Avevo appena tirato fuori i leggings e le calze fiorate con i vestitini svolazzanti. Avevo messo da parte tutti i cappotti, anche quello rosso che mi impongo di mettere perché sono stanca di sentirmi dire “ma sei sempre vestita di nero?” e quello a pois, a righe e. E sta di fatto che ieri ho dovuto riprendere cappotto, cappello, calze novanta denari e borsa dell’acqua calda. E’ stato difficile anche ingurgitare gelato ma stoicamente sono riuscita a farlo lo stesso. Faccio parte insomma di quella foltissima schiera che si sta lamentando al ritmo di “non ci sono più le mezze stagioni”. Fermo restando che il Nippotorinese mi invita alla coerenza sostenendo che in Sicilia le mezze stagioni a prescindere non ci sono mai state e che a dirla tutta non si può nemmeno pensare di parlare di stagioni essendoci due temperature:
- venti gradi: inverno rigido
- cinquanta gradi: estate fresca
La storia di “vestirsi a cipolla” non mi ha mai convinto e non credo sia opportuno mischiare un vestito di seta leggerissimo a un cardigan di lana merinos e sopra un giacchetto di pelle ricoperto da pellicciotto. Insomma sì, sono una di quelle che pur non essendo coerente nella vita e nei ragionamenti lo è nell’abbigliamento, nella scelta della borsa e su che servizio tirar fuori. Quindi ieri mentre tutti erano vestiti come se fosse in corso l’estate 2012 con zeppe e scarpe aperte io ero abbigliata nel seguente modo: calze cinquanta denari nere, decoltè nere chiuse, cappotto nero, borsa nera invernalissima, basco nero, sciarpa nera.
E nessuno mi venga a dire che le scarpe aperte stanno bene con i collant perché si becca un ceffone a pieno volto. Finiamola, santocielo. E cominciamo a parlare seriamente di zucchine (il lunedì sono dolce e comprensiva).
Non è che mi piacciano molto le settimane prestabilite ma la necessità di organizzare il mio archivio fotografico ha reso il concetto di “utilità” superiore a quello del “faccio un po’ come mi pare”; per questo motivo, anche se durante questi sette giorni ci saranno diverse novità, di default ho cercato alla meno peggio di pianificare sette primi piatti.
Dopo la settimana del pollo insomma è ora di fare una carrellata di primi piatti. Per le stesse ragioni, ovvero smaltimento archivio Gikitchen e rinfoltimento della categoria che pare essere sullo scarseggiante andante.
L’idea velocissima di oggi ha come protagonista la zucchina tonda per la quale confesso di possedere una stima visiva non indifferente. E’ un pasticcio improvviso che ho deciso senza alcun programma. Quelle volte che fai corrispondere, insomma, esigenze a roba in frigo che devi utilizzare.
Io personalmente quando mi sono trovata davanti tutta queste dolcissime rotondità zucchinose ho deciso di bollirle e condirmele con tanta ma proprio tanta menta, mia ultima passione improvvisa di queste settimane. Con sommo rammarico però una punta di delusione mi ha colto. Le mie (insopportabili) papille gustative hanno carpito un sapore dolciastro ai limiti del nauseabondo. Nota non percepita nella classica zucchina che amo con trasporto e passione
Il sabato sera per molti è il momento di “esco fuori, bevo qualcosa, ballo la lap dance, mi butto da ottocento metri da un ponte che dà sulle cascate con il bungee jumping urlando rockandrolllllllll”, io essendo vecchia inside dopo aver assistito al battesimo di una cucciola meravigliosa biondissima con gli azzurri che tanto mi hanno ricordato la mia Stellina Giulia ho declinato l’invito a cena (con infinito dispiacere) per proseguire la serata finendo dei lavori. Scadenze incombono e stanchezza pure. Niente bungee jumping ordunque e lap dance ma un piatto di fave per premiarmi delle rinunce, una corsetta sul tapis roulant e appunti in movimento. Perché solo sulla pedana mentre corro a quanto pare mi vengono idee per continuare, terminare e iniziare.
Il sabato sera mi concedo poi un sms. Per me è un premio poter scambiare due parole con un’amica. Cri, la mia Bibi, come se sapesse è lì, al contrario di me, che mi rassicura nonostante le mie vergognose assenze. Parliamo di Mat, il mio nipotino bellissimo, e di quanto si sia lanciato coraggiosamente in un cambio di stile culinario. Vuole addirittura lanciarsi nel sushi e presto quindi qui vi sarà una rubrica “Mat e il Sushi” e ho già due o tre ideuzze da mettere in atto. Sta di fatto che Mat non apprezza ancora molto la verdura e mentre io e Cri giuramo di rifilargliela in qualsiasi modo a me viene in mente proprio questo primo piatto. Prima di addormentarmi mi dico “le zucchine con la carbonara per Mat!” ed eccomi qui. Per questo oggi si comincia proprio da questo primo piatto.
Quel giorno ho considerato in un attimo di lucidità che non spadello mai la carbonara ed è stupido perché è una preparazione veloce e generalmente graditissima (e qualcosa mi dice che piace anche al mio Mat): le papille gustative, assolutamente simpaticissime al contrario delle mie, del Nippotorinese sarebbero state felici e quindi ho proceduto.
La Ricetta
Ho quindi preparato una velocissima spaghettata classica alla carbonara che non vi è certamente bisogno di farsela spiegare da me (come tutto il resto contenuto qui, vabbè) e infilato dentro la zucchina tonda opportunamente scavata. Dovrà esserci solo la premura di togliere dall’acqua bollente la pasta almeno quattro minuti prima della fine cottura. Nel forno continuerà ancora a cuocere e a meno che non piaccia la pasta leggermente morbida (eufemismo) la croccantezza sarà assicurata.
Il dna siculo mi ha imposto di cospargere la superficie con del pangrattato (che qui a Catania ci si ostina a chiamare “mollica” e sulla quale dovrei proprio fare un capitolo a parte insieme a Paola, la mia cognata socia).
Scoperchiare una zucchina scrigno e far trovare dentro una porzioncina di carbonara all’affamato intellettuale è davvero una graditissima sorpresa, a quanto pare.
Un po’ come scoperchiare la stanchezza, mostrarla alla tua amica. Lei saprà infilarci dentro tanto amore, rispetto, parole, attese e sincerità. E ti sazierà. Ma non ti sentirai piena e in colpa come sempre. Ma serena, felice e appagata.