Sui Profumi di Sicilia ho pure fatto un apposito Tag (se ti fa piacere lo trovi cliccando qui). Il Libro di Giuseppe Coria edito da Cavallotto editore “Profumi di Sicilia”, per coincidenza appunto, è poi in assoluto la Bibbia Sicula per eccellenza. Di questo volume ho parlato moltissime volte random all’interno dei post dedicati alle ricette sicule  ma non fa parte della Rubrica La libreria di Iaia e tocca rimediare al più presto.
La Caponata è indiscutibilmente uno dei piatti siciliani più conosciuti. Oltre a essere una ricetta non solo vegetariana, ma anche vegana, si presta a molteplici utilizzi ed è una preparazione niente affatto difficile e che può (non ultimo in questo elenco di meraviglie) essere organizzata con netto anticipo. Sì perché la caponata va assolutamente mangiata il giorno dopo (e mai lo stesso giorno) e si conserva benissimo per almeno tre. I sapori si  amalgameranno e si uniranno in questo legame indissolubile di bontà . Perfetta come antipasto ma anche da mangiare con chilate di pane casareccio, diventa un accompagnamento e un secondo stesso perché leggera (dipende dalla quantità certamente) non è.
( per chi come me mal digerisce i peperoni – non solo la sera-  farà trascorrere indimenticabili momenti rantolando negli angoli della casa)
Come balbetto incomprensibilmente nel video ci sono diverse varianti. Non esiste, come in tutte le ricette soprattutto tradizionali e antiche, una sola variante. Prenderei a badilate sulle gengive chi dice “eeeennosifacosì- ennosifainquestomodo”. Occorrerebbe un po’ di raziocinio (oltre che di umiltà ) e senza perder troppo tempo in inezie ricordarsi che non vi è mai una versione “vera”. Sono tutte vere. I tempi, i luoghi e soprattutto i ricordi di famiglia rendono un piatto unico a seconda della propria zona e di chi lo prepara. Per questo motivo troverete il Siciliano che nella caponata non mette le melanzane perché convinto che si faccia solo con i peperoni e per lo stesso identico motivo troverete quello che vi dirà che le patate non possono mancare. Nella Bibbia Sicula di Profumi di Sicilia non ci sono né due né tre versioni della caponata ma molte di più. Questo proprio perché come con la parmigiana non si può asserire che vada messo l’uovo o no. Il catanese se è per questo nella parmigiana mette i tocchetti di mortadella per tradizione.
Quella che ho scelto io è la Caponata che si prepara nella mia famiglia. Quella che prepara mia nonna. Quella che prepara mia mamma. E che preparano tutte le persone che amo. Non è la vera Caponata. La più buona. La più completa.
E’ la mia. Non sarà difficile incontrare un altro Catanese come me che dirà no alle patate e sì ai capperi di Pantelleria ma sarà anche facile che vi dica che no. Le olive non vanno messe e i pinoli vanno tostati prima. In qualsiasi modo voi scegliate di preparare la Caponata è sempre bene ricordare solo una cosa:
affidarsi ai propri amori, affetti e tradizioni. Il gusto sarà imbattibile.
Se vi fidate pocopocopocopocopocpocopoco di me e volete provare: ecco la mia Caponata.
L’ho preparata pensando a Michela. La mia Emme. Adesso mamma della mia Nipotina Bianca. La migliore amica Bolognese del Nippotorinese che da dieci anni a questa parte è anche amica mia. E di questo sono grata a tutte le Divinità conosciute e non. Emme rappresenta il nostro punto fermo. Il punto di inizio e l’esatto contrario. E’ stata con noi quando non era ancora iniziata tra me e il Nippotorinese. E quando ci siamo baciati la prima volta davanti al mare la prima cosa che abbiamo detto è stata all’unisono “chiamiamo Michi!”. Quando ci siamo allontanati, allo stesso modo, abbiamo avuto il desiderio di fuggire (io) da lei e rintanarci (lui) da lei. Michela, Emme, Michi, Amelia, Audrey Hepburn è il cemento che ci ricorda come io e Pier abbiamo costruito la nostra casa.
Basta sentire il suo profumo per strada e riconoscerlo per fermarci e ricordarci. Da dove veniamo. Chi siamo e soprattutto cosa saremo: Amici per sempre. Legati indissolubilmente come i pinoli che siano tostati o meno insieme alla melanzana. Un trito preciso di amore dove vanno buttati elementi fritti e asciugati di dolori. Un’alchimia semplice eppure complicata dove poco importa se mancano le patate o ci sono le melanzane. Poco importa se i peperoni sono distanti anni luce dai capperi e dalle olive. Sono legati.
Con quel rosso che è la salsa e anche un po’ il filo di Dolls ( Emme mi sto giocando l’unica carta che ho per far bella figura con Ios. Poi sfodero tonno al tonno ) . So che Emme mi legge. Nonostante non sia qui tra i commenti e gli habitué di questa Cucina Psicolavabile mai per un attimo non ho sentito la sua presenza. E’ stata a osservarmi in tutte le fasi di me. Della mia distruzione e Rinascita. Lo ha fatto con la sua sconfinata eleganza e raffinatezza. Mai per un attimo è stata lontana e talvolta i suoi silenzi sono state urla che ho sentito senza difficoltà . Lo stesso ha fatto lei.
A Emme piace la Caponata. A me piace Emme e la Caponata. Io e il Nippo abbiamo più volte pensato di chiamare Michela nostra figlia, se mai arriverà . Giusto per dare una dimensione, anche se bisogno non ve ne è perché lei lo sa, di cosa sia lei nei nostri cuori e teste.
Poi abbiamo pensato che Alice fosse più opportuno quando lei ha deciso Bianca. Per una serie di ragioni che silenziosamente sappiamo noi tre.
Bianca e Alice. E’ un mio sogno, voglio confessarlo. Una Bolognesenapoletana e una Nipposiculatorinese uscite dal libro di una fiaba con pagine che odorano di caponata e tonno al tonno.
(se nasce il PrincipeNippoSiculoAzzurro a quel punto con tutti i Nani che ho. Vissero felici e contenti)
L’origine della parola Caponata è incerta. Alcuni dicono che derivi dal latino caupo (tavernaio) e che quindi significhi esattamente cibo da taverna. La tradizione siciliana pare che ricolleghi questo piatto in realtà a una versione con il pesce. Ebbene sì. Pare infatti che la cucina ricca “baronale” preparasse il pesce (soprattutto il polpo) con questo delizioso condimento di ortaggi e adoperasse pure l’uva passa (onnipresente nella cucina siciliana) e che poi si sia trasformata “per il popolo” essendo il pesce inarrivabile e inaccessibile.
Per questo motivo non vedo l’ora di pasticciare una versione baronale al più presto e propinarla a Papà che ne pare estasiato e parecchio intrigato e pure al Nippo che a sorpresa ha gradito.
Ora non sono mai stata una brava cuoca e si sa. Non lo dico per falsa modestia e spero si sappia. Ma questa caponata è venuta davvero molto bene. Non faccio parte di quella fazione che esaspera “l’amore e il cuore” (pare che Cracco se non lo dice 902489324820482 volte a Master Chef non prenda lo stipendio) ma. Ma averla fatta pensando a Emme. Averla fatta perché davvero mi sto preparando a cucinarla perché presto la vedrò. Averla fatta con.
Amore.
Ha. Ha dato un sapore effettivamente diverso. Ha raccontato qualcosa. E quando papà ha cominciato a rubarne cucchiaiate, anche calda (e un siculo vero come Turi non la mangia la caponata calda!), e ha detto “è perfetta questa Caponata amore mio. Perfetta!”.
Io ci ho creduto. Perché papà ride sempre del mio pollo all’ananas, spaghetti con kiwi e surimi e dolcetti bizzarri senza latte-uova-farina-senzadolce. Ma. Perfetta.
Perfetta come Emme e la nostra amicizia. Perfetta per Noi.
Ti voglio bene Emme.
Anzi no rettifico.
Ti vogliamo molto bene Emme. Tutti quelli che hanno mangiato, cucinato, filmato, fotografato, mostrato, rubato questa Caponata.
Io, le mie 12 personalità , Il Nippo, Turi e Nanda. E tuttiiiiiiiiiiiiiiiiii  i Nani. Tuttttttttttttttti.