Ricette Vegetariane e Vegane

1 Luglio – Giornata Nazionale della Pasta Arriminata

Riesumiamo post- Parte uno (trovato nell’archivio di Luglio; così giusto per dire che a me piace non ritardare). E’ che sono giorni dove non ci si può concedere neanche di dormire quattro ore a notte.

Arriminato significa letteralmente “girato, mischiato”. Nonostante Nonna si ostini a dire che sia calabrese e che il termine “arriminato” corrisponda guarda caso all’omonimo siciliano con lo stesso significato, qui in famiglia si crede da tempo ormai immemorabile che la nonna non possa più tornare indietro e confessare la dura verità.

(oltre a confessare che del dialetto calabrese conosce pressoché nulla) 

Il dubbio, insinuato nella fattispecie da me medesima, è che non sia una famosa pasta calabrese che lei ben cinquanta anni fa portò in quel della Trinacria dandole lustro e prestigio (chiaramente all’interno del mio nucleo familiare con annessi-connessi-amici-parenti lontani).

Ma una genialata velocissima, gustosa e nutriente (una bomba insomma) per una donna che non ha rappresentato (e tuttora rappresenta)  certo gli stereotipi nonneschi. Cinque figli, lavorava, dinamica, attiva e spudoratamente moderna. Anni luce lontana dall’immagine nonnesca comune, insomma.

Secondo delle ricerche pare che in Sicilia la Pasta arriminata sia con i broccoli. Molte fonti certe ne spiegano la preparazione semplice e casereccia come tutte le ricette antiche sanno essere. Avendo una forte perversione per la carne si suppone che la nonna non abbia potuto resistere e abbia trasformato questo classico siciliano in un assurdo mix biregionale.

E quindi nella pasta arriminata presunta calabrese ci sono i broccoli?

No. Giammai. Nonna fugge da questo assurdo binomio pasta arriminata-broccoli e visibilmente irritata sostiene con veemenza che “da che mondo è mondo la pasta arriminata si fa con il ragù!”.

Puoi forse darle torto mentre ti minaccia con il mestolo?

Parlando con diversi componenti della famiglia, dove la leggenda della pasta arriminata fa parte ormai del Dna quasi quanto i turdilli (ma quelli sono calabresi sul serio!) , pare che non ci siano certezze riguardo l’esatta provenienza. Tutti l’hanno mangiata sin dalla tenera età. I miei cugini non sarebbero sopravvissuti agli stenti dell’adolescenza senza cibarsi della pasta arriminata per almeno una volta a settimana. Pare che i fratelli di mia mamma (tre maschioni dove il più bassetto è alto 1.80 ed è una roccia di ennemila chili e muscoli) tuttora pur avendo famigliamogliefigli accorrano per un buon piattone di mammà quando ne hanno possibilità. Almeno e dico ALMENO una volta a settimana.

E chi è che in tutto questo ne è rimasta fuori?

Facciamo però prima due conti (e se a farli sono io bisognerebbe fuggire a gambe levate): mia mamma è la prima di cinque figli. Noi nipoti non siamo molto numerosi basandoci sugli standard meridionali. In totale siamo otto nipoti (sono la dodicesima dalla parte di papà! qualora i conti non dovessero tornare) perchè due figli hanno fatto un figlio solo (una delle quali: presente!), gli altri due ne hanno fatti ben tre a testa e lo zio quarantenne giovane ed aitante è ancora a piede libero e fa il single incallito (ma non è che c’è qualche donzella che vuole passare una selezione?)

Contando tutti, ovvero figli-nipoti-nuore-generi, vi è un denominatore comune: passione smodata per la pasta arriminata.

I fidanzati e/o le fidanzate dei nipoti rientrano perfettamente in questa statistica;  ma c’è una persona. Una persona che.  UNA SOLTANTO che non ha mai apprezzato la Pasta arriminata della nonna.

Anche prima dell’avvento “periodo vegetarianesimo”. Una persona che è stata isolata e messa alla gogna per aver detto che “oh ma che ha di speciale questa pasta arriminata? fa anche un po’ impressione tutta pappettosauovosa! “.

E’ come focalizzare un tavolo con trenta persone allegre che mangiano. Discutono. Si passano il pecorino grattugiato. Sono felici. Una pentola alta sessanta centimetri al centro e tanta provola che fonde. Camicia macchiata consentita e anche bavaglino improvvisato con il tovagliolo. Potrebbe pure scattare un applauso eh. Siamo su quel genere lì. Abbracci e baci.

Chi potrebbe mai essere quella in fondo alla tavola che scrive e/o disegna e/o legge (1990),  ha un cellulare in mano (2000)  e/o un computer e/o una macchina fotografica (2010), che alla domanda “ma tu non la vuoi?!” risponde “oh ma che ha di speciale questa pasta arriminata?”.

Quella stolta, di cui non faremo il nome per motivi di privacy, ha finalmente capito cosa abbia di speciale la pasta arriminata. Quella sconsiderata ha realizzato con fatica che non aver mai fatto parte di quell’allegro gruppetto sta forse alla base di tante problematiche serie ed importanti (tipo meritarsi a natale i sali da bagno colorati di un verde fosforescente e puzzosi da morire; così per dirne una).

Pur conscia del fatto che mai mangerò la pasta arriminata ho voluto chiedere scusa alla nonna per trenta anni di stoltezza indicendo l’Arriminata Day e sperando che questo Natale sia più clemente  (un bagnoschiuma alla fragola sarà apprezzato).

L’Arriminata Day

è consistito in una giornata interamente dedicata al culto dell’arriminamento. Ho fatto sedere nonna sullo sgabello mentre lei divertita contiuava a girare e “giocare al bar” (è normale che ospiti-amici-parenti in una cucina con l’isola abbiano questo atteggiamento divertente e ludico. Continuo a farlo io ahem….) e l’ho intervistata.

Capendo perfettamente il sistema “blog” le ho spiegato che avrei poi trascritto tutto, rendendo visibili le immagini. Mi ha risposto soltanto :

“ma tu lo vedi Nonna e Io su Sky?”

“Sì Nonna”

“E perchè non facciamo noi delle puntate e le metti sul blogghi? Quella là non sorride mai ed è antipatica! Io ho delle gambe ancora invidiabili! Potrei essere ancora una bella donna se non fussipistapanza” (sì. Come il freezer si chiama frizzi e i crackers = crecchi, il blog si chiama blogghi. Sono conseguenze linguistiche ovvie).

(se non fussipistapanza: memorabile detto nonnesco. Se non fosse che ho questa panciotta gonfia per i diversamente siculi, ecco)

(eh sì. Nonna ha in effetti delle gambe davvero invidiabili ma devo smetterla di aprire e chiudere parentesi)

La pseudo intervista sulle origini della pasta arriminata è saltata proprio a causa di questo delirio di onnipotenza. Per mezzora buona ha cominciato a dirmi tutte le ricette che avremmo potuto fare, la problematica del parrucchiere e se nel caso avrei potuto sistemarla con un po’ di lucidalabbra “perchè lo sai amore. Nonna non si sa truccare. Ma mi pare neanche tu”. Niente peli sulla lingua e .  OHHHHHHHHH basta. Niente intervista! Facciamo un video ho capito!

Le origini della pasta arriminata rimangono un mistero. Quando ho soltanto cercato di sottintendere che forse l’avesse partorita la sua mente durante una rielaborazione broccolesca, mi ha fulminato con lo sguardo dicendo che in Calabria è famosissima. Chiedo quindi ufficialmente l’aiuto del pubblico calabrese (mentite. Ne va della reputazione di mia nonna).

Ma la verità è che. L’arriminata day si è trasformato in un giorno indimenticabile. Suppongo rimarrà nel mio cuore come uno dei ricordi più pregni di significato. Vederla tagliare la verdura pian piano e scusarsi perchè “però amore non so farlo come i grandi cuochi veloce veloce veloce eh. va bene lo stesso?” mentre le dico che ha delle mani bellissime “no. tu hai le mani bellissime. Nonna non ha più delle mani” tenendo in mano l’uovo “no il tuo tagliere rosso è bellissimo non voglio sporcarlo” è.

E’ stato commovente ma soprattutto difficile non farlo trapelare. Sul suo volto vi era una soddisfazione che mai avevo neanche minimamente avvertito.

“L’ho detto a tutte le signore della Chiesa che mia nipote è finita sul giornale Grazia. Scrive e disegna”.

“Sai che lo dico a tutte le signore della Chiesa che stai scrivendo un libro?!”

“Sai che quando le signore della Chiesa parlano dei loro nipoti io dico sempre che la mia …bla..bla..bla”.

(profondo rispetto e comprensione per le Signore della Chiesa. Resistete!)

Nella mia famiglia non c’è mai spazio per i complimenti. Nella mia famiglia si insegna a non guardare mai quello che fanno gli altri ma solo se stessi. Mamma stessa non mi hai mai elogiato. Si può fare sempre di più. E sempre meglio. Nonna ha fatto così con mamma. Mamma ha fatto così con me.

Con l’età però l’atteggiamento delle due è leggermente cambiato.

Gli occhi lucidi di nonna con la provola a tocchetti che raccontano l’orgoglio di pomeriggi trascorsi in una gara dall’inquietante titolo “i nipoti più bravi” non mi ha provocato fastidio. Anzi. Non ho pensato minimamente di dirle “ma dai nonna, finiscila. Mica ho fatto chissà che” (la verità insomma).

Ho sorriso. L’ho abbracciata. Le ho detto “e ora puoi dire alle tue amiche della Chiesa che fai una rubrica con tua nipote sul blogghi”.

Mai mi ha stretto così forte. Mai mi aveva detto quello che mi ha detto.

Mai ho pensato che davvero così poco potesse farti ritrovare con il tuo sangue. Capire che certi misteri non vanno svelati. Comprendere che la malattia dell’isolamento è un mostro da combattere ma solo se lo conosci. Ed io adesso lo conosco.

Tre donne in una cucina. Tre donne arriminate tra passato, presente, futuro. Le stesse che si sono trovate il dodici dicembre di tantissimi anni fa dentro una sala parto.

Una chiedeva “quante dita ha? contagliele mamma!” (aveva sognato che nascessi con 12 dita) – La mia mamma

Una che diceva “stupida ma quante dita vuoi che abbia? Tredici!” La mia nonna

Una che con quelle dieci dita ha sempre creduto di averne dodici. Di essere deforme. Ma che in realtà è motivo di orgoglio per la sua nonna. E la sua mamma.

E allora al diavolo il mostro.

Io sono l’orgoglio della nonna e della mamma e oggi voglio crederlo fortemente. Perchè in fondo sì. C’è davvero di che essere orgogliosi di me.

E come dice nonna:

“a chi mi vuole male!” *brandendo un bicchiere con dell’acqua e limone.

(Nonna brandiva un bicchiere di vino Bianco, ahem…)

 

 

Il Video con la Nonna

 

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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