L’altro giorno raccontavo alla mia amica Mary con particolare entusiasmo (ovvero fissandola come un lemure a occhi sgranati e con paresi alla bocca) delle Uoverie in quel di Barcellona (sì sì quando farfugliavo circa la mia entusiasmante–ironia-avventura su una nave cargo.ahem.da crociera). Grazie a instagram, manco a dirlo, sono entrata in contatto con un allegro e chiassoso gruppo spagnolo olè! (mi si conceda. E’ da quando sono un’infante che dico olè su tutto quello che fa riferimento alla penisola iberica. Ho il benestare degli indigeni del luogo che adesso insieme a me senza vergogna gridano olè. Chiamate l’igiene mentale, grazie). Con questi spassosi e festanti cugini europei ci si è messi d’accordo di andare in quel di Barcellona a sfondarci letteralmente di granite al mango che tanto mi erano piaciute e andare in queste Overie fornitissime (loro ci credono davvero santo cielo. Devo prendere l’aereo).
Sì perché io tengo alta la bandiera italiana nel mondo e certamente non disquisisco sul Museo di Picasso, la Cattedrale e Casa Batlò ma su quante diavolo di uova ci fossero in quel mercato! Umammasaura.
Cosa c’entra quindi questo inizio scoppiettante della mia amica Mary, i miei amici spagnoli di Instagram (olè) e le uoverie? Non lo so. Ah sì forse sì. Insomma per dire che:
“Ma sai che a Barcellona ci sono uova enorrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrmi?!?! e ci sono marroni, rosse, di struzzo, di pecora e di mucca!”. Riesco a confondere così tanto (e Max ne sa qualcosa) con i miei racconti e deliri che per un attimo le uova di pecora a Barcellona erano credibili. Il mio stupore però era focalizzato sulle nuance di bianco di alcune uova e da lì il conseguente dramma che in quel di Catania non le vendono, ergo un possibile trasferimento a Barcellona doveva essere previsto. Avrei vissuto lì con i miei amici di instagram (olè) e comprato uova di pecora tutto il giorno. Un quadro degno di studi psichiatrici approfonditi. Il fatto è che gli spagnoli sono gentilissimi perché dopo i miei racconti volevano organizzarsi per spedizioni di uova bianche e di struzzo cercando il modo di non essere arrestati per spaccio di uova e Mary in preda al panico tra Barcellona e uova di pecora e di drago cercava di intervenire per dirmi che:
“io ho le uova bianche che cerchi”.
E’ così semplice la vita? Ma davvero? Niente uova di pecora, amici di Instagram (olè) e granite al mango? Niente trasferte, aereo-panico-nave?
Ha dovuto sorbirsi otto ore di discussioni, e pure cenni alla serata di gala in quel della nave cargo-ahem crociera, per arrivare a sentenziare che sì. Lei aveva le uova che cercavo.
Ma pure quelle di pecora? *sguardo interrogativo*
Il racconto che ne è derivato non mi ha fatto dormire la notte (vabbè ci mancava giusto un’altra scusa). E’ entusiasmante e voglio condividerlo.
Le galline del suocero di Mary facevano le uova bianche ma di un bianco proprio candido ed etereo, eh (quanto mi piace dire eh). Improvvisamente in una notte buia e tempestosa (forse ci sto aggiungendo del mio) queste uova sono state espulse dal corpo del pennuto sotto forma di uova marroni e così fu fino alla fine dei tempi. Tempi terminati una settimana fa quando improvvisamente le galline hanno ricominciato una produzione di uova bianche.
Nonostante i tempi succitati siano diversi e in uno spazio temporale lungo che fa supporre un ricambio di galline naturalmente, io ho voluto immaginare questo percorso e rielaborarlo in una storia inquietante identificando le uova bianche come chiaro segnale che i Maya stanno arrivando.
Tutto torna no? Mi è apparso in tratto HB il suocero di Mary dentro un pollaio mentre scova un uovo bianco tra i marroni fissando gli sguardi anch’essi increduli dei pennuti (tratti forti, scuri e delineati). All’angolo una gallina minacciosa con lo sguardo di chi conosce l’oscuro e ignoto disegno che si cela in quel cambio gradazione dell’epidermide gusciale (?cosastodicendo?). Un’avvincente storia di pollaio dai tratti noir e ricchi di colpi di guscio. E’ evidente che devo confabulare con il mio amato Pani perché lui è l’unico a poter supportare il progetto. Del resto non dimentichiamoci di Tappa e Rella (chi non sa chi sono Tappa e Rella nell’angolo in ginocchio sulle uova!).
La sorpresa è stata quella di vedermi recapitare delle uova bianche subito dopo. Magnifiche uova bianche appena raccolte dal suocero di Mary, inconsapevole protagonista dei miei disegni insonni che grazie al cielo non sa che persone frequenti sua nuora, non accompagnate (stranamente) dal bigliettino che a ragion veduta la mia impareggiabile amica avrebbe dovuto trascrivere nero su bianco:
“tieniti le uova e scompari brutta pazza maledetta! vai a Barcellona e liberami della tua presenza! olè”.
Questo perché? Semplice no? Perché volevo giusto introdurre che io mica ho dimenticato il mio progetto Eggland, eh. Le uova fanno parte di me quanto i conigli. E i conigli fanno parte di me quanto i nani da giardino. E i nani da giardino fanno parte di me quanto le stelle. Per questo motivo, essendo il periodo anche quello giusto parte la rubrica “Eggland” dove si delirerà circa il mondo uovoso.
E’ divertente (in maniera soggettiva intendo) dire che non mangio uova perché sono mie amiche ma le ridicolizzo e friggo e trasformo (da oggi grazie alla mia Hariel poi potrò farle pure quadrate!). Ci si può davvero psicanalizzare fino all’infinito e trarre risposte anche dalle cose più semplici e ridicole.
E che Eggland sia. Tra un pochetto pochino la rubrica comincerà con un’elaborazione uovosa davvero facile da realizzare per la Pasqua imminente.
Sì devo ancora finire la settimana detox pre Pasquale e già blatero su uova e. Ma nuncihotemponunciho e devo ottimizzarlo questo schermo con lancette e numeri. Piogge di post sono previste. Lexotan per gli amici (vi amo) e via, occhei? La vedo dura. Ma dura, eh (questo eh continua sul serio a piacermi molto).
Ah sì. Eggland fa Parte della Rubrica “Fantasie di Pasqua” : olè!
( non lo so nemmeno io)