Ticchetto sull’iphone vicino a un espositore di parquet. La mia nuova frontiera. Fare post dall’iphone.
Architetto, Papà e Nippo disquisiscono sulla finitura di un gres porcellanato e del taglio particolare del parquet. Io non ho ancora neanche ben capito perché mi trovo lì. Ho capito però che non sono una da sneaker. E neanche da tacchi. Mi fanno male le sneaker. Mi fanno male i tacchi. E le ballerine mi provocano degli tagli alla caviglia profondissimi. Scegliere un parquet per me significa guardarne trecentosettantaquattromila tipi e avere dodici secondi a disposizione. Indicare e dire convinta “questo !”. Non solo nel parquet. Avviene in qualsivoglia prodotto. Dalla borsa al vestito. Dal gusto dello yogurt alla tipologia di divano. Sono sicura, convinta e per certi versi monotona. Loro quattro mi affascinano molto. Li osservo. Li studio.
Settanta per quaranta. Ottanta per cinquanta. Trenta meno venti per settanta per centotrenta. Il sottotono più scuro. Il sottotono più chiaro che rimanda all’alzata. Due e quaranta. A filo. Fuori squadra.
Praticamente io intervengo quando si parla di “ci prendiamo un caffè?” o in un qualsivoglia momento esilarante dove dico la cosa sbagliata al momento sbagliato. Mi fido però ciecamente dei gusti dell’Architetto perfettamente in linea con i miei e del Nippo che è minimalista proprio quanto me. Questa volta giocheremo con i colori e i toni del grigio e del nero e una lunga scala grafite enorme tondeggiante collegherà mondi diversi e uguali. Ho capito questo e mi basta. E ho capito che non ho tempo (sta arrivando il momento esilarante dove dico che voglio la sauna).
E. Devo disegnare, dire, scrivere un sacco di cose. Sorprese e Progetti, compresi. E. E ma devo avere una tastiera. Non un touch.
Insomma.
Poi per le Crepes volevo ancora e ancora e ancora e ancora prepararle in forma “sushiosa” e la prima crema di cioccolato che mi è venuta in mente corposa bella tosta come se fosse un agglomerato di riso è stata solo una: Il Sanguinaccio. Mi sono detta che sì l’idea non era affatto malvagia anzi esattamente il contrario ed ero già lì come una stupida a seguire le mie indicazioni. Certo mi ha fatto anche un po’ impressione dover sentire la mia voce da cornacchia e rifare movimenti già fatti. Ma divertente, lo confesso. Ho ridacchiato prendendomi in giro per un bel po’. Normale routine, insomma.
In pratica si fanno le crepes (sotto la ricetta) e poi il Sanguinaccio e poi si imbottiscono di sanguinaccio e via. Arrotoli. Tagli con coltello affilato (meglio se di ceramica. Ed è sempre un bene bagnare o pulire il coltello per evitare di sporcare la crepe, esteticamente il tutto potrebbe risentirne) e via: impiattato alla maniera sushiosa con tanto di bacchette. Zucchero a velo e libero sfogo alla fantasia. Si potrebbe andar giù di mandorle, pistacchi tritati o qualsivoglia leccornia in fatto di frutta secca tritata.
Se è per questo anche una bella pallottola di gelato non va mica male. Io la puccerei (come dice il nippo) nella granita di pistacchio o mandorla al posto della brioche, se proprio devo dire la mia (che è sempre un bene omettere lo so).
Esteticamente accattivante con una preparazione di pochi minuti. L’impatto scenico come sempre fa i 3/4 del lavoro se non più e in questo specifico caso abbiamo anche dalla nostra parte un sanguinaccio al cioccolato cento per cento napoletano. Come non cimentarsi subito, insomma?
La forma sushiosa delle crepes come queste rimane sempre e comunque un’idea carina da proporre con mille varianti. Se si hanno le crepes già pronte si possono preparare seduta stante anche dei rotolini con del gelato arricchiti magari da qualche topping preparato in casa o acquistato qualora non si avesse tempo. Dal cioccolato sino ad arrivare a gusti fruttati. La prossima volta invece vorrei adoperare del riso cotto nel latte, un po’ come avviene in diversi dolcetti soprattutto mediorientali (ricordate l’adorabile Kheer?) e fare una fusion bizzarra tra nipponico-medio oriente e Francia.
Roba da fare il giro del mondo in quaranta minuti. E’ già in agenda anche se per adesso ahimè potrò cucinare pochissimo visti gli impegni futuri e confesso che la cosa mi inquieta e pure parecchio. In valigia infilerò qualche pentola e fornello elettrico per cucinare in albergo. La scorsa estate stando più di un mese fuori casa è stato difficile (e molto) sopportare l’assenza di pasticci culinari.
Sbaglio o soffro anche di una paranoia preventiva da evento? E’ incredibile. Ce le ho davvero tutte. Cosa mi manca? Vado a fare una lista.
Agorafobia. Ce l’ho.
Ailurofobia. Ce l’ho.
Claustrofobia. Ce l’ho.
Sì.Urge lista.
Ah e oltre la sauna voglia pure (VOGLIO, eh) una fontana enorme a forma di Nano da Giardino. Dal cappello devono venir fuori getti colorati d’acqua per fare cromoterapia. Rilassa.
Ne ho bisogno, mi sa.
MI SA DI SI’.