Sembra che stia sempre a casa, eh? E invece no. Perché mi muovo in sordina (purtroppo non in Sardinia dalla mia Ale e Cri. Ok la smetto) manco fossi un agente segreto. Il fatto è che ho provato diversi Starbucks e in quello di Barcellona il Nippotorinese ci ha pure trovato un capello; che per carità i muffin ai mirtilli così sono anche più saporiti e non ho nulla da ridire verso il colosso. Non sono un’Italiana convinta che inneggia al vero caffè chesuluanapulèosannofà. Perché che solo a Napoli sappiano fare il caffè mi pare una cosa OVVIA che è quantomeno inutile ribadire. Sono pur sempre quella che mangia l’anguria con la cipolla e mette la senape nel mango, ergo non è che sia così integralista in generale (senza dimenticare che io e la preparazione in generale del caffè stiamo come proporzione: diavolo/acqua santa). Solo che non è così difficile fare in casa il chai tea, il matcha latte e il frappuccino. L’espresso sì (per me intendo).
Di andare in giro con il bicchiere di Starbucks come status symbol poi, a meno che uno non abbia undici anni e senta la necessità di omologarsi come con l’incauto acquisto delle orribili hogan o ancor peggio collezionare bicchiere vuoti di plastica e stare attenti per infilarli in valigia, non voglio neanche parlarne*HOVISTOCOSE*. Sono troppo antipatica e anziana. Basta un po’ di ghiaccio, del decaffeinato della marca più commerciale in circolazione, un bicchiere ikea e. E altro che Starbucks!
Ma che poi quanto è triste andare in viaggio e invece che esplorare localini con vasta offerta di prodotti locali finire in uno Starbucks? Un po’ come cercare la pizzeria napoletana a Honolulu.