamarlo così in tutta la sua essenza e interezza è sempre grande. Istintivamente le dita ticchettano Nippotorinese e non è voluto o studiato ma quando esce fuori Pier. Lo lascio. Non torno indietro ma mi fermo e. Sospirando ripeto “Pier”.

Ricordo tutti i pochi post in cui l’ho chiamato Pier. Ne ricordo uno in particolare dove ci amiamo nei secoli vestiti da Rivoluzione francese sino ad arrivare a tute di amianto nel 2231. Ricordo quello in cui siamo seduti su una mano in mezzo a un oceano. Ricordo la vignetta di Lullaby dei Cure mentre un ragno mostruoso mi uccide e lui. Lui mi salva. Ma quello che è stato espresso e che ora è ricordo è una percentuale bassissima dell’essenza di Pier; che chiaramente umano non è.

Chi ha avuto l’incredibile fortuna di averci a che fare non ha potuto che innamorarsene e rimanere abbagliato dalla sua personalità eterea, irreale, sovraumana. Pier si muove lentamente. Quello che lo stolto visivamente può identificare come delicatezza eccessiva è in realtà una presenza regale. I suoi movimenti lunghi sembrano il rallentatore di un direttore di orchestra pronto a fare un solfeggio difficilissimo. Una danza nipponica quando il vento è forte e soffia su petali di fiori di pesco e un colore irreale dai tratti rosa, verde, viola, azzurro, bianco, mare, terra, aria e sangue ti pervade. Pier non danza perché non smette di farlo tra le musiche di Hisaishi e ti fissa. Ti fissa con quei due pianeti luccicanti che nascondono alieni marcianti tutti con gli occhi a mandorla.

Il suo viso incredibilmente lineare e spigoloso sembra un vulcano maestoso su un paese piccolo. Una testa enorme che sovrasta il resto. Dentro ci sono nozioni, filastrocche, ricordi e danze di conoscenze. Non concede perlustrazioni a nessuno, neanche a se stesso.

Quello che non ho mai detto di Pier, seppur velatamente, è in realtà la realtà. Ho nascosto, trasformato, rielaborato e inventato in altro modo quello che lui è stato in questi anni. Per non dare in pasto al qualunquismo il concetto dell’amore nell’accezione più profonda. Per rispettare la sua voglia di discrezione che contrasta fortemente con le mie velleità artistiche ed egocentriche. Quello che ho sempre nascosto, pur essendo lampante, è che la mia vita dipende da Pier.

Sono nata il 4 Novembre del 2004 quando l’ho visto per la prima volta. Sono morta il 4 Maggio del 2010 quando l’ho visto per l’ultima volta.

Sono resuscitata il 17 Aprile del 2007 e nella fine di Maggio di quel 2010 quando mi è venuto a riprendere da terra, ossa, sangue, morte e putrefazione. Pier mi ha dato la vita. Mi ha perdonato quando me la sono tolta sputando su quello che di più bello potessi sperare, ovvero lui, e mi ha permesso di rinascere quando il verbo “permettere” lui non lo direbbe. Perché Pier è immobile lì accanto. Che mi incoraggia senza prendere i meriti che sono chiaramente suoi. E’ seduto su una pietra nell’oceano che guarda le mie incessanti danze sulla riva del mare. Mentre lotto con i pinguini freddi che mi beccano. Mentre mi tuffo nuotando con i delfini sorridenti. Mentre guardo in giù e vedo la mia pancia penzolante e grido di dolore.

Non si muove Pier da quella pietra. Abbassa lo sguardo dispiaciuto. Lo alza sorridendomi. Muove le mani per incoraggiarmi. Le ferma per. Fermarmi. Ma se non riesco abbassa di nuovo lo sguardo e attende che il grido guardando il mostro si trasformi in una danza sorridente con i delfini.

Non ha influito in nessuna delle mie scelte ma al contrario è stato lì ad osservarle in silenzio. Senza criticarmi e lodarmi ma cercando di fare quello che nessuno mai aveva perso tempo a fare: educandomi. Facendomi scoprire la rinuncia e la gioia di una vittoria dopo il sacrificio.

E’ stato lì a guardarmi strafogare di cibo piangendo. E’ stato lì a fissarmi mentre il cibo lo guardavo ma non lo toccavo. E sta lì girandosi piano. Mangiando in  bellissimi piatti fotografati dopo che i complimenti sono arrivati. Con il tovagliolo in coordinato alla mia destra gira un po’ la testa. E sorride. A volte piange. Ma non si fa vedere Pier che non ha lacrime. Piange semplicemente schiudendo un po’ quei pianeti verdi. Lo fa in silenzio, forse e non lo so.

E’ stato lì ad accarezzarmi la testa mentre un tubo infilato dal naso arrivava alla gola, cambiando una sacca che mi alimentava. Dicendomi che ero bellissima. Che se avessi voluto smettere avrei potuto. Che se avessi voluto cominciare poi avrei potuto. Che se avessi voluto qualsiasi cosa l’avrei ottenuta. E’ stato lì a dosare polase, medicinali, ascoltare medici, correre con me e fermarsi. Tuffarsi all’alba e annegare nell’ombra. Ha rinunciato ai viaggi, ai sogni e alle speranze di quello che tutti volevano per lui. Quello che era giusto per Pier, se un giusto esiste, era una vita di successi in giro per il mondo parlando tutte le lingue e soprattutto la sua, quella che conosce e che si venera, ed invece.

E’ rimasto qui. Per donare la vita a me.

Ha rinunciato e preteso che anche io potessi essere in grado di viaggiare con lui prima. Perché Pier mi sta aspettando. E ogni volta che inciampo e mi spacco un po’ la faccia per terra va lì. Nell’armadietto dove ci sono i suoi medicinali magici e arriva con cotone, disinfettante, cerotto e. E mi guarisce.

Pier merita un libro per la descrizione di Pier e lo avrà. Ma Pier merita anche una persona migliore di me ed è per questo che giornalmente fatico e perseguo l’obiettivo di guarire. Mettendo panda, orsacchiotti e gattini tra un riso al curry e zucchine e delle polpettine con i gamberoni che tanto gli piacciono. Per questo uso queste scatolette di bento originali che provengono dai suoi viaggi. Per questo mi guardo allo specchio con la speranza di poter esser  bella per lui, anche se quello che vede di me non l’ho capito.

Che fossero 140 chili. Che fossero 59. Che potrebbero essere 289. O 29 come nelle mie speranze, Pier riesce a vedere qualcosa per cui giornalmente mi sforzo di cercare anche io.

Il germe dello smisurato senso di colpa di avere troppo è stato alimentato per certi versi avendo avuto l’incredibile opportunità di avere nella mia vita Pier.

Quando ero ad Aviano e Agata era senza capelli con la parrucca poggiata sul comodino siamo entrati. Io e Pier. Con i camici. Dopo esserci lavati le mani. Le sono andata incontro trattenendo le lacrime. E lei lo sapeva. E ho cominciato a dire una serie di assurdità tali da farla scoppiare a ridere fortissimo. E. Quando è arrivato Pier, lei mi ha fissato e ha detto:

“Pier è un dottore. Solo a vederlo ti senti bene. Ti senti guarita. Vero Iaia?”

E’ riuscita a lasciarmi dei messaggi in codice o forse sono solo io che ho li ho trasformati per renderla sempre parte di me. Ma. Agata con la sua morte, dolore e disperazione ha lasciato un testamento che non straccerò ma rileggerò ogni santo giorno. Perché la lotta non abbia fine. Perché la salvezza sia perseguibile anche se poi bang. Muori.

Sì Agata. E’ un dottore. Avevi ragione, patata. Pier è un dottore che riesce a guarire. E indossa la tua maglietta “Versace n’artro litro” con il romano che tanto ti faceva  ridere e che lui da buon nordico detesta con moderazione giusto per ridere sui luoghi comuni e sulla funicolare dove Max ci porterà.

Per il compleanno di Pier il mio regalo sarà: sforzarmi di non vedermi come mi vedo io e tentare disperatamente anche solo per 24 ore di vedere una sola parte di quello che vede lui. Per renderlo felice. Per renderlo libero.

Perché è incredibile essere consci del fatto e aver avuto finalmente l’epifania che se Pier non ha mai voluto un regalo era proprio perché desiderava che capissi quale fosse davvero il suo desiderio più grande:

quello di vedermi giusta per lui.

Smetterla di diventare altro credendo di non essere all’altezza. Smetterla di perdere parti di me come se si potessero annientare. Smetterla di punirmi perché non ho colpe se non essermene inventata qualcuna.

Auguri vita mia. La senti?

E’ Thank you for everything di Hisaishi.

Io però, pur sapendo che non è elegante farlo, un sassolino dalla scarpa voglio proprio togliermelo. Semplicemente perché mi va, contravvenendo quindi al mio modus operandi. Giusto per star bene. Lavoro quotidianamente e incessantemente per farlo  e quindi perché non approfittarne con questo piccolo esercizio?

 So purtroppo che inutilità non degne neanche di un mio pensiero mi leggono. C’est la vie. Un piccolissimo prezzo da pagare c’è e il mio è quello di mostrare una parte di me a chi non vorrei. Quelli che  nel reale hanno abusato e violentato il mio io con la loro stupidità, insulsaggine e vergognoso qualunquismo. Quelli che nel reale ho dovuto subire per la mia maledetta educazione ma che ho finalmente potuto mandare in un luogo buio e insulso adatto a loro;  dove posso accendere qualche volta una lucetta, ricordarli e ridere. Guardandoli nella loro piccolezza e prendendoli ad esempio per discussioni su bassa valenza morale, stupidità reiterata e varie ed eventuali.

A quelli che hanno creduto che Pier avesse guardato altro quando ero una ragazza malata e obesa ma ricca adesso va il mio sorriso caritatevole. Poveri inetti destinati a una vita semplice che deriderebbero anche quei dolcissimi e  intelligentissimi cricetini in gabbia sulle ruote.

Pier e io siamo ricchi entrambi. Da sempre. Di:

Cervello e Cuore.

Un  superenalotto non basterebbe per un acconto infinitesimale di uno dei due, per quanto vi riguarda. E ora su, tutti nella stanzetta buia a luci spente che devo festeggiare con gli amici che mi sono scelta e non sono capitati come meteoriti impazziti.

Tutti via su, che i palloncini devono volare, la musica suonare, e le risate devono sentirsi. Fortissimo.

E non le ho pagate quelle risate come è successo con voi che avete un prezzo. Basso e in periodo di saldi.

Sono gratis.

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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