Ricette Vegetariane e Vegane

Coriandoli (di spine) fritti e colorati con Arance Amare


E dopo la Fake Rainbow Cake di ieri un altro colpo destabilizzante di colore, oggi. Sì perché per la maniaca del monocolore, esclusivamente nero bianco rosso, ritrovarsi con una tovaglietta a righe multicolor e tanta roba colorata nel piatto da fotografare è sempre difficile, come accettare la diversità dell’immaginario visivo. Mi piace e attrae per qualche secondo e poi quella fastidiosa sensazione che solo il verde sa darmi comincia a confondermi. Il verde sfocia nella paura terrorizzante immediatamente; perché il mio occhio è troppo abituato da anni e recepisce tramite quei neurotrasmettitori, seppur pochi e in minoranza rispetto alla media internazionale, la sensazione. Verde-angoscia/paura/sgomento. Ma non è che non accada pure con il giallo, l’arancione e l’azzurro a ben intenderci, eh. Solo che succedendo dopo un po’ riesco abbastanza bene a mascherare tutto. Escludendo il coriandolo fritto rosso, qui c’è davvero da avere paura. Verde, Arancione, Azzurro, Giallo (che sembra comunque arancione) tutti uno in fila all’altro pronti per essere fagocitati (o per fagocitare te?). Un senso di irrealtà si impossessa di me alla vista di queste foto. Sono state fatte diverse settimane fa. Sapevo che non avrei avuto più un salotto. Più una cucina. Più una vita e mi sono detta che fare Carnevale a inizio dell’anno non è che fosse poi così sbagliato; del resto sono quella che a Giugno appende decori natalizi e allestisce set fotografici con elfi che impacchettano doni. Ticchetto di coriandoli colorati, belli che mangiati molto tempo fa, in un cantiere aperto insomma. Con la mia impastatrice confezionata nel deposito. Con il mio Bimby imballato con il pluriball dentro l’armadio e con il mio sbattitore elettrico che spero non sia stato usato dal muratore per fare la calce. L’ultimo muro, come annunciavo nel mio lungo ticchettare per sfogarmi un po’, è stato buttato giù e i due mondi  vecchio e nuovo stanno cercando di unirsi e plasmarmi. Sono sempre vissuta durante e dopo l’adolescenza in una casa molto grande. Poi con il Nippotorinese sono andata a vivere in una casa molto piccola. Quando è accaduto ho detto “Non posso vivere in una casa così piccola. Con i tetti bassi”. Per me, abituata alla maestosità delle travi e ai larghi spazi dedicati solo a me, era inconcepibile dover vedere tutto basso, ridotto e da dividere (regia, musica del terrore in sottofondo grazie!). Insomma la mia parte da bimba viziata fortunata stava al momento dando il meglio di sé (e quando non la dà, mi verrebbe da dire).

Povera bimba sfortunata passata dal castello all’attico moderno. Pat pat (ma datemela una sberla Turi e Nanda! Ohhhhhh!). La stessa bimba sfortunata passata dal castello all’attico moderno adesso dovrebbe lamentarsi del passaggio al castello moderno, giusto? E invece colpo di scena. Non lo fa. Silenzio in sala. In realtà la paura di dover avere più spazio e per certi versi tornare indietro mi fa paura. L’ultimo muro abbattuto l’ho vissuto come segno definitivo di una nuova era; come lo è stato andar via di casa seppur a quattro metri di distanza. Ogni fase della mia vita pare sia correlata strettamente alla mia stanza. Alla mia casa. Sarà che il periodo della stilista lo collego alla mia stanza con tutte le riviste di Vogue appese al muro. Sarà che il periodo della pittrice lo collego alla mia stanza con il murale fatto con le mani quando ho disegnato pesci liberi in un acquario sul cielo. Sarà che il periodo delle mie più grandi amicizie lo collego a una cucina marrone con un divano morbido. Sarà che il periodo della mia indipendenza e rinascita lo collego a una piccola isola di wengè con uno snack e quattro sgabelli. Sarà che ho cambiato poche volte casa ma molte volte stili, abitudini e collocazioni.

Adesso non so cosa sarà ricordo di questo periodo della mia vita (e se diventassi davvero una stilista ma magari di abiti per nani da giardino?). Una casa total black e total white dove il bianco è assoluto e il nero pure. Dove non ti siedi più su niente di rosso ma dove tutto deve essere perfettamente nero, bianco o una via di mezzo: Grigio. E questo colore che mai mi aveva entusiasmato ed è antipatico ai più è arrivato con la malattia di papà e con i riempimenti degli spazi nel mio libro. Ho cominciato ad amarlo e ad arrendermi al grigio quando ho capito che la via di mezzo è una medicina per farsi male meno. O almeno provarci. Una casa dove ci sono spazi immensi rispetto a questa (a questa? a quella. Perché questa non esiste più).  Una dependance addirittura. Un ufficio e delle scale. Uno studio. Bagni al plurale e non più bagnoschiuma da dividere. Sali giù. Sali su. Questa è la mia parte. Questa è la tua. Questa sarà di nostro figlio. Non c’è più una porta in un ambiente piccolo che chiudi e ti senti stretta stretta. Ma labirinti, sotterfugi, corridoi, intarsi e raccordi. Autostrade di mattoni. E se devo immaginare quello che poi è stato in correlazione alle mie pareti, sento che quello che sta per arrivare è il periodo più grande, complicato e difficile seppur apparentemente magnifico di tutta la mia esistenza.

Stando alla casa a primo acchito organizzata, suprema e sfolgorante e a quello che ne è derivato, occorso per costruirla e i rumori di silenzio che fa, sento un misto di brivido e paura. Cancello pure il colore della facciata che non sarà più rosa romantico sognante ma grigio siciliano antico di carattere. Il grigio è il colore più forte di tutti. Il colore a cui ambisco. Diventare. Innanzitutto perché amo le sfide e sento che ne stanno arrivando di portentose. Secondo poi perché commisurata al dolore avverto la sensazione di cedere ai miei lati più oscuri pronti a divorarmi nel vortice del dolore. Ricordo una frase di una canzone. E non accade mai. Perché è altro che mi piace citare nei pensieri; mai canzoni. Coriandoli di spine. E’ una canzone dei Litfiba. E sento echeggiare coriandoli di spine come fossero quei piccoli battiti quando il sangue pulsa fortissimo. E tu stai lì inerme a sentire. E poi arrivano  i coriandoli di spine. Per trafiggerti e sconfiggerti. Ecco io questa casa. Questo periodo. Quello che dovrò affrontare. Lo correlo a questo. A una pioggia fittissima di coriandoli colorati di spine. Nel Carnevale della vita fatto di maschere e angosce e divertimenti però l’importante è sempre vestirsi di noi stessi. Lo sto facendo. Mi importa questo. Alla prossima casa, semmai ci sarà, si vedrà. Del resto l’ho sempre detto. Non sono curiosa ma combattiva e vincente quindi. Coriandoli colorate di spine, siano. Ho paura ma sono pronta a vincere anche questa volta.

Questi coriandoli sono piaciuti MOLTISSIMO. Innanzitutto al mio papà che è la cosa più importante. Secondo poi ai restanti, il cui giudizio è comunque da tenere in considerazione, eccome. Per il Carnevale ho volutamente colorato ed esasperato l’involucro ma nessuno ci impedisce di saltare questo passaggio. A tal proposito me ne ricordo altri, “ravioloni” coriandolosi, che lo scorso anno e l’altro ancora erano stati gustati con vero piacere e allo stesso modo lascio il link sotto.

La Ricetta

  • Ingredienti per 6-8 persone:
  • 1 limone non trattato
  • 1 bacca di vaniglia
  • 280 grammi di farina OO
  • 130 grammi di zucchero semolato
  • 1/2 bustina di lievito per dolci in polvere
  • 2 uova
  • 75 grammi di burro
  • 220 grammi di confettura (io ho adoperato la classica di arance amare)
  • zucchero a velo per decorare
  • 2 cucchiai di grappa

Lava e asciuga il limone e ricava la scorza eliminando la parte bianca amara. Incidi la bacca di vaniglia. Forma una montagnetta con farina, scorza, zucchero, vaniglia e lievito. Unisci le uova, il burro morbido a temperatura ambiente e la grappa (facoltativa, altrimenti latte). Impasta con le mani fino a ottenere un impasto compatto. Se decidi di adoperare il colorante alimentare dividi in tante parti quanti sono i colori e aggiungi poco colorante alimentare, preferibilmente in gel. Stendi ottenendo uno spessore di circa 3-4 mm e con l’aiuto di una formina (o bicchiere) ricava tanti cerchietti (non troppo grandi). Aggiungi la marmellata o quello che hai scelto al centro senza farla traboccare e sigillali con un altro cerchietto (potresti fare anche doppio colore. Base gialla. Copertura rossa). Schiaccia per bene i bordi con l’aiuto di una forchetta perché durante la cottura potrebbe fuoriuscire la marmellata e compromettere il risultato. Friggi quando l’olio è ben caldo e cuoci qualche minuto per lato fin quando saranno dorati se hai deciso di non adoperare il colorante alimentare, altrimenti presta un po’ più attenzione perché adoperarlo può un po’ tradirti nella cottura. Dipende sempre dalla grandezza ma due minuti per lato dovrebbero bastare. Ricorda inoltre che friggere troppi coriandoli insieme (ma questo proprio in tutte le elaborazioni culinarie) fa abbassare la temperatura dell’olio pertanto non farne troppi per volta. Tirali fuori dall’olio e lasciali asciugare su carta assorbente. Spolverizza con abbondante zucchero a velo. Sono buonissimi sia caldi che a temperatura ambiente.

 

 

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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