Inviterei poi tutti a spendere due parole circa lo spacco di Belen al Festival di Sanremo. Mi vergogno profondamente di possedere l’unico spazio web dove non si sia blaterato a riguardo. Essendo qui avvezzi alla cultura di un certo livello *disse soffiandosi sulle unghie* direi di non peccare ulteriormente e provvedere alla vergognosa carenza. Volendo approfondire poi si potrebbe proseguire sul savoir faire di Siani;  spero venga scritturato per il prossimo Cinepanettone al più presto vista la capacità di trasformare anche il violoncello in un oggetto volgare. I Vanzina potrebbero attingere dal suo genio per scene epiche; perchè non approfittarne?
E la risposta è no. Non seguo il Festival ma cinque minuti li guardo tutti. Detesto leggere i quotidiani e non sapere dettagli su eventuali farfalle, spacchi e Mazza ( Il direttore della Rai come il “simpaticissimo” Siani fa notare, sempre con infinita eleganza). Anche perchè mi vergogno profondamente di asserire che io il canone purtroppo lo pago.  Essendo masochista mi piace giusto crogiolarmi un po’ per appagare quella voglia di ” Non ci sono più i festivaldisanremodiunavolta”. Ho un’età che lo consente e quindi perchè non approfittarne?
Ma insomma sì. I miei veloci appunti in cucina del uikend; che oltre a scriversi correttamente così spero per voi sia riposante e rilassante al contrario del mio*disse fissando l’oblio*
Quando il mio papà si è operato ho cominciato a friggere ciambelline e fare roba unta. Essendo separati da milleequattrocentolunghissimi chilometri l’unico modo per accorciare le distanze sembrava essere immergersi in una nebbia di olio fritto e scomparire tra odori imbarazzanti. L’odore dei capelli puzzolenti mi avrebbe distratto dalle lacrime e dalla preoccupazione.
E allora mi sono infilata il grembiulino di Eataly regalato dalla Dottoressa Suocera e dalla Socia Cognatosa, rigorosamente color granata, e ho cominciato a lanciare in olio bollente una tal quantità di ciambelloni di ogni sorta da far impallidire la peggior friggitoria di Caracas. Ammesso che a Caracas ci siano peggiori friggitorie. A quanto ne so solo bar. Non ho avuto, è vero, il tempo di indagare e sondare se si tratti di leggenda metropolitana o meno ma è nella To Do List e questa ricerca senza ombra di dubbio alcuno verrà fatta.
Ha priorità tanto quanto il mio chiosco di nani da giardino alle Bahamas, giusto per rassicurare tutti.
Questo significa quindi che quando friggo roba leggera da ottomila calorie a centimetro mi ritrovo un po’ in quella disperazione e preoccupazione pensando a papà e al suo occhio. Solo che poi guardando le bollicine che sfrigolano nel liquido e saltellano un po’ tra le particelle oliose ricordo che alla fine poteva pure andare peggio e sorrido.
Nella frittura quindi vi è un attimo di tristezza per diventare subito ilarità e a ben pensarci lasciando perdere la mia esperienza personale correlata, è così un po’ per tutti.
E’ un disequilibrio evidente la frittura. Felicità estrema che diventa oblio. Perchè francamente chi sano di mente potrebbe asserire che la frittura sia oggettivamente poco interessante per le papille gustative?
Io. Che mangio tutto bollito e non sono sana di mente ma la domanda era per l’appunto non rivolta a me.
E’ sempre meraviglioso imbottirsi di ravioloni fritti, graffe sicule e panzerotti alla crema. E cadere poi in depressione perchè si è esagerato. In questa tarantella di ovvietà .
A Carnevale poi tra bomboloni e impasti con patate annegate nell’olio ci si diverte/deprime pure parecchio.
L’illusione della carta assorbente dove vengono riposte le meraviglie unte e bisunte  fa sì che ci si possa convincere di aver “fatto asciugare”, “eliminato l’olio” e una serie di frasi che se ci fosse una regia ambientale farebbe partire risate registrate, come nelle migliori sit com anni settanta.
Ho sempre creduto che fare la roba fritta fosse difficilissimo/pericolosissimo. Quando io e il Nippotorinese abbiamo cominciato, ormai ere fa, la convivenza io avevo nel mio bagaglio culturale ben due cose:
- 1. sapevo aprire la busta dell’insalata già pronta
- 2. sapevo che nell’insalata andavano nove litri di olio come mamma mi aveva insegnato e una busta di mezzo chilo di sale per un cespo di lattuga romana.
Le nozioni base, insomma.
Tra queste mamma mi aveva raccomandato “stai lontana dall’olio caldo perchè brucia!”. Mamma è sempre stata brava a insegnarmi i fondamentali della vita. Ho avuto modo di blaterarne a sufficienza ma in sintesi grazie a lei, mia insegnante di vita, ho appreso:
- la pentola a pressione uccide e fa esplodere le case
- il gas va aperto e chiuso solo quando serve e se si abita in un palazzo con altre persone bisogna fare un giro d’ispezione piano per piano controllando tutte le manopole del gas di ogni appartamento (credo sia questo il motivo per il quale abbiamo sempre abitato da soli. Papà e mamma forse non avevano il tempo di controllare decine di appartamenti)
- La carne non si surgela perchè se non la scongeli bene muori sul colpo senza neanche arrivare al terzo boccone di bistecca
- Le uova vanno messe in frigo anche se al supermercato sono negli scaffali perchè arrivate a casa non riescono ad ambientarsi nella dispensa altrui
- Il microonde è un essere malvagio e manda onde che con il passare del tempo ti rendono aliena
- La lavastoviglie non pulisce ma sporca. Bisogna farsene solo una ragione.
L’olio è pericoloso e brucia.
Sull’uscio, andando via con le mie valigie, ho giurato a mamma che non avrei fritto. Che non avrei fatto esplodere case con la pentola a pressione. Che con il microonde che il Nippotorinese aveva preteso ci avrei fatto un’aiuola e che mai e dico mai avrei scongelato la carne. La Lavastoviglie? Ci avrei messo le scarpe.
A distanza di anni ritrovarsi una pseudo food blogger che ha cucinato pure nella lavastoviglie dovrebbe forse far intuire a mamma che io dei suoi consigli ne ho fatto davvero tesoro seguendoli passopassopassopasso.
A distanza di anni pur ridendo di tutte le nostre fobie e assurdità ci ritroviamo ugualmente spesso davanti a imbarazzanti teatrini che vedono me con la padella e l’olio caldo e lei dire “amore lo sai che se ci butti l’acqua adesso scoppia tutto, vero?”.
E mentre annuisco stanca dentro di me esplode l’amore, come ogni attimo in cui sto con lei. L’amore di chi è orgogliosa di essere sangue di una matta invasata che ha paura della pentola a pressione.
Mi piace friggere e vederla dietro di me preoccupata. Per lei non sono mai cresciuta e se prima questo atteggiamento mi disturbava adesso lo cerco. Lo voglio e pretendo.
E lei questo lo sa.
Si aggira come una leonessa che guarda il suo piccolo esplorare la savana. Gira in tondo nella cucina fingendo di fare altro per osservare se il lancio del raviolo nell’olio è fatto con attenzione o se qualche rischio di scottatura è nell’aria. Richiama la mia attenzione e non si distrae. E in questa danza di preoccupazione friggiamo dolori e odoriamo meraviglie. Tranne i capelli, maledizione.
Una delle cose che mi è riuscita meglio per quanto riguarda la frittura è stata la realizzazione della graffa sicula (la ricetta la trovi cliccando qui) e quest’anno avendo due o tre ricettine in attesa di approvazione voglio nuovamente cimentarmi con l’impasto patatoso.
Inutile dire che dovrò star attentissima alla stabilità di mamma che nella previsione di queste fritture carnevalesche ha ben pensato di dirmi che “la maschera non era comunque una brutta idea”. Il fatto è che davvero io quando ho fritto per la prima volta le melanzane, durante la prima cena in assoluto con mamma e papà a casa mia, ho indossato la maschera subacquea. Quella volta erano rimasti tutti basiti. Inspiegabilmente tra l’altro. Adesso, il fatto che mamma mi inviti ad indossarla nuovamente mi conferma solo una cosa: è maturata. Finalmente mamma, dopo anni, ha abbandonato i suoi schemi e dogmi mentali e ha capito le cose davvero importanti. Del resto mi sono sempre chiesta perchè mai una che dice che le uova a casa devono stare in frigo non possa indossare la maschera subacquea durante le fritture. L’altro giorno poi, inciso doveroso, Mattia Poggi durante il suo programma indossava degli occhialini adatti per la spellatura delle cipolle. Ne era particolarmente entusiasta e parlava di questo prodotto come una genialata e dell’invenzione del secolo. Mi sono chiesta se stesse scherzando. Esiste davvero qualcuno che taglia la cipolla senza maschera? Cioè sinora VOI NON AVETE TAGLIATO LA CIPOLLA CON LA MASCHERA?! E a che vi serve la maschera nei restanti mesi dell’anno?
Sono rimasta profondamente turbata da questa scoperta mentre il Nippotorinese mi dava leggeri colpetti sulla spalla dicendomi “amore. lo stanno capendo adesso. tu precorri i tempi, capisci?”. Solo che con quell’aria supponente da presa in giro
Insomma ho blaterato per dire cosa? Che ho sfidato le intemperie del calore olifero e che sono un’eroina. Che ho cominciato, dopo la settimana cuoriciosa, quella frittosa. Si friggerà qualsiasi elemento e alimento. Ornitorinchi, felini e pure dugonghi. Tutto verrà fritto e rifritto. Tutto sarà grasso come il martedì e il giovedì. Al diavolo la cucina taoista, vegana, giapponese, senzalatte, senzauova, senzacarne ( non so perchè ma immagino Max nell’openspeis in questo momento che con accento romana grida “assafaaaaammmmarrrooonnnnn”) da oggi :
FRITTO.
La Ricetta
Per la pasta di questi ravioli ho usato: 500 grammi di farina OO, 100 grammi di burro, 200 grammi di latte, un pizzico di sale, 1 tuorlo di un uovo abbastanza grande, 100 grammi di zucchero e della vaniglia freschissima.
Per il ripieno ho usato: 400 grammi di ricotta, 1 tuorlo, 100 grammi di zucchero a velo, 150 grammi di cioccolato fondente tagliato a quadratini piccolissimi, cannella freschissima.
Sono semplicissimi da realizzare e non occorre chissà quale abilità . Dopo aver impastato la pasta base con il robot da cucina (ma si può tranquillamente fare a mano. Ci si impiegherà solo giusto un po’ più di tempo) l’ho fatta riposare avvolta in pellicola per 15 minuti in frigo.
In un recipiente capiente ho messo tutti gli ingredienti del ripieno e ho girato con cura. Tirata fuori la pasta dal frigo, con l’aiuto di un mattarello ho steso per bene su un piano infarinato e ho ricavato delle parti di pasta che sono state poi imbottite con il ripieno. Con la forchetta ho chiuso i laterali. L’unica accortezza come sempre è non mettere eccessivo ripieno vicino alla chiusura del raviolone perchè inumidirebbe tutto e durante la cottura si provocherebbero incessanti schizzi di olio. Si devono dunque chiudere bene e prestare attenzione. Già mettendo un generoso cucchiaino (dipende poi dalla grandezza del prodotto) saranno gustosi e corposi. Friggere in olio bollente e soprattutto pian piano. Ecco perchè è sempre bene ricordare che friggere massimo due pezzi per volta farà sì che l’olio non si abbassi repentinamente di temperatura e non comprometta il risultato finale. Naturalmente la cioccolata fondente può essere sostituita da una ricca e generosa cucchiaiat(in)a di nutella. Se non piace la versione cioccolatosa poi si potrà optare per una classica ricotta e cannella o perchè no anche ricotta e canditi. Le arance ad esempio, insieme alla ricotta e cannella, per questo genere di preparazione si prestano benissimo.