Ricette Vegetariane e Vegane

Zuppetta di Ceci a Castagne e Budino con L’alchechengi

Caro fico ti scrivo così mi distraggo un po’….

E’ stato Natale. Al ritmo di Funky Town sono stata il Babbo Natale meno panzuto che sia mai esistito.

Ho dato la mia personalissima interpretazione babbonatalesca con quel meraviglioso prolasso che si potrà apprezzare grazie all’ausilio visivo della diapositiva numero uno. Pur avendo a disposizione costumisti degni di kolossal come “Natale in Sud Africa” non si è riusciti a dare veridicità al personaggio nonostante ci  fossimo, io e la mia fida compagna, calate nella parte grazie al metodo Stanislavskij. Quest’ultimo consisteva per quanto mi riguarda in: raggiungi la conoscenza tramite una raccolta empirica gustativa mentre ingurgiti decine di fichi secchi fissando l’infinito e le decorazioni natalizie.

 

Perché  fino ad oggi mai avrei pensato di innamorarmi di un fico. E mi dava ragione anche una realtà oggettiva su cui basare la mia convinzione avendo accanto il Nippotorinese. La realtà è che “Quando cominciano a piacerti i fichi secchi e l’uva passa amore mio sei sul viale del tramonto” ho spiegato serafica (dopo il tredicesimo fico) a quella splendida sedicenne che è nel cuore la mia sorellina minore. Il fatto che lei abbia sorriso e da copione si sia sentita costretta a dire “ma che dici?! sei giovanissima!” mi ha consegnato l’alibi per procedere al quattordicesimo fico come non ci fosse un domani. Perché grazie a Chiari e alla sua crema al mascarpone continuo a ripetere questa massima che fa ormai parte di me.”Come non ci fosse un domani”. Facciamoci di fichi.

Nessun mezzo tecnologico a nostra disposizione per comunicare con l’esterno ma una fiammante xbox kinect munita per bruciare calorie con giochi sadici capaci di far divertire gli alimenti ingeriti con delle giostre esofagee. Immaginavo i miei fichi disposti a coppia sulle montagne russe tenersi ben saldi al manico mentre urlavano come mattischizzando semini appiccicosicci ai malcapitati compagni d’avventura. Uno splatter fichesco degno di Romero.  Immaginavo questo mentre mi agitavo ballando scoordinata Funky Town e santo cielo Lady Gaga. Perché è arrivato anche quel momento. Non contenti della vigilia anni settanta, di cui le diapositive rimangono riservate dopo aver solennemente giurato di non procedere alla divulgazione (ok contattatemi in privato), si è proseguiti con un Natale danzereccio fino al mattino inoltrato del ventisei. In un tragico no stop corredato da tutti i giochi da tavolo possibili e immaginabili e videogiochi messi gentilmente a disposizione dalla NippoSiculTorinesecorporescion che è apparsa ancor più nerdgeek del solito.

 

 

 

 

Mi ritrovo con una sbronza di fichi ancora da smaltire nonostante gli infusi di fragola e mango, ennesima passione passeggera, decine di libri di cucina e fotografia sul tavolo e innumerevoli ricette arretrate da pubblicare/sistemare/insiemeallefotodinatale. Stanca. Sono terribilmente stanca. Con qualche linea di febbre, giusto per gradire. E sempre giusto:  Giusto ieri la domanda che sapevo avrebbe turbato le mie notti è arrivata per nulla inaspettata: “e a Capodanno? Cosa cucini?”. L’idea di trascorrere la notte del 31 Dicembre in un locale da brava misantropina chehagiàdatoinpassato proprio non mi sconfinfera. Vedersi servire roba preparata giorni prima da catering improbabili in ville spaziali per ammirare trenini di donzelle boafucsiamunite non fa proprio al caso mio. Contando poi che al contrario del Natale a me il Capodanno non piace per nulla. Piuttosto mi getta in uno stato d’ansia misto a depressione mica da ridere. Dove domande/considerazioni esistenziali del tipo “e anche quest’anno non mi ha sposato. e perchè non ho ancora un bambino al quale rovinare la vita. e perché il solitario di 987 carati non è ancora mio” sono i reali protagonisti. Lo trascorrerò senza alcun ragionevole dubbio in casa con pochissimi amici e questa ebbene sì: Sarà la settimana della prova/idee/menù/capodanno. Fuggite (novipregorestateconmeamangiarefichi).

 

Zuppetta di ceci e Castagne

La prima ricetta che lascio oggi è una semplicissima Zuppettina di Ceci e Castagne presa dalla cucina Naturale di Aubert, leggermente modificata. Fatta un po’ di tempo fa e apprezzata proprio per la sua semplicità.

Ingredienti per 4 persone : 300 grammi di ceci, 30 castagne circa, 3 foglie di alloro,  rametti di timo fresco, sale, pepe nero.

Mettere  a bagno i ceci in acqua fredda con qualche foglia di alloro e timo per tutta la notte. Sciacquarli dopo circa 12 ore con abbondante acqua fredda. Fare cuocere a fuoco moderato per almeno due ore con il mazzetto di aromi. Cucinare le castagne come si preferisce: lessandole o riponendole al forno sopra un po’ di carta da forno e sgusciarle quando ancora calde. Quando i ceci saranno cotti unirli alle castagne ed emulsionare con il frullatore ad immersione. E’ preferibile che non sia una zuppa eccessivamente liquida ma abbastanza compatta. Dipende chiaramente dai gusti. Servire ben calda con qualche cece magari intero messo precedentemente da parte e una spolverata di pepe nero con  un filo d’olio extra vergine d’oliva  a crudo. Per l’occasione ho inaugurato il sale nero delle Hawaii che esteticamente è una delle robe che ultimamente mi ha appassionato di più.

 La seconda ricetta che lascio, per smaltire un po’ tutti gli arretrati (noncelafaromai) è il

Budino con l’ Alchechengi

Ingredienti per 6 persone: 10 grammi di gelatina in fogli, 2.5 dl di Latte intero, 1 bacca di vaniglia, 4 tuorli, 120 grammi di zucchero semolato, 1 dl di Passito di Pantelleria, 4 dl di Panna Fresca. Per decorare alchechengi, cioccolato fondente e gianduia piemontese.

Procedimento: Immergere la gelatina in acqua ghiacciata per almeno dieci minuti fin quando non si ammorbidisce. Fare bollire il latte con la polpa di vaniglia raschiata dalla bacca incisa longitudinalmente. Togliere dal fuoco e lasciare in infusione. Sbattere in una casseruola i tuorli con lo zucchero, unire il latte tiepido e il Passito, Immergere la casseruola in un bagnomaria e sbattendo energicamente fare addensare la crema. Togliere dal fuoco e unire la gelatina precedentemente ammollata fin quando non si scioglie. Lasciare raffreddare sempre mescolando e incorporare la panna fresca montata alla crema. Pian pianino con movimenti lenti e decisi. Versare il composto nello stampo prescelto (io ho usato una forma in silicone) e fare rassodare per almeno 3 ore in frigo. Aprire le foglie degli alchechengi (che santo cielo non sono commestibili. Sputatele subito!) e tenerle da parte per le decorazioni finali. Le mie non mi convincevano per nulla e non le ho usate. Fare fondere il cioccolato fondente e intingere gli Alchechengi che si sposano alla perfezione. Procedere poi alla decorazione come il gusto più aggrada dopo aver sformato il budino. Il vino consigliato manco a dirlo è un buon passito di Pantelleria e questo budino è una facilissima e veloce soluzione per qualcosa di esotico in questo periodo che non guasta affatto.

Ed adesso la domanda è: come si esce dal tunnel dei fichi? Aiutatemi.

 

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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