Trovo questo post in archivio (datato fine luglio)  e pubblico giusto per non tenerlo lì. Anche se poteva stare senza problema alcuno*disse fischiettando*
Quando durante i saldi mi sono ritrovata seduta su una poltrona rossa davanti a uno specchio con i glitter laterali e ho sentito una sedicenne urlare “uhhhh mamma la borsa della farfallina di Belen! Ti prego ti prego ti prego!” e la conseguente risposta “ma amore lo sai quanto costa la Farfallina di Belen?!” per poco non mi soffocavo e cadevo secca sul tappeto finto persiano che ospitava i miei piedi.
Pur seguendo qualsiasi portale, collezione, blog e sito nulla sapevo di questa oscenità . O meglio, riformulo: avevo visto in giro un modello finto Birkin di discutibile gusto e  qualità . Vi erano applicati sopra oggetti fluorescenti che andavano dalla stellina alla coccinella sino ad arrivare a insetti di diverse dimensioni e colori (fluo, of course) sino ad arrivare alla categoria varie ed eventuali (oscenità , sottotitolo).
Magari il mio subconscio aveva pure focalizzato distrattamente una farfallina ma se dovessi scommetterci proprio non lo farei. Fatto sta che vengo sapere così della Mia Bag, invenzione geniale (è chiaramente un eufemismo e sono partite le risate registrate) di quella faina stratega di Corona. Certo è facile essere stratega e geniale quando ci si rivolge ad un pubblico che pur occupando il Meazza non riuscirebbe a risolvere un cruciverba del quaderno estivo di un bimbo di seconda elementare (ma anche ultimo anno dell’asilo, va).
Sta di fatto che in un pomeriggio dove il caldo opprimente fa da padrone mi ritrovo con una sedicenne, con una trentaduenne (la madre della sedicenne) spiaggiata su un divano davanti alla farfallina di Belen in formato borsa di Corona. Semmai dovessi focalizzare uno dei momenti più squallidi di tutta la mia esistenza suppongo che potrebbe corrermi in aiuto proprio questo esatto momento. Ne ho altri eh ma questo ha un quid particolare.
Eppure sulla farfalla impiegherei anni se non addirittura una vita. La forza di questo insetto e il suo fascino. La rinascita e la crisalide. Ho perso l’uso dell’indice fermando il tempo sulla crisalide. Ho trascorso domeniche a filmare bruchi diventati farfalle e ali spezzate raccolte per terra. E ho anche voluto bene a lei dalle ali verdi.
Dentro la casa delle farfalle sono rimasta fissa in questa posizione per ore. Per aspettare il momento. Pensando di capire qualcosa anche della mia metamorfosi senza riuscirci mentre uccellini volavano sopra i miei capelli. La poesia e il concetto dell’ala di farfalla distrutta e ricordata in questo modo insulso. Con il cattivo gusto del doppio senso e la vergogna di essere dediti alla carne e alla nullità interiore. Ecco cos’è attualmente la farfalla.
Uno stupro inconcepibile.
E mentre cuocevo queste farfalle, sempre acquistate in quel di Ortigia, che fanno parte poi della stessa linea che ho adoperato per la versione burro e mandarino (ricordi?), ho pensato a quanti abbiano tatuato un significato allegorico importante addosso e si ritrovino in questo vortice di volgarità .
La semplicità e al tempo stesso la ricchezza. La fragilità e la forza e quello squilibrio equilibratissimo che solo un volo di farfalla possiede. Per questo ho scelto di condire in modo esattamente opposto questa pasta, che non ha nulla se non del ricco tartufo nero. Il Nippotorinese ama cibarsi di queste paste leggermente aromatizzate e da bravo piemontese non disdegna il bianco di Alba ma neanche il nero se capita.
Sarò impopolare ma  a me l’odore provoca emicrania feroce; preferisco averlo accanto dopo aver fagocitato tonnellate di formaggio puzzone ubriaco piuttosto che l’antipatico e maleodorante funghetto (si è intuito che vi è una feroce antipatia..?uhm..).Â
 Ho semplicemente lessato le farfalle in acqua bollente salata e giusto per esaltare ancora più il sapore le ho scolate un minuto prima e fatte saltare in padella con dell’olio di tartufo. Poi ho spolverato il tutto con questo e via. In tavola. Niente di più ridicolo e semplice. Alla fine sì. La sedicenne ha ottenuto la sua borsa farfallina con cui sognare di poter volare lontano e arrivare alle semifinali di qualche show danzereccio. Gli stessi sogni che molto probabilmente tormentavano le notti di quella genitrice per la quale avrò assunto le sembianze di una vecchia acida settantenne che acquista borse senza tanti fronzoli ma tagliate dritte, sicure e decise.
Fatto sta che poi è entrato il diciassettenne con gli occhiali bianchi e i teschi dorati. Con indosso la mia bag.
Mi trovavo in un luogo però dove un tempo sono stata a mio agio. Non poteva essere un caso. Non potevano essere insulsi e stupidi solo loro. Ma anche io. E che anche se la mia bag non mi aspettava e neanche gli occhiali bianchi e i teschi dorati, c’era qualcosa di diverso. Più sobrio, certo. Ma che nascondeva lo stesso concetto.
La stessa essenza.
E allora che mi sono chiesta:
e se stessi per affrontare un nuovo step e una nuova metamorfosi mi aspettasse?