Ho talmente tanti arretrati di FumettoRicette che ne piazzo una Random, priva di senso con il periodo, qui prima di partire con il Carnevale Conigliesco. Sintetica? No. Sfinita.
Mi scuso quindi in anticipo e pubblicamente per i ritardi ( e sono tanti) con qualsivoglia collaborazione, frizzi e lazzi. Non dormendo questo week end e facendo un RaveNoStop a base di carote allucinogene dovrei mettermi in pari entro il Martedì Grasso. Adesso qualcuno mi tolga l’immagine del Martedì che mogio mogio si accinge dal dietista mentre gli altri Giorni magri e felici giocano con le stelle filanti, perfavore. Maledetto Venerdì! E’ un Adone. Castagnole tipiche della Romagna e del Lazio conosciute anche come Zeppole o Tortelli Milanesi. Frittelle di ogni genere come gli immancabili Bomboloni o Bombe alla romana, Ciambelle fritte soffici e frittelle di mele e con mele e noci. E uvetta, mica lo sapevo.  Frappe, Bugie, Chiacchiere, Crostoli. Con la marmellata o nutella ma anche ricoperte di cioccolato. Montersino propone Bugie di Cannoli che ti fanno strappare le pagine di Alice per poi appallottolartele in bocca masticandole come dovessero trasformarsi in realtà . Non parliamo neanche delle Bugie di Kranz che sono nella top ten della To Do List carnevalesche. E sanguinaccio. Che come mi insegna Cey non è il sanguinaccio come lo si intende qui in sicilia: Sangue di Maiale rappreso, sbattuto nel panino insieme ad  un po’ di budello e gnam. Ma un dolcetto cioccolatoso conosciuto ai più con amido e cioccolato.
Il Migliaccio però, ecco. Io del Migliaccio mi cospargo il capo di semolino non ne avevo mai sentito parlare. Fortuna che la pagina di Facebook e i preziosi amici partenopei di Twitter mi hanno erudito a riguardo. Vergognoso da parte mia considerando che è una vera e propria istituzione a Napoli per il periodo di Carnevale. Va mangiato il martedì grasso ed oltre ad essere economico, velocissimo da preparare e non particolarmente grasso va detto che è un dolce dal sapore antico intramontabile e maledettamente semplice. Senza tanti frizzi e lazzi. Come una volta. Ripromettendomi di prepararlo ogni Martedì grasso della mia vita in omaggio a questa città che ha sfornato meravigliose creature che ho l’onore di poter epitetare come “amici”. Di quelli veri.
Chiaramente chiunque avesse tempo o voglia di spedirmi la propria ricetta di famiglia non divulgherei mai siffatta pozione magica ma ringrazierei ad imperitura memoria. L’email giulia@maghettastreghetta.it no. Non funziona. Il simpatico Signor Aruba ha deciso così quest’oggi. Maghetta_streghetta@yahoo.it al momento sembra essere l’unico modo oltre ai segnali di fumo.
La Ricetta
Ingredienti: 250 grammi di semola, 1 litro di latte, 50 grammi di burro, 5 uova, 250 grammi di zucchero, 1 buccia di un limone non trattato, 1 buccia di un’arancia non trattata, 2 cucchiai di limoncello, estratto di vaniglia fresca., 250 grammi di ricotta e 50 grammi di cedro candito. In moltissime ricette non era previsto il limoncello mentre in altre il cedro candito e in altre ancora addirittura la ricotta. Nel dubbio ho infilato tutto ugualmente e via.
In una pentola lasciare sobbolire il latte con la scorza grattugiata del limone e dell’arancia insieme anche alla vaniglia freschissima di baccello. Per dovere di cronaca confesso di non aver messo il burro perchè fortemente convinta che non occorresse questo surplus di grasso ma nel caso non facciate parte della fazione “quando posso fuggo via a gambe levate dal colesterolo” 50 grammi potranno bastare tranquillamente e sarà proprio questo il momento di aggiungerlo. Non occorrerà che il latte giunga ad ebollizione ma basterà soltanto vederlo sfrigolare (mi è sempre piaciuto il termine sfrigolare e lo uso quando posso) per spegnere il fuoco e versare a pioggia lentamente la semola rimestando con cura con un un cucchiaio di legno ( e qui ho immaginato la mamma di Ale schiaffeggiarmi quando non trovando il cucchiaio di legno stavo afferrandone uno di acciaio. Ho cercato quindi meglio e ho proceduto con il legname, sì) . Il composto si addenserà e quando vedrete dei grumi mi maledirete pensando “se ci avessi messo nove etti di burro tutto questo non sarebbe successo”. Nel caso si può aggiungere qualche noce (non di cocco) di burro adesso, suvvia. Lasciare intiepidire il composto. Nel frattempo lavorare le uova con lo zucchero aiutandosi con uno sbattitore elettrico. Aggiungere il limoncello e la ricotta setacciata se avete deciso di utilizzarla. Sbattere velocemente il tutto e alla fine unire i pezzetti di cedro candito. Far incontrare in una ciotola capiente  i due composti semola/uova-zucchero-ricotta fino a formare un composto cremoso e piuttosto fluido. Se dovessero formarsi dei grumi perchè le operazioni non sono state compiute correttamente o più semplicemente in maniera veloce si potrà pure pensare di dar il via allo show dell’ultimo minuto: afferro lo sbattitore elettrico e dò una sbattuta generale così frego tutti e chi si è visto si è visto. Non dovrebbe andare così ma la vita è difficile e talvolta i rimedi sono quelli che sono.
Infornare il Migliaccio a 200 gradi forno preriscaldato per quaranti minuti circa. Quando avrà un colore dorato e anche un po’ brunetto sarà il caso di tirarlo fuori. Il bello del Migliaccio è che grazie alla presenza del semolino l’aspetto e la consistenza danno sicurezza nella sua compatezza. Facilmente lavorabile da un punto di vista di intaglio. Proprio come accade con gli gnocchi alla romana (che adoro nella versione cuoriciosa) diventa un prodotto fotograficamente validissimo. Compatto e pulito come piace a me. Lineare e quasi minimalista. E’ stato semplicissimo quindi ricavarne fette a forma di mascherina semplicemente intagliando con il coltello. Gli avanzi dell’intaglio li mangerà il nippotorinese malcapitato di turno e la presentazione coreografica gli amici che emetteranno gridolini “bellino, che carino, ma che cosa è?”.
Insomma simpatia fortissima per questo dolcetto.  E’ una roba che si prepara in tre minuti. E’ oggettivamente perfetta da manovrare per le forme più disparate (a breve ci faccio dei conigli, sì). Fotograficamente valida e ha un sapore che evoca quasi la pastiera. Che non è poi mica tanto vero (poco poco sì però)  ma cercavo l’aggancio quindi il resto non conta. Insomma  per dire: sì. Dopo il primo esperimento con la Pastiera, compiuto a Natale, usando la ricetta segretissima della famiglia di Ale che non ho pubblicato per una serie di eventi avversi mi accingo alla mia “terza volta con la Pastiera”, che verrà ampiamente documentata su questi schermi quando verremo invasi da conigli pasquali, uova colorate e colombelle. Perchè sì. Ci attende proprio. Giusto il tempo di far passare qusto breve periodo tra mascherine, stelle filanti e coriandoli.
E’ un futuro infelice il vostro insieme a me. Ma il mio è inversamente proporzionale. Essendo un essere spregevole quindi mi importa poco. Sfortunati voi ad avere me. Fortunata io ad avere voi. E vi beccate tonnellate di orecchie di coniglio. Si salvi chi può. Che poi le porte siano chiuse a doppia mandata è un altro discorso.
Insieme alla orecchie di coniglio questa pioggia di cuori, per il mio progetto visivo kokoroland,  dovrebbe lasciare intendere una romanticità latente ai limiti dell’iperglicemia. Ma è quando comincerò a disegnare brandelli di carne e giugolari grondanti di sangue che applicherò realtà alla virtualità . Mi piace procedere con calma secondo una scaletta però.