Ingredienti per 6-8 persone:
- 250 grammi di zucchero
- 1litro di acqua
- 80 grammi di frumina
- la buccia e il succo di quattro limoni verdi grandi di Sicilia non trattati
Lava accuratamente i limoni e asciugali per benino. In una ciotolina raccogli la buccia grattugiata senza la parte bianca amara mi raccomando e in un’altra il succo (oh! Ti ho visto che lasci i semini! Non si fa!). La scorza devi lasciarla per una notte in infusione nel litro di acqua ed è per questo motivo che devi essere strasicurisssimo che la scorza non sia trattata in quanto potrebbe rilasciare tutta l’immondizia (senza girarci tanto intorno) nel tuo splendido gelo. Una volta trascorsa la notte filtra l’acqua dalla scorza e aggiungi lo zucchero. Poi pian piano la frumina facendo ben attenzione a non formare grumi e girando per bene. Metti questo sciroppino sul fuoco e prima che raggiunga l’ebollizione aggiungi il succo di limone (dove non ci sono i semini, sì). Cuoci sempre girando per almeno tre minuti a fuoco più dolce e poi versa negli stampini, bicchierini, ciotoline che preferisci. Il gelo deve raffreddare almeno cinque ore in frigo prima di essere servito. E’ molto delicato e quindi va maneggiato con cura nel caso fosse messo negli stampini. Si potrebbe distruggere (sì è successo più volte anche qui) e la tristezza è tanta. Nelle ciotoline e bicchierini in genere è sempre molto bello da vedere, anche se tradizione vuole (tradizione casalinga e non da bar-locali-ristorante-“professionisti”e fudbloggerdschic, intendo) che sia bello che sbattuto su un piatto (di Caltagirone come in questo caso? Anche no ma meglio di sì *risatina isterica di un’attempata antipatica sicula*).
Ma perché mi sono anche un po’ scocciata (edddiciamolo!) che ogni volta pubblico una foto di Catania SiracusaRagusaPalermoMarzamemi e tutti a dire:
- Sei tornata!
- Ah! Finalmente sei rientrata!
- Sei in Sicilia! E’ la prima volta che la vedi?
- Varie ed eventuali
Contando che quando parlo sembro Carmen Consoli (magari!) e ripeto ogni santo giorno di aver sequestrato il Nippotorinese in terra sicula, va da sé che non ci vuole molto a capire che: nessuno mi legge (giustamente!). E allora via con le ricette sicule a marcare il territorio come fossi un Rottweiler impazzito (a proposito di Rottweiler classificati come razza pericolosa, perché mai il mio Labrador no pur essendo un’adepta del male? Ne parliamo della vecchia brutta storia della catalogazione?). Insomma ieri Paste di Mandorla dopo ondate di Brioche col tuppo e oggi Gelo. Domani se pubblico Cannoli e Cotolette di Melanzana non sarà tutta questo grande exploit (non devo dimenticarne di sproloquiare nuovamente per l’ennesima volta sul: Cous Cous. Alla Norma. Ecco).
Del Gelo qui c’è traccia nella versione Mellonosa (l’hai seguita la Sicilian Lesson Number Uan sul Mellone, vero? Se no fustigati e clicca qui) e Caffettosa (ora la smetto, sì) qui. Ho scoperto questo delizioso dolcetto relativamente tardi (tre anni fa, credo) anche perché diffuso nella parte Occidentale della Sicilia e non certamente qui; pur se ultimamente nel catanese e nella zona iblea ci si sta dando davvero una bella mossa e non è così improbabile trovarlo nella versione cannella, limone, anguria e caffè. A quando il gelo di pistacchio? Questa assenza mi innervosisce non poco. Il gelo non piace a tutti perché ha sempre quell’aria da budino smorto da film d’orrore. Tipo che sta per arrivare Michael Myers. C’è il cambio del turno di notte. E l’inquadratura buia di un corridoio e coltello affilato – lampada 12 watt quasi fulminata che esala l’ultimo respiro di illuminazione.
Ha quella consistenza da ospedale, che a molti proprio non va giù come la pastina. Io che sono fautricepromotriceeadepta di : vellutatebrodose/pastineimpapettatedavomito/robagelatinosadaospedalebudino, manco a dirlo amo il Gelo. Non è poi un dolce che mi faccia mancare. Anzi. E’ uno tra i pochissimi dolci (vabbè l’unico insieme a granita e gelato) di cui vado ghiotta e non me ne privo. Certo la presenza dello zucchero mi innervosisce parecchio perché il raffinato è fuori dalla mia dieta da anni, ma due volte l’anno non mi ucciderà (“morta la nota fudbloggà Gikitchenmaghettastreghetta per aver mangiato un gelo con zucchero raffinato. Il web piange. Di felicità ”).
Insomma dai, quello di Anguria è laborioso perché devi togliere i semi. Quello di cannella è laborioso perché devi filtrare le stecche per almeno venti ore e quello al caffè perché devi trovare qualcuno che lo sappia fare (e non sono di certo io) ma:
Quello al Limone? Non ci sono scuse. Facilissimo, d’effetto e freschissimo. Consistenza a parte non può non piacere santocielo! E’ impossibile! Avvio una protesta. Limoni freschissimi, amido e quelmaledettozuccheroraffinato. Niente di più. Niente di meno. L’ottima riuscita manco a dirlo (ma lo dico) dipenderà dalla qualità dei limoni che si adopereranno. La presentazione può essere fatta in svariati modi: bicchierini, formine per la mostarda e pure stampi per cupcake in silicone o alluminio. Avevo deciso di presentarlo in un altro modo, ovvero come trionfo simil castello dopo aver comprato giustappunto una formina pazzesca in silicone. Risultato? E’ crollato tutto e si è spetasciato nel piatto lasciandomi interdetta.
Fortuna che dalle dosi ne era rimasto un po’ e avevo messo da parte un cuoricino per il Nippotorinese (poi si dice che sia malvagia, mah). Diventato inconsapevolmente protagonista. Morale della favola odierna? Meglio un cuore semplice e solido. Che un castello enorme, complicato. E spetasciato.
(spetasciato è un termine che adoVo)