Provengo da una notte su Etsy dopo aver cercato “Garden Gnome”. Ho dilapidato il patrimonio familiare e questo Blog verrà chiuso entro pochi giorni perché non avrò una lira per comprare da mangiare al Nippotorinese da oggi in poi. Ma in compenso ci laveremo le mani con il sapone a forma di nano da giardino e avremo tovagliette ricamate. Potremo pure appendere le chiavi nel cappello portachiavi del nano da giardino e avremo una piccola fontanella con acqua in continuo riciclo che esce da una foglia. L’importante, del resto, è avere delle priorità nella vita. Ed io ho quelle giuste a quanto pare (sono una brutta persona*outing numero 239482048209438290489438 *).
Patate viola e carote viola ovunque. La prima volta che ne ho sentito parlare è stato dalla Sacra Cognata da Torino, divinità amorosa, Piola. Me ne ha parlato con un tale entusiasmo che sognavo solo di andare a Porta Palazzo con lei mano nella mano e caricare otto bancali di patate viola e nove bancali di carote viola su un autotreno. Ci saremmo fermate da Gobino a prendere nove bancali di gianduiotti e poi saremmo passate da Florio per quei trentacinquemila pozzetti di gelato allo yogurt (chemifregavogliosognare) e gianduja e poi via liberi e felici verso le Molinette reparto sanità mentale. Invece poi non è successo nulla di tutto questo perché il periodo non era dei migliori per sognare e si è rimandato a molto prima che presto questo sogno di autotrasportare e ingurgitare tonnellate di ortaggi viola. Cey però a Dicembre quando sbarca in territorio siculo lo fa con stile e arriva con un pacchetto di carote viola tutte per me. Ella, amorediiaia, ben sapendo che in Terronia (come affettuosamente una donna geniale e intelligente può dire- ok la chiama in un altro modo ma siamo in fascia protetta e non posso) era quantomeno difficile da reperire siffatto sogno, si è premurata di portarmele dal continente. Inutile dire che io davanti a quelle carote viola, dopo essere rimasta allibita e averle accarezzate per tre ore emettendo gridolini, ho fatto la danza del ventre e pure un ballo di gruppo insieme ai miei nani da giardino al ritmo di note vagamente latino americane. E solo il cielo sa quanto io detesti fortemente il genere ma per le carote viola e per Cey si fa pure questo. Sarò onesta e non parlerò di vellutate con burro e soffrittini. Queste carote viola le ho mangiate io. La ricetta è stata quindi: fai bollire le carote, frullale e mettici un po’ di sale. Amen. Senza olio e nulla. Non credo si possa annoverare come una ricetta succulentissima per chi è normo papillagustativo dotato ma per me è stato un piatto da sogno. Indimenticabile e speciale. Ho pensato che avrei voluto mangiarlo con Cey, che adora qualsiasi forma zupposa. Ho anche pensato che avremmo dovuto farlo ma è pur vero che abbiamo saltato una serie di passaggi prese dall’emozione e dal tempo nemico. La cosa che mi è dispiaciuta di più è stata avere problemi con la reflex quel giorno e queste quattro foto sono quelle che mi rimangono; tra l’altro scattate con mezzi di fortuna. Non per questo meno importanti visivamente ma confesso che avrei voluto dare molto più lustro a quello che rimane uno dei pensieri più belli e sinceri che un’amica abbia mai fatto per me.
La prossima zuppetta di carote viola spero davvero di poterla mangiare insieme a te, Cey.