Ricette Vegetariane e Vegane

French Toast

Oggi doveva essere la data della consegna del mio libro (fa sempre un po’ paura-impressione-datemiunansiolitico dire-scrivere-pensare MIO libro. Ci si trasforma in Gollum con miotesssorro e con sguardo allucinato e psicopatico si fissa l’infinito e l’oblio insieme) fortunatamente posticipata grazie agli angeli che lavorano in Mondadori Electa (ioliamotuttiallafollia). Non solo non ho finito ma in preda alla paura, all’ansia e alla mia delicata situazione personale ho pure strappato gran parte del lavoro e ricominciato quello che non avrei dovuto. Il masochismo mi ha portato anche a questo. Lo sapevo già. Ero preparata. Ho più adrenalina che (che neuroni è un esempio stupido… uhm… ne ho tre) acqua in corpo. Alterno stati di follia dove ballo musichette natalizie a momenti di sconforto che mi vedono sconfitta negli angoli.

Poi mi rialzo. Mi do un ceffone. In rari casi anche una tiratina di capelli che non fa mai male e ricomincio. Scrivo, fotografo, parlo a vanvera, rispondo al telefono e. E la vita. Mi viene detto da un po’ continuamente: la vita.

Sarà.

Posticipata la consegna (che Tutti i Nani da Giardino proteggano Mondadori Electa *disse alzando gli occhi al cielo e battendosi le mani sul petto) oggi si celebrano i trentasei anni di matrimonio di Turi e Nanda.
Turi mangia crema di riso; che è già il più bel regalo di Natale che potessi ricevere, mentre io e mamma sogniamo di fare un Blog solo sulle variazioni impossibili di questa adorabile pappetta (ieri senza che lui se ne accorgesse gli abbiamo lanciato dentro anche un po’ di lenticchia frullata*firulì firulà non sappiamo nulla*fischiettando indifferenza. E comunque è andata! evviva!). La Dottoressa Suocera e La Cognata bellissima Socia Piola stanno arrivando da Torino per condividere il tetto natalizio ed io il Nippo ci accingiamo al trasloco perché l’intenzione è quella di stare tutti a casa insieme. Naturalmente a casa di mammapapàmia (che se non dico “mia” a mamma sembra che voglio creare distacco. E insomma. Roba psicologica complicata. Mi legge e non posso turbarla. E’ già pesante per lei avere una figlia che alle tre del mattino la chiama perché ha pensato di fare una ricetta piuttosto che un’altra) perché qui ci sono troppi nani con i cappelli natalizi e non ci entriamo.

Mamma abita in una specie di resort a mille piani e pur avendo tanti nani può ospitare tutti (ennnamo! distruggiamo la casa!). Ciò implica entrare in casa con le scarpe; che per me è devastante. Ciò implica non avere la Nespresso perché mamma detesta le macchine del caffè; che per me è devastante visto che ho preso proprio da lei, considerato che forse il suo è un tantinello peggio del mio (il Nippo ieri sera provava a infilare la Nespresso nella borsa dell’ufficio. Non vuole ferirla ma potremmo chiuderci in bagno. Attaccare la presa e infilare una capsula). Ciò implica il delirio, insomma.

Io che è risaputo sono una persona accomodante, per questo mio trasferimento (pari a 4 giorni) ho espresso piccole richieste del tipo:

nessun asciugamano deve essere fantasia ma solo monocolore e sono banditi il verde, il giallo, il viola, l’azzurro. Ammessi il bianco, il rosso, il grigio e il nero.

nessun tappeto peloso è concesso per via dell’accumulo della polvere dovuto all’uso delle scarpe in casa.

un angolo a me interamente dedicato con una piccola riproduzione del mio ufficio dove poter lavorare. Con luce fredda per disegnare. Luce calda per il computer. E tutta una seriedicosecomplicatecosì.

E. E. E. E. E. E insomma una squadra di venti persone sta lavorando a questo mio mini trasferimento. Sono appoggiata fortemente da papà che ridacchiando sotto i baffi intima a tutti “fate come dice lei” e stressata da mamma che è arrivata al punto di dirmi “e se tu dormissi a casa TUA?”. Dicendo proprio TUA. Creando distanza, ecco.

E’ ovvio che non potevo dormire in un letto con un piumone a fantasia. Adesso che è rosso sì. Come è ovvio che non potevo reggere la tenda arancione non perfettamente allineata con le righe del parquet. Adesso che è tutto perfetto sì. E’ ovvio pure che non potevo stare in un angolo della casa che non aveva cinque tacche di wi fi (nonostante il replicatore di onde fosse installato) e quindi era necessario tirare un filo di rete dall’ufficio con la squadra d’azione speciale “Guardocorporescion i ragazzi di Iaia” (c’è proprio una squadra che lavora per me e un giorno costruirò un palco. Ci salirò su e li ringrazierò uno ad uno).

(sono anche bei ragazzi eh. Tutti sposati ma ne ho uno single. Prendete il numero alla vostra sinistra e partono le selezioni!)
(cosa sto dicendo?)
(ma è single davvero. E quindi numeretto sia!)

Insomma.

Dimostro maturità. So accontentarmi. Non pretendo nulla. Sono uno spirito che si adatta a tutte le situazioni (IL PRIMO CHE RIDEEEEEEEEEEEEEEEEEE si becca la pernacchia!).

Per dire che viviamo sotto il regime Iaioso. L’altro giorno non riuscivo a smettere di ridere quando un Santo della squadra d’azione molto speciale Guardocorporescion, sistemando una doppiapresa nel mio nuovo ufficio fiammante a casa MIAediMAMMA ha detto al collega  “ma sei pazzo! la metti nera e verde? Iaia ti ammazzaa! Deve essere quella bianca e grigia!”

Amo questi momenti. E’ un po’ come quando il fruttivendolo non mi dà il peperone verde ma solo giallo e rosso e mi sorride. C’è un mondo senza verde intorno a me.

Ci sono tantissime persone che penseranno pure che io sia bizzarra ma non me lo fanno più notare. Si avvicinano a me. Mi proteggono. Mi abbracciano. Mi guardano. E non dicono nulla.

Sono quelle che mi vogliono bene davvero ed io le sto riconoscendo tutte.

Ce ne sono altre che si perdono in chiacchiere. Fingono compassione e comprensione. Negli occhi hanno scritto altro.

Ieri è stata una serata speciale. Fatta di creme di riso, abbracci che conosci da sempre, un piccolo angioletto biondo con i codini di appena un anno e mezzo che picchiava il Nippotorinese ridendo e mi allungava la manina grande come una mia unghia.

E un po’.

Ho capito.

Che anche questo Natale doveva arrivare.

French Toast

Trentasei anni sono tanti e per stare trentasei anni bisogna essere un po’ come i French Toast, pensavo. Uniti seppur con ingredienti talvolta improbabili. La dose giusta di salato e di zucchero. Proprio qualche giorno fa Veronique su Facebook mi ha chiesto se conoscevo la ricetta dell’amore eterno.

Io d’istinto senza rispolverare nessun quaderno ho subito scritto:

300 grammi di ricordi, 200 chili di comprensione, 230 chili di pazienza, un pizzico di morsi alla lingua quando è meglio tacere che poi “ci si pente”, 1.200 chili di voglia di passare il resto della vita insieme. Frullati tutti insieme in ordine sparso e in fornocuore a 180 per il resto dei propri giorni. Ho solo questa.

E in effetti ho solo questa come ricetta. Non ne conosco altre. Per me non sono neanche passati dieci anni. Pur non potendo capire quanto e cosa significhino trentasei, impegnandomi fortemente riesco a percepire un uno per cento del dolore che stanno provando mamma e papà in questa situazione. Soprattutto quello nei miei confronti. E’ un po’ come se fosse successo quando “non doveva succedere”.

Non perché ci fosse un momento “giusto” ma semplicemente per questo karma astrale che ha fatto accadere tutto nel 2012 e con l’inaspettata avventura del libro.

Nel mio piccolo cerco di non deluderli. Spero di fargli percepire che “non mi hanno rovinato nulla”. Anzi.

Ho capito ancora di più. Quanto li amo e sono amata. Quanto si rimane in qualunque situazione figlia e genitori. Il mio compito adesso è quello di fare quello che ho sempre fatto.

Stranezze, capricci e roba assurda.

Lamentarmi per le scarpe. Per i colori. Per la rete. Parlare di ricette. Di libri. Di scadenze. Di disegni. Litigare con mamma che appende in salotto il ritaglio del giornale dove sono uscita, come fosse una di quellepazzeamericane che fa scrapbook con i traguardi della figlia. E.

E vivere. Ogni singolo momento. Che siano dieci anni. Che siano trentasei. Che siano milleccccinque. Ogni. Singolo. Momento.

E  in tutto questo sono superfelice (che non esiste un termine adatto) che ci siate voi. Non avrei saputo reggere tanto senza di voi.

Questi French Toast mi dicono essere buonidapazzi. Che detto pure dal Nippo non troppo rivolto al gusto cioccolatoso, direi che è una bella notizia. La squadra Guardocorporescionspecial mi ha detto che se li pago in French Toast al cioccolato tolgono via tutto il verde dalla Sicilia e trasformano gli abitanti della Trinacria in Nani.

Io quasi quasi glieli preparo ogni giorno, eccome. La ricetta è semplicissima e ve la lascio ancor più felice perché quando so che è davvero riuscita impazzisco dalla voglia di condividere poichè l’idea di entrare in casa vostra con un odore-profumo-ricordo è. E’.

E’ e basta.

 (e se entro in casa vostra mi raccomando: FUORI GLI ASCIUGAMANI VERDIIIIIIIIIIIIIIIII non li voglio vedereeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee. NEANCHE LE TOVAGLIEEEEEEEEEEEEEEEEEE. Ok mi calmo)

La Ricetta

Per 4 bei paninotti occorrono 8 fette di pancarrè ma secondomemeglio il panbauletto (pan brioche? perfetto!), 125 grammi di cioccolato fondente al 55- 70 % (io ho usato il cioccolato Leone. Santocielo devo parlarvene. Charlie per il compleanno mi ha spedito la Fabbrica di Cioccolato per farmi provare tuttituttituttituttituttti i cioccolati e se tornerò a pesare 140 chili non potrò che esserne felice), 130 ml di latte, 2 uova, 40 grammi di zucchero di canna, burro per la teglia.

Sciogli il cioccolato a bagnomaria o al micro e stendilo fuso su 4 fette del pane che hai scelto e richiudi (se sei goloso spalmala anche sull’altra fetta chettttefrega!). Mescola in una ciotola le uova, il latte e lo zucchero (se vuoi adoperare pure un po’ di cannella o vaniglia vai senza alcun problema!) e sbatti bene ricavando una pastella. Passa rapidamente il toast nel composto delle uova e poi cuocilo in padella dove sta già riscaldando un po’ (UN PO’) di burro. Cuoci per 3 minuti ogni lato finché non noti che è tutto croccante e dorato (ahem non bruciato) e ripeti l’operazione fino a terminare tuttituttitutti i paninotti.

Chiaramente si può usare crema di cioccolato spalmabile o arricchire con frutta fresca sbriciolata dopo aver fatto la passata di cioccolato. Che ne so: trito di pistacchi (BEAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!). Di mandorle. Di. Di qualsiasi cosa.

Ottima idea per la colazione ma anche merenda ma anche spuntino di mezzanotte. Ma anche “posso vivere solo di questa”. Io che il pane non lo mangio. Che il burro non lo mangio. Chesonosemprelasolitarompiscatole. Mi sono sparata in bocca tre tavolette al 55% con nocciole della Leone. Gluten Free. Senza Latte.

No dico: cosa posso chiedere di più? Nulla.

Davvero Nulla. E per questo: Grazie.

Che sia una giornata bellissima per voi. Io corro velocissimamente a lavorare perché ok che celapossiamofarcela ma ho qualche dubbio che noncelapossiamofarcela.

QUESTO POST È STATO PUBBLICATO IL: 

Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

Seguimi anche su Runlovers

Tutte le settimane mi trovi con una ricetta nuova dedicata a chi fa sport

MUST TRY