Colpo di scena: Non è una ricetta di Halloween. Non gioirei fossi in voi però perchè ho giusto due cose in frigo che Due giorni fa sotto esplicita richiesta di una mia carissima amica mi sono cimentata nella realizzazione della Graffa. Graffa, versione sicilianizzata del Krapfen (ma anche del bombolone, bomba o ciambelline nel resto d’Italia) si differenzia per la consistenza della pasta e/o dell’eventuale ripieno ma da quel ceppo ciambellafrittagenealogica proviene senza alcun dubbio. La Graffa fa parte della vasta gamma dolciosa della colazione siciliana. Ricordo ancora lo sconcertato nippotorinese alle otto del mattino davanti la vetrina di un bar con voce flebile domandare “ma un semplice cornetto vuoto c’è ? “. E il cornetto vuoto no in effetti ma ci sono: l’iris al cioccolato/crema/pistacchio, bomba crema/cioccolato, cornetto marmellata/pistacchio/nutella/cioccolato/crema/cioccolato bianco, panzerotto crema/cioccolato, raviola alla ricotta e dimenticherò di certo qualcosa. Occorrerebbe fare uno schema completo dell’imbarazzante gamma di prodotti dolci e salati. In Sicilia infatti esiste una netta distinzione tra pasticceria, gelateria, caffetteria, rosticceria, tavola calda , forno e lievitati e solo il cielo sa cosa. Prometto a me stessa di stilare questo abominio di calorie ad imperitura memoria.
Tutto questo per dire che la Graffa è sacra e viene venerata. Verrebbe quasi da dire “come è giusto che sia”. Soffice da far paura tanto quanto le centinaia di calorie che albergano in ogni millimetro quadrato, negli ultimi periodi la si trova anche ripiena di crema come il classico bombolone o cosparsa di crema alla gianduia. L’irriducibile della graffa storcerà pure il naso davanti a cotanto coraggio nel profanare la tradizione ma la realtà è che sulla graffa anche una fetta di mortadella o uno stinco di maiale ci starebbe bene.
Credevo che la ricetta fosse molto più elaborata e che non sarei mai riuscita ad eguagliare neanche lontanamente questo sapore antico che appartiene ai ricordi di tutti i miei corregionali. Un po’ la paura che mi ha assillato durante la preparazione delle Rame di Napoli. Mi sono dovuta ricredere perchè credo di non aver mai ricevuto tanti complimenti. Condivido quindi con molto piacere queste dosi regalatemi da una signora davvero speciale che conservo già nel Sacro Libro di Bodrum.
La Ricetta
Gli ingredienti per 20/25 graffe di media grandezza sono: 500 grammi di farina manitoba, 350 grammi di patate lesse (già lesse eh), 180 ml di latte intero, 3 uova intere di media grandezza, 40 grammi di zucchero semolato, 70 grammi di strutto, 22 grammi di lievito di birra fresco, 2 scorze d’arancia, pochissima cannella e un pizzico di sale. Olio di semi per friggere e zucchero semolato per decorazioni finale.
Dentro una planetaria mettere le patate lesse precedentemente passate o schiacciate insieme a tutti gli ingredienti. Il lievito di birra verrà sciolto in pochissimo latte tiepido prima di finirci dentro. Impastare per almeno dieci minuti a velocità moderata fino a che il composto cominci ad amalgamarsi per bene. Non è un impasto omogeneo, anzi risulta piuttosto appiccicosiccio. Appiccicosiccio è il termine più tecnico che mi viene in mente. Continuare ad impastare per altri dieci minuti buoni ma questa volta a velocità leggermente più alta. Controllare infine se qualche pezzetto di patata non si sia amalgamato perfettamente e nel caso rimuoverlo ( io ho trovato uno scoglio patatoso di due chili ad esempio). Coprire la planetaria con un panno e lasciare riposare l’impasto per almeno 40 minuti. Trascorso il tempo organizzare il piano di lavoro stendendo la carta da forno e formare la classica forma a fiocchetto della Graffa come nella foto qui sopra o delle semplici ciambelline. Un’altra ora di riposo fino a che il volume delle singole graffe aumenti.
Friggere in olio di arachidi o semi bollente e rotolarlo nello zucchero semolato appena tolte dal fuoco. E implorare il perdono divino dopo averne mangiate almeno cinque. Vado ad occuparmi dei tuoi tizi che sorseggiano il the verde adesso.