About

Grazia Giulia Guardo

ma per tua comodità sono semplicemente iaia. Il mio nome è formato da dodici lettere e sono nata il dodici dodici alle dodici nella vulcanica Trinacria. Se non dovesse bastare sono pure la dodicesima nipote e lavoro ad almeno dodici contenuti creativi-visivi. Per quanto impossibile possa sembrarti è vero; pure che la somma dei nomi di mamma e papà fa dodici. Tendo sempre a esagerare, sì.

Il mio mestiere è quello che sognavo di fare sin da bambina.

Stakanovista di Sogni e Produttrice di Misteri e Dolcetti

A tempo perso sono anche un’imprenditrice, più per eredità che per capacità. Amo costruire, investire e creare realtà. Amo attorniarmi di positività con un piglio da Generale ma con il cuore di una bambina. Figlia unica viziata colleziono borse e nani da giardino e ho una passione per tutto quello che concerne la tecnologia e l’elettricità. Sono nata tra lampadine e interruttori. Trasformavo i pozzetti tondi da incasso in piscine per le mie Barbie, a otto anni con la batteria e filo riuscivo ad accendere una lampadina (ma ho sempre preferito soffiarci dentro perché ho creduto – e ancora credo- di essere discendente degli Addams) e a nove anni ho diretto il mio primo film horror -come regista e con la videocamera di papà- nel boschetto del Collegio convincendo tutti i bambini che vi abitasse una creatura mostruosa.

Per queste ragioni mi sono convinta di riuscire a fare magie. E che inevitabilmente io fossi una Maghetta. Che  il pimpulu pampulu non mi trasformasse in Creamy era un dettaglio trascurabile. Qualche volta ci provo ancora. Non demordo.

I Mostri si combattono alla luce e non al buio

90% Vegana e 10% Vegetariana?

Ho sofferto di gravi disturbi alimentari quando ero appena adolescente. Non è finita ma ho imparato a conviverci. Qualche volta è più difficile e altre meno. Per questo motivo ho avuto e ho un rapporto con il cibo che mi piace definire, sarcasticamente, fantasioso. Quello che ho sempre saputo sin da bambina però era che quando sarei diventata grande avrei abbracciato la cucina veg. Ho sempre mal sopportato la carne e mangiato con mal volentieri il pesce. Nonna aveva un orto e degli animali. Sono cresciuta dando i nomi a conigli, pecore e galline.

Amo definirmi 90% vegana e 10% vegetariana; Da vent’anni la mia dieta è plant based: sono stata  vegetariana per dieci anni e vegana per quasi dieci (da inizio 2011 a fine 2019). Poi un giorno indagando a fondo sul mio stato di salute ho scoperto diverse problematiche e mi sono affidata ai medici reintegrando qualche alimento come latte e uova (approfondisco il discorso su veg life).

Dieci anni fa, nel 2010 ho perso ottanta chili; senza alcun tipo di intervento bariatrico ma prendendo coscienza, allenandomi e alimentandomi bene perché essere vegetariana/vegana non significa di certo mantenere un regime ipocalorico, anzi. Queste diete alimentari partono già sbilanciate e possono essere molto dannose se non seguite da un professionista.

Ho scritto un libro edito da Mondadori “Le Ricette di Maghetta Streghetta”. Il mio ricavato va alla Ricerca per sconfiggere il maledetto Cancro che mi ha privato del mio unico grande amore: il mio papà. Proprio mentre realizzavo il sogno più grande di pubblicare. Tutto questo accadeva nel 2012. Nel 2014 perdo il mio Turi

 La mia vita appartiene all’arte e al disegno. Ai sogni e agli Incubi

Disegno, fotografo, scrivo e mi sono ritrovata a cucinare per sconfiggere il mio di cancro: il cibo. Sono diventata quella che viene definita in gergo Food Blogger ma in realtà sono solo iaia. Non lavoro con le aziende. Mi piace curiosare, acquistare, raccontare, fotografare e condividere.

Fondamentalmente non ti vendo niente

Non ti vendo le mie parole, non ti vendo le mie immagini, non ti vendo i miei disegni, non ti vendo le mie idee. Io vendo altro: elettricità. Solo quello. Se un giorno dovessi decidere di vendere altro lo farei con dei paletti ben precisi di moralità ed eticità. In questo sono fiscale in modo alquanto fastidioso.

Sono solo: Maghetta

Una che disegna, fotografa, scrive e cucina ma non fa bene nessuna delle quattro cose. Solo che incredibilmente non se ne è accorto nessuno. E l’etichetta influencer mi sta stretta come una scarpa 34. Porto il 41 e sono alta 175 cm, giusto per sfatare il mito che io sia piccola, dolce e patatosa. Sono un armadio a quattro stagioni vestita di nero, pallida e anche parecchio emotiva e timida. Non influenzo, perlomeno non con la volontà di farlo. Credo nella fiducia e nello scambio. Se comprerai un pezzo di tofu, una matita hb, un nano da giardino perché l’hai visto a me spero che tu possa farlo sulla base della fiducia e non “dell’influenza”.

Mi piacciono i fatti e non le chiacchiere

Non mi piacciono le etichette, le persone che si autoeleggono qualcosa/qualcuno o che si danno dei titoli. Non sono sul web per guadagnare ma per mettermi alla prova, confrontarmi. E mischiare il mio iperuranio a tutto quello che di infinito c’è. In soldoni? Non sei su un sito vetrina dove mi sponsorizzo. Non vendo niente sul web e le mie idee, soprattutto, non lo sono mai state in vendita. Le metto a disposizione perché le ricevo. Do ut des. Una formula troppo spesso sottovalutata. Sei nei miei mondi e ti ho lasciato aperta qualche porta. Sono felice di farti entrare, tutto qui.

Lavoro a progetti visivi e fotografici, racconto storie e le tratteggio, invento personaggi e costruisco sceneggiature, scrivo per RunLovers che è la comunità di Running più divertente e famosa d’Italia perché nel frattempo non te l’ho detto ma sogno di diventare una maratoneta come il mio papà, rispondo alle email con estremo ritardo e vivo. Vivo in uno spazio senza tempo, regole e imposizioni. Sono stata educata alla vecchia maniera, amo il bon ton, il galateo e la gentilezza. Mi piace apparecchiare in grande stile soprattutto per me, poggiare il tovagliolo sulle ginocchia, non parlare mentre mangio, e avere almeno due bicchieri per sicurezza. Non dico brutte parole, perlomeno sul web. Mi piacciono le posate allineate, le porcellane, i servizi da tè, l’argenteria e i mobili antichi inseriti in contesti minimal e moderni. Sono gne gne gne sì, ma anche spontanea, svampita, stralunata e soprattutto sincera. Se ti sorrido è perché voglio farlo. Io non devo mai.

Sono stata definita da una persona che amo “pacatamente violenta”; niente credo possa rappresentarmi di più. In circostanze dove chiunque può perdere la ragione io rimango così: pacatamente violenta. Non sono un passerottino che si fa mettere i piedi in testa ma neanche un Troll che si ferma a pestarti. La gentilezza esasperata si rivela sempre l’arma più pungente quando nel tuo cammino incroci, e accadrà spesso, dei trogloditi.

Vivo in uno stato perenne di connessione ma in una frequenza aliena irraggiungibile

Non sono fisiognomica e confondo il ladro per il vicino di casa, non sono inspiegabilmente insonne perché bevo troppi tè e da qualche anno ho smesso col caffè; ho smesso pure di fumare  un decennio fa e mi annoiano mortalmente quasi tutte le serie TV. Sono un’appassionata del cinema orientale e horror, ascolto solo musica classica, dormo con tre cuscini, sono una maniaca ossessiva dell’ordine e non posso resistere se le matite non vengono allineate perfettamente (l’ho già detto ma devo ribadirlo, pardon). Vivo con un intellettuale torinese da quindici anni che cerca di spiegarmi i verbi intransitivi ma preferisco uscire i biscotti dal forno che tirarli fuori. Al mio fianco ho un labrador femmina bionda di nome Koi – e la piccola nera Kiki, come quella di Miyazaki- che è un po’ come il Rotweiller in Omen, per capirci. E se  non hai visto Omen, direi che è giunta l’ora di riprendere in mano la tua vita dedicandoti alle meraviglie del passato piuttosto che ai rifacimenti sciocchi del presente.

Koi, da grande vuole fare la food blogger perché ogni volta che fotografo un piatto mangia le mie schede sd, ruba i fiori e ha da ridire sulla cottura. Ha del talento, insomma. Kiki è un po’ svampita, sbaciucchiosa e assillante quando non ottiene quello che vuole. Koi distrugge. Kiki si lagna.

Koi mi somiglia perché distruggo sempre per ricostruire. Kiki mi somiglia meno perché non mi lagno mai. Sono una specie di caterpillar che ottiene sempre -e ribadisco sempre- quello che vuole. Me lo ha insegnato papà.

Altrimenti che Maghetta, sarei?