La Ricetta di questa Cherry Pie è tratta dal mio Libro (momento autoreferenziale ai massimi livelli) “Le Ricette di Maghetta Streghetta” edito da Mondadori. La versione di More, quella di Biancaneve, invece la trovi qui.
Ingredienti per una teglia di 28 centimetri circa
- Per la pasta brisèe: 500 grammi di farina 00, 200 grammi di burro morbido a pezzetti, 1 pizzico di sale.
- Per il ripieno: 500 grammi di ciliegie fresche o amarene denocciolate (se usi quelle sotto spirito, sciacquale più volte sotto l’acqua), 200 grammi di marmellata di ciliegie meglio se senza zuccheri aggiunti, 30 grammi di amido, 1 pizzico di sale, 1 cucchiaio di succo di limone e metà della sua scorza grattugiata, 150 grammi di zucchero di canna, 1 cucchiaino di vaniglia in polvere o essenza, 30 grammi di burro a tocchetti e se ti piace anche un po’ di essenza di mandorla che ci sta benissimo.
- Per la copertura finale: 1 uovo e zucchero di canna.
Per comodità spesso adopero l’impastatrice ma il classico metodo manuale di picchiettare il burro con la farina aggiungendo pian piano i 140 grammi di acqua freddissima rimane indiscutibilmente il migliore (se hai tempo). Ricopri sempre e comunque con la pellicola e fai riposare almeno 30 minuti in frigo. Per il ripieno: versa le ciliegie denocciolate, la marmellata, l’amido, lo zucchero, il succo e la scorza di limone e la vaniglia. Gira con cura fino a ottenere un composto omogeneo. Stendi la metà della pasta brisèe tolta dal frigo su un piano infarinato e versaci sopra il ripieno e poi i tocchetti di burro. Stendi la pasta rimasta e ricopri per bene la torta. Se ne hai ancora fai la chiusura, aggiungi decori o qualsiasi cosa la fantasia ti suggerisca. Fai una incisione a x sulla superficie della torta ma non fare fuoriuscire troppo il contenuto. In una ciotolina sbatti un uovo e spennella la superficie. Puoi aggiungerci latte o zucchero così la crosticina verrà ancora più croccante e dura. Inforna a 205 per 15 minuti e poi a 180 per 35-40 sempre tenendola d’occhio. Si accompagna perfettamente a generose cucchiaiate di panna fresca montata sul momento e all’immancabile caffè nero ma pure con una bella pallottola di gelato che visto il periodo male proprio non fa.
Il fatto è che ero davvero molto presa da American Horror Story (qui ancora, ancora, ancora, ancora sì e ancora e ancora) mesi or sono. Tutta bella organizzata a prendere appunti; che non è così semplice come può apparire. Riguardati le puntate e fai i fermo immagine quando mostrano la ricetta, inseriscila nel contesto e nella puntata e sviluppala interpretandola. Provala sperando sia quella giusta, e non è detto che accada al primo colpo, e così via. Non che qualcuno mi punti una bistecca di agnello alla tempia (che è sempre peggio di una pistola per certi versi. Anzi no. Forse un cosciotto di coniglio in agrodolce a ben pensarci) ma l’entusiasmo è passato. L’incontenibile gioia, pure. Alla terza stagione, nonostante i clichè e la monotonia del già vistorivisto unito alla “commercializzazione” del tutto, ero riuscita comunque a mantenere alta la soglia di interesse. Poi la trepidazione inaspettata, che non provo mai.  L’irrefrenabile desiderio che le lancette corressero avanti velocemente quando il tema del Circus era stato svelato. Ricordo ancora la commozione mia e delle mie amiche, in particolar modo BestiaBionda e Ombretta. Il circo, i clown e tutto il mio immaginario. Post su Post. Entusiasmo all’ennesima potenza e.
Il Declino sin dalle prime puntate. Ho continuato ad appuntare, seppur svogliatamente confesso, tutte le ricette passate nei diversi episodi perché come in tutte le stagioni sono tante, pertinenti se vogliamo e per certi versi interessanti per il modo in cui vengono inserite nel contesto; tanto da farmi continuare a credere che nella banda degli sceneggiatori ci fosse davvero un gran gourmet o un foodie.
Poi all’improvviso la notizia che mi fa dimenticare il dolore di questa enorme perdita. Perché tale è stata per me la dipartita del genio di American Horror Story (confido in un finale dove tutto sia collegato e che riesca a farmi strabuzzare gli occhi dalla felicità ).  Non sono fanatica di serie tv e si è capito. Ho retto a una puntata e mezza di Sherlock e posso vivere anche senza l’ultima di Game of Thrones (mi sto già addormentando all’attuale serie mentre tutti sono esaltati e prendono valium). Per principio non ho visto l’ultima serie di Dexter e se Penny Dreadful mi ha entusiasmato sì, ciò non significa che alla prima della seconda stagione io lasci perdere il mio uncinetto per correre a vedere la puntata (e infatti non l’ho cominciata). Sono svogliata e mi annoio facilmente. Mi fanno rimanere incollata poche cose.
Se c’è una e dico una visione che non ha smesso nei miei ricordi, e nel mio presente, di farmi stare appiccicata con la retina fissa sullo schermo è Twin Peaks. Quanti anni sono che tedio l’universo con Twin Peaks e Lynch? Venti? Perché tanti ne sono passati dalla prima visione. Che ci fosse anche solo una remota ipotesi che Lynch non potesse girare la serie in lavorazione mi aveva gettato temporaneamente  in una depressione che manco vagonate di xanax o barbiturici (e chili di granita al cocco).
Sul mio Libro la Cherry Pie è stata in assoluto la prima a essere fatta insieme ai Brownies dedicati a Poirot e il Bento Totoro di Miyazaki. Se dovessi sempre avere quella bistecca o cosciotta di coniglio puntata alla testa tra Burton, Kitano, Kim Ki Duk, Miyazaki e Kubrick io direi sempre e solo Lynch. David ha il mio cuore. Con i suoi pavimenti a scacchi e le sue tende rosse. Sono fatta non di acqua ma di Lynch, a dirla tutta. Non smetterei mai. Da qualche settimana, in quei piccoli di ritagli di tempo che ho, sto rivedendo Twin Peaks; questo perché non mi ero mai davvero dedicata alla raccolta di appunti di cibo. Non so per quale inspiegabile motivo io abbia perso anche solo tempo e impiegato entusiasmo con American Horror Story. Sarà stata la novità e la foga del momento, o semplicemente il mio inesauribile e sempiterno esaurimento in corso.
Ma come ho potuto non catalizzare tutto il mio amore e il mio entusiasmo in Twin Peaks? Perché proprio adesso che tutti ne parlano? Perché sono appunto esaurita. Semplicissimo. Lineare. Logico.
Ho perso già abbastanza tempo. Tocca rimediare; nonostante per autoimposizione (e anche per tutto il tempo dedicato che non voglio vada sprecato) abbia intenzione di continuare con le Ricette di American Horror Story, vorrei dare maggior spazio e rilievo all’Agente Cooper e alle decine di personalità complesse che meriterebbero una serie a parte singolarmente. Si poteva cominciare degnamente in qualche altro modo (?) che non fosse la Torta di Ciliegia accompagnata da un caffè nero scurissimo “come una notte senza luna”; perché è proprio così che l’Agente Cooper dice poeticamente di preferire e amare il caffè. Le mie (inutili) considerazioni su quanto sia diverso, e importante, rivedere una visione che ci ha colpito a distanza di tempo per coglierne ancor più significati e segni le ticchetterò un’altra volta che mica c’è fretta. Una sensazione però mi rende realmente felice nel più puro senso del termine. Non aver cambiato idea. Non essermi ritrovata davanti un altro prodotto. Non aver contestualizzato venti anni fa. Non averlo fatto adesso.
Niente mi ha deluso. Aggiungo un “sinora”, giusto perché non ho completato il percorso; seppur già sia ne sia convinta in modo assoluto sin da ora. Twin Peaks mi ha segnato emotivamente, esteticamente e visivamente. Continua a farlo e suppongo quanto spero: non smetterà mai.