Pare che qui ci sia un import export di amore in formato pacco. Ogni volta che mi chiamano e mi dicono ” Iaia c’è un pacco per te che è arrivato in ufficio” a me viene un colpo. Forse si sa ed è per questo che in maniera dolcemente indolore e meravigliosa mi state facendo furbamente fuori.
Complimenti a parte per l’ingegno e ringraziamenti doverosi perché mai morte potrebbe essere più felice, c’è da dire che la difficoltà si sta centuplicando. Sono produttrice insana di parole e ticchetto giornalmente. Ovunque. Quando si tratta poi in privato di relazionarmi o cercare di mettere in fila quattro emozioni scoppia un mal di testa feroce e l’incapacità prende il sopravvento. Per quanto mi ostini a non arrendermi mi fa paura questa sensazione di delegare al futuro quando l’intenzione è esattamente il contrario. L’intenzione anche in questo caso è quella di infilarmi in macchina e andare ad abbracciare fortissimo Tizi e Gabri; non solo hanno avuto la premura di omaggiarmi di un libro che spero al più presto di poter far mio nell’anima ma addirittura di avere un pensiero anche per il Nippotorinese; inutile nascondere che l’uomo poco dotato di sentimento al momento di ” e questo è per te” ha subito un tracollo emotivo. Certo non come il mio che frigno manco avessi due anni ma riconosco l’occhietto languido dell’insensibile nordico. Già da stasera Tizi guarderò il cielo ma suppongo che ci siano pochi motivi per essere triste se ho un’amica come te che nonostante tutte le mie assenze vergognose e l’incapacità di spedire un pacco senza far danni, rimani qui. Incoraggiandomi. Con me. I grazie mi sa che non bastano più. Tocca inventarsi qualche altra cosa.
Max mi ha erudito circa la preparazione della Cricia Romana, la versione salsa esente della famigerata Amatriciana. Nessun romano mi picchierebbe perché mai mi sognerei di dire che occorre la pancetta ma ben so che di guanciale si tratta. E pure di Norcia.
Non mi sono ancora cimentata nell’elaborazione in bianco del primo piatto indiscusso de Roma ma in compenso ne ho fatta una delle mie (idiozie è sottinteso): la pasta alla norma in bianco. Sì perché in effetti qui mai ho visto servire il piatto principe catanese in una versione bianca. Certamente non sono posseduta dal male supremo della spocchiosaggine indi per cui non metto neanche minimamente in dubbio che qualcuno la faccia abitualmente ma per quanto riguarda la mia memoria e conoscenze nessuno si è mai cimentato.
Questa Norma in bianco è anche più veloce da preparare a dirla tutta, perché non occorre preparare la salsa ma solo friggere le melanzane avendo cura di asciugarle un po’ in carta assorbente e mischiarle alla pasta caldissima mantecando un po’ con acqua di cottura e qualche foglia di menta. Manco a dirlo in olio extra vergine di oliva.
A chiudere della ricotta salata freschissima.
Ecco io qui sulla ricotta salata ( Luci dimmi che ti piace anche la versione salata ti prego!) ci farei un capitolo a parte; se avessi il tempo però (giornata fortunata per tutti ! senevasubitolapazza!). Possedendo una coerenza astrusa io che ieri blateravo circa la capra, il diavolo, il tempo e l’infida ricotta dovrei anche adesso storcere il naso e mostrare il catalogo di smorfie nauseate.
Ma di astrusa si tratta, appunto. Coerenza?
Ho sempre detestato fortemente i formaggi sì ma ce ne erano tre che per motivi a me sconosciuti avevano la mia stima più profonda. Mozzarella, ricotta salata e gorgonzola. Essere mitologico che preferiva essere accoltellata piuttosto che toccare e mangiare formaggio ma che poi con serafica innocenza ti diceva che “ricotta salata sì e pure gorgonzola ma pocopocopocounapuntina”.
Il Nippotorinese le prime volte credeva che scherzassi. Come si poteva detestare il formaggio e apprezzare il gorgonzola seppur pocopocounapuntina e la ricotta salata , entrambi dai sapori fortissimi e decisi? ( la mozzarella neanche la teneva in conto perché parlo non proprio di mozzarella fresca buonissima ma di Panetto Santa Lucia industriale. Che sono una gourmet io eh)
Tutte queste estrapolazioni di ricordi, nessi e collegamenti mischiati a quello che sono diventata. Questo studio antropologico visivo e di parole mischiato a sensazioni e condivisioni mi sta facendo comprendere moltissimo di me. Le parole che mi riservate e che mi fanno ragionare o perlomeno tentando di farlo , attraverso il sogno e la realtà è diventato un capitolo non solo fondamentale della mia esistenza ma di quella guarigione che non tarda ad arrivare perché è già arrivata. Ci si deve solo rassegnare, lavorare ancora di più perché è un’attività che mai potrà finire e rilassarsi.
Io ho capito che un giorno questo piattone di pasta me lo mangerò eccome. Ci ho messo la menta pure per questo. Vorrei farlo con te che leggi ogni giorno e che urli primo. Vorrei farlo ridendo in una tavolata mentre Mat si fa spiegare parole giapponesi da Pier. Mentre frugoletto tira il tavolo e viene tutto giù e scoppia una fragorosa risata. Mentre l’Eletto fa scoppiare microonde e mi sporca di salsa la borsa.
Mentre ci si abbraccia. E non ci sono calorie. Persone magre. Persone grosse. Persone alte. Persone basse. Persone ricche. Persone povere. Pers.
Ma solo persone. Che si vogliono bene.
Io voglio preparare la norma in bianco per voi. Giuro non faccio il caffè ma la norma in bianco ho deciso. Devo farvela.