Ricette Vegetariane e Vegane

Uova a colazione prima che arrivi l’esorcista

Tralasciando i Golden Globe di Oscar e Nomination ce ne sono un bel po’ 

  • Migliore sceneggiatura non originale a William Peter Blatty
  • Miglior sonoro a Robert Knudson e Christopher Newman
  • Nomination Miglior film a William Peter Blatty
  • Nomination Migliore regia a William Friedkin
  • Nomination Miglior attrice protagonista a Ellen Burstyn
  • Nomination Miglior attore non protagonista a Jason Miller
  • Nomination Miglior attrice non protagonista a Linda Blair
  • Nomination Migliore fotografia a Owen Roizman
  • Nomination Migliore scenografia a Bill Malley e Jerry Wunderlich
  • Nomination Miglior montaggio a John C. Broderick, Bud S. Smith, Evan A. Lottman e Norman Gay

The Exorcist diretto nel 73 da Friedkin e tratto dall’omonimo romanzo di William Peter Blatty che scrisse la sceneggiatura del film dopo i problemi con la censura dovuti chiaramente al periodo  -e diverse limitazioni- lo si è potuto vedere in versione integrale solo dopo venti anni. Esattamente in una riedizione del terzo millennio. Undici minuti di puro terrore di cui non si sarebbe potuto fare a meno. 

O forse sì perché già senza quei minuti era stato capace di far spaventare tutti. Tutti eccetto nessuno. 

Linda Blair nei panni di Regan ha sconvolto il mondo e no, non è un’esagerazione. Mamma mi racconta spesso di come andando al cinema con uno dei suoi fratelli minori (che svenì) si sentì talmente male da vomitare poco dopo l’uscita. Fu proprio l’esorcista a segnarla talmente tanto da non aver mai più voluto vedere un horror in vita sua. Mamma a dirla tutta si spaventa pure di un film dove si muovono le tende -adesso- perché crede che ci sia dietro qualcuno. 

Ma può davvero influenzare così tanto una visione? Domanda sciocca e retorica con risposta all’unisono: sì. Può e certamente e se nel mondo della cinematografia dovesse mai esserci un podio di certo l’esorcista sarebbe lì bello piazzato. Indubbio che sia tra le tre visioni più destabilizzanti di tutti i tempi (adesso vorrei tanto che noi tutti appassionati facessimo una classifica. Io metto senza ombra di dubbio L’Esorcista e Omen ma per il terzo nome faccio fatica tra tre) vuoi per l’argomento vuoi per la magistrale interpretazione. Ai tempi gli effetti speciali erano limitati se pensiamo a cosa -adesso- sono in grado di fare con un semplice click e questo, banalmente ma non troppo,  gli conferisce ancor di più  quel valore aggiunto. Quell’impareggiabile valore aggiunto, direi. 

Indimenticabili Jason Miller nei panni di padre Damien Karras ma anche Max Von Sydow in quelli di  Lankester Merrin, l’anziano padre. Pazuzu, il demone più potente di tutti destabilizza la mia pre adolescenza, perché incautamente lo guardo a 11 anni, e battezza per ironia della sorte questa mia folle ossessione per gli horror che ha inizio in realtà a 7 anni con Poltergeist. Non ho mai amato particolarmente il genere, ti confesso, che tratta argomenti di possessioni correlati alla religione. È forse l’unico argomento che trovo disturbante per la forza narrativa sì, ma anche per il modo in cui sono stata cresciuta. Non posso fare affidamento in questa circostanza neanche alla mia ferrea razionalità. 

Non fa sconti l’esorcista di Blatty. È duro, crudo, esagerato a tratti insulso e spietato. Eppure per qualche oscura ragione legata sicuramente all’affetto (e all’empatia) nei confronti di Regan questo film  segna e ammalia. Del libro, che ho letto vent’anni fa, ho un “bel” ricordo (passamela) nel senso che lo trovai valido ma anche qui credo sia una delle pochissime volte in cui il film supera addirittura le pagine. Non so a te ma, appunto, avviene sempre il contrario. Visto che ne abbiamo parlato: nulla togliendo all’incredibile Bates, il libro ricordo mi lasciò letteralmente paralizzata. Forse Shining e l’esorcista -per due motivi completamente diversi- hanno fatto eccezione. 

Di cibo e dintorni?

Di cibo nell’esorcista non ce ne è moltissimo ma in alcune scene compare. Nel 2010 sul mio blog ne ho scritto pagine e pagine e abbiamo pure preparato delle uova con il bacon perché queste si preparano quando Chris MacNeil, la mamma di Regan, entrando in cucina invita il maggiordomo a controllare la soffitta per quei rumori fastidiosi che turbavano le notti. Rumori che credeva fossero topi. E forse -asserirlo mi fa ridere considerato che amo sì tutti gli animali ma ho una folle paura maniacale per questi roditori- il loro arrivo sarebbe stato meglio. Molto meglio. Uova sul fuoco in una cucina affollata di torte che non si distinguono e tartine rigorosamente anni 70 su vassoi d’argento con maionese, ravanelli e le immancabili olive con dentro il peperone. Perché diciamocelo: le tartine anni 70 sono solo così: con l’oliva e dentro il peperone. Non c’è scampo. Per fare delle ottima uova fritte (iaia ma davvero stai parlando di uova fritte? A quanto pare sì) è necessario scaldare un po’ di burro in padella. Sono una donna del sud cresciuta a pane e olio (e niente burro) e l’uovo fritto a casa mia si è sempre fatto con l’olio ma leggendone di ogni tipo e da foodie accanita ormai da un ventennio devo arrendermi all’evidenza: pare che con il burro siano nettamente più gustose. Colgo quindi l’occasione per aprire questo dibattito: tu usi burro o olio e se usi il burro convieni con gli chef più rinomati che sia meglio perché? È vero che cambia anche un po’ la consistenza? Sono proprio curiosa (anche perché io, come sai, non le mangio e non posso sondare il terreno). Si chiama anche all’occhio du bue perché i tuorlo somiglia alla pupilla. Ma se giri l’uovo su stesso coprendo il tuorlo non puoi più chiamarlo all’occhio di bue (lo disse Cracco in una puntata di Masterchef se non ricordo male. Uhm. Se non era Cracco era Bastianich ma tant’è). Si chiama all’occhio di bue solo e il tuorlo è chiaramente visibile. E lo sapevi, sempre a proposito dell’uovo fritto perfetto, che la padella ideale per un solo uovo dovrebbe essere di 18 centimetri? Pare, infine, che cotte con un fuoco lento lento e dolce dolce siano ancora più buone. 

 

Per quanto riguarda le tartine, insomma, non dico nulla. Pane bianco, maionese o yogurt, immancabili olive e tanti ravanelli in onore dell’esorcista, perché pare che andassero  alla grandissima nelle feste a casa di Regan prima che accadesse il fattaccio. In realtà se fossi stata una brava foodie avrei evocato il ravanello con una ricetta incredibile di Vissani. Ci avevo anche pensato ma è mancato il tempo. Sarà per la prossima volta. Che ne dici? Del resto sono più di vent’anni che parlo di queste uova prima dell’arrivo di Pazuzu. Possiamo farlo ancora e ancora.
Adesso però mi confessi se lo hai visto. Se non lo hai visto. Cosa ti ha fatto più paura e cose così? Cose che si raccontano sul divano tra amici insomma. Lo sai, mi piace tantissimo 

 

🎬 “A CENA CON OSCAR”

è un progetto nato nel 2010 su questo blog che tratta di correlazioni cibo-film e in occasione della Notte degli Oscar, che avverrà il 12 Marzo quest’anno, ho deciso di riprenderlo in mano proponendolo in una nuova veste -anche grafica- sul profilo instagram; la stragrande maggioranza di pellicole scelte ha vinto degli oscar ma può capitare che alcune non siano state premiate ma che amo particolarmente. I vecchi articoli con ricette e correlazioni potrebbero non comparire più proprio perché ho approfittato per svecchiare un po’ il tutto rifacendo completamente da capo: post e foto.

Rimarranno comunque in archivio perché all’epoca non c’era questo uso smodato dei social e conservo i tantissimi commenti come doni preziosi.

🍿Su Instagram troverai ogni giorno:tre i contenuti inerenti a questo film e puoi visualizzarli guardando il feed (clicca su @iaiaguardo ) 

📽️ Un’illustrazione, una ricetta e una citazione. 

 

RICORDI

 

Ho messo offline il vecchio post datato 25 Febbraio 2011 ma ecco qui le foto ricordo dell’epoca. All’epoca pur non mangiando carne la fotografavo; da cinque anni circa non la fotografo più.

 

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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