Quando ho aperto il pacco di Cri ho pianto. Preventivamente il Nippotorinese aveva preso dei kleenex, dimostrando di conoscermi ancor più di quanto io stessa. E’ arrivato ormai mesi fa e nonostante le sensazioni siano vicine mi rendo conto sempre più di appartenere talvolta ad un’altra dimensione.
I miei isolamenti corrispondono a questi salti nel buio dove lo spazio e il tempo non esistono più. E mi vedono fluttuare in un infinito di assenza. Il disegno di Mattia e il ricordo della mia promessa mancata di ricambiare sono come martelletti sul ginocchio. Gli stessi per osservare se una reazione di riflesso esiste oppure no.
La Sardegna, come Roma, io l’ho sempre immaginata dai racconti di papà. La gentilezza, la fierezza e l’orgoglio. La durezza costruita su un millefoglie di fragilità. E i sorrisi. Tanti.
Quei mille mila strati di pane carasau sono stati fondamentali per capire l’essenza di tutto questo. Qualche fetta era rotta. Qualche altra era un po’ stropicciata. Nel complesso però erano integre e felici. Cri le aveva avvolte per bene e si è preoccupata di come fosse andato il viaggio. Se avessero resistito o meno alle incurie di mani frenetiche.
Perchè Cri è una mamma.
Una di quelle che vorresti essere. Che si preoccupa per il pane e per te. Che cerca di mettere paracolpi per non farti sbandare troppo ma che ti lascia schiantare faccia a muro giusto per abbracciarti un po’.
Sono stata lì a fissare il contenuto ripercorrendo le parole. Quelle che non hanno mai avuto un suono ma che in un mondo sordo, come il nostro, hanno la capacità di essere sentite ancor più forte.
Il Pane Carasau fino a quando avrò fiato in corpo mi ricorderà sempre la mia Cri. Al supermercato tra dieci anni quando mio figlio mi chiederà “cos’è?” sarà semplicissimo spiegargli che è l’amicizia.
Complicata da trasportare. Pericolante. Fragilissima. Facilmente fratturabile. Devi riuscire a prendertene cura.
E’ infatti un ingrediente che non so miscelare bene. Mi danno ragione anni di amicizia buttati alle ortiche nonostante quel “meglio così” lampeggiante non abbia mai le lampadine fulminate ma aumenta piuttosto di wattaggio ogni giorno che passa.
E questo Cri lo sa. Conosce le mie paure e senza farmele notare va avanti. La sua capacità di cambiare le sorti di un pomeriggio con un sms che parla di tende da Zara Home non è poi così sorprendente. Leggevo Cecilia e mentre tiravo su il muco perdendomi tra le parole non ho potuto fare a meno di pensare che Cri corrisponda ad un (quel) luogo.
“Ci sono dei posti di cui senti la mancanza ancora prima di conoscerli quasi come se fossero destinati a te, quasi come se tu fossi destinato ad amarli e loro a ricambiare. Chi ti ama c’è sempre, c’è prima di te, c’è prima di conoscerti”.
Ecco se potesse valere anche per le persone credo che questa frase sia stata scritta per te Cri.
Non credo di essere nelle condizioni psicofisiche di proseguire nuotando in un laghetto di emozioni e sentimenti (e non c’è neanche un salvagente santocielo!) ma la prima ricetta che ho preparato con il pane Carasau è stata una semplicissima lasagnetta fredda senza troppe pretese. Un’idea carinissima e sfiziosa per un primo o anche un piccolo appetizer che bisognerebbe davvero tenere in considerazione.
Adesso ho un disegno da fare per il mio nipotino e una promessa da rispettare. Quella che tra di noi sia “per sempre” non c’è bisogno di farla.
Lo so. E basta.
Lasagne di Pane carasau con pachino, caprino e pecorino
Bagna leggermente in acqua freddissima il pane carasau senza inzupparlo. Taglia i pomodorini. Procedi all’assemblaggio della lasagna alternando i pomodorini al caprino e spolverate di percorino. Rosmarino fresco e fantasia.