Di questa primavera ho parlato tantissimo in svariate occasioni, perché mi ricorda mamma ed evoca tanti di quei ricordi che riesco a trattenere a malapena. Una continua emozione mangiarla mentre vieni catapultata nei suoi tavoli super colorati fatti di tovaglie pieni di limoni e girasoli; che diciamolo ho sempre detestato perché sono una noiosa minimalista che concepisce la tovaglia al massimo con dei merletti e degli impercettibili pois. Eppure quanto erano belle le tavole di mamma tutte confuse e psichedeliche. Non erano vetrine ma deliziosi caos con quei coltelli che non tagliavano mai e che tanto facevano innervosire papà . Manici di coltelli fatto di legno grezzo con quella vite che a volte si staccava e ne perdevi pezzi. La primavera è uno dei piatti –insieme alla norma- che mi ricorda semplicemente i miei genitori. Da dove vengo e cosa sono.
Questa versione più aspra dove aggiungo il limone non è buona come quella di mamma né mai potrà esserlo. In fondo non voglio saperla fare come lei ma a modo mio. Ed è giusto così perché l’unicità ha un valore che non bisogna mai dimenticare.